Il legale rappresentante della società “vittima” del reato può proporre querela

La querela sporta dal legale rappresentante di una compagine societaria è pienamente valida anche in assenza di una specifica indicazione dei poteri di rappresentanza, sia in riferimento alle società di capitali che di persone.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 11636/18, depositata il 14 marzo. La vicenda. La custode di alcuni beni pignorati veniva condannata, sia in primo che in secondo grado, per aver disposto la vendita di tali beni senza versare l’intero importo ricavato a favore della società creditrice. La sentenza d’appello viene impugnata dall’imputata in Cassazione dolendosi, per quanto d’interesse, dell’improcedibilità del reato per difetto di querela posto che il legale rappresentante della società creditrice non era munito di procura speciale a tal fine. Legale rappresentante. Ai fini della presentazione della querela da parte di una società non è necessaria l’indicazione della fonte della procura se il querelante è il legale rappresentante della persona giuridica offesa. La giurisprudenza di legittimità è infatti ferma nell’affermare che la querela sporta dal legale rappresentante di una compagine societaria è pienamente valida anche in assenza di una specifica indicazione dei poteri di rappresentanza, sia in riferimento alle società di capitali che di persone. In particolare, con riferimento alle società di capitali, è stato ritenuta sufficiente l’indicazione della qualifica di amministratore, senza ulteriori allegazioni, ai fini della presentazione della querela poiché tale indicazione comporta il riferimento all’art. 2384 c.c., fonte della legittimazione. Solo nel caso di formale contestazione dell’effettiva titolarità del potere di azione da parte del querelante, il giudice dovrà procedere alla verifica in concreto della sussistenza di un effettivo rapporto tra il soggetto e l’ente. In conclusione, il ricorso viene rigettato per inammissibilità.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 dicembre 2017 – 14 marzo 2018, n. 11636 Presidente Conti – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello dell’Aquila con la sentenza, indicata in epigrafe, confermava la sentenza del Tribunale di Sulmona, che aveva dichiarato S.P. responsabile del reato di cui all’art. 388, quarto comma, cod. pen., condannandola alla pena ritenuta di giustizia. In particolare, all’imputata era stato contestato di aver disposto la vendita di beni pignorati, dei quali era stata nominata custode, senza versare l’intero ricavato a favore della società creditrice Calze GM Sport s.r.l In sede di appello, la Corte di appello rigettava l’eccezione della difesa in ordine alla mancata indicazione nella querela sporta a nome della suddetta società della fonte del potere di rappresentanza in capo al soggetto proponente, posto che nella specie era stata presentata dal legale rappresentante. La Corte territoriale riteneva priva di fondamento anche la tesi difensiva, in ordine al difetto di dolo, rilevando in ogni caso che i beni pignorati avevano un valore stimato di 33.260 Euro e che l’imputata si era limitata a versare alla società pignorante solo 7.000 Euro, somma assai lontana dal valore del credito. 2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre l’imputata, deducendo i seguenti motivi come sintetizzati nei limiti di cui all’art. 173, disp. att. cod. proc. pen. - violazione di legge per l’improcedibilità del reato per difetto di querela, posto che anche il legale rappresentante deve essere munito di procura speciale - violazione di legge in relazione alla ritenuta responsabilità penale, in quanto difetterebbe l’elemento soggettivo, posto che la vendita era stata fatta per far fronte al debito verso la persona offesa come risulterebbe dal verbale di ricognizione del 2 luglio 2010 e la ricorrente aveva già provveduto a versare alla società creditrice la somma di 7 mila Euro inoltre la ricorrente non poteva essere autorizzata alla vendita senza verificare in concreto le richieste degli interessati all’acquisto. Si chiede di concedere in subordine le circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen. generiche, contenere la pena, concedere i benefici di legge. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile in ogni sua articolazione. 2. In ordine al primo motivo, è sufficiente rilevare che nell’atto di appello la ricorrente aveva contestato soltanto la mancanza di una investitura della querelante per la presentazione della querela, non risultando agli atti di cui al presente procedimento alcun elemento attestante la titolarità dei poteri straordinari necessari alla proposizione dell’atto di querela in capo alla sig.ra M.G. . Orbene, è principio consolidato che, ai fini della presentazione della querela da parte di una società, non occorre la indicazione della fonte quando il proponente è il legale rappresentante della società persona offesa tra tante, Sez. 2, n. 35192 del 02/07/2013, Noschese, Rv. 257223 . La giurisprudenza di legittimità, con orientamento costante, ha affermato il principio della piena validità della querela sporta dal legale rappresentante di una compagine societaria anche in assenza di specifica indicazione dei poteri di rappresentanza, e ciò sia con riguardo alle società di capitali che di persone. In particolare, si è ritenuto, in tema di querela presentata per conto di una società di capitali, che l’onere di indicare la fonte specifica dei poteri di rappresentanza è adempiuto con la mera indicazione della qualifica di amministratore, senza necessità di ulteriori allegazioni, poiché tale indicazione comporta l’implicito riferimento all’articolo 2384 cod. civ. che costituisce la fonte della legittimazione Sez. 2, n. 35192 del 02/07/2013, Noschese, Rv. 257223 Sez. 5, n. 11074 del 04/12/2009, P.G. in proc. Bervicato, Rv. 246885 n. 19368 del 14/02/2006, Zunino, Rv. 234539 , sicché, in mancanza di uno specifico divieto statutario o assembleare, l’esercizio del diritto di querela rientra fra i compiti del rappresentante legale e, pur trattandosi di un atto di straordinaria amministrazione, non richiede il conferimento di un apposito mandato Sez. 6, n. 16150 del 26/04/2012, Filippone, Rv. 252715 . L’art. 337 cod. proc. pen., nel prevedere che la querela proposta nell’interesse di una persona giuridica, di un ente o di un’associazione debba contenere l’indicazione specifica della fonte dei poteri di rappresentanza, si riferisce all’ipotesi in cui la persona fisica agisce in nome e per conto dell’aggregato collettivo in forza del rapporto organico, in quanto titolare del potere di rappresentanza conferitole, dalla legge o dallo statuto, in virtu’ della carica ricoperta amministratore unico, presidente del consiglio di amministrazione, consigliere delegato o altro . Al di fuori dell’ipotesi descritta nella quale la dichiarazione si considera emessa personalmente dalla società per mezzo dell’organo a ciò abilitato - la querela può essere proposta da altro soggetto, in nome e per conto del querelante, solo in forza di una procura speciale che deve soddisfare tutti i requisiti prescritti dall’art. 122 cod. proc. pen. Sez. 5, n. 4996 del 19/12/2006, dep. 2007, Guarini, Rv. 235939 in senso conforme, tra le tante, Sez. 6, n. 36207 del 13/07/2017, Interlici, non mass. Sez. 2, n. 45725 del 22/10/2015, Caputo, non mass. . Solo nel caso in cui l’effettiva titolarità del potere d’azione da parte del querelante venga formalmente contestata nella specie non lo è stato, non avendo la ricorrente contestato la qualità di legale rappresentante della proponente , il giudice è tenuto a procedere alla verifica in concreto della sua sussistenza Sez. 6, n. 8699 del 16/02/2010, P.G. in proc. Anselmi, Rv. 246177 , con la conseguenza che l’inefficacia della querela si ricollega solamente alla carenza di un effettivo rapporto tra il rappresentante e l’ente, la cui esistenza dovrà essere accertata nel caso di contestazione Sez. 2, n. 10201 del 20/02/1997, De Thonnasis, Rv. 209018 . 2. Il secondo motivo articola censure aspecifiche e in ogni caso manifestamente infondate. La ricorrente reitera infatti le censure di appello, non confrontandosi con quanto rilevato in fatto e in diritto dalla Corte di appello, con motivazione che non risulta né carente né affetta dai denunciati vizi logico-giuridici. Va rammentato che, ai fini della configurazione dell’elemento psicologico del delitto di cui all’art. 388, quarto comma, cod. pen., è richiesto il dolo generico, il quale deve ritenersi integrato dalla conoscenza del vincolo giudiziario e dalla volontà dell’”amotio , indipendentemente dallo scopo dell’agente ex multis, Sez. 6, n. 8428 del 17/01/2008, Lieto, Rv. 239312 . 3. Restano fuori dal perimetro del controllo di legittimità le richieste della ricorrente in punto di trattamento sanzionatorio. 4. Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della cassa delle ammende della somma a titolo di sanzione pecuniaria, che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di Euro 2.000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della cassa delle ammende.