L’avvocato domiciliatario non ha l’obbligo di comunicare all’assistito la ricezione dell’estratto contumaciale

In caso di rinuncia al mandato, il difensore di fiducia presso cui l’assistito abbia eletto domicilio non è obbligato a comunicare quanto ricevuto quale mero domiciliatario .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 20844/18, depositata il 10 maggio. Il caso. La Corte d’Appello di Firenze respingeva la richiesta di restituzione in termini formulata ex art. 175 c.p.p. per la proposizione dell’appello avverso la sentenza emessa nei confronti dell’imputato dal Tribunale di Verona. Avverso l’ordinanza di diniego della Corte distrettuale l’istante ricorre per cassazione denunciando di non aver avuto conoscenza né della sentenza impugnata né dell’estratto contumaciale, evidenziando come l’avvocato di fiducia al momento dell’emissione della sentenza avesse rinunciato al mandato e che il domiciliatario risultava essere un altro legale, anch’esso rinunciante al mandato. La comunicazione del legale. Il Supremo collegio ritiene che la decisione della Corte territoriale risulta giuridicamente corretta poiché, nonostante la rinuncia al mandato da parte del legale di fiducia domiciliatario, la domiciliazione stessa risultava ancora in essere al momento della comunicazione della sentenza e dell’estratto contumaciale, non essendo stata modificata o revocata da parte dell’assistito. Inoltre, precisa la Suprema Corte, in ipotesi di intervenuta elezione di domicilio, venuto meno il mandato difensivo a mezzo di rinuncia, non sussiste obbligo del legale di comunicare quanto ricevuto quale mero domiciliatario, circostanza che nel caso di specie, comunque, si era resa impossibile a causa dell’irriperibilità del cliente . Ciò posto, i Giudici di legittimità, nel ribadire che, ad ogni modo, l’elezione di domicilio presso il difensore di fiducia, seppur non più tale, non osta, in ipotesi di nomina di altro legale di fiducia senza variazione del domicilio eletto, alla notifica dell’estratto contumaciale , dichiarano inammissibile il ricorso e condannano il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 aprile – 10 maggio 2018, n. 20844 Presidente Rotundo – Relatore Costantini Ritenuto in fatto 1. B.M. ricorre impugnando l’ordinanza della Corte d’appello di Firenze che ha respinto la richiesta di restituzione in termini formulata a mente dell’art. 175 cod. proc. pen., per proporre appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Verona del 8 dicembre 2008, irrevocabile il 15 dicembre 2009 che lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione pena condonata per i delitto di cui all’art. 326, comma 3 e 360 cod. pen. 2. Il ricorrente prospetta l’apparente motivazione del provvedimento impugnato per aver erroneamente ritenuto la conoscenza della sentenza impugnata. Poiché, infatti, il difensore di fiducia, al momento della sentenza aveva rinunciato all’incarico, mentre il domiciliatario era altro avvocato già rinunciante al mandato, nessuno, e segnatamente l’avvocato domiciliatario Ghezzo già di fiducia, che in tal senso era obbligato, lo aveva avvertito della sentenza emessa a suo carico, circostanza che, qualora appresa, lo avrebbe certamente indotto alla proposizione dell’appello quantomeno in ordine alla eccessiva pena comminata. Che non avesse avuto conoscenza della sentenza emergeva dalla corrispondenza avvenuta tra i vari legali, prodotta alla Corte d’appello in sede di istanza ex art. 175 cod. proc. pen Illogica è la giustificazione del comportamento dell’avvocato Ghezzo da parte della Corte territoriale che aveva omesso di comunicare, quale domiciliatario, l’avvenuta notifica dell’estratto contumaciale in tal modo non legittimandolo in ordine all’esercizio di un diritto spettante al condannato. 3. Con memoria di replica depositata il 13 aprile 2018 la difesa del B. , controdeducendo a quanto evidenziato nel parere dal P.G., conferma che il B. non fosse venuto in alcun modo a conoscenza della decisione e della notifica dell’estratto contumaciale presso l’avv. Ghezzo, che non ha provveduto ad avvisare il ricorrente adducendo circostanze non idonee a far venir meno la dedotta sua ignoranza circa l’avvenuta notifica. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 2. La decisione della Corte territoriale risulta giuridicamente corretta, avendo affermato che, accertata la avvenuta notifica dell’estratto contumaciale della sentenza presso il difensore di fiducia ove era stato eletto domicilio, domiciliazione ancora in essere al momento della comunicazione nonostante questi l’avv. Ghezzo avesse rinunciato al mandato, il ricorrente si era limitato ad affermare di non essere stato da questi avvisato, nonostante fosse emersa l’impossibilità del legale di contattare il ricorrente in quanto irreperibile. 2.1 Sotto questo profilo, la pregressa conoscenza del ricorrente del processo in corso a suo carico, unitamente all’intervenuta elezione di domicilio presso il difensore di fiducia mai modificata anche a seguito di nomina di altro legale, depongono chiaramente per l’assenza di caso fortuito o forza maggiore seppure sotto altro profilo connesso al ricorso ex art. 625 ter cod. proc. pen. si veda Sez. 2, n. 14787 del 25/01/2017, Xhami, Rv. 269554 . 2.2. In ipotesi di intervenuta elezione di domicilio, venuto meno il mandato difensivo a mezzo di rinuncia, non sussiste obbligo del legale di comunicare quanto ricevuto quale mero domiciliatario, circostanza che nel caso di specie, comunque, si era resa impossibile a causa dell’irreperibilità del ricorrente. 2.3. L’elezione di domicilio presso il difensore di fiducia, seppur non più tale, non osta, in ipotesi di nomina di altro legale di fiducia senza variazione del domicilio eletto, alla notifica dell’estratto contumaciale, ben potendo l’interessato, con l’ordinaria diligenza, assumere informazioni dal medesimo circa l’eventuale ricezione degli atti inerenti al procedimento quanto ad onere di diligenza vedasi Sez. 3, n. 29505 del 06/06/2012, Pmt in proc. Mbaye e altri, Rv. 253167 . 3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si stima adeguata, di Euro duemila in favore della cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.