Le caratteristiche e la prova dell’induzione all’atto sessuale

L’induzione all’atto sessuale sufficiente per la sussistenza del reato di violenza sessuale non si identifica solamente nell’attività di persuasione esercitata sulla persona offesa per convincerla a prestare il proprio consenso all’atto sessuale .

Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza n. 18520/18, depositata il 2 maggio. La vicenda. I Giudici di merito, in entrambi i gradi di giudizio, condannavano l’imputato alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 609- bis c.p. Violenza sessuale . Contro la pronuncia di merito il condannato ricorre per cassazione sostenendo con il primo motivo di ricorso l’illogicità della motivazione della Corte territoriale, la quale aveva operato deduzioni svincolate dalle emergenze di causa, quanto ai movimenti del ricorrente al termine delle giornata lavorativa in cui sarebbe avvenuta la violenza, in relazione altresì all’affermato acquisto di pizze ed all’assenza di riscontri della dedotta violenza nella certificazione sanitaria prodotta . Precisazioni sull’induzione all’atto sessuale. La Cassazione ha osservato che la Corte territoriale ha ritenuto particolarmente grave la condotta dell’imputato sostenendo che essa fosse stata integrata dalla realizzazione di un’induzione all’atto sessuale sicuramente subdola in quanto rivolta ad una persona che patisce un grave disagio psichico condizione di inferiorità della vittima, sicuramente conosciuta dal prevenuto e della quale quest’ultimo si è approfittato . In relazione a quanto dedotto dalla Corte d’Appello i Giudici di legittimità hanno ribadito che l’induzione sufficiente alla sussistenza del reato non si identifica solamente nell’attività di persuasione esercitata sulla persona offesa per convincerla a prestare il proprio consenso all’atto sessuale, bensì consiste in ogni forma di sopraffazione posta in essere senza ricorrere ad atti costrittivi ed intimidatori nei confronti della vittima, la quale, non risultando in grado di opporsi a causa della sua condizione di inferiorità, soggiace al volere dell’autore della condotta, divenendo strumento di soddisfazione delle voglie sessuali di quest’ultimo in tal modo venendo convinta ad aderire ad atti sessuali che diversamente non avrebbe compiuto Cass. n. 38787/15 . Ciò premesso, osservano gli Ermellini, nel caso di specie la motivazione della sentenza impugnata deve considerarsi carente, in quanto i Giudici di merito hanno utilizzato semplici congetture e ipotesi fondate su mera possibilità senza, inoltre, considerare la statuizione emersa in appello circa il negativo esito degli accertamenti medici sulla persona offesa. In conclusione la Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 gennaio – 2 maggio 2018, n. 18520 Presidente Ramacci - Relatore Cerroni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23 novembre 2016 la sezione distaccata di Sassari della Corte di Appello di Cagliari ha confermato la sentenza del 24 luglio 2014 del Tribunale di Nuoro, in forza della quale D.G. è stato condannato alla pena di anni tre mesi otto di reclusione per il reato di cui all’art. 609-bis cod. pen., oltre alle relative sanzioni accessorie. 2. Avverso la predetta decisione è stato proposito ricorso per cassazione con quattro motivi di impugnazione. 2.1. In particolare, col primo motivo il ricorrente ha dedotto, in relazione alla previsione di cui all’art. 606, comma 1, lett. b e lett. e , cod. proc. pen., mancanza ed incompletezza della motivazione, atteso che la Corte territoriale aveva operato deduzioni svincolate dalle emergenze di causa, quanto ai movimenti del ricorrente al termine della giornata lavorativa in cui sarebbe avvenuta la violenza, in relazione altresì all’affermato acquisto di pizze ed all’assenza di riscontri della dedotta violenza nella certificazione sanitaria prodotta tanto più che era stato provato in sede istruttoria che il ricorrente era sprovvisto di patente di guida, con ogni conseguenza circa la possibilità di muoversi sul territorio, anche per l’acquisto di pizze all’esterno del comune di residenza . In relazione poi al mancato ritrovamento dei cartoni della pizza e del preservativo che sarebbe stato utilizzato dall’imputato, la persona offesa non aveva mai sostenuto che fosse stato il D. a gettarli via, laddove comunque il provvedimento aveva messo in diretto collegamento l’abuso, perpetrato ai danni della persona offesa, con la cena consumata con tale soggetto affetto da deficit. In tal modo era stata somministrata una motivazione incongrua. 2.2. Col secondo motivo il ricorrente, in relazione allo stato di salute della persona offesa ed alla condotta siccome tenuta nell’episodio ed alle valutazioni ivi espresse dalla Corte territoriale , ha osservato che sarebbe stato comunque necessario un accertamento in concreto dei requisiti dell’abuso e della costrizione ovvero dell’induzione, non esistendo invero nell’ordinamento il principio secondo cui un rapporto sessuale con malato di mente postuli di per sé una violenza. 2.3. Col terzo motivo, quanto alla lamentata carenza o manifesta illogicità della motivazione, il ricorrente ha osservato di avere espresso le proprie deduzioni sulla base del contenuto della querela della donna, dalla quale emergeva che la stessa non aveva subito alcuna violenza. Al più ci sarebbe stata, sempre secondo la narrazione della donna, una condotta non violenta ma subdola, dal momento che l’imputato avrebbe agito nella ragionevole convinzione del consenso della donna. 2.4. Col quarto motivo infine, sotto il profilo del travisamento della prova, la Corte territoriale aveva legato la responsabilità dell’imputato alla presenza di mozziconi di sigaretta recanti il suo DNA, mentre non era stato tenuto conto del fatto, comunque evidenziato in appello, che a giorni alterni veniva espletato servizio di pulizia dell’alloggio della persona offesa, per cui non appariva comprensibile che i mozziconi fossero presenti tre giorni dopo nell’appartamento. In ogni caso cartoni e preservativo non erano stati gettati né dalla donna, la quale nulla aveva in ogni caso riferito circa il prelievo di tali oggetti da parte del D. , né dall’assistente domiciliare, che parimenti non aveva rintracciato i mozziconi. In ogni caso non era stato spiegato come, nell’ambito di un rapporto in tesi non consenziente, i due si fossero spostati nella camera da letto, della cui localizzazione da parte dell’imputato nulla diceva il provvedimento impugnato. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato. 4.1. All’odierno ricorrente è stato contestato nel capo d’imputazione di avere costretto T.G. , abusando delle sue condizioni di inferiorità psichica, a subire atti sessuali consistiti in baci forzati e nella consumazione di un rapporto sessuale con l’uso del preservativo. In proposito, la Corte territoriale ha infine osservato che la condotta dell’imputato doveva ritenersi particolarmente grave, dal momento che essa era stata integrata dalla realizzazione di un’induzione all’atto sessuale sicuramente subdola in quanto rivolta ad una persona che patisce un grave disagio psichico condizione di inferiorità della vittima, sicuramente conosciuta dal prevenuto e della quale quest’ultimo si è approfittato . A questo riguardo, l’induzione sufficiente alla sussistenza del reato non si identifica solamente nell’attività di persuasione esercitata sulla persona offesa per convincerla a prestare il proprio consenso all’atto sessuale, bensì consiste in ogni forma di sopraffazione posta in essere senza ricorrere ad atti costrittivi ed intimidatori nei confronti della vittima, la quale, non risultando in grado di opporsi a causa della sua condizione di inferiorità, soggiace al volere dell’autore della condotta, divenendo strumento di soddisfazione delle voglie sessuali di quest’ultimo Sez. 4, n. 40795 del 17/09/2008, C. e altri, Rv. 241326 , in tal modo venendo convinta ad aderire ad atti sessuali che diversamente non avrebbe compiuto Sez. 3, n. 20766 del 14/04/2010, T. e altro, Rv. 247654 Sez. 3, n. 38787 del 23/06/2015, P., Rv. 264698 . 4.2. Ciò posto, il ricorrente ha osservato che la fiducia della donna sarebbe stata, in tesi accusatoria, conquistata offrendole una pizza da consumare assieme nell’alloggio della stessa, ma ha rilevato che i relativi cartoni non erano stati ritrovati ha altresì ricordato che, sempre in ipotesi accusatoria, in occasione del rapporto sessuale sarebbe stato utilizzato un preservativo, parimenti non rinvenuto ha infine rilevato che i mozziconi di sigaretta con tracce biologiche dell’imputato erano stati rintracciati ancora nell’abitazione, benché l’appartamento fosse oggetto di pulizia tri-settimanale da parte dell’assistenza sociale. In particolare, quanto all’acquisto della pizza, la Corte territoriale ha preso atto che il pizzaiolo del piccolo paese di aveva escluso di avere dato delle pizze all’odierno ricorrente nel giorno in cui sarebbe avvenuta la violenza, ma il medesimo Giudice ha sostenuto, senza alcun riscontro, che l’acquisto poteva essere avvenuto in uno dei paesi vicini, quali omissis , e , tutti distanti pochi chilometri da . Del pari, in ordine al mancato rinvenimento dei cartoni della pizza e del preservativo tra i rifiuti domestici, la Corte sassarese ha osservato che non poteva essere escluso che i cartoni ed il preservativo fossero stati gettati via dall’imputato, magari proprio per evitare di lasciare prove della sua presenza in casa della vittima e della consumazione di un rapporto sessuale . In conclusione, per vero, la sentenza impugnata ha dato atto cfr. pag. 4 che l’appellante aveva annotato come mancassero i riscontri fisici che potessero dimostrare la consumazione di un rapporto sessuale. In proposito, peraltro, il rilievo dell’appellante non ha ricevuto alcun riscontro in sede di motivazione. 4.3. Alla stregua di quanto sopra, vero è anzitutto che la costrizione a subire gli atti sessuali, di cui al capo d’imputazione, è infine divenuta l’induzione, ovvero la soggezione, al rapporto ovvero agli atti. È altrettanto vero, poi, che l’offerta della pizza, ovvero quell’atto gentile che, a mo’ di subdolo grimaldello, avrebbe consentito all’odierno ricorrente di entrare nell’abitazione della persona offesa in ora serale, e quindi di perpetrare l’illecito rapporto cui la persona offesa ha detto di non essersi opposta per paura , sia pure nell’assenza di pregressi atti di violenza fatta esclusione per qualche bacio estorto , circostanza in ordine alla quale la Corte si è limitata a congetture, che avrebbero dovuto spiegare tanto l’acquisto della pietanza in altra località mentre il ricorrente non possedeva né autovettura né patente di guida , quanto il mancato rinvenimento dei resti della cena, quanto infine la non decisività delle dichiarazioni dello stesso pizzaiolo del paese e del collega di lavoro del ricorrente, il quale aveva fissato il rientro a casa attorno alle 21 mentre la molestia si sarebbe consumata tra le 20 e le 22. Al riguardo, invero, deve considerarsi affetta dal vizio di illogicità e di carenza della motivazione la decisione del giudice di merito che, in luogo di fondare la sua decisione su massime di esperienza - che sono caratterizzate da generalizzazioni tratte con procedimento induttivo dalla esperienza comune, conformemente agli orientamenti diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in cui matura la decisione - utilizzi semplici congetture, cioè ipotesi fondate su mere possibilità, non verificate in base all’id quod plerumque accidit ed insuscettibili, quindi, di verifica empirica ex p/urimis, Sez. 6, n. 36430 del 28/05/2014, Schembri, Rv. 260813 . Né può essere sottaciuta la decisività dell’episodio nell’economia complessiva della vicenda, atteso che tale gesto di cortesia avrebbe abbassato le difese della donna, incapace patologicamente di opporsi alle altrui condotte ma comunque in grado di raccontare puntualmente gli accadimenti della vita aspetti sui quali si è imperniata la valutazione di responsabilità dell’imputato . Mentre, a fronte della linea difensiva dell’imputato, che ha comunque sempre negato in primo luogo il rapporto sessuale e comunque il rapporto nelle condizioni e con le modalità di cui alla contestazione, la Corte territoriale non ha inteso neppure confrontarsi con quanto affermato in sede di appello, circa il negativo esito degli accertamenti medici sulla persona offesa, la quale in ogni caso non conduceva attività sessuale. 4.4. Alla stregua dei rilievi che precedono, si impone un nuovo esame del giudizio. 5. La sentenza va quindi annullata, con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Cagliari.