La disattenzione del difensore durante la lettura del dispositivo non costituisce caso fortuito

La Suprema Corte ribadisce come il mancato o inesatto adempimento, da parte del difensore di fiducia, dell'incarico di proporre impugnazione non è idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore , anche nel caso in cui l’omessa impugnazione sia la conseguenza della disattenzione da parte del legale che sostituiva il difensore di fiducia in udienza.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 18085/18, depositata il 23 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Brescia rigettava la richiesta di restituzione nel termine per la presentazione dell’appello, per essere il termine dell’impugnazione spirato. Il difensore di fiducia dell’appellante aveva riferito che il collega che lo aveva sostituito nell’udienza fissata per il giudizio abbreviato erroneamente gli aveva riportato che il GUP non avesse indicato i termini per il deposito della motivazione, e che solamente con la ricezione della notifica dell’ordine di esecuzione della carcerazione aveva appreso che il GUP si era riservato il termine di 60gg per il deposito e pertanto la sentenza era passata in giudicato. Avverso l’ordinanza di rigetto della Corte distrettuale il difensore di fiducia ricorre per cassazione denunciando l’assenza di incuria e negligenza del collega per non aver prestato attenzione alla lettura del dispositivo e per non aver verificato in cancelleria le ragioni del mancato deposito della sentenza scaduti i 15gg previsti ex art. 585, comma 1, lett. d , c.p.p Pertanto, secondo il ricorrente, sarebbe sussistente un palese ed imprevedibile errore di diritto commesso nel computo del termine per impugnare, costituente un caso fortuito. Il caso fortuito. Il Supremo Collegio ribadisce come, secondo costante giurisprudenza di legittimità, il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore che si concretano in forze impeditive non altrimenti vincibili, le quali legittimano la restituzione in termine e questo sia nell’ipotesi in cui l’omesso o inesatto adempimento deriva da una falsa rappresentazione della realtà, sia perché non può essere esclusa, in via presuntiva, la sussistenza di un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito . Pertanto, secondo la Suprema Corte la decadenza dal termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto . La Corte dunque dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 marzo – 20 aprile 2018, n. 18085 Presidente Villoni – Relatore Vigna Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 5 aprile 2017, la Corte d’appello di Brescia ha rigettato la richiesta di restituzione nel termine per presentare appello avverso la sentenza pronunciata dal G.u.p. presso il Tribunale di Mantova il 5 ottobre 2016 nei confronti di H.A. l l l l l l. 1.1. Nell’istanza formulata alla Corte di appello territoriale il difensore di fiducia evidenziava che il collega che lo aveva sostituito, con apposita delega, all’udienza fissata per il giudizio abbreviato innanzi al G.u.p. di Mantova gli aveva erroneamente riferito che quest’ultimo si era limitato a leggere il dispositivo, non indicando i termini per il deposito della motivazione. Scaduti, pertanto, i quindici giorni previsti per il deposito della motivazione ai sensi dell’art. 585, comma 1, lett. d , cod. proc. pen. e verificato che il deposito non era avvenuto, il difensore di fiducia si limitava ad attendere la notifica dell’avviso di deposito della sentenza da parte della Cancelleria, previsto per il caso di superamento dei termini di legge. Il difensore riceveva, invece, notifica dell’ordine di esecuzione per la carcerazione e decreto di sospensione del medesimo emesso dalla Procura della Repubblica di Mantova relativi alla stessa sentenza solo a quel punto realizzava, previa verifica in Cancelleria, che il Giudice si era riservato il termine di sessanta giorni per il deposito e che la sentenza era stata, pertanto, depositata nei termini. L’errore in cui era incorso il collega aveva, dunque, determinato il proprio errore, così provocando il passaggio in giudicato della sentenza. 1.2. Il difensore formulava, tuttavia, istanza ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen. sostenendo che l’errore integrava comunque caso fortuito, legittimante la richiesta di restituzione nel termine. 2. Presentando ricorso per cassazione, il difensore di fiducia deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 606, comma 1, lettera e , cod. proc. pen. sostenendo che ha errato la Corte d’appello a ravvisare incuria e negligenza nel non avere prestato attenzione alla lettura del dispositivo, trattandosi semplicemente di una percezione errata della realtà di cui non si può attribuire una specifica colpa al difensore delegato presente in udienza. La Corte sbaglia, inoltre, nel ravvisare incuria e negligenza per non avere verificato in Cancelleria, scaduti quindici giorni, le ragioni del mancato deposito, atteso che la Cancelleria si limita a comunicare se esso sia avvenuto o meno. Ciò che si è verificato è stata una falsa rappresentazione iniziale della realtà, dettata dalla errata percezione in udienza da parte del collega di studio del termine del deposito della sentenza, che, conseguentemente, ha portato all’inevitabile caduta in errore quanto al conteggio dei termini per l’impugnazione. 3. In data 12 febbraio 2018 il Procuratore generale ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve, conseguentemente, essere dichiarato inammissibile. 2. Con il motivo proposto si deduce che il palese ed imprevedibile errore di diritto commesso dal difensore nel computo del termine per proporre impugnazione costituisce caso fortuito, e, come tale, ne impone la restituzione a norma dell’art. 175 cod. proc. pen 2.1. L’orientamento di gran lunga maggioritario della giurisprudenza di questa Corte è, tuttavia, nel senso che il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore che si concretano in forze impeditive non altrimenti vincibili, le quali legittimano la restituzione in termini - sia perché l’omesso o inesatto adempimento deriva da una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, sia perché non può essere esclusa, in via presuntiva, la sussistenza di un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nelle ipotesi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo cfr., segnatamente, tra le tantissime Sez. 6, n. 18716 del 31/03/2016, Saracinelli, Rv. 266926 Sez. 2, n. 16066 del 02/04/2015, Costica, Rv. 263761 Sez. 3, n. 39437 del 05/06/2013, Leka, Rv. 257221 Sez. 1, n. 1801 del 30/11/2012, dep. 2013, Masini, Rv. 254211 Sez. 4, n. 20655 del 14/03/2012, Ferioli, Rv. 254072 Sez. 2, n. 18886 del 24/01/2012, Dennaoui, Rv. 252812 Sez. 5, n. 43277 del 06/07/2011, Mangano, Rv. 251695 Sez. 2, n. 48243 del 11/11/2003, La Spina, Rv. 227085 Sez. 2, n. 49179 del 11/11/2003, Sulli, Rv. 227696 Sez. 5, n. 626 del 01/02/2000, Bettili, Rv. 215490 . 2.3. Il Collegio ritiene di non dovere derogare da tale orientamento, che risulta coerente anche con le indicazioni della giurisprudenza delle sezioni civili, secondo la quale la decadenza da un temine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto così Sez. 6 - 3 civ., n. 17704 del 29/07/2010, Rv. 615151 . 3. Alla manifesta infondatezza del motivo, segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.