La consegna di banconote contraffatte in luogo di quelle autentiche configura il reato di truffa

Qualora l’agente mostri delle banconote autentiche e successivamente, tramite artifici, consegni alla vittima delle banconote contraffatte ricevendone il controvalore in altra valuta, è configurabile il reato di truffa ex art. 640 c.p

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 11991/18, depositata il 15 marzo. Il caso. Il Tribunale di Milano rigettava la richiesta di riesame avverso l’ordinanza con cui il GIP presso il medesimo Tribunale aveva applicato all’indagato la misura della custodia cautelare in carcere, per aver questi partecipato ad un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti e volta, nello specifico, a porre in essere operazioni fraudolente di cambio valuta, contraddistinte dalla consegna alle vittime di banconote false, in cambio della ricezione di valuta autentica. Avverso la pronuncia del Tribunale l’indagato ricorre per cassazione denunciando l’errata scelta della misura cautelare applicatagli, in considerazione della qualificazione giuridica del fatto, il quale sarebbe dovuto essere inquadrato all’interno della fattispecie della truffa ex art. 640 c.p., anziché del furto ex art. 624 c.p Le fattispecie del furto e della truffa. Il Supremo Collegio ribadisce che il reato di furto aggravato dal mezzo fraudolento prescinde dal consenso della vittima all’atto di disposizione patrimoniale, essendo tale delitto consumato contro la volontà della vittima e quindi con un atto unilaterale solo a facilitare il quale mirano l’artificio o il raggiro . Nel caso di specie, preso atto delle modalità della condotta posta in essere dall’indagato e dai suoi complici, non emerge che sia stato posto in essere da questi ultimi, ai danni delle persone offese, un atto unilaterale di spoliazione della valuta genuina in euro di cui le vittime avrebbero in precedenza già conseguito il possesso . Pertanto, secondo la Suprema Corte, non vi è stata alcuna sottrazione di cosa mobile altrui, avente ad oggetto banconote genuine in euro . Ciò posto, la Corte nel condividere la ricostruzione del ricorrente, sottolinea che è connotato del reato di truffa ex art. 640 c.p. la cooperazione artificiosa della vittima che, indotta in errore dall’inganno ordito dall’autore del reato, compie l’atto di disposizione . Pertanto la Corte annulla il provvedimento impugnato con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 30 gennaio – 15 marzo 2018, n. 11991 Presidente Lapalorcia – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 9 ottobre 2017 il Tribunale del Riesame di Milano ha rigettato la richiesta di riesame avverso l’ordinanza del 7 settembre 2017 con cui il G.I.P. presso lo stesso Tribunale aveva applicato a H.A. la misura cautelare della custodia in carcere, per il delitto di partecipazione ad un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti e per i singoli furti perpetrati con operazioni fraudolente di cambio valuta nel corso delle quali complici dell’indagato, avvalendosi di arredamenti appositamente modificati con la creazione di doppiofondo, consegnavano alle persone offese banconote contraffatte in luogo di quelle autentiche poco prima esibite, mentre l’indagato riceveva in Russia la valuta estera reale da incaricati delle vittime, dandosi poi repentinamente alla fuga prima che queste ultime potessero accertarsi della falsità del denaro ricevuto. 2. Con atto sottoscritto dal suo difensore l’indagato ha proposto ricorso per cassazione affidandolo ad un unico articolato motivo. 2.1. È stata dedotta violazione di legge penale per erronea qualificazione del fatto di reato e violazione di legge processuale in ordine ai criteri di scelta delle misure cautelari. Lamenta il ricorrente che l’errore nella qualificazione giuridica del fatto contestatogli ha consentito l’applicazione di misure coercitive particolarmente gravi atteso che il fatto ascritto avrebbe dovuto essere sussunto nella fattispecie della truffa. Posto che è essenziale che nel furto lo spossessamento avvenga contro la volontà della persona offesa, mentre la truffa presuppone la consegna spontanea del bene, indotta in errore dall’inganno ordito dall’autore del reato, nel caso di specie, il raggiro ha determinato l’atto dispositivo del bene e non si quindi è limitato a facilitare l’apprensione dello stesso. Assume, inoltre, il ricorrente che, nel caso di specie, l’oggetto della sottrazione non è la contropartita consegnata bensì il vero denaro ceduto dalla vittima, tenuto conto che gli indagati non presentavano mai al cliente denaro valido, essendo le valigette state riempite con facsimili e coperte solo in superficie con qualche banconota vera. Lo stesso riferimento effettuato dalla Pubblica Accusa ad uno reato perpetrato con uno scambio di valuta era segno di una condotta incompatibile con il furto, atteso che la vittima voleva la cessione del denaro essendo convinta di ottenere una contropartita e ciò in virtù anche di una messa in scena messa in piedi molti mesi prima dagli agenti, finalizzata a conquistare la fiducia delle vittime. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto. Va preliminarmente osservato, ai fini di un inquadramento giuridico delle fattispecie sottoposte all’esame della Corte, che elemento indefettibile connaturato al delitto di truffa è la cooperazione artificiosa della vittima che, indotta in errore dall’inganno ordito dall’autore del reato, compie l’atto di disposizione vedi Sez. 2, n. 18762 del 15/01/2013, Rv. 25519401 vedi anche Sez. U, n. 1 del 16/12/1998 - dep. 19/01/1999, Cellammare, Rv. 212080 . Il furto aggravato dal mezzo fraudolento prescinde invece dal consenso seppur viziato dall’errore indotto dall’agente della vittima all’atto di disposizione patrimoniale, essendo tale delitto consumato contro la volontà della vittima e quindi con un atto unilaterale solo a facilitare il quale mirano l’artificio o il raggiro vedi sul punto Sez. 4, n. 9523 del 18/09/1997, Rv. 208784 . Ciò premesso, dalla descrizione della condotta posta in essere dall’indagato e dai suoi complici - come è stata ricostruita in termini fattuali dall’ordinanza impugnata - non emerge che sia stato posto in essere da questi ultimi, ai danni delle persone offese, un atto unilaterale di spoliazione della valuta genuina in Euro di cui le vittime avrebbero in precedenza già conseguito il possesso. Risulta, invece, essere stato carpito alle parti lese il consenso alla consegna della valuta genuina estera in ragione del fatto che è stata mostrata valuta genuina in Euro . In particolare, il Tribunale del Riesame ha evidenziato che, in occasione delle operazioni di scambio pattuite dalle parti, sono state rammostrate alle vittime dagli indagati banconote in Euro autentiche, le quali, tuttavia, all’atto dell’effettiva consegna, sono state sostituite con banconote contraffatte attraverso l’utilizzo di arredi appositamente modificati con la creazione di doppiofondo. È quindi evidente che, sulla base della ricostruzione del fatto quale emerge dall’ordinanza impugnata, non vi è stata sottrazione di cosa mobile altrui, avente ad oggetto le banconote genuine in Euro - che sono state solo esibite e di cui le vittime non hanno quindi mai conseguito il possesso - ma è stato procurato alle persone offese un ingiusto profitto carpendo il loro consenso con le modalità sopra descritte. Si condivide quindi l’impostazione del ricorrente secondo cui, nel caso di specie, l’oggetto della sottrazione non è la contropartita in Euro consegnata bensì le banconote in valuta estera genuine cedute dalle vittime. Deve quindi annullarsi il provvedimento impugnato limitatamente al capo 2 e deve rinviarsi al Tribunale di Milano Sez. Riesame per nuovo esame, disponendo l’integrale trasmissione degli atti. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato limitatamente al capo 2 e rinvia al Tribunale di Milano Sez. Riesame per nuovo esame. Dispone la trasmissione integrale degli atti.