L’adesione dell’avvocato allo sciopero fa “slittare” la prescrizione del reato

La Corte di Cassazione ha precisato che l’adesione dell’avvocato all’astensione indetta dalle Camere penali non configura un’ipotesi di legittimo impedimento ai fini della sospensione del corso della prescrizione del reato, così come la richiesta di rinvio dell’udienza per concomitante impegno professionale priva dei requisiti che attestano l’oggettiva impossibilità a comparire.

Con la sentenza n. 19687/18, depositata il 7 maggio, la Corte di Cassazione, decidendo sul ricorso proposto dalla difesa avverso una sentenza di condanna per il delitto di violazione di sigilli art. 349 c.p. , torna sul tema del legittimo impedimento dell’avvocato difensore per concomitante impegno professionale. Legittimo impedimento. In particolare, nel formulare il ricorso, il difensore deduce l’intervenuta prescrizione del reato prima della pronuncia impugnata in quanto il periodo di sospensione del corso della prescrizione sarebbe stato – a suo dire – erroneamente indicato in 8 mesi, anziché 4, in relazione ai periodi corrispondenti ai rinvii ottenuti dalla difesa per legittimo impedimento del difensore. Dagli atti processuali a disposizione del Collegio emerge che, nel dettaglio, alcuni rinvii erano stati disposti per l’adesione dell’avvocato allo sciopero di categoria, con la conseguente sospensione del corso della prescrizione per l’intero periodo di differimento delle udienze. In tema di sospensione della prescrizione, è infatti pacifico che il limite di 60 giorni di cui all’art. 159, comma 1, n. 3, c.p. non si applica laddove il differimento dell’udienza di determinato dalla scelta del difensore di aderire all’astensione indetta dalle Camere penali, in quanto tale situazione non configura un impedimento a comparire in senso tecnico. Da ciò, la conseguenza che il corso della prescrizione può essere sospeso per il tutto il tempo ritenuto adeguato anche oltre i 60 giorni in relazione alle esigenze organizzative dell’ufficio procedente. Prescrizione. Ricorda inoltre il Collegio che il rinvio dell’udienza per concomitante impegno professionale dell’avvocato costituisce legittimo impedimento per assoluta impossibilità a comparire solo laddove non costituisca una mera scelta” di parte rimessa alle individuali e incontrollabili strategie difensive , ma corrisponda ad una condizione obiettiva come tale positivamente scrutinata dal giudice di impossibilità assoluta di prestare la propria opera in sede processuale, in quanto compromessa” da un concomitante e in quel momento prevalente” impegno difensivo . I requisiti della tempestiva comunicazione del concomitante impegno difensivo, con specifica indicazione delle ragioni che rendono essenziale la propria assistenza nel diverso processo al quale non possa nemmeno partecipare altro codifensore, unitamente all’impossibilità di avvalersi di un sostituto in uno dei due processi, mirano a dimostrare proprio l’ oggettività” dell’impedimento del difensore. Nel caso di specie, i requisiti appena ricordati non sono stati rispettati dell’avvocato nelle due richieste di rinvio motivate dalla concomitanza di altri impegni professionali, ragione per cui la sospensione della prescrizione deve operare per l’intero periodo di differimento. In conclusione, gli Ermellini affermano il principio di diritto secondo cui ai fini della sospensione del corso della prescrizione del reato, la Corte di Cassazione deve sindacare le valutazioni compiute dal Giudice di merito, che abbia ritenuto sussistente il legittimo impedimento del difensore per concomitante impegno professionale pur in difetto delle relative condizioni di legittimità, con la conseguenza che il corso della prescrizione dovrà intendersi sospeso per tutto il periodo del differimento . In definitiva, il termine di prescrizione doveva essere sospeso per un anno, 5 mesi e 10 giorni, giungendo a maturazione successivamente alla deliberazione della sentenza impugnata. Per questi motivi, la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 marzo – 7 maggio 2018, numero 19687 Presidente Di Nicola – Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 28/09/2016 la Corte di appello di Messina confermava la sentenza del 16/3/2015 del Tribunale di Patti, con la quale T.F. era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 349 cod.penumero e condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 500,00 di multa. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione T.F. , a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. penumero . Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 125, comma 3 e 530, commi 1 e 2 cod.proc.penumero e 349 cod.penumero , lamentando che il Giudice di appello aveva confermato la sentenza di primo grado senza rispondere in maniera specifica alle doglianze sollevate con l’appello, doglianze che facevano espresso riferimento al contratto di appalto con la EDIL IAC e comprovavano l’insussistenza del fatto. Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 157 cod.penumero , deducendo che il reato si era estinto prima della pronuncia impugnata, che aveva erroneamente indicato il periodo di sospensione del corso della prescrizione in mesi otto in luogo di quello esatto di quattro mesi, considerando erroneamente l’intero periodo del rinvio al 16.2.2012 al 28.6.2012 e di quello dal 28.6.2012 al 22.11.2012, entrambi rinvii disposti per legittimo impedimento del difensore. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 175 cod.penumero censurando il diniego del beneficio della non menzione della sentenza richiesto con l’atto di appello. Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile. È pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 comma 1, lett. c cod. proc. pen, alla inammissibilità della impugnazione in tal senso sez. 2, numero 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo non mass. conf. sez. 5, numero 28011 del 15.2.2013, Sammarco, Rv. 255568 sez. 4, numero 18826 del 9.2.2012, Pezzo, Rv. 253849 sez. 2, numero 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo, Rv. 240109 sez. 4, numero 34270 del 3.7.2007, Scicchitano, Rv. 236945 sez. 1, numero 39598 del 30.9.2004, Burzotta, rv. 230634 sez. 4, numero 15497 del 22.2.2002, Palma, Rv. 221693 sez. 3, numero 44882 del 18.7.2014, Cariolo e altri, Rv. 260608 Sez. 5, numero 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568 Sez.2, numero 11951 del 29/01/2014, Rv.259425 . Va, poi, evidenziato che ci si trova di fronte ad una doppia conforme affermazione di responsabilità e che, legittimamente, in tale caso, è pienamente ammissibile la motivazione della sentenza di appello per relationem a quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure formulate contro la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi. È, infatti, giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sui punti denunciati, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico - giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello Sez. 1^, 22/11/19934/2/1994, numero 1309, Albergamo, riv. 197250 Sez. 3, 14/2 - 23/4/1994, numero 4700, Scauri, riv. 197497 Sez. 2, 2/3 - 4/5/1994, numero 5112, Palazzotto, riv. 198487 Sez. 2, 13/11 - 5/12/1997, numero 11220, Ambrosino, riv. 209145 Sez. 6, 20/113/3/2003, numero 224079 . Ne consegue che il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure, dovendo soltanto rispondere in modo congruo alle singole doglianze prospettate dall’appellante. In questo caso il controllo del giudice di legittimità si estenderà alla verifica della congruità e logicità delle risposte fornite alle predette censure. Nella specie, le motivazioni delle due sentenze di affermazione della responsabilità dell’imputato si saldano fornendo un’unica e complessa trama argomentativa, non scalfita dalle censure mosse dal ricorrente che ripropone gli stessi motivi dedotti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado. La Corte di appello, infatti, non si è limitata a richiamare la sentenza di primo grado, ma ha risposto specificamente alla doglianza oggi riproposte, con argomentazioni adeguate e logiche e, quindi, esenti da censure in questa sede cfr pag 2 della sentenza impugnata . Il ricorrente, peraltro, si limita sostanzialmente a proporre una lettura alternativa del materiale probatorio posto a fondamento della affermazione di responsabilità penale, dilungandosi in considerazioni in punto di fatto, che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità, non essendo demandato alla Corte di cassazione un riesame critico delle risultanze istruttorie. 2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il reato contestato al ricorrente - art. 349 cod.penumero - risulta consumato in data 4.11.2008 ed il termine prescrizionale pari a sette anni e sei mesi ex artt. 157 e 161 cod.penumero , sarebbe maturato alla data del 4.5.2016, ma tenuto conto dei periodi di sospensione verificatisi nel procedimento di primo grado, esso non era ancora spirato alla data di pronuncia della sentenza impugnata. Come si rileva dall’esame degli atti processuali, ai quali questa Corte ha accesso vertendosi in ipotesi di vizio processuale, emerge, innanzitutto, che all’udienza del 22.11.2012 si disponeva rinvio all’udienza del 28.3.2013 per dichiarazione di adesione alla astensione dalle udienze da parte del difensore dell’imputato ed all’udienza del 11.7.2013 analogo rinvio veniva disposto per l’udienza del 12.11.2013. Il corso della prescrizione, quindi, deve considerarsi sospeso per l’intero periodo di differimento delle udienze, pari a 8 mesi e 5 giorni. Costituisce, infatti, ius receptum, in tema di sospensione della prescrizione, che il limite di sessanta giorni previsto dall’art. 159, comma primo, numero 3, cod. penumero , non si applica nel caso in cui il differimento dell’udienza sia determinato dalla scelta del difensore di aderire alla manifestazione di protesta indetta dalle Camere penali, non costituendo un impedimento a comparire in senso tecnico, con la conseguenza che, in tal caso, il corso della prescrizione può essere sospeso per il tempo, anche maggiore di sessanta giorni, ritenuto adeguato in relazione alle esigenze organizzative dell’Ufficio procedente Sez.3, numero 11671 del 24/02/2015, Rv.263052 Sez. 4, numero 10621 del 29/01/2013, Rv. 256067 Sez. 5, numero 18071 del 08/02/2010, Rv. 247142 Sez. 1, numero 25714 del 17/06/2008, Rv. 240460 . Anche i precedenti rinvii dal 16.2.2012 al 28.6.2012 e dal 28.6.2012 al 22.11.2012, pari a mesi nove e giorni cinque, richiesti per concomitante impegno professionale del difensore, vanno computati per intero nel periodo di sospensione del corso della prescrizione. Va ricordato che, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte - numero 4909 del 18/12/2014, dep. 02/02/2015, Torchio Rv. 262912 -, l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. penumero , a condizione che il difensore a prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni b indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo c rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato d rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. penumero sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio. La mera concomitanza di altri impegni professionali non integra di per sé un legittimo impedimento, atteso che, così opinando, si rimetterebbe all’arbitrio del difensore la decisione in merito a quale dei due procedimenti privilegiare. Il rinvio per concomitante impegno professionale del patrono non costituisce, dunque, un fenomeno di mera scelta del difensore, rimessa alle individuali - e incontrollabili - strategie difensive, ma si tratta di una condizione obiettiva come tale positivamente scrutinata dal giudice di impossibilità assoluta di prestare la propria opera in una sede processuale, in quanto compromessa da un concomitante e in quel momento prevalente impegno difensivo. L’obbligo di comunicare prontamente, ex art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. penumero , il legittimo impedimento a comparire, per concorrente impegno professionale, si intende puntualmente adempiuto dal difensore quando questi, non appena ricevuta la notificazione della fissazione dell’udienza nella quale intenda far valere il legittimo impedimento, verifichi la sussistenza di un precedente impegno professionale davanti a diversa autorità giudiziaria cui deve accordare prevalenza. Ne consegue che la tempestività della comunicazione predetta va determinata con riferimento al momento in cui il difensore ha conoscenza dell’impedimento Sez.5, numero 27174 del 22/04/2014, Rv. 260579 . Inoltre, il difensore ha l’onere di corredare la richiesta di differimento dell’udienza per concomitante impegno professionale con la giustificazione della impossibilità di nominare un sostituto, non essendo sufficiente a tal fine né la mera affermazione di non potervi provvedere, né un apodittico richiamo alla delicatezza dei provvedimenti Sez. 3, numero 19458 del 08/04/2014, Rv.259757 Sez.3, numero 26408 del 02/05/2013, Rv. 256294 Sez. 2, numero 25754 del 11/06/2008, Rv. 241457 Sez. 5, numero 41148 del 28/10/2010, Rv. 248905 . Ed il difensore che chiede il rinvio del dibattimento per assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento per concomitante impegno professionale, inoltre, non può limitarsi a documentare la contemporanea esistenza di questo, ma deve fornire l’attestazione dell’assenza di un codifensore nell’altro procedimento e prospettare le specifiche ragioni per le quali non possa farsi sostituire nell’uno o nell’altro dei due processi contemporanei, nonché i motivi che impongono la sua presenza nell’altro processo, in relazione alla particolare natura dell’attività che deve svolgervi, al fine di dimostrare che l’impedimento non sia funzionale a manovre dilatorie Sez. 5, numero 7418 del 06/11/2013, dep. 17/02/2014, Rv. 259520 . Nella specie, entrambe le richieste di rinvio non documentavano la tempestività della comunicazione di impedimento, non attestavano l’assenza di un codifensore nell’altro procedimento e non prospettavano le specifiche ragioni dell’impossibilità di nominare un sostituito, con la conseguenza che i rinvii devono ritenersi disposti in adesione a richiesta non giustificata da un legittimo impedimento e che il corso della prescrizione deve operare per tutto il periodo del differimento. Va, infatti, ricordato che, in tema di prescrizione del reato, i limiti di durata della sospensione del corso della prescrizione previsti dall’art. 159, comma primo, numero 3, cod.penumero , nel testo introdotto dall’art. 6 della L. 5 dicembre 2005 numero 251, operano soltanto qualora il procedimento sia sospeso per impedimento delle parti o dei difensori e non anche, quindi, quando la sospensione sia disposta in adesione a richiesta non giustificata da un impedimento, rimanendo in tale ultimo caso sospeso il corso della prescrizione per tutto il periodo del differimento Sez. U, numero 4909 del 18/12/2014, dep. 02/02/2015, Torchio Rv. 262914 Sez. 1, numero 5956 del 04/02/2009, Rv. 243374 Sez. 1, numero 25714 del 17/06/2008, Rv.240460 Sez. 2, numero 20574 del 12/02/2008, Rv. 239890 Sez. 3, numero 4071 del 17/10/2007, dep. 28/01/2008, Rv. 238544 Sez. 5, numero 44924 del 14/11/2007, Rv. 237914 . Va, quindi, affermato il seguente principio di diritto ai fini della sospensione del corso della prescrizione del reato, la Corte di cassazione deve sindacare le valutazioni compiute dal Giudice di merito, che abbia ritenuto sussistente il legittimo impedimento del difensore per concomitante impegno professionale pur in difetto delle relative condizioni di legittimità, con la conseguenza che il corso della prescrizione dovrà intendersi sospeso per tutto il periodo del differimento . In definitiva, considerati i periodi di sospensione suindicati, per complessivi anni uno, mesi cinque e dieci giorni, il termine di prescrizione maturava in data 14.10.2017, successivamente alla deliberazione della sentenza di appello 28.9.2016 . 3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile. Il motivo prospetta deduzioni del tutto generiche, che non si confrontano specificamente con le argomentazioni svolte p. 3 nella sentenza impugnata a fondamento del diniego del beneficio della non menzione e trova dunque applicazione il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato Sez. 2, numero 19951 del 15/05/2008, Rv. 240109 Sez. 5, numero 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568 Sez. 2, numero 11951 del 29/01/2014, Rv. 259425, cit. . 4. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso. 5. L’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione Sez. U. numero 12602 del 25.3.2016, Ricci Sez. 2, numero 28848 del 08/05/2013, Rv. 256463 Sez. U, numero 23428 del 22/03/2005, Rv. 231164 Sez. 4 numero 18641, 22 aprile 2004 . 6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. numero 186 del 13.6.2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.