Possibile la revoca retroattiva dell’affidamento in prova se il condannato non aderisce al processo rieducativo

Il Tribunale di Sorveglianza può disporre – nell’ipotesi in cui il condannato si sottragga all’attività di volontariato che avrebbe dovuto svolgere – la revoca con effetto retroattivo dell’affidamento in prova ai servizi sociali, qualora tale condotta riveli un' inesistente adesione al processo rieducativo .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 17224/18, depositata il 17 aprile. Il caso. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma disponeva, con ordinanza, la revoca della misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali, in quanto il condannato risultava essersi sottratto, senza giustificazione, all’attività di volontariato presso la cucina di una parrocchia. Avverso la revoca predisposta dal Tribunale di Sorveglianza il condannato ricorre per cassazione denunciando l'erronea applicazione dell’art. 47, comma 11, ord. pen., per aver il Giudice disposto la revoca, travisato una prova – giacché il servizio presso la parrocchia non era accessibile ad esterni durante il periodo di assenza contestato – ed aver omesso di motivare circa l’eventuale prosecuzione del regime alternativo nelle forme della detenzione domiciliare. Infine, il ricorrente lamenta la decorrenza della revoca disposta a far data dall’inizio della condotta violativa. L’affidamento in prova. Il Supremo Collegio sottolinea come la revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale non sia rapportata alla pura e semplice violazione della legge penale o delle prescrizioni dettate dalla disciplina della misura stessa, ma all’ipotesi che il giudice, nel suo insindacabile apprezzamento di merito, ritenga che le predette violazioni costituiscano in concreto un fatto incompatibile con la prosecuzione della prova , avendo il Tribunale di Sorveglianza l’obbligo di giustificare l’uso del potere conferitogli, con motivazione logica ed esauriente . Pertanto, l’ordinanza del Tribunale deve, secondo i Giudici di legittimità, considerarsi incensurabile , in quanto ha rilevato la vanificazione dell’attività di volontariato, inappuntabilmente ritenuta parte essenziale del trattamento rieducativo esterno . La revoca retroattiva. Ciò posto, la Suprema Corte rileva che, secondo un costante orientamento, qualora sia disposta la revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale, ai fini della determinazione del residuo periodo di pena da espiare, il giudice deve espressamente motivare in ordine alla decorrenza della revoca stessa, prendendo in esame non solo la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento tenuto dal condannato, ma anche la condotta complessivamente tenuta dal condannato . Ad ogni modo, i Giudici di legittimità ribadiscono come il Tribunale di Sorveglianza possa disporre la revoca, con effetto retroattivo o parzialmente tale , quando il comportamento del condannato riveli, da data antecedente la decisione, l’inesistente adesione al processo rieducativo, purché motivi adeguatamente al riguardo . Ebbene, avendo il Tribunale di Sorveglianza omesso tale motivazione, la Corte annulla con rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alla decorrenza della revoca.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 febbraio – 17 aprile 2018, n. 17224 Presidente Casa – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza pronunciata il 24 ottobre 2017 il Tribunale di sorveglianza di Roma revocava, nei confronti di B.G., la misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali, in corso dal novembre 2016 e già provvisoriamente sospesa l’11 ottobre 2017, avendo rilevato che il condannato, a far tempo dall’agosto 2017, si era ingiustificatamente sottratto all’attività di volontariato che avrebbe dovuto svolgere, di domenica, come da prescrizione specificamente imposta, presso la cucina di una struttura parrocchiale. Secondo il Tribunale la trasgressione rifletteva il persistere di uno stile di vita deviante ed appariva incompatibile con la prosecuzione della prova. Lo stesso Tribunale contestualmente stabiliva la decorrenza della revoca a far data dal l’agosto 2017, fissata come inizio della condotta violativa. 2. Ricorre per cassazione il condannato, tramite il difensore di fiducia, articolando tre motivi, integrati nei termini da motivo nuovo. 2.1. Il primo di essi deduce - in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen. - l’erronea applicazione dell’art. 47, comma 11, Ord. pen., ed il vizio di motivazione, sul punto concernente la decretata revoca della misura alternativa. La semplice violazione di una prescrizione non avrebbe potuto ritenersi sufficiente per l’adozione di un provvedimento di tale rigore, che avrebbe viceversa richiesto l’attenta ponderazione del comportamento del condannato, il suo raffronto con la finalità rieducativa della misura ed un finale giudizio di reciproca inconciliabilità. Il Tribunale avrebbe mancato di argomentare adeguatamente al riguardo, e non si sarebbe avveduto che B., svolgendo regolarmente l’attività lavorativa ed essendo inserito in un sano contesto socio-familiare, non aveva abbandonato il positivo percorso di recupero sociale. 2.2. Il secondo motivo deduce - in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen. - la contraddittorietà della motivazione in ordine alla medesima decretata revoca, per travisamento della prova. Solo per effetto di quest’ultimo il Tribunale sarebbe giunto a ritenere violata la prescrizione di svolgere l’attività di volontariato. Travisamento per omissione, per invenzione e per distorsione del risultato probatorio, giacché il servizio parrocchiale di cucina non era accessibile ai volontari esterni nel mese di agosto e per questo, e non per godere delle ferie, B. non vi era andato , mentre in settembre egli era stato autorizzato ad accompagnare il figlio in una trasferta calcistica ed aveva avuto documentati impegni familiari, avendo peraltro sempre continuato a lavorare perché assunto ulteriore profilo dal Tribunale equivocato a tempo indeterminato. 2.3. Il terzo motivo deduce l’omessa motivazione in ordine alla domanda, subordinatamente avanzata, di prosecuzione del regime alternativo nelle forme della detenzione domiciliare, ed in ordine al mancato espletamento dell’attività istruttoria che era stata richiesta. 2.4. Il motivo nuovo lamenta un ulteriore vizio motivazionale, sul punto riguardante la decorrenza, parzialmente retroattiva, della revoca di misura revoca che avrebbe richiesto specifica e pregnante argomentazione. Considerato in diritto 1. I primi tre motivi, connessi perché attinenti all’esistenza dei presupposti per far luogo alla revoca della misura alternativa, e da esaminare pertanto congiuntamente, non sono fondati. 2. Come da questa Corte ripetutamente affermato da ultimo, Sez. 1, n. 27713 del 06/06/2013, Guerrieri, Rv. 256367 v. anche Sez. 1, n. 2566 del 07/05/1998, Lupoli, Rv. 210789 , la revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale non è dalla legge rapportata alla pura e semplice violazione della legge penale o delle prescrizioni dettate dalla disciplina della misura stessa, ma all’ipotesi che il giudice, nel suo insindacabile apprezzamento di merito, ritenga che le predette violazioni costituiscano in concreto un fatto incompatibile con la prosecuzione della prova il relativo giudizio è rimesso alla discrezionalità del tribunale di sorveglianza, che ha solo l’obbligo di giustificare l’uso del potere conferitogli, con motivazione logica ed esauriente. L’ordinanza impugnata, pure alla luce dei rilievi formulati dalla difesa, è incensurabile, lì ove essa è pervenuta alla conclusione della sostanziale vanificazione, da parte del condannato e in base alla condotta da lui serbata, della prescrizione inerente l’attività di volontariato, inappuntabilmente ritenuta parte essenziale del trattamento rieducativo esterno. E, in effetti, risulta inequivocamente dagli atti che B., quanto meno dal mese di settembre 2017, abbia colpevolmente omesso di osservarla, più non presentandosi in parrocchia nei giorni stabiliti, o in altri eventualmente concordati - e non dando compiuto conto di ciò agli organi al trattamento deputati. Non irragionevolmente, pertanto, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto interrotto il percorso di risocializzazione ed anche violato il rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato e gli organi del trattamento, e ha ritenuto l’ulteriore prosecuzione di quest’ultimo, in regime alternativo, in contraddizione con le finalità di recupero sociale della pena. Né può la difesa lamentare la mancata ammissione delle sue istanze istruttorie, posto che nel procedimento di sorveglianza il diritto di difesa è assicurato dalla partecipazione di condannato e difensore all’udienza camerale e dall’acquisizione in contraddittorio di documenti, informazioni e memorie, provenienti dai competenti organismi deputati all’osservazione e al trattamento, e dallo stesso interessato, cui è attribuita la facoltà di controdedurre, come è puntualmente avvenuto nella specie in modo che, pur non potendosi postulare un vero e proprio diritto alla prova, la decisione da assumere possa essere informata e coerente con lo schema dialettico che permea il procedimento medesimo v. Sez. 1, n. 4741 del 13/01/2011, Bratzu, Rv. 249560 , restando il rispetto di tali principi affidato al controllo, nella specie superato, di logicità e completezza della motivazione. Alla revoca dell’affidamento in prova, infine, non avrebbe in nessun caso potuto accompagnarsi l’ammissione ad un diverso, ancorché più restrittivo, regime alternativo d’espiazione, stante la preclusione derivante dall’art. 58-quater, comma 2, Ord. pen. 3. Fondato è invece il motivo aggiunto, vertente sul medesimo punto della revoca dell’affidamento e sulla questione della sua decorrenza. Per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità Sez. 1, n. 19398 del 14/12/2016, dep. 2017, Masella Sez. 1, n. 490 del 03/11/2015, dep. 2016, Perra, Rv. 265859 Sez. 1, n. 9314 del 19/02/2014, Attianese, Rv. 259474 , in sede di revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale, ai fini della determinazione del residuo periodo di pena da espiare, il giudice deve espressamente motivare in ordine alla decorrenza della revoca stessa, prendendo in esame non solo la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato ad essa luogo, ma anche la condotta complessivamente tenuta dal condannato durante il periodo di prova trascorso e la concreta incidenza delle prescrizioni imposte a suo carico. Il Tribunale di sorveglianza, pertanto, nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale, potrà disporre la revoca, con effetto retroattivo o parzialmente tale , quando il comportamento del condannato riveli, da data antecedente la decisione, l’inesistente adesione al processo rieducativo, purché motivi adeguatamente al riguardo v. Sez. 1, n. 34565 del 12/04/2007, Frau . Una tale motivazione è stata omessa, e pertanto l’ordinanza impugnata deve essere in proposito annullata, con rinvio per nuovo esame al medesimo Tribunale di sorveglianza, che a tale fine avrà anche cura di verificare in modo più approfondito se il centro parrocchiale fosse effettivamente chiuso ai volontari esterni, limitatamente al mese di agosto, e così se gli effetti della revoca possano essere, anche in astratto, ricondotti sino a tale data. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla decorrenza della revoca della misura e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di sorveglianza di Roma. Rigetta nel resto.