Per la configurabilità della truffa contrattuale rileva il nesso di causalità tra il raggiro e l’induzione in errore

Affinché il reato di truffa contrattuale sia configurabile è rilevante la valutazione della sussistenza del nesso di causalità tra il raggiro posto in essere dall’agente e l’induzione in errore della parte offesa, dovendosi inoltre valutare se i mezzi utilizzati dall’agente siano stati in concreto idonei a trarre in inganno la parte offesa.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 12614/18, depositata il 19 marzo. Il caso. La Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice di prime cure, rideterminava la pena per il delitto di truffa per aver l’imputato falsificato la classe di merito attestata all’interno della polizza sottoscritta con l’assicuratore, il quale si era comunque rappresentato la difformità rispetto a quanto dichiarato. Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’imputato ricorre per cassazione denunciando, tra i vari motivi di ricorso, l’inconfigurabilità della truffa, in considerazione del falso grossolano e della riconoscibilità da parte dell’altro contraente, nonché l’erroneo diniego dell’applicazione dell’art. 131- bis c.p Falsificazione e grossolanità. Il Supremo Collegio sottolinea come la questione dell'esclusione della punibilità della condotta, ai sensi dell’art. 49 c.p., non ha ragione di essere posta allorché, trattandosi di falso in scrittura privata, l’uso del documento, pur grossolanamente falsificato, necessario per il perfezionamento del reato di cui all’art. 485 c.p., abbia determinato ugualmente il risultato perseguito dall’agente, giacché in tal caso ogni valutazione relativa alla idoneità del mezzo appare superata dalla constatazione che l’inganno si è in concreto verificato . Medesime considerazioni valgono, secondo la Suprema Corte, a non revocare in dubbio la ravvisabilità nella specie del delitto ex art. 640 c.p. , poiché in tema di truffa contrattuale, una volta accertato il nesso di causalità tra il raggiro e l’induzione in errore di terzi, non è necessario stabilire se i mezzi usati erano in astratto e genericamente idonei a trarre in errore quando in concreto essi si sono dimostrati idonei a tal fine, senza che rilevi l’eventuale difetto di diligenza della persona offesa . La particolare tenuità del fatto. Relativamente all’esclusione di responsabilità ex art. 131- bis c.p., i Giudici di legittimità reputano corretto il diniego dell’applicazione della relativa disciplina in considerazione della ricorrenza della recidiva. La Corte pertanto dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 gennaio – 19 marzo 2018, n. 12614 Presidente Cervadoro – Relatore De Santis Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della decisione resa il 21/5/2013 dal locale Tribunale, Sezione Distaccata di Legnano, assolveva l’imputata dall’addebito ex art. 489 cod.pen. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, rideterminava la pena per il delitto di truffa in danno della Sara Assicurazioni spa in mesi otto di reclusione ed Euro 80,00 di multa e riduceva l’ammontare della provvisionale liquidata ad Euro tremila. 2. Ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, deducendo 2.1 l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e il vizio della motivazione, avendo la Corte territoriale escluso la non punibilità del fatto ex art. 49 cod.pen. in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale in base al quale il giudizio di inidoneità dell’azione deve essere effettuato in concreto ed ex ante, nonostante dalla deposizione del teste Donato risulti che all’atto della stipula del contratto assicurativo egli aveva segnalato che vi era discrasia tra la classe di merito risultante dall’attestato prodotto e quella iscritta in banca dati. La Corte territoriale ha omesso di rilevare l’inidoneità dell’eventuale falsificazione dell’attestato di rischio a produrre l’evento truffaldino a fronte delle risultanze della banca dati dell’ANIA e di considerare che l’azione dell’agente assicurativo di proseguire nella stipula si è interposta causalmente e colpevolmente ad un’azione strutturalmente inefficiente 2.2 l’erronea applicazione della legge penale in relazione agli elementi essenziali del reato di truffa, avendo la sentenza impugnata ritenuto la induzione in errore della compagnia assicuratrice nonostante l’artifizio fosse noto all’agente che concludeva il contratto 2.3. la mancata assunzione di prova decisiva richiesta dalla parte, ai sensi dell’art. 606 lett. d cod.proc.pen. per non aver il giudice d’appello disposto perizia sull’attestato di rischio prodotto dall’imputata al fine di accertarne le eventuali alterazioni 2.4. la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sia con riguardo alla ritenuta induzione in errore del teste Donato, che al tenore delle dichiarazioni dal medesimo rese, che contrariamente a quanto reputato dalla Corte risultano riferibili alla prassi vigente piuttosto che al caso concreto, nonché in relazione alla pretesa ininfluenza della sprovvedutezza dell’agente assicurativo nel determinismo causale dell’illecito. Ulteriore censura che attinge l’apparato motivazionale concerne l’esclusione della causa di non punibilità ex art. 131bis cod.pen., fondata secondo la ricorrente sull’erronea misura del danno, dovendo il raffronto operarsi tra la classe di merito effettivamente posseduta dall’assicurata la quinta e quella attestata nel documento prodotto, con una variazione del premio di poche decine di Euro mentre alcuna valutazione è stata effettuata in ordine alla modalità della condotta e alla non abitualità della stessa. Analogamente, la Corte ha giustificato la ricorrenza della recidiva con argomenti illogici senza tener conto della modesta entità dell’unico precedente iscritto a carico della prevenuta, risalente all’anno 2003 e definito con sentenza di applicazione pena, e ha ascritto allo stesso precedente valore ostativo anche al riconoscimento delle attenuanti generiche. Privi di adeguato supporto giustificativo risultano, secondo la ricorrente, anche il diniego del beneficio della non menzione, nonostante il modesto disvalore del fatto, e la subordinazione della sospensione condizionale al risarcimento del danno. Considerato in diritto 3. I motivi che attingono il giudizio di penale responsabilità della prevenuta per la stretta interdipendenza che li caratterizza possono essere congiuntamente trattati e risultano inammissibili per manifesta infondatezza. Invero, le doglianze in questa sede proposte costituiscono mera reiterazione di quelle formulate dinanzi al giudice d’appello e disattese con un apparato argomentativo che non presta il fianco a censure in quanto giuridicamente corretto e privo di aporie e criticità logiche. 3.1 La difesa censura sotto il profilo della violazione di legge le sentenze di merito per non aver ritenuto l’inidoneità della condotta di falso ad attingere l’esito lesivo proprio della fattispecie e ad integrare gli artifizi e raggiri che sostanziano il delitto di truffa, nonostante l’agente assicurativo avesse rilevato la difformità tra la classe di merito attestata nel documento prodotto dalla prevenuta e quella risultante dalla banca dati consultata. La sentenza impugnata disattendeva il gravame sul punto evidenziando che il Donato aveva accettato di concludere il contratto, nonostante i dubbi emersi sulla classe di rischio dell’imputata, confidando che la stessa si sarebbe preoccupata di chiarire eventuali discordanze rispetto alla situazione effettiva con la precedente compagnia assicuratrice anche alla luce delle rassicurazioni che gli sono state fornite . Siffatta valutazione appare coerente con l’insegnamento di legittimità formatosi in tema di grossolanità della falsificazione che esclude la punibilità ex art. 49 cod.pen. solo quando sia tale da rendere il documento assolutamente inidoneo a trarre in inganno e, quindi, a ledere la pubblica fede. Tuttavia, si è precisato che la questione della grossolanità non ha ragione di essere posta allorché, trattandosi di falso in scrittura privata, l’uso del documento, pur grossolanamente falsificato, necessario per il perfezionamento del reato di cui all’art. 485 cod pen. abbia determinato ugualmente il risultato perseguito dall’agente giacché in tale caso ogni valutazione relativa alla idoneità del mezzo appare superata dalla constatazione che l’inganno si è in concreto verificato. Nel senso che, allorché il falso abbia prodotto l’effetto di trarre in inganno con conseguente realizzazione dell’evento giuridico deve escludersi in radice l’impossibilità dell’evento dannoso o pericoloso di cui all’art. 49 cod. pen. Sez. 2, n. 36631 del 15/05/2013, Procopio, Rv. 257063 Sez. 5, n. 2629 del 01/02/1992, Zippo, Rv. 194322. Il reato impossibile presuppone, dunque, l’originaria, assoluta inefficienza causale dell’azione, da valutare oggettivamente in concreto e con giudizio ex ante, in relazione al caso in esame ed alla fattispecie legale il verificarsi dell’evento e, conseguentemente, il pericolo di offesa per il bene tutelato, debbono, cioè, profilarsi come impossibili a causa delle intrinseche caratteristiche dell’azione. Siffatta inidoneità strutturale non è nella specie ravvisabile, facendo leva la stessa prospettazione difensiva piuttosto che sulla genetica ed intrinseca inettitudine del documento falsamente formato sulla possibilità per la controparte che l’aveva ricevuta di rilevarne l’inattendibilità in conseguenza del confronto con le difforme risultanze iscritte in banca dati. 3.2 S’appalesa destituita di pregio anche la collegata censura che, facendo leva sulla stessa circostanza di fatto, revoca in dubbio la ravvisabilità nella specie del delitto ex art. 640 cod.pen., giacché in tema di truffa contrattuale, una volta accertato il nesso di causalità fra il raggiro o l’artifizio e l’altrui induzione in errore, non è necessario stabilire se i mezzi usati erano in astratto e genericamente idonei a trarre in errore quando in concreto essi si sono dimostrati idonei a tal fine, senza che rilevi l’eventuale difetto di diligenza della persona offesa. Peraltro, l’accertamento sull’idoneità di detti mezzi costituisce un apprezzamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità laddove congruamente e logicamente motivato, come nel caso di specie Sez. 2, n. 30952 del 15/06/2016, Beltrami e altro, Rv. 267380 . 4. Ad analoghi esiti di inammissibilità deve pervenirsi in relazione al terzo motivo, concernente la denegata riapertura dell’istruttoria dibattimentale per l’espletamento di perizia sull’attestato di rischio. La Corte territoriale, a pag 8, ha escluso la decisività della prova tecnica, evidenziando come il contenuto dell’attestato prodotto risulta espressamente smentito dalla Milano Assicurazioni che avrebbe dovuto rilasciarlo, con giudizio aderente agli esiti processuali e adeguatamente motivato. 5. Insussistente s’appalesa, inoltre, il vizio motivazionale dedotto in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131 bis cod.pen., avendo la sentenza impugnata richiamato in senso ostativo sia le connotazioni del fatto che l’entità del danno come quantificato in imputazione, conformemente all’insegnamento di legittimità secondo cui il giudizio sulla tenuità ex art. 131 bis cod.pen.richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 . Il giudice d’appello, infine, ha dato conto delle ragioni alla base della mancata concessione delle circostanze ex art. 62 bis cod.pen. e del beneficio della non menzione, dell’applicazione della recidiva e della subordinazione del beneficio della sospensione al risarcimento del danno con motivazione priva di profili di patente illogicità sicché le censure al riguardo sono destinate all’irricevibilità in quanto tendenti ad una rivalutazione dell’apparato sanzionatorio in questa sede preclusa. 6. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, tenuto conto dei profili di colpa ravvisabili nella sua determinazione Corte Cost. n. 186 del 2000 . All’imputata fanno carico le spese di assistenza e difesa della parte civile per l’odierno grado, liquidate in Euro 3.510,00 oltre accessori di legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende nonché alla refusione delle spese in favore della p.c. Sara Assicurazioni Spa che liquida in Euro 3.510, oltre spese forfettarie al 15%, CPA e IVA.