Poveri e con figli: nessuna giustificazione per l’occupazione abusiva della casa popolare

Condanna definitiva per una coppia. Respinto il richiamo difensivo alla loro situazione di indigenza e alla necessità di tutelare i figli minori. Questo elemento non può rendere meno grave la scelta di prendere possesso di una casa assegnata a un’altra persona.

La povertà non può giustificare la scelta di occupare abusivamente un alloggio. A dirlo chiaramente sono i Giudici del ‘Palazzaccio’, confermando la condanna di una coppia. Ritenuto irrilevante il richiamo alla propria situazione di indigenza e alla necessità di tutelare i figli minori Cassazione, sentenza n. 18119/2018, Sezione Quinta Penale, depositata il 24 aprile . Indigenza. Ricostruita nei dettagli la vicenda, i Giudici, prima in Tribunale e poi in Appello, condannano un uomo e una donna per essersi introdotti, dopo aver forzato la porta d’ingresso, e trattenuti nell’abitazione di una donna, assegnataria di un alloggio Iacp . La coppia viene ritenuta colpevole di violazione di domicilio , reso più grave dalla violenza sulle cose . Il legale, però, dinanzi ai giudici della Cassazione, contesta la condanna, spiegando che non può essere considerata solo l’indigenza dei suoi clienti, ma anche la necessità di tutela dei loro figli minori . L’obiezione viene respinta in modo netto dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali ribattono all’obiezione difensiva ribadendo che la situazione di indigenza non è idonea di per sé a far presumere uno stato di necessità tale da giustificare la scelta di occupare abusivamente un’abitazione. Per chiudere il cerchio, peraltro, i magistrati sottolineano anche che alle esigenze delle persone in condizione di povertà è possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 marzo – 24 aprile 2018, n. 18119 Presidente Sabeone – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Messina ha confermato quella del Tribunale di Patti, in data 25 novembre 2011, che aveva dichiarato colpevoli Zi. Ma. e Bo. Ci. del delitto di cui agli artt. 110, 614, commi 1, 2 e 4 cod. pen. - per essersi, in concorso tra loro, introdotti e trattenuti nell'abitazione di Guidare Tindara, assegnataria di un alloggio IACP, dopo averne forzato la porta d'ingresso - e per l'effetto li aveva condannati alla pena di giustizia. 2. Il difensore dei predetti imputati propone ricorso per cassazione nell'interesse di entrambi deducendo 2.1. il vizio di violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alla preterizione dell'istanza di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod.pen. 2.2. il vizio di violazione di legge, in relazione all'art. 54 cod. pen., e il vizio di motivazione, sul rilievo che, piuttosto che arrestarsi alla considerazione che l'indigenza non vale a scriminare la condotta contestata, i giudici di merito avrebbero dovuto accertare quali fossero le effettive condizioni dei ricorrenti anche con riguardo alla tutela dei figli minori. 3. Il ricorso è inammissibile. 3.1. Le doglianze di cui al primo motivo sono manifestamente infondate. Per effetto della circostanza aggravante ad effetto speciale di cui all'art. 614, comma 4., cod. pen., il delitto contestato agli imputati è punito con la pena edittale da uno a cinque anni di reclusione donde fuoriesce dal novero dei reati, cui, ai sensi dell'art. 131-bis, comma 1, cod. pen., può essere applicato l'istituto dell'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. Sicché, in ragione della palese infondatezza dell'istanza protesa ad ottenerne l'applicazione, il giudice di merito era esonerato dal rispondervi in tal senso depone la pacifica ermeneusi di questa Corte a mente della quale In tema di motivazione, in sede di impugnazione il giudice non è obbligato a motivare in ordine al mancato accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili sia per genericità, sia per manifesta infondatezza ex plurimis Sez. 2, n. 49007 del 16/09/2014, lussi e altro, Rv. 261423 . 3.2. I rilievi censori di cui al secondo motivo, oltre ad essere genericamente articolati, sono pure destituiti di giuridico fondamento. Deve darsi atto, infatti, che la Corte di appello ha correttamente escluso il ricorrere della scriminante dello stato di necessità, poiché, ai fini del riconoscimento della stessa, gli imputati avevano un preciso onere di allegazione degli elementi necessari ad integrarla il pericolo attuale di un danno grave alla persona, l'assoluta necessità della condotta, l'inevitabilità del pericolo non volontariamente causato la proporzione tra fatto e pericolo. Nell'ordinamento processuale penale, infatti, non è previsto un onere probatorio a carico dell'imputato, modellato sui principi propri del processo civile, ma è, al contrario, prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale l'imputato è tenuto a fornire all'ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all'accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore, fra i quali possono annoverarsi le cause di giustificazione Sez. 2, n. 20171 del 07/02/2013, Weng, Rv. 255916 . Né può trascurarsi che la situazione di indigenza non è di per sé idonea ad integrare la scriminante dello stato di necessità per difetto degli elementi dell'attualità e dell'inevitabilità del pericolo, atteso che alle esigenze delle persone che versano in tale stato è possibile provvedere per mezzo degli istituti di assistenza sociale Sez. 5, n. 3967 del 13/07/2015 - dep. 29/01/2016, Petrache, Rv. 265888 Sez. 6, n. 27049 del 19/03/2008, Niang, Rv. 241014 . Poiché la difesa dei ricorrenti non si è per nulla confrontata né con le argomentazioni spese sulla questione dal giudice censurato, né con le enunciate indicazioni direttive della cattedra nomofilattica, anche l'impugnativa sul punto non è ricevibile. 4. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese di procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.