La confisca per equivalente è legittima solo se applicata per reati commessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 322-ter c.p.

In tema di reati finanziari e tributari, la confisca per equivalente non è estensibile ai reati commessi prima dell’entrata in vigore della legge finanziaria 2008, proprio in ragione della sua natura eminentemente sanzionatoria, che la rende del tutto differente rispetto all’istituto delle misure di sicurezza per le quali è previsto un differente regime applicativo temporale.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 14303/2018, depositata il 28 marzo u.s., si esprime in tema di confisca per equivalente, individuandone i presupposti legittimanti. Il fatto. Con sentenza del 16 dicembre 2013, il GUP presso il Tribunale di Gela condannava un imprenditore accusato – a seguito di una verifica contabile dell’anno 2007 - di aver commesso reati fiscali e appropriativi rispetto alla società s.r.l. dallo stesso amministrata, per la cui responsabilità venivano coinvolti parzialmente anche altri due soggetti. La Corte d’Appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava di non doversi procedere nei riguardi dei prevenuti per intervenuta prescrizione dei reati ascritti, con revoca della confisca disposta per il reato di appropriazione indebita e trasferimento fraudolento di valori e confermando, tuttavia, la confisca per il delitto di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000. Avverso siffatto provvedimento ricorrono tutti gli imputati attraverso i propri difensori. Merita particolare disamina la doglianza sollevata dalla difesa dell’amministratore societario, che eccepisce la nullità della sentenza in ragione della violazione del principio devolutivo del giudizio di appello, del divieto di reformatio in peius, per mancanza ed illogicità della motivazione circa la confisca derivante dal reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000, in quanto mai disposta dal giudice di primo grado. Invero, argomenta la difesa, il Giudice di prime cure aveva disposto la confisca ex art. 240 c.p. solo per il reato di cui all’art. 12- sexies d.l. n. 306/92 e non anche quella di cui all’art. 322- ter c.p. con riguardo alla fattispecie fiscale contemplata dal d.lgs. n. 74/2000. La censura difensiva coglie nel segno. I Giudici della Seconda Sezione della Corte di Legittimità non possono che condividere gli argomenti addotti dalla difesa circa l’inesistenza di una confisca per equivalente disposta in primo grado. Invero, evidenziano gli Ermellini, tra la confisca di cui all’art. 240 c.p. e quella di cui all’art. 322- ter c.p. vi è una differenza ontologica di non poco conto la prima ha natura diretta, mentre la seconda colpisce beni o altri valori nella disponibilità dell’imputato per un valore corrispondente al profitto o al prezzo di alcuni tipi di reato quando non sia possibile la confisca diretta. In effetti, la confisca per equivalente assolve una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione ante reato, mediante l’imposizione di un sacrificio economico corrispondente al valore del profitto o del prezzo conseguito dall’attività criminosa. E’ una misura che si connota per il carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del delitto proprio come la sanzione penale in tal senso, Sezioni Unite, n. 31617/15 . Ciò posto, deve anche rilevarsi che, la Corte di Cassazione, in più occasioni, ha sancito che in tema di reati finanziari e tributari la confisca per equivalente non è estensibile ai reati commessi prima dell’entrata in vigore della legge finanziaria 2008, proprio in ragione della sua natura eminentemente sanzionatoria, che la rende del tutto differente rispetto all’istituto delle misure di sicurezza per le quali è previsto un differente regime applicativo temporale. Pertanto, atteso che nella sentenza impugnata la confisca individuata dai Giudici della Corte d’Appello è proprio quella per equivalente e i fatti commessi si collocano in data anteriore rispetto all’entrata in vigore dell’art. 322- ter c.p., il motivo di ricorso merita accoglimento. Per tali motivi, la Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla confisca per equivalente.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 dicembre 2017 – 28 marzo 2018, numero 14303 Presidente Prestipino – Relatore Coscioni Ritenuto in fatto 1.Con sentenza del 16 dicembre 2013, il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Gela condannava R.V. per i reati a lui ascritti al capo a articolo 2 D. L.vo numero 74/2000 , n articolo 81, 646, 61 numero 7 e 11 cod.penumero e p articolo 81, 110, 12 quinquies D.L.numero 306/1992 per quest’ultimo capo di imputazione venivano condannati anche R.F.M.G. e R.F. i fatti traevano origine da una verifica fiscale effettuata nel luglio 2007 nei confronti della Cedis s.r.l., a seguito della quale R.V. veniva imputato del reato di cui al capo a in quanto, quale amministratore unico della Cedis s.r.l. indicava nelle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto passività fittizie inesistenti, avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti inoltre R.V. veniva imputato del reato di cui al capo n in quanto distraeva somme dalla Cedis s.r.l. per pagamenti a fornitori, che poi gli restituivano le somme che confluivano su conti correnti intestati alla madre R.V. e i figli R.F.M.G. e R.F. venivano imputati poi del reato di cui al capo p per avere il primo attribuito fittiziamente la disponibilità e titolarità di denaro e di altri prodotti finanziari e di investimento alla madre e, con il concorso dei figli, reso gli stessi beneficiari di conti correnti e rapporti bancari relativi a somme di denaro frutto delle operazioni di appropriazione indebita in danno della Cedis s.r.l. e della disponibilità delle somme accumulate a seguito del delitto contestato al capo a proposto appello dagli imputati, la Corte di Appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti di R.V. , R.F.M.G. e R.F. per essere i reati loro ascritti estinti per intervenuta prescrizione, revocando la confisca disposta per i reati di appropriazione indebita e trasferimento fraudolento di valori e confermando la confisca per il reato di cui all’articolo 2 D.L.vo numero 74/2000. 1.1 Avverso la sentenza ricorrono per cassazione i difensori di R.V. , eccependo la nullità della sentenza impugnata in ragione della violazione del principio devolutivo del giudizio di appello, del divieto di reformatio in peius, per mancanza della motivazione della nuova statuizione di confisca disposta in appello e per illogicità della motivazione sulla statuizione di conferma di un provvedimento mai adottato dal giudice di primo grado il giudice dell’udienza preliminare aveva disposto la confisca ai sensi del primo comma dell’articolo 240 cod.penumero in relazione all’articolo 12 sexies del d.l. 306/92 e non vi era alcun cenno ad un presupposto del provvedimento ablatorio consistente in un diretto collegamento tra i beni appresi ed altri reati contestati la confisca conseguente alla condanna in primo grado per l’articolo 12 quinquies era l’unica disposta, per cui la Corte territoriale, confermando la sentenza, aveva violato il divieto di reformatio in peius disponendo una confisca che non era stata pronunciata. Nella sentenza impugnata era inoltre stata disposta la revoca della confisca dei valori oggetto di contestazione del reato di cui al capo N articolo 646 cod.penumero che mai il giudice di primo grado aveva adottato, con restituzione non già al ricorrente, intestatario seppure pro quota dei beni, ma alla Cedis s.r.l., che si assumeva essere parte lesa delle condotte appropriative sul punto era evidente la totale assenza di motivazione, visto che non vi era una sola parola che valesse ad accertare la titolarità in capo alla Cedis s.r.l. dei valori e dei beni oggetto di sequestro. Mai, inoltre, la sentenza di primo grado aveva disposto la confisca in relazione ai reati fiscali di cui all’articolo 2 del D.L.vo numero 74/00, per cui del tutto illegittima era la conferma di una confisca che non era stata disposta in primo grado e che non era stata considerata confisca diretta vi era stato, a tale proposito, anche un travisamento della prova, posto che i beni in sequestro consistevano in azioni, polizze, fondi di investimento ed altri valori o partecipazioni mobiliari che non erano somme di denaro o di immediato credito monetario in relazione al rapporto di deposito di conto corrente, ma costituivano compendi patrimoniali legati a rapporti societari, a complessi rapporti rappresentativi di quote di investimenti finanziari, a contratti assicurativi ed altro ancora. 1.2 I difensori eccepiscono inoltre che, una volta dichiarata la prescrizione per i reati finanziari, la Corte non avrebbe potuto confermare la confisca dei relativi compendi, trattandosi di confisca di valore e non di confisca diretta, peraltro prevista dalla legge solo per fatti reato commessi dopo il 2007 vi era mancanza di motivazione, non essendosi pronunciata la Corte di appello sulla specifica doglianza mossa dalla difesa dell’imputato e vizio di motivazione stante l’interna contraddittorietà, avendo prima la Corte affermato che si verteva in tema di confisca per equivalente e poi in concreto applicato una confisca diretta la confisca per equivalente, a differenza della confisca diretta, doveva trovare a suo presupposto la condanna dell’imputato, avendo natura sanzionatoria e nella sentenza non vi era alcun cenno argomentativo volto a giustificare il convincimento di confisca diretta anziché di valore. 1.3 Il difensore lamenta infine che la Corte di merito, una volta dichiarata la prescrizione per il reato di appropriazione indebita, non avrebbe dovuto disporre la restituzione a Cedis s.r.l., ma ai soggetti nominalmente titolari dei beni o dei valori. 1.4 I difensori rilevano come la Corte di merito aveva disposto la confisca del profitto dei reati di cui al capo A reati fiscali di cui all’articolo 2 del D.l.vo 74/2000 , senza però in qualche modo limitarlo all’ammontare della o delle imposte evase, che costituisce il profitto dei reati fiscali la Corte si era limitata a dire che doveva considerarsi operante il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente di somme di denaro sottratte al pagamento dell’IVA dovuta, per poi contraddittoriamente affermare che anche il risparmio di spesa relativo a sanzioni ed interessi costituisce un vantaggio patrimoniale aggredibile dalla confisca. 2.1 Propone ricorso il difensore di R.F. e R.F.M.G. , eccependo che la Corte di appello aveva dichiarato la prescrizione del reato di appropriazione indebita, di cui gli imputati non erano mai stati chiamati a rispondere, disponendo illegittimamente la restituzione alla Cedis s.r.l. delle somme oggetto del reato essendo i ricorrenti cointestatari dei vari rapporti di conto corrente interessati dal delitto di cui all’articolo 646 cod.penumero , vantavano diritto alla restituzione inoltre la Corte non avrebbe dovuto revocare la confisca delle somme oggetto dell’imputazione relativa al reato di cui al capo n art 646 cod.penumero e disporre la restituzione delle somme, posto che il sequestro preventivo disposto in fase di indagini preliminari riguardava solo le somme oggetto della contestazione mossa al capo p erano stati violati, pertanto, sial il principio del devolutum in appello che quello del divieto di reformatio in peius nella sentenza impugnata non vi era una sola parola che valesse ad accertare in capo alla Cedis s.r.l. dei beni e valori mobiliari oggetto prima di sequestro e poi di confisca, cointestati ai ricorrenti. 2.2 Il difensore osserva inoltre che la Corte di appello, una volta dichiarata la prescrizione per il delitto di appropriazione indebita, avrebbe dovuto disporre la restituzione dei beni ai legittimi intestatari e non alla Cedis s.r.l., che non aveva avanzato alcuna pretesa risarcitoria o restitutoria. 2.3 Il difensore eccepisce che, una volta che il giudice perviene al proscioglimento, non può svolgere altri accertamenti volti ad individuare, in contraddizione con il dato formale della intestazione di un certo diritto, un soggetto diverso da chi ne sia intestatario mancava del tutto, nella sentenza della Corte di appello, una motivazione che spiegasse l’iter attraverso cui la Corte di merito aveva ritenuto di esercitare un tale potere di attribuzione. Considerato in diritto 1 Il ricorso di R.V. è fondato. 1.2 Occorre innanzitutto esaminare i due differenti tipi di confisca di cui parla la sentenza impugnata la confisca diretta detta anche confisca di proprietà , prevista dall’articolo 240 cod.penumero come misura facoltativa e resa obbligatoria per alcuni reati dall’articolo 322 ter cod.penumero , ha per oggetto il profitto del reato, vale a dire l’utilità economica direttamente o indirettamente conseguita con la commissione del reato la confisca per equivalente detta anche confisca di valore , invece, ha per oggetto beni o altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al profitto del reato ed è destinata ad operare nei casi in cui la confisca diretta non sia possibile. La confisca per equivalente, prevista dall’articolo 322-ter cod. penumero per il profitto o il prezzo di taluni reati contro la pubblica amministrazione, viene ormai pacificamente ritenuta dalla giurisprudenza di questa Corte di natura sanzionatoria la confisca per equivalente, infatti, viene ad assolvere una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile ed è, pertanto, connotata dal carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza ex plurimis, Sez.U. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264434 Sez. U, numero 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255037 Sez. 3, numero 18311 del 06/03/2014, Cialini, Rv 259103 Sez. 3, numero 23649 del 27/02/2013, D’Addario, Rv. 256164 . È evidente, infatti, che, essendo la confisca di valore parametrata al profitto od al prezzo dell’illecito solo da un punto di vista quantitativo , l’oggetto della ablazione finisce per essere rappresentato direttamente da una porzione del patrimonio, il quale, in sé, non presenta alcun elemento di collegamento col reato il che consente di declinare la funzione della misura in chiave marcatamente sanzionatoria v. al riguardo anche l’ordinanza numero 97 del 2009 della Corte costituzionale, nella quale è richiamata la giurisprudenza di legittimità nonché la già ricordata sentenza della Corte EDU Welch c. Regno Unito . La richiamata sentenza delle Sezioni Unite numero 31617 del 2015 ha quindi enunciato il seguente principio di diritto Il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può applicare, a norma dell’articolo 240, secondo comma, numero 1, cod. penumero , la confisca del prezzo del reato e, a norma dell’articolo 322-ter cod. penumero , la confisca del prezzo o del profitto del reato sempre che si tratti di confisca diretta e vi sia stata un precedente pronuncia di condanna, rispetto alla quale il giudizio di merito permanga inalterato quanto alla sussistenza del reato, alla responsabilità dell’imputato ed alla qualificazione del bene da confiscare come profitto o prezzo del reato così confermando la logica strutturalmente sanzionatoria della confisca di valore, dal momento che è l’imputato che viene ad essere direttamente colpito nelle sue disponibilità economiche. Ciò premesso, si deve rilevare che la sentenza impugnata ha espressamente qualificato la confisca disposta come per equivalente pag.13 va considerato pienamente operante il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, di somme di denaro sottratte al pagamento dell’IVA conseguentemente, applicando i principi sopra richiamati, tale confisca risulterebbe disposta illegittimamente, potendo trovare applicazione, a seguito della declaratoria di estinzione del reato per avvenuta prescrizione, soltanto le disposizioni relative alla confisca diretta. Inoltre, si deve tenere presente che In tema di reati finanziari e tributari, la confisca per equivalente prevista dall’articolo 322 ter cod. penumero non è estensibile ai reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge finanziaria 2008 articolo 1, comma centoquarantatreesimo, L. 24 dicembre 2007, numero 244 , non rilevando la circostanza che la legge non abbia stabilito espressamente l’irretroattività della norma in sede d’estensione dell’applicazione della misura di sicurezza patrimoniale ai predetti reati. Sez.3, Sentenza numero 39172 del 24/09/2008 Cc, Canisto, Rv.241033 vedi anche Sez.U. 18374 del 31/01/2013 Cc., Adami, Rv.255037 La confisca per equivalente, introdotta per i reati tributari dall’articolo 1, comma 143, l. numero 244 del 2007 ha natura eminentemente sanzionatoria e, quindi, non essendo estensibile ad essa la regola dettata per le misure di sicurezza dall’articolo 200 cod. penumero , non si applica ai reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge citata. deve essere precisato che il decreto legislativo numero 158 del 2015, che ha abrogato l’articolo 1 comma 143 della legge 244/2007, ha introdotto con l’articolo 12 bis una fattispecie di confisca che ricalca esattamente l’articolo 322 ter cod.penumero , così sostituendo la confisca già prevista dal comma dell’articolo ora abrogato, che disponeva appunto l’estensione ai reati tributari dell’articolo 322 ter cod.penumero Essendo stati i reati commessi anteriormente all’entrata in vigore del citato articolo, la confisca per equivalente non avrebbe comunque potuto essere disposta il ricorso di R.V. deve essere pertanto essere accolto. 2.1 Quanto al ricorso di R.F. e R.F.M.G. , deve rilevarsi che l’articolo 263 cod.proc.penumero prevede, al primo comma, che la restituzione delle cose sequestrate sia direttamente disposta dal giudice che procede con ordinanza solamente laddove non vi sia dubbio sulla loro appartenenza al secondo comma si prevede poi che, qualora le cose siano state sequestrate presso un terzo come è nel caso di specie , la restituzione non possa essere ordinata a favore di altri senza che il terzo sia sentito in camera di consiglio con le forme previste dall’articolo 127 cod.proc.penumero e comunque, al terzo comma si prevede che, in caso di controversia sulla proprietà delle cose sequestrate, il giudice debba rimetterne la risoluzione al giudice civile del luogo competente in primo grado, mantenendo nel frattempo il sequestro. Secondo l’orientamento di legittimità a cui il collegio aderisce, il giudice penale al quale venga chiesta la restituzione delle cose sequestrate, ove accerti l’esistenza di una contestazione ovvero di una controversia sulla titolarità del diritto alla restituzione, è tenuto a rimettere gli atti al giudice civile del luogo competente in primo grado per la risoluzione della stessa, pur in mancanza della formale pendenza della lite innanzi a quest’ultimo, e a mantenere il sequestro. E ciò anche in considerazione dell’interpretazione letterale degli artt. 263, comma terzo e 324, comma ottavo, cod. proc. penumero . Sez. 2, numero 44960 del 30/09/2014, Rv. 260318 e, in senso analogo, Sez. 1, numero 23333 del 16/04/2014, Rv. 259917 . Nel caso concreto si rileva come il sequestro sia avvenuto presso i ricorrenti, imputati soltanto del reato di cui al capo p , articolo 12 quinquies del D.L. 306/1992 relativo al fatto che gli stessi si erano resi intestatari di conti correnti e rapporti bancari sui quali confluivano le somme oggetto di appropriazione indebita commessa ai danni della Cedis s.r.l. appare pertanto configurabile l’esistenza di una contestazione/controversia sulla titolarità dei beni. Ciò è sufficiente, ai sensi dell’articolo 263 comma 3 cod.proc.penumero , a rendere necessaria la rimessione delle parti dinanzi al giudice civile del luogo competente in primo grado, per la risoluzione della controversia sulla individuazione del titolare del diritto alla restituzione, mantenendo nel frattempo il sequestro. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla confisca per equivalente che elimina e rinvia al giudice civile competente per territorio in primo grado per la decisione sulla proprietà di quanto in sequestro e sui conseguenti provvedimenti restitutori, mantenendo nelle more la cautela reale.