Aggredisce la sorella per rubarle 200 euro: esclusa la tenuità del danno

Confermata la condanna dell’uomo per rapina. Esclusa l’applicazione dell’attenuante prevista in caso di danno patrimoniale di speciale tenuità”. Per i Giudici, difatti, 200 euro non rappresentano un importo irrisorio.

Ha aggredito la sorella e le ha sottratto 200 euro inevitabile la condanna per rapina. Impossibile, invece, spiegano i Giudici, parlare di leggero danno patrimoniale, vista la cifra in ballo. E ciò esclude l’ipotesi di una riduzione della pena Cassazione, sentenza n. 13075/18, sez. II Penale, depositata oggi . Soldi. Ricostruita facilmente la vicenda, verificatasi in Campania, i Giudici, prima in Tribunale e poi in Appello, ritengono logica la condanna dell’uomo, resosi responsabile dei reati di rapina e lesioni volontarie ai danni della sorella. Nello specifico, il fratello si è reso protagonista di una vera e propria aggressione, finalizzata alla sottrazione di 200 euro dalle mani della ragazza. Ma secondo il suo legale va rivista la lettura dell’episodio, soprattutto tenendo presente la modestia del danno patrimoniale arrecato. Su questo punto ribattono i Giudici della Cassazione, parlando di importo non irrisorio – i 200 euro sottratti – e aggiungendo che non può essere ignorato il danno morale e indirettamente patrimoniale subito dalla ragazza a causa delle lesioni personali riportate. Confermata, quindi, la condanna, così come pronunciata in Appello, ed esclusa l’applicazione della attenuante prevista in caso di danno patrimoniale di speciale tenuità . Per chiudere il cerchio, infine, i Giudici del ‘Palazzaccio’ spiegano di ritenere impossibile anche il riconoscimento della attenuante prevista in caso di danno interamente riparato mediante risarcimento . Su questo fronte, difatti, viene considerata non sufficiente la somma, cioè 500 euro, che l’uomo sostiene di avere versato alla sorella.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 23 gennaio – 21 marzo 2018, n. 13075 Presidente Cammino – Relatore Prestipino Ritenuto in fatto 1.Ha proposto ricorso per cassazione Gi. Ma., personalmente avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli del 23 settembre 2015, che in riforma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal gup del tribunale di Nola il 29 Ottobre 2014, per i reati di rapina e lesioni personali volontarie, ridusse la pena, confermando il giudizio di responsabilità. 2.Secondo l'accusa, il Gi. aveva sottratto con violenza la somma di Euro 200,00 alla sorella Al., provocando alla persona offesa le lesioni meglio descritte nel relativo capo di imputazione. 3. Con il primo motivo, deduce la difesa il vizio di violazione di legge ex art. 606 cod. proc. Pen. in ordine alla mancata riduzione della pena nel Ma. per effetto della concessione delle attenuanti generiche, nonostante la confessione del ricorrente e il ravvedimento dallo stesso dimostrato dopo i fatti. Lamenta, ancora, sotto lo stesso profilo di legittimità, la mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 62 nr. 4 cod. pen. in relazione alla modestia del danno patrimoniale cagionato alla persona offesa, che dovrebbe stimarsi in Euro 100 e non 200, come affermato nella sentenza impugnata e, infine, la mancata concessione dell'attenuante di cui all'art. 62 nr. 6 cod. pen., nonostante la persona offesa avesse dichiarato di ritenere del tutto soddisfacente la somma di Euro 500 offertale dal ricorrente. 3.1. Con il secondo motivo, la difesa sviluppa gli stessi temi sul trattamento sanzionatorio sotto il profilo della contraddittorietà ed illogicità della motivazione. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato, e reiterativo di argomentazioni già convenientemente analizzate e confutate dalla Corte territoriale. 1.Quanto alle questioni difensive sulla concreta applicazione delle attenuanti generiche, la Corte di merito ha tenuto conto del comportamento processuale del Gi., ma ha per converso valutato negativamente l'atteggiamento trasgressivo tenuto dal ricorrente durante l'esecuzione della misura cautelare adottata nei suoi confronti nel corso del procedimento, giustificando convenientemente, in tal modo, la mancata riduzione della pena nella misura massima possibile. 2.Sulla valutazione del danno subito dalla persona offesa, l'importo di Euro 100 è quello indicato dallo stesso imputato, mentre la persona offesa ha chiarito di avere subito la sottrazione di Euro 200, importo in effetti non irrisorio, al quale deve aggiungersi il danno morale e indirettamente patrimoniale subito dalla persona offesa in conseguenza delle lesioni personali provocatele dal ricorrente, come la Corte di merito non manca di ricordare a proposito del motivo di appello relativo alla mancata concessione dell'attenuante di cui all'art, 62 nr. 6 cod. pen., con argomentazioni chiaramente estensibili anche all'attenuante ex art. 62 nr. 4. 3.Non si prestano a censura, infine, le valutazioni della Corte di merito sulla mancata prova dell'effettivo risarcimento del danno che sarebbe avvenuto, oltretutto, in circostanze decisamente atipiche vedi al riguardo, la sentenza di primo grado pag. 5 e comunque sulla insufficienza della somma di Euro 500 rispetto alla globalità degli effetti dell'azione criminosa. Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2000 alla Cassa delle Ammende, commisurata all'effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000 a favore della Cassa delle Ammende.