Inapplicabili gli arresti domiciliari all’indagato senza fissa dimora

Ai sensi dell’art. 275, comma 2-bis, c.p.p. Criteri di scelta delle misure la misura degli arresti domiciliari non può applicarsi in mancanza di uno dei luoghi di esecuzione ex art. 284, comma 1, c.p.p. Arresti domiciliari .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 11376/18, depositata il 13 marzo. Il caso. Il Tribunale del riesame accoglieva l’appello proposto dal PM avverso l’ordinanza con cui il GIP presso il Tribunale di Pescara aveva rigettato l’istanza di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti dell’indagato, a cui era contestato il reato di resistenza a pubblico ufficiale di cui all’art. 337 c.p Avverso il provvedimento del Tribunale del riesame l’indagato ricorre per cassazione denunciando violazione di legge in ordine ai criteri di scelta delle misure cautelari. Custodia in carcere e arresti domiciliari. Il Supremo Collegio ribadisce che in seguito all’entrata in vigore della l. n. 117/2017, l’art. 275, comma 2- bis , c.p.p Criteri di scelta delle misure prevede l’inapplicabilità del divieto di disposizione della misura cautelare di custodia in carcere nel caso in cui la pena prevista o irrogata non sia superiore a 3 anni, qualora rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’art. 284, comma 1, del presente codice . Pertanto, nel caso di specie, anche nell’eventualità in cui la pena prevista ex art. 337 c.p. sia inferiore a 3 anni di reclusione, legittimamente i Giudici del riesame, preso atto che l’indagato risulta senza fissa dimora, hanno reputato non applicabile la misura degli arresti domiciliari, ritenuta, ovviamente, l’attualità ed il perdurare delle esigenze di cautela connesse alla negativa personalità dello stesso e alla gravità del fatto di cui all’imputazione . La Corte quindi rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 gennaio – 13 marzo 2018, n. 11376 Presidente Mogini – Relatore Vigna Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, il Tribunale del riesame dell’Aquila ha accolto l’appello del Pubblico ministero avverso l’ordinanza del G.i.p. presso il Tribunale di Pescara che aveva rigettato l’istanza di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di E.K.N. in relazione al reato di cui all’art. 337 cod. pen 1.1. Il Pubblico ministero deduceva, quale unico motivo di impugnazione, che il G.i.p. aveva erroneamente ritenuto che il riconoscimento effettuato dagli operanti i quali avevano ingaggiato la colluttazione con l’indagato non fosse attendibile, data la risalenza nel tempo delle foto segnaletiche in relazione alle quali era stato operato il riconoscimento dell’indagato. Veniva, inoltre, sostenuto che il predetto riconoscimento aveva trovato ulteriore conferma nelle dichiarazioni rese da persona aggredita il mese successivo dall’indagato. 1.2. Il Tribunale del riesame ha accolto l’appello del PM, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari ed ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di E.K.N Quanto ai gravi indizi di colpevolezza, nell’ordinanza impugnata si evidenzia che il riconoscimento è stato effettuato da ben due agenti di PS ed in relazione ad un fatto avvenuto meno di un mese e mezzo prima. Sebbene l’identificazione sia avvenuta su fotografie risalenti al 2011/2012, la stessa, a giudizio del Tribunale del riesame, deve reputarsi valida ed attendibile, dovendosi ritenere che la fisionomia dell’indagato non sia mutata nell’arco di 6 anni. Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale del riesame ha ritenuto sussistenti quelle di cui all’art. 274 comma 1 lett. c cod. proc. pen., in considerazione della modalità della condotta posta in essere dall’indagato il quale fuggiva ancora ammanettato dopo una violenta colluttazione con gli operanti durata 20 minuti e della personalità dello stesso il quale vanta precedenti per furto in abitazione, appare dedito al traffico di sostanze stupefacenti, avendo al momento dell’arresto gettato un sacchetto contenente 21 grammi di hashish, ed è attualmente detenuto in carcere per tentato omicidio in relazione ad altro procedimento . Il Tribunale del riesame ha ritenuto, infine, ogni altra misura meno afflittiva inadeguata, essendo l’indagato senza fissa dimora. 2. Avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame ricorre l’indagato articolando come unico motivo di impugnazione la violazione di legge in relazione ai criteri di scelta delle misure cautelari. Ipotizzando che E.K. richieda procedersi nelle forme del rito abbreviato, non sarebbe astrattamente configurabile la condanna ad una pena superiore ai tre anni di reclusione. Lo stesso potrebbe anche beneficiare della sospensione condizionale della pena, considerando la natura del precedente penale. 3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 4. L’art. 275 comma 2-bis cod. proc. pen., prevedeva effettivamente, nella formulazione di cui all’art. 4 del decreto legge n. 92 del 26 giugno 2014, la non applicabilità della misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni . Senonché, in sede di conversione il legislatore, con l’art. 8 della legge n. 117 del 11 agosto 2017, ha reintrodotto la necessità di un vaglio critico da parte dell’autorità procedente nel caso in cui si possa dar corso alla tutela delle riconosciute esigenze cautelari mediante la misura degli arresti domiciliari in luogo di quella intramuraria, prevedendo, all’art. 275, comma 2-bis cod. proc. pen., l’inapplicabilità della disposizione che vieta la misura cautelare della custodia in carcere allorché la pena prevista o irrogata non sia superiore ad anni tre, quando, rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’art. 284, comma 1, presente codice . 4.1. Nella specie, pertanto, anche nell’eventualità in cui la pena comminata al ricorrente in ordine al reato di cui all’art. 337 cod. pen. sia inferiore ai tre anni di reclusione, legittimamente i giudici del riesame, preso atto che l’indagato risulta senza fissa dimora, hanno reputato non applicabile a E.K. la misura degli arresti domiciliari, ritenuta, ovviamente, l’attualità ed il perdurare delle esigenze di cautela connesse alla negativa personalità dello stesso e alla gravità del fatto di cui all’imputazione. I giudici della cautela hanno, altresì, ritenuto con motivazione congrua ogni altra misura non detentiva inidonea in considerazione della pericolosità del ricorrente, il quale è attualmente detenuto per tentato omicidio. 4.2. La motivazione dei giudici del riesame è, infine, puntuale anche in ordine al fatto che non sia pronosticabile la concessione della sospensione condizione della pena sia in ragione della pena irroganda, sia in considerazione del precedente per tentato furto in abitazione. 5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. esec. cod. proc. pen P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. esec. cod. proc. pen