Determinabile in via equitativa il danno morale del minore vittima di reati sessuali

Il giudice può determinare in via equitativa il danno morale subito dal minore che sia stato vittima di reati sessuali, dovendo prendere in considerazione, ai fini della determinazione, elementi tra cui l’intensità dell’azione, gli effetti proiettati nel tempo ed il turbamento cagionato.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 10802/18, depositata il 12 marzo. Il caso. La Corte d’Appello di Milano, in conferma della sentenza resa dal GUP di Busto Arsizio, condannava l’imputato per atti sessuali con minore. Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’imputato ricorre per cassazione denunciando l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato, così come emergenti dagli atti, l’inattendibilità delle dichiarazioni dell’offesa e l’erronea condanna al risarcimento del danno in assenza della prova circa la presenza di danni cagionati dal ricorrente. Dichiarazioni dell’offesa e risarcimento del danno. Il Supremo Collegio, premettendo la sussistenza del reato contestato al ricorrente attraverso la sua condotta, nonché l’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla minore, in quanto valutate conformi e coerenti sia dal perito che dalla neuropsichiatra infantile, sottolinea che la determinazione equitativa del danno morale cagionato dalla commissione di reati sessuali in danno di minori d’età deve tener conto dell’intensità della violazione della libertà morale e fisica nella sfera sessuale del minore, del turbamento psichico cagionato e delle conseguenze sul piano psicologico individuale e dei rapporti intersoggettivi, degli effetti proiettati nel tempo nonché dell’incidenza del fatto criminoso sulla personalità della vittima . In considerazione di quanto riportato, la Suprema Corte ha valutato congrua la motivazione del GUP circa la sussistenza e la liquidazione del danno, avendo la minore patito un consistente danno morale, quantificabile in via equitativa, in relazione alla necessità di terapie psicologiche e di una qualche gratificazione” idonea ad alleviare i danni della traumatica esperienza, avendo il fatto provocato effetti ultrattivi nell’equilibrio psico-fisico della minore . La Corte dunque dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 febbraio – 12 marzo 2018, n. 10802 Presidente Rosi – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Milano confermava la decisione resa dal g.u.p. del tribunale di Busto Arsizio, che, all’esito del giudizio abbreviato, applicate le circostanze attenuanti di cui agli artt. 62 bis e 609 quater, comma 4, cod. pen. con giudizio di prevalenza sull’aggravante ex art. 61 n. 11 cod. pen., condannava V.A. alla pena di un anno mesi quattro di reclusione, condizionalmente sospesa, per aver compiuto atti sessuali con M.V. , minore di anni dieci, che si trovava presso l’abitazione dell’imputato con il fratellino per giocare con il figlio del V. , atti consistiti nel toccarle i seni e nel darle un bacio sulla bocca. 2. Avverso l’indicata sentenza l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 2.1. Con il primo motivo si deduce vizio motivazionale, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e cod. proc. pen., in punto di valutazione della penale responsabilità, sotto un duplice, concorrente, profilo. In primo luogo, ad avviso del ricorrente, le circostanze indicate dalla Corte, tratte dal narrato della minore ossia l’avvicinamento alla bimba in modo insinuante, l’atteggiamento amichevole e l’imprevedibilità dei gesti non dimostrerebbero affatto gli elementi costitutivi del delitto contestato. In secondo luogo, si censura la motivazione, nella parte in cui avrebbe omesso di valutare l’attendibilità della persona offesa, considerando che, nel corso della prima audizione protetta, la bambina non avrebbe riferito il toccamento del seno, e che non si sarebbe analizzata la personalità della minore, affetta da fragilità a causa della separazione dei genitori. 2.2. Con un secondo motivo, si eccepisce vizio motivazionale in punto di condanna al risarcimento del danno. Assume il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe erroneamente condannato l’imputato al risarcimento del danno, in difetto di qualsivoglia elemento probatorio, risultando dagli atti che la persona offesa non avrebbe patito alcun trauma, neppure di carattere psicologico. 3. Con memoria datata 3 febbraio 2018, il difensore della parte civile chiede il rigetto o, comunque, l’inammissibilità del ricorso promosso nell’interesse del V. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, che riporopongono le medesime doglianze dedotte con l’atto di appello, disattese dalla Corte territoriale con motivazione immune da vizi logici. 2. Il primo motivo è inammissibile. 2.1. In primo luogo si deve osservare che i brani della sentenza impugnata, indicati dal ricorrente per sostenere la tesi dell’insussistenza del fatto, sono parziali e avulsi del contesto dell’intera motivazione, da cui, invece, emerge chiaramente che la minore ha riferito di essere stata baciata sulla bocca e toccata sul seno dal V. , con il pretesto che sulla maglietta che indossava vi era una macchia, il che integra gli elementi costitutivi del delitto in esame. 2.2. Quanto, poi, alla valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese dalla minore, anche sul punto la motivazione è immune da censure, essendosi i giudici di merito ampiamente soffermati sulla valutazione del narrato della persona offesa, giungendo a conclusioni del tutto conformi. Invero, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 - dep. 04/11/2013, Argentieri, Rv. 257595 Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011 - dep. 12/04/2012, Valerio, Rv. 252615 . Nel caso di specie, già il g.u.p. aveva analiticamente valutato l’attendibilità della minore, che aveva reso dichiarazioni ripetute e conformi dapprima alla madre e alla nonna, poi al medico curante, quindi alla neuropsichiatra infantile e, da ultimo, al perito il g.u.p. aveva preso in considerazione la circostanza, evidenziata dal ricorrente, secondo cui, in occasione della prima audizione protetta, la bambina non aveva riferito il toccamento del seno circostanza spiegabile con lo stato di agitazione, paura e confusione in cui la minore versava nel corso della prima formale deposizione, e con il fatto che, stante la giovanissima età e l’assenza di pregresse esperienze sessuali, la minore si trovasse in un comprensibile stato di imbarazzo e di vergogna , per il timore di essere giudicata per l’inadeguatezza della difesa opposta. Peraltro, le dichiarazioni della minore sono state confermate da quanto riferito sia dalla madre, che raccolse le confidenze della figlia nell’immediatezza dell’accaduto e che, in seguito, ricevette anche una telefonata di scuse da parte del V. , sia dalla moglie dell’imputato, la quale ha riferito che il marito, pur negando condotte sessuali, aveva ammesso di aver chiesto alla minore se avesse un fidanzato e di averle fatto notare che sulla maglietta aveva una macchia, circostanze riferite dalla minore medesima. A ulteriore riprova dell’attendibilità della persona offesa, i giudici di merito hanno indicato il contegno assunto dalla minore, allorquando la madre andò a prenderla presso l’abitazione del V. , subito dopo l’accaduto la bambina, infatti, appariva visibilmente scossa e turbata e, dopo le prime domande della madre, scoppiò in lacrime infine, l’attendibilità della minore è stata ulteriormente acclarata dall’assenza di contrasti tra le due famiglie e dal fatto che il fratellino di Vanessa, che si trovava nella stanza accanto, aveva udito le anomale domande intime rivolte dal V. alla persona offesa. In definitiva, la valutazione di attendibilità della minore è stata compiuta in maniera ampia, approfondita e giuridicamente corretta, sicché la motivazione è esente da vizi logici. 3. Quanto al secondo motivo, si osserva che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, la determinazione equitativa del danno morale cagionato dalla commissione di reati sessuali in danno di minori d’età deve tener conto dell’intensità della violazione della libertà morale e fisica nella sfera sessuale del minore, del turbamento psichico cagionato e delle conseguenze sul piano psicologico individuale e dei rapporti intersoggettivi, degli effetti proiettati nel tempo nonché dell’incidenza del fatto criminoso sulla personalità della vittima Sez. 3, n. 13686 del 09/03/2011 - dep. 05/04/2011, C., Rv. 249929 . Nel caso in esame, i giudici di merito hanno fatto buon governo del principio ora enunciato. Invero, già il g.u.p. aveva congruamente motivato in ordine alla sussistenza e alla liquidazione del danno, osservando che la minore aveva patito un consistente danno morale, quantificabile in via equitativa, in relazione alle necessità di terapie psicologiche e di una qualche gratificazione idonea ad alleviare i danni della traumatica esperienza, avendo il fatto provocato effetti ultrattivi nell’equilibrio psico-fisico della minore. Nel rigettare le doglianze difensive, la Corte territoriale ha ribadito che il danno patito dalla minore è di quelli che un soggetto porta seco per tutta la vita, e che la somma riconosciuta è un mero, modesto tentativo di riparare al torto inflitto alla persona offesa. Si tratta, anche in tal caso, di una motivazione adeguata e non manifestamente illogica, che, quindi, non è sindacabile in questa sede. 4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. 5. Il V. , infine, deve essere condannato alla liquidazione delle spese sostenute per il presente grado dalla parte civile C.C. , quale genitore esercente la potestà genitoriale sulla migliore M.V. , nella misura di Euro 900, oltre spese generali e accessori di legge, corrispondenti alla voce fase studio della controversia , in relazione allo studio del ricorso proposto dall’imputato, non potendo, invece, essere liquidate le ulteriori voci indicate nella nota spese allegata alla memoria difensiva datata 3 febbraio 2018, stante la mancata presenza del difensore dell’odierna udienza, e non essendo indicata alcuna voce per la predisposizione dell’indicata memoria difensiva. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile C.C. , che liquida in Euro 900, oltre spese generali e accessori di legge, da distrarsi in favore dello Stato.