Se la valutazione del giudice non è “conveniente”…

L’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della res iudicanda, ovvero sulla colpevolezza dell’imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali, nonché quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 15858/18, depositata il 4 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Brescia dichiarava inammissibile la dichiarazione di ricusazione presentata dall’imputato nei riguardi del giudice davanti al quale era in corso la celebrazione del processo penale per il reato di cui all’art. 43 c.p Il prevenuto lamentava il fatto che il magistrato avrebbe indebitamente anticipato l’esito del giudizio sollecitando il pubblico ministero a contestare all’imputato la recidiva – assente nel decreto di citazione a giudizio -, omettendo di disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero, rigettato ogni richiesta di definizione anticipata del processo presentata a seguito della contestazione suppletiva o di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disposto notificazioni irrituali, omesso di prendere in considerazione le istanze dell’imputato, rigettato, all’udienza del 19.12.2016 richieste di integrazione probatoria e negato le integrazioni probatorie richieste. La Corte d’Appello di Brescia riteneva che le condotte ritenute indebite non potessero avere rilievo né ai sensi degli artt. 37 – 36, lett. c , c.p.p. né nell’ambito di quanto disposto dagli artt. 37 – 36, lett. h , c.p.p. né ai sensi dell’art. 37, lett. b , c.p.p Sanciva inoltre l’inammissibilità delle questioni costituzionali sollevate in ordine all’art. 41, comma 1, c.p.p. per contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost. e all’art. 40, comma 3 c.p.p., per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost Il difensore dell’imputato proponeva dunque ricorso per cassazione deducendo, mediante tre motivi, violazione di legge penale e di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione agli artt. 34, 36, comma 1, lett. g e h , 37, comma 1, lett. a e 38 c.p.p, nonché art. 6 CEDU violazione di legge per avere la corte di merito proceduto de plano ” e comunque per non avere l’imputato ricevuto alcun avviso di fissazione d’udienza camerale erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione per non avere la Corte considerato che la Collegio giudicante fosse composto da un magistrato che già precedentemente aveva conosciuto e deciso questioni analoghe riguardanti l’imputato stesso. Reiterava quindi le eccezioni di legittimità costituzionale. Gli interventi della Corte Costituzionale. Dopo una disamina riguardante i vizi di mancata conoscenza della citazione a giudizio e di inosservanza del termine a difesa, nonché sulla funzione dell’impugnazione quale critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, gli Ermellini ricordano, nella sentenza in commento, i molteplici interventi della Corte Costituzionale in merito al concetto di incompatibilità del giudice determinata da ragioni interne allo svolgimento del procedimento, rintracciando, in particolare, due termini di relazione di incompatibilità attività pregiudicante e sede pregiudicata. Pertanto, qualora la valutazione di merito sia stata espressa in un altro procedimento o nel medesimo mediante un atto che non presupponga tale valutazione, l’effetto pregiudicante di detta valutazione deve essere accertato in concreto, trovando applicazione gli istituti di astensione e ricusazione, essendo configurabile in tali casi l’astensione per gravi ragioni di convenienza ex art. 36, lett. h , c.p.p La Cassazione ricorda altresì come il Giudice delle Leggi, nel ricostruire gli strumenti di tutela del principio dell’imparzialità e terzietà del giudice ha peraltro precisato che le altre ragioni di convenienza”, come intese nella sentenza 113/2000 Corte Cost., non costituiscono automaticamente ragioni di ricusazione. Il principio di diritto. Muovendo da tale ricostruzione, il Supremo Collegio ha ribadito il principio di diritto già espresso dalle Sezioni Unite nel 2005, per cui l’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della res iudicanda , ovvero sulla colpevolezza dell’imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali, nonché quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato. Di conseguenza, ha sancito che, nel caso in analisi, le ragioni poste a fondamento della dichiarazione di ricusazione attengono a decisioni che, seppur assunte nel corso del processo, riguardano questioni incidentali o procedurali che, al di là della correttezza giuridica, non rivelano affatto il convincimento del giudice sul merito dell’imputazione contestata all’imputato. Ha inoltre ribadito, allineandosi con precedenti pronunce, come la questione costituzionale sollevata in ordine all’art. 41, comma 1, c.p.p. sia già stata in precedenza ritenuta manifestamente infondata dalla Cassazione stessa. La Corte di legittimità ha dunque rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 ottobre 2017 – 10 aprile 2018, numero 15858 Presidente Conti – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Brescia ha dichiarato inammissibile la dichiarazione di ricusazione presentata da P.G.P. nei riguardi della dott.ssa G.T. , giudice del Tribunale di Brescia, davanti alla quale è in corso di celebrazione il processo penale nei confronti di P. per il reato di cui all’art. 343 cod. penumero . A fondamento della dichiarazione di ricusazione sono state poste alcune decisioni o comportamenti assunti dal giudice che, a dire del ricorrente, avrebbe indebitamente anticipato l’esito del giudizio 1 sollecitando il pubblico ministero di udienza a contestare all’imputato assente la recidiva, sebbene la stessa fosse stata esclusa dal magistrato inquirente titolare del procedimento il riferimento alla recidiva era contenuta nell’avviso ex art. 415 bis cod. proc. penumero e non nel decreto di citazione a giudizio , 2 omettendo di disporre, a seguito della contestazione della recidiva, la restituzione degli atti al pubblico ministero 3 rigettando ogni richiesta di definizione anticipata del processo presentata a seguito della contestazione suppletiva, ovvero le richieste di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, 4 disponendo irrituali notificazioni del verbale di udienza ovvero l’accompagnamento coattivo dell’unico teste della difesa 5 omettendo di prendere in considerazione le richieste dell’imputato relative alle domande da rivolgere ai testi 6 rigettando, all’udienza del 19/12/2016, alcune richieste di integrazione probatoria, avanzate dall’imputato ai sensi dell’art. 507 cod. proc. penumero , ovvero revocando l’ammissione di prove testimoniali. Tali atti e/o comportamenti della dott.ssa G. , ad eccezione di quelli relativi all’udienza del 19/12/2016, sono già stati oggetto di precedente dichiarazione di ricusazione, dichiarata inammissibile dalla Corte di appello di Brescia con decisione avverso la quale è stato proposto altro ricorso per cassazione la cui trattazione è fissata per l’odierna udienza procedimento N.R.G. 13415/17 . 2. La Corte di appello di Brescia, nel dichiarare inammissibile la dichiarazione di ricusazione, ha ritenuto 1 assorbite nella decisione assunta in occasione della precedente dichiarazione di ricusazione tutte le questioni proposte, ad eccezione di quelle relative all’attività compiuta all’udienza del 19/12/2016 2 che le condotte ritenute indebite non potessero avere rilievo né ai sensi degli artt. 37 36 lett. c cod. proc. penumero non potendo sostenersi che nella specie il giudice avesse manifestato il proprio convincimento sull’oggetto del processo al di fuori dell’esercizio delle funzioni giudiziarie -, né nell’ambito della previsione di cui agli artt. 37 36 lett. h cod. proc. penumero non essendo l’art. 36 lett. h richiamato dall’art. 37 cod. proc. penumero -, né, ancora, ai sensi dell’art. 37 lett. b cod. proc. penumero non potendosi ritenere che nella specie il giudice avesse manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto della imputazione-. La Corte di merito ha inoltre ritenuto inammissibili le due questioni di legittimità costituzionale prospettate dalla difesa e relative, rispettivamente, all’art. 41, comma 1, cod. proc. penumero per contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede, anche in caso di udienza non partecipata, l’obbligo di notifica del decreto di fissazione dell’udienza camerale alle parti, e all’art. 40, comma 3, cod. proc. penumero , per contrasto con gli artt. 3 24 111 Cost., nella parte in cui prevede che non possa essere ricusato il giudice della ricusazione. 3. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di P. articolando tre motivi. 3.1. Con il primo si lamenta violazione di legge penale e di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione agli artt. 34, 36 comma 1, lett. g-h, 37, comma 1, lett. a , 38 cod. proc. penumero , nonché dell’art. 6 CEDU si sostiene che la sequenza degli atti e delle decisioni adottate dal giudice ricusato sarebbe implicitamente espressiva del convincimento dello stesso, che, nella specie, avrebbe di fatto compiuto un’ingiustificata anticipazione sul merito del processo. 3.2. Con il secondo motivo si eccepisce violazione di legge per avere la Corte di appello proceduto de plano in assenza dei presupposti di legge e comunque per non avere il P. ricevuto avviso di fissazione dell’udienza camerate, ancorché non partecipata. In tal senso si reitera la eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 41, comma 1, cod. proc. penumero , di cui si è detto. 3.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione per non avere preso in considerazione la Corte di merito la questione relativa alla possibilità che il Collegio giudicante fosse composto da un magistrato che già in passato abbia conosciuto e deciso questioni analoghe riguardanti lo stesso P. . In tal senso si reitera la questione di legittimità costituzionale dell’art. 40, comma 3, cod. proc. penumero , già indicata. 4. Il 25/09/2017 è stata inviata, tramite posta elettronica certificata, memoria sottoscritta dall’imputato e dal suo difensore con cui si deduce di aver appreso il 21/09/2017 della data di fissazione dell’odierna udienza e si è chiesto, in via preliminare, un rinvio del processo a nuovo ruolo per violazione dei termini a difesa , anche per consentire la riunione a questo procedimento di quello numero 13415/2017 nell’occasione il difensore e lo stesso indagato hanno ribadito nel merito le precedenti argomentazioni, sottolineando come il giudice ricusato abbia pronunciato nel frattempo sentenza. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Quanto alla denunciata violazione del termine a difesa previsto dall’art. 610 cod. proc. penumero , va evidenziato come, secondo gli stessi assunti difensivi, il ricorrente sia venuto a conoscenza della data dell’udienza fissata per la trattazione del presente procedimento il 21/9/2017, in occasione della presentazione di una richiesta di copia degli atti del procedimento N.R.G. 13415/2017, per il quale l’avviso alle parti è stato tempestivamente comunicato il 4/09/2017. Si è già detto di come i fatti oggetto della dichiarazione di ricusazione della dott.ssa G. , sui cui si è pronunciata la Corte di Appello di Brescia con l’ordinanza impugnata nel presente procedimento, siano gli stessi posti a fondamento del procedimento N.G.R. 13415/2017, rispetto ai quali si è aggiunto solo il riferimento agli accadimenti dell’udienza del 19/12/2016. Ciò che si eccepisce, dunque, non è la mancata conoscenza della citazione a giudizio, quanto, piuttosto, l’inosservanza del termine a difesa. Nel primo caso il vizio inficia strutturalmente la fase del giudizio, determinando una nullità di ordine assoluto, poiché la parte interessata viene a trovarsi nella impossibilita di comparire a mezzo del proprio difensore qualificato e di far valere le proprie ragioni nel secondo caso, invece, il vizio si limita a pregiudicare, eventualmente, l’approntamento di opportune difese aggiuntive, con la conseguenza che la nullità è sanabile in tal senso, espressamente, Sez. 3, numero 27068 del 30/04/2014, Demurtas, Rv.259635 . Nel caso in esame, il ricorrente si è limitato ad eccepire la tardività della conoscenza della data dell’udienza, senza tuttavia dedurre nulla in ordine al se ed in quale misura il minor termine goduto abbia ostacolato l’esercizio dei suoi diritti di difesa, tenuto conto che i fatti oggetto del procedimento sono sostanzialmente gli stessi posti a fondamento del procedimento N.R.G. 13415/2017, per il quale l’avviso è stato tempestivamente comunicato, ed avendo lo stesso ricorrente personalmente e tempestivamente presentato, dopo aver appreso della data di trattazione del presente procedimento, una corposa memoria, anche sul merito del ricorso, dunque, avvalendosi della facoltà al cui esercizio l’avviso era preordinato, così sanando, ai sensi dell’art. 183, lett. b cod. proc. penumero , la sua nullità. 3. Quanto al merito, il primo motivo di ricorso è infondato, al limite dell’inammissibilità. Al di là dei profili relativi alle premesse in fatto ed alla tempestività della dichiarazione, il ricorrente sostiene che la dott.ssa G. avrebbe manifestato il proprio convincimento sul merito del processo, attraverso una serie di decisioni, quelle descritte a pag. 21 del ricorso, consistite nell’avere a respinto tutte le istanze dell’imputato b sollecitato il pubblico ministero a contestare la recidiva c respinto le richieste di termine a difesa d impedito l’accesso a riti alternativi e revocato alcune prove testimoniali già ammesse e negato l’integrazione probatoria richiesta. 4. Si tratta di assunti generici ed infondati. Sotto il primo profilo, il motivo non si confronta con il contenuto dell’ordinanza della Corte di appello che ha invece spiegato, quanto ai fatti accaduti all’udienza del 19/12/2016, perché il giudice non abbia manifestato il proprio convincimento sui fatti del processo, né in maniera indebita, né al di fuori dell’esercizio delle funzioni giudiziarie. Sul punto specifico il ricorso è silente e si limita riprodurre le stesse argomentazioni poste a fondamento della dichiarazione di ricusazione. La Corte di cassazione ha costantemente affermato che la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si esplica attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità artt. 581 e 591 cod. proc. penumero , devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è infatti il confronto puntuale cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Ne consegue che se il motivo di ricorso si limita, come nel caso di specie, ad affermazioni generiche, esso non è conforme alla funzione per la quale è previsto e ammesso, cioè la critica argomentata al provvedimento, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento formalmente attaccato , lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato. 5. Quanto al merito, dall’esame dei molteplici interventi della Corte costituzionale emerge un progressivo adattamento del concetto di incompatibilità del giudice determinata da ragioni interne allo svolgimento del procedimento, finalizzate ad evitare che condizionamenti, anche solo apparentemente tali, possano pregiudicare o fare apparire pregiudicata l’attività di giudizio. I termini della relazione di incompatibilità sono due l’attività pregiudicante e la sede pregiudicata. L’attività pregiudicante può essere costituita da qualunque attività implicante una valutazione sul merito dell’accusa essa non può essere ravvisata in qualsiasi attività processuale precedentemente svolta dallo stesso giudice nel medesimo o in un altro procedimento penale coinvolgente lo stesso soggetto, bensì nella valutazione di merito espressa in ordine alla sussistenza del fatto-reato ovvero alla riconducibilità della responsabilità di tale fatto alla medesima persona. Non può essere, quindi, ragione di pregiudizio la mera conoscenza degli atti, non accompagnata da una valutazione contenutistica di merito, né possono esserlo precedenti determinazioni che abbiano riguardato lo svolgimento del processo ma non il merito dell’accusa, sia pure in seguito ad una valutazione delle risultanze processuali. La sede pregiudicata è quella giudiziale, per tale dovendosi intendere ogni sequenza processuale che, in base ad un esame delle risultanze probatorie, pervenga ad una decisione di merito. Qualora la valutazione di merito sia stata espressa in altro procedimento ovvero nello stesso procedimento ma mediante un atto che non presupponga necessariamente una tale valutazione, l’effetto pregiudicante di una eventuale valutazione sul merito dell’accusa deve essere accertata in concreto e devono trovare applicazione, ove ne ricorrano i presupposti, gli istituti dell’astensione e della ricusazione. In tali casi è configurabile l’astensione per gravi ragioni di convenienza a norma dell’art. 36 lett. h cod. proc. penumero , potendo la stessa trovare applicazione non solo per ragioni extraprocessuali, ma anche in relazione all’attività giurisdizionale, comunque svolta in precedenza dal giudice. Non potendo le situazioni che danno luogo alla astensione-ricusazione avere carattere astratto, esse devono essere sempre oggetto di un puntuale apprezzamento che consenta, previa verifica in concreto dell’eventuale effetto pregiudicante derivante da una valutazione del merito dell’accusa, di rendere operante la tutela del principio del giusto processo. Il quadro complessivo si completa con il richiamo all’istituto della ricusazione gli istituti dell’incompatibilità, dell’astensione e della ricusazione condividono tutti la finalità di assicurare i mezzi per garantire l’imparzialità del giudice rendendo possibile la rimozione degli ostacoli che, secondo una valutazione astratta e generale, mal si conciliano con la serenità e con la obiettività della decisione. Orbene, l’art. 37, comma 1, lett. a cod. proc. penumero prevede la ricusazione solo per il caso previsto dall’art. 36, comma 1, lett. g che richiama i casi di incompatibilità indicati all’art. 34 -, e non invece per la lettera h , e cioè qualora sussistano gravi ragioni di convenienza. Con sentenza numero 283 del 2000 la Corte costituzionale ha, tuttavia, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, cod. proc. penumero , nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto. Le eventuali valutazioni sul merito della responsabilità penale, idonee a determinare un effetto pregiudicante, devono essere oggetto però di una valutazione caso per caso, che tenga conto dello specifico contenuto dell’atto, ai fini di verificarne la possibile incidenza sull’imparzialità del giudice, rimuovendo il pregiudizio mediante il ricorso agli istituti dell’astensione e della ricusazione. Attraverso le sentenze numero 306 307 308 del 1997, numero 113 283 del 2000 la Corte costituzionale ha ricostruito sistematicamente gli strumenti di tutela del principio dell’imparzialità terzietà del giudice, con la necessaria sottolineatura della permanenza di una situazione di non coincidenza tra i casi di astensione e quelli previsti come motivi di ricusazione dall’art. 37, comma 1, lett. a , in quanto le altre ragioni di convenienza, come intese dalla sentenza numero 113 del 2000, non costituiscono automaticamente anche ragioni di ricusazione. Le ragioni di questa scelta vanno individuate nella consapevolezza di sottrarre al potere di ricusazione delle parti, una situazione atipica, che potrebbe essere utilizzata in modo strumentale e dilatorio. 6. In tale contesto la Corte di cassazione ha costantemente avuto modo di pronunciarsi con riferimento all’applicabilità dell’istituto della ricusazione nell’ipotesi di indebita manifestazione del convincimento del giudice, evidenziando come l’operatività dell’istituto sia legata esclusivamente alle ipotesi in cui il giudice, anche nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, manifesti indebitamente il proprio pensiero sui fatti oggetto del procedimento, e cioè esprima opinioni sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato indiziato, indagato senza alcuna necessità e fuori da ogni collegamento o legame con l’attività giurisdizionale. Al tempo stesso è consolidato il principio secondo cui tra i casi di ricusazione non rientra quello dell’opinione espressa dal magistrato nella qualità di giudice, in quanto estensore di provvedimento previsto dalla legge in via provvisoria, trattandosi di facoltà espressamente concessa dal legislatore per quanto riguarda la legittimazione ad emettere il provvedimento e di obbligo di legge per quanto concerne l’opinione espressa attraverso la motivazione del provvedimento stesso . In tal senso le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno specificato come l’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della res iudicanda, ovvero sulla colpevolezza dell’imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali, nonché quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato così Sez. U, numero 41263 del 27/9/2005, Falzone, Rv. 232067 che hanno ritenuto immune da vizi la decisione della Corte d’appello che aveva respinto l’istanza di ricusazione, in una fattispecie in cui il richiedente deduceva che il giudice avesse espresso valutazioni sul merito del processo, negando l’ammissione d’ufficio di nuove prove per superfluità delle medesime . Il carattere indebito della manifestazione del convincimento del giudice sui fatti oggetto dell’imputazione richiede che l’esternazione venga espressa senza alcuna necessità funzionale e al di fuori di ogni collegamento con l’esercizio delle funzioni esercitate nella specifica fase procedimentale. Non costituisce motivo di ricusazione l’avere il giudice deciso questioni di carattere processuale rispetto alle quali non sia stato manifestata alcuna ingiustificata valutazione anticipata in ordine alla responsabilità dell’imputato Sez. 4, numero 42024 del 06/07/2017, Ventrici, Rv. 270769 Sez. 6, numero 22112 del 27/02/2014, C., Rv. 260092 . Nel caso di specie, al di là della ritualità della contestazione della recidiva da parte del pubblico ministero, le ragioni poste a fondamento della dichiarazione di ricusazione attengono sì a molteplici decisioni assunte nel corso del processo, ma ciascuna di esse riguarda questioni incidentali o procedurali che, al di là della loro correttezza giuridica, non rivelano affatto il convincimento del giudice sul merito della imputazione contestata a P.G.P. . Revocare l’ammissione di una prova testimoniale, rigettare una richiesta di integrazione probatoria ai sensi dell’art. 507 cod. prc. penumero , non concedere un termine a difesa a seguito della contestazione della recidiva art. 519 cod. proc. penumero , ritenere insussistenti i presupposti per riconoscere la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, non rivelano il convincimento del giudice sul merito del processo, né l’esistenza di un pregiudizio. Ne discende l’infondatezza del ricorso. 7. Quanto alle due questioni oggetto del secondo e del terzo motivo di ricorso e su cui si chiede di sollevare eccezione di legittimità costituzionale. La Corte di cassazione si è più volte espressa, con argomenti che questo Collegio condivide, ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 41, comma 1, cod. proc. penumero , per asserita violazione del diritto di difesa art. 24 Cost., 6 CEDU e dei principi del giusto processo art. 111 Cost. , nella parte in cui consente al giudice collegiale competente di dichiarare inammissibile la richiesta di ricusazione senza previa fissazione dell’udienza camerale, poiché, quanto all’art. 6 CEDU, ne è esclusa l’applicabilità ai procedimenti o subprocedimenti incidentali e, quanto all’art. 111 Cost., rientra nell’insindacabile discrezionalità del legislatore la scelta di graduare forme e livelli differenti di contraddittorio, sia esso meramente cartolare o partecipato, atteso che resta sempre garantito il diritto di difesa. Sez. 5, numero 18522 del 07/03/2017, P. Giovannetti, Rv. 269896 Sez. 6, numero 44713 del 08/10/2013, Stara, Rv. 256961 . Quanto alla seconda questione, la stessa è chiaramente irrilevante. Come correttamente rilevato dalla Corte di appello, nel caso di specie ad essere stata ricusata è la dott.ssa G. e non è stata evidenziata nel ricorso nessuna ragione per la quale qualcuno dei componenti del Collegio della Corte di appello di Brescia, che ha deciso sulla dichiarazione di ricusazione in esame, avrebbe dovuto essere a sua volta ricusato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.