Bar con musica ad alto volume per tutta la notte: legittima l’ammenda, ma il risarcimento di 15mila euro?

La Corte di legittimità, confermando l’ammenda di 206 euro, riconosce la sussistenza del reato di disturbo delle persone, ma annulla la condanna del titolare di un bar al risarcimento dei danni complessivamente liquidati in 15mila euro senza nulla specificare sulla tipologia di danno sofferto dalla parte civile.

Sulla vicenda è intervenuta la sentenza n. 17131/18 depositata il 17 aprile. Il fatto. Il Tribunale di Milano condannava il titolare di un bar alla pena dell’ammenda e al risarcimento del danno alla parte civile per il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone art. 659, comma 1, c.p. . La sentenza viene impugnata in appello con atto convertito poi in ricorso per cassazione per inappellabilità. Professione o mestiere rumoroso. Il ricorrente lamenta l’erronea qualificazione della condotta che avrebbe dovuto essere ricondotta al comma 2 posto che l’attività di bar, autorizzato a rimanere aperto fino a tarda notte, doveva essere classificata come mestiere rumoroso, mentre il superamento dei limiti di tollerabilità dei rumori comporta un mero illecito amministrativo. Sul punto il giudice territoriale ha correttamente evidenziato che il ricorrente era autorizzato alla somministrazione di cibi e bevande ma non allo svolgimento di manifestazioni ed eventi musicali che invece si dilungavano per tutta la notte. Ed infatti il reato di cui all’art. 659, comma 1, c.p. sussiste qualora il mestiere o l’attività sia svolta eccedendo le normali modalità di esercizio, mentre il comma 2 punisce la violazione di specifiche disposizioni di legge o prescrizioni dell’Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o dell’attività. Idoneità dei rumori ad arrecare disturbo. Il ricorrente censura inoltre l’insussistenza dell’elemento oggettivo del reato in quanto l’attività non disturbava tutti gli occupanti dell’edificio condominiale in cui era sito il bar. La Corte ricorda che, in riferimento ad attività svolta in ambito condominiale, la contravvenzione in parola sussiste laddove i rumori siano idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti nell’appartamento sovrastante o sottostante, ma di una più consistente parte dei condomini, circostanza che nella specie risulta pacifica stante le rilevazioni dell’Arpa e le testimonianze di diversi abitanti dell’edificio. Danno morale. Infine, il ricorrente deduce vizio di motivazione in riferimento alla liquidazione del danno morale riconosciuto a favore della parte civile. Non potendo tale danno essere ritenuto in re ipsa , il giudice deve infatti argomentare adeguatamente la propria decisione, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. Secondo gli Ermellini, il Tribunale aveva a disposizione sufficienti elementi a sostegno della condanna al pagamento di 15mila euro a favore della parte civile che ha certamente subito un pregiudizio dalla condotta censurata in termini di vita relazionale, pregiudizio che però non risulta in alcun modo nell’apparato argomentativo a sostegno del quantum riconosciuto a favore della parte civile. In conclusione, la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione del danno a favore della parte civile rinviando la questione al giudice civile competente.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 marzo – 17 aprile 2018, n. 17131 Presidente Di Nicola – Relatore Cerroni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 25 gennaio 2017 il Tribunale di Milano ha condannato C.R. , quale legale rappresentante della s.r.l. Crea Milano, alla pena di Euro 206 di ammenda, oltre al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese legali in favore della costituita parte civile, per il reato di cui all’art. 659, comma 1, cod. pen 2. Avverso la predetta decisione è stato proposto appello, poi convertito in ricorso per cassazione stante l’inappellabilità della sentenza, articolato su tre motivi di impugnazione. 2.1. In particolare, col primo motivo è stato osservato che la fattispecie doveva rientrare nell’ipotesi di cui all’art. 659, comma 2, cod. pen., atteso che l’attività, come in specie, di bar regolarmente autorizzato a rimanere aperto fino a tarda notte andava così classificata come esercizio di un mestiere rumoroso, mentre il superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore rappresentava solamente un illecito amministrativo di cui alla legge 447 del 1995, stante la sostanziale abrogazione dell’art. 659, comma 2, cod. pen 2.2. Col secondo motivo è stata eccepita l’insussistenza dell’elemento oggettivo del reato, dal momento che la contestata contravvenzione postulava l’idoneità al disturbo di una pluralità indeterminata di persone, ossia genericamente alla quiete nelle proprie occupazioni ed al conseguente riposo, e non solamente agli occupanti dell’edificio condominiale. Ciò che in specie andava escluso, come si evinceva dagli esiti dell’attività istruttoria ed in particolare dall’esame della teste P. , condomina del terzo piano, che aveva dichiarato di non essere disturbata dai rumori. 2.3. Col terzo motivo l’odierno ricorrente ha infine contestato la motivazione, in quanto viziata, che aveva condotto alla liquidazione del danno in tesi sopportato dalla parte civile, atteso che detto pregiudizio non poteva mai essere ritenuto in re ipsa, mentre in specie appunto non era stato provato alcunché in ordine all’eventuale riflesso pregiudizievole del preteso evento lesivo nella sfera non patrimoniale della parte civile. Né erano state fornite indicazioni circa il processo logico seguito nella determinazione del danno. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’annullamento con rinvio quanto alla liquidazione del danno e per l’inammissibilità nel resto. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati. 4.1. In linea generale va comunque ricordato che, quanto all’esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, esso integra a l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia b il reato di cui al comma primo dell’art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete c il reato di cui al comma secondo dell’art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relative ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995 Sez. 3, n. 5735 del 21/01/2015, Giuffré, Rv. 261885 . 4.2. In relazione quindi al primo motivo di censura, il ricorrente non si è confrontato con la motivazione addotta, dal momento che il Tribunale di Milano ha espressamente dato conto che l’esercizio pubblico gestito dal C. non aveva alcuna autorizzazione a svolgere manifestazioni ed eventi con diffusione di musica e/o a utilizzare strumenti musicali, per cui si trattava di esercizio che poteva sì somministrare e vendere bevande ed alimenti, ma che ciò non gli dava titolo per diffondere musica fino a tarda notte. In ragione di ciò, il provvedimento impugnato ha così osservato - senza che il ricorrente abbia preso posizione al riguardo - che, in difetto di autorizzazione, non aveva comunque giuridico significato il richiamo alla fattispecie di cui all’art. 659, comma 2, cod. pen., ovvero all’ipotesi del mero illecito amministrativo. 4.3. Quanto al secondo motivo di ricorso, perché sussista la contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. relativamente ad attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio Sez. 1, n. 45616 del 14/10/2013, Virgillito e altro, Rv. 257345 . In specie, il provvedimento impugnato ha dato atto che il locale pubblico . , corrente in . , ha arrecato disturbo al riposo ed alle occupazioni di più persone, ossia ai condomini dello stabile milanese di via . attraverso l’impianto di diffusione sonora, e che ciò era stato confortato dalle deposizioni testimoniali e dagli stessi rilievi tecnici dell’Arpa quanto al superamento del limite differenziale. Al riguardo, il ricorrente, richiamando proprio il cennato insegnamento di questa Corte, nulla ha contestato, limitandosi a sostenere che una teste condomina non era disturbata dai rumori provenienti dal locale. In proposito, peraltro, va osservato che in ricorso non si rileva alcunché in ordine al fatto che i condomini , e quindi una non irrilevante parte di costoro, fossero disturbati, come ha annotato la sentenza impugnata, laddove altresì la stessa teste P.P. aveva solamente sostenuto cfr. pag. 2 del provvedimento impugnato di non essere in grado di indicare con certezza la fonte del rumore, mentre gli altri testi i condomini erano stati precisi nell’indicare che si trattava di musica ad alto volume suonata dal . . Anche detto motivo non è quindi in grado di varcare le soglie dell’ammissibilità. 4.4. Fondato si presenta invece il terzo motivo di censura. Al riguardo, infatti, in tema di liquidazione del danno morale, la relativa valutazione del giudice, in quanto affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, costituisce valutazione di fatto sottratta al sindacato di legittimità se sorretta da congrua motivazione Sez. 6, n. 48461 del 28/11/2013, Fontana e altri, Rv. 258170 . Più specificamente, è stato così affermato, ed in proposito la Corte intende dare seguito a tale insegnamento, che la liquidazione del danno morale è affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi del giudice di merito il quale ha, tuttavia, il dovere di dare conto delle circostanze di fatto considerate in sede di valutazione equitativa e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente i calcoli in base ai quali ha determinato il quantum del risarcimento Sez. 4, n. 18099 del 01/04/2015, Lucchelli e altro, Rv. 263450 . In proposito, il Tribunale milanese si è limitato a condannare l’imputato al pagamento del risarcimento dei danni a favore della costituita parte civile, danni che si liquidano complessivamente ed equitativamente in Euro 15.000 . Nulla è stato aggiunto a giustificazione del potere, certamente discrezionale, attribuito al riguardo al Giudice, benché la tipologia di pregiudizio sofferto dalla parte civile, consistente in sostanza nel pregiudizio alla propria vita di relazione, potesse ampiamente consentire di dare conto dei criteri in base ai quali il provvedimento impugnato era giunto alla determinazione del, non irrilevante, quantum dovuto per la soddisfazione del nocumento sofferto. 4.4.1. La sentenza impugnata va quindi annullata senza rinvio sul punto, rinviando per nuovo giudizio in proposito al Giudice civile competente per valore in grado d’appello. 5. Il ricorso va invece dichiarato inammissibile nel resto. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione del danno in favore della costituita parte civile, e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Giudice civile competente per valore in grado d’appello. Dichiara inammissibile nel resto.