Dopo il tamponamento si ferma solo per alcuni istanti: condannato per fuga

Il delitto di fuga art. 189, comma 6, d.lgs. n. 285/1992 si configura anche nel caso in cui colui che, in occasione di un incidente stradale ricollegabile al suo comportamento e da cui sia derivato un danno alle persone, effettui sul luogo una sosta momentanea del tutto insufficiente alla sua identificazione e a quella del veicolo.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18406/18, depositata il 27 aprile. Il fatto. A seguito di un tamponamento stradale, l’automobilista veniva riconosciuto responsabile per il reato di fuga art. 189, comma 6, d.lgs. n. 285/1992 , mentre veniva assolto dall’accusa di omissione di soccorso art. 189, comma 7 . L’imputato ricorre per la cassazione della sentenza deducendo l’insussistenza del reato. Reato di fuga. Ripercorrendo la sequenza fattuale, la Corte di legittimità conferma la sentenza impugnata che correttamente ha riscontrato la sussistenza del reato di fuga essendosi il ricorrente fermato sul luogo del sinistro solo per alcuni minuti ed avendo omesso di fornire le proprie generalità. La fattispecie in parola si configura infatti laddove colui che, in occasione di un incidente stradale ricollegabile al suo comportamento e da cui sia derivato un danno alle persone, effettui sul luogo una sosta momentanea del tutto insufficiente alla sua identificazione e a quella del veicolo. Il dovere del conducente di fermarsi sul luogo dell’incidente ha infatti una durata che si estende per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini finalizzate all’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto, in coerenza con la ratio della norma di cui all’art. 189 c.d.s Infondata risulta anche la censura relativa al dolo, elemento su cui la Corte d’Appello ha fornito congrua motivazione, così come sull’inapplicabilità dell’art. 131- bis c.p. in riferimento alle circostanze del caso concreto danno non minimale, evidente stato di ebbrezza del ricorrente, sottrazione alle ricerche condotte dai carabinieri . In conclusione, il Collegio rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 28 marzo – 27 aprile 2018, n. 18406 Presidente Ciampi – Relatore Cenci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Trieste il 10 maggio 2017, in parziale riforma della decisione resa il 23 giugno 2015, all’esito del giudizio ordinario, dal Tribunale di Udine, con la quale I.M. era stato riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 189, comma 6, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per avere, dopo avere tamponato con la propria automobile un’autovettura condotta da D.M. , la quale aveva riportato distorsione del rachide cervicale , omesso di fermarsi reato c.d. di fuga , fatto commesso il 29 luglio 2013, mentre era stato assolto dall’accusa di non avere prestato soccorso a D.M. omissione di soccorso stradale di cui all’art. 189, comma 7, del d.lgs. n. 285 del 1992 , e, in conseguenza, condannato alla pena di giustizia, ha ridotto la durata della sospensione della patente di guida con conferma nel resto. 2. Ricorre tempestivamente per la cassazione della sentenza I.M. , tramite difensore, che, ripercorso l’antefatto pp. 1-2 del ricorso , si affida a tre motivi, con i quali denunzia violazione di legge artt. 189, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992, e 131-bis cod. pen. o, in alternativa, difetto motivazionale. 2.1. Con il primo motivo censura inosservanza o erronea applicazione dell’art. 189, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992, quanto alla sussistenza della materialità della fattispecie, essendo risultato, ad avviso del ricorrente, che l’imputato ha, in realtà, rispettato l’obbligo di fermarsi o, in alternativa, motivazione contraddittoria e/o manifestamente illogica pp. 3-7 del ricorso . Richiamati il motivo di appello sul punto e la risposta fornita della Corte territoriale, assume il ricorrente che l’istruttoria svolta, in particolare attraverso la deposizione della testimone oculare signora C. , ha fatto emergere che l’imputato si è, in realtà, fermato, così rispettando l’obbligo imposto dall’art. 186, comma 6, del d.lg. n. 285 del 1992, come del resto ammesso espressamente anche dalla Corte territoriale alla p. 4 della sentenza impugnata . La Corte di merito, dunque, errerebbe in diritto perché, secondo il ricorrente, mostra di credere che la fattispecie di cui all’art. 189 co. VI cod. str. sia integrata non solo dalla violazione dell’obbligo di fermarsi, ma anche da quello di fornire le proprie generalità. Così facendo, i Giudici di secondo grado hanno erroneamente ampliato la fattispecie in discorso In altri termini, è qui ravvisabile una violazione del principio di tassatività della fattispecie penale artt. 1 c.p. e 25 co. II Cost. . Al contrario, l’obbligo del conducente coinvolto in un sinistro stradale di fornire le generalità e le informazioni utili anche ai fini risarcitori esula dall’area del penalmente rilevante, costituendo un autonomo illecito amministrativo previsto e sanzionato dall’art. 189 c. IV e IX cod. str. in ogni caso, Poiché l’ipotizzato illecito amministrativo di mancata comunicazione delle generalità è stato estinto con il pagamento della sanzione pecuniaria, ne consegue che al fatto è stata applicata la norma amministrativa speciale, con esclusione della rilevanza penalistica di tale profilo, ostandovi la previsione di cui all’art. 9 l. 689/1981. La conclusione è che dell’eventuale illecito di mancata comunicazione delle generalità, in quanto definito in sede amministrativa, è precluso l’accertamento anche in sede penale. La Corte di Appello di Trieste non ha tenuto conto di ciò ed ha operato una inammissibile duplicazione ovvero estensione della contestazione. Ad avviso del ricorrente ciò è contrario al diritto positivo almeno sotto due profili perché è stato così travolto l’art. 9 l. 689/1981 e perché si è erroneamente ritenuto che l’omessa esternazione delle generalità sia una componente costitutiva della fattispecie di cui all’art. 189 co. VI cod. str. così alle pp. 6-7 del ricorso . 2.2. Mediante il secondo motivo il ricorrente denunzia inosservanza o erronea applicazione dell’art. 189, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992, in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto contestato o, in alternativa, motivazione mancante sul punto pp. 7-8 del ricorso . Essendosi effettivamente fermato l’imputato ed essendo rimasto fermo sul luogo del sinistro, secondo il ricorrente, per alcuni minuti, si è con l’appello evidenziato che ciò sarebbe in contrasto con la sussistenza dell’elemento psicologico ma a tale doglianza la Corte territoriale non avrebbe offerto alcuna risposta, così sostanzialmente incappando nel vizio di omissione di pronunzia. 2.3. Con l’ulteriore motivo I. lamenta l’omessa applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., di cui sussisterebbero i requisiti di legge ovvero, in alternativa, motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica sul punto pp. 8-10 del ricorso . La Corte avrebbe del tutto trascurato, ad avviso del ricorrente, sia l’occasionalità del fatto sia l’incensuratezza dell’imputato, condizioni evidenziate nell’appello e legittimanti il riconoscimento della causa di non punibilità, ancorando il diniego al comportamento dell’imputato ed alla non minimale tenuità del danno cagionato p. 4 della decisione impugnata , in chiara contraddizione interna - si stima - con quella parte della sentenza in cui definisce, due righe più sotto, modesto il sinistro. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato, per le ragioni che ci si accinge ad illustrare. 1.1. Il primo motivo è destituito di fondamento. Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, infatti, i Giudici di merito non hanno identificato il reato di fuga tout-court nel non fornire le generalità, avendo, invece, descritto una fermata, temporalmente breve, comunque del tutto inutile rispetto alle finalità che la norma mira a tutelare, non avendo l’imputato fornito le proprie generalità, non essendosi informato delle condizioni della persona che aveva patito il tamponamento, non avendo - ciò che maggiormente rileva - in alcun modo consentito la ricostruzione della dinamica del sinistro né avendo atteso l’arrivo delle forze dell’ordine, pur avendo assistito alla telefonata di soccorso ai Vigili urbani, né essendosi reso reperibile e, anzi, essendosi addirittura sottratto al controllo dei Carabinieri, cui I.M. non ha aperto la porta di casa p. 4 della sentenza impugnata . Una situazione fattuale, quindi, che ben si inquadra in quella decisa dai precedenti di legittimità correttamente evocati dal Tribunale pp. 2-4 della sentenza di primo grado , con l’adesione della Corte di appello p. 4 del resto, assai condivisibilmente, si è ritenuto che Integra il reato di cui all’art. 189, commi primo e sesto, c.d.s. cosiddetto reato di fuga , la condotta di colui che - in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento da cui sia derivato un danno alle persone - effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea nella specie per pochi istanti , senza consentire la propria identificazione, né quella del veicolo La Corte ha rilevato che il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto, perché, ove si ritenesse che la durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non consentire né l’identificazione del conducente, né quella del veicolo, né lo svolgimento di un qualsiasi accertamento sulle modalità dell’incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica Sez. 4, n. 20235 del 25/01/2006, Mischiatti, Rv. 234581 nello stesso senso v., ex plurimis, a proposito di soste solo momentanee, Sez. 4, n. 42308 dei 07/06/2017, Massucco, Rv. 270885 Sez. 4, n. 9218 del 02/02/2012, Boffa, Rv. 252734 . Risultano assorbite - all’evidenza - le ulteriori questioni poste. 1.2. Gli ulteriori motivi di ricorso sono, del pari, infondati. Infatti quanto al tema del dolo, peraltro assai genericamente posto con l’appello pp. 2-3 , la ricostruzione degli accadimenti operata dai Giudici di merito sottintende chiaramente la sussistenza della volontà consapevole dell’imputato di sottrarsi ai doveri di collaborazione per la ricostruzione dell’incidente ed è sviluppato mediante - adeguata - valorizzazione della condotta sia contemporanea che successiva al fatto pp. 2-4 della sentenza impugnata non senza considerare che la motivazione della sentenza di primo grado p. 4 si salda, secondo regola generale, con quella di appello. 1.3. La Corte affronta, poi, il problema dell’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., posta con l’appello p. 4, in relazione alla richiesta avanzata dalla difesa e di cui al verbale di udienza del 9 giugno 2015 e lo risolve negativamente con motivazione - sì - stringata ma logica e congrua, valorizzando p. 4 , da un lato, il danno cagionato, definito non minimale , evidentemente con riferimento omnicomprensivo sia al danno materiale al veicolo tamponato sia alle lesioni lievi alla donna, e, dall’altro, la condotta complessiva tenuta dall’imputato, che, secondo quanto accertato dai Giudici di merito pp. 3-4 della sentenza impugnata e pp. 2 e 4 di quella del Tribunale nell’istruttoria testimoniale, era visibilmente ubriaco si è persino sottratto alle ricerche dei Carabinieri. Nessuna insanabile incoerenza, dunque, con la definizione di modestia del sinistro p. 4 della sentenza impugnata , con evidente riferimento, sul punto, alla semplice - ma non esaustiva - ammaccatura materiale della carrozzeria del veicolo in effetti constatata dai Vigili urbani p. 1 della sentenza di primo grado . 2. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente, per legge, al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.