Omicidio stradale: c’è colpa se…

La Corte di legittimità affronta il tema della colpa e dell’individuazione del nesso causale in relazione alla fattispecie del c.d. omicidio stradale”.

Sul tema la sentenza n. 10378/18, depositata il 7 marzo. Il caso. Il ricorrente era condannato dal GUP del Tribunale di Pesaro quale responsabile del reato di omicidio colposo con violazione delle norme in tema di circolazione stradale. La sentenza era confermata dalla Corte d’appello di Ancona che motivava a sostegno della propria decisione facendo riferimento alla conclusione del consulente tecnico del Pubblico Ministero e del perito d’ufficio i quali avevano univocamente sostenuto che una velocità rispettosa del limite imposto avrebbe consentito l’effettuazione di manovra d’emergenza idonea ad evitare l’urto. Il ricorrente lamentava con il ricorso vizio di motivazione in ordine all’accertamento della colpa ed al diniego della sospensione condizionale della pena. L’elemento soggettivo del reato colposo. Con l’elemento soggettivo costituito ed individuato dal legislatore con l’art. 43 del codice sostanziale tutti i penalisti, degni ed orgogliosi di essere indicati come tali, hanno dovuto, prima o poi fare i conti. Oggi con l’inasprimento delle pene irrogate per il cosiddetto omicidio stradale” c’è da scommettere che il confronto con lo sfuggente concetto della colpa aumenterà di frequenza e, quindi, aspettiamoci un aumento delle pronunce degli Ermellini sul tema. Tema un tempo confinato, si fa per dire, nelle vicende in tema di responsabilità medica e di responsabilità del datore del lavoro in relazione agli eventi occorsi e subiti dai propri dipendenti. Ed è proprio dalla pronuncia resa dalle S.U. il 24.04.2014 Espenhan o Tyssenkrupp in tema di responsabilità del datore di lavoro per fatti occorsi ai dipendenti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, che i giudici della quarta sezione della Corte di Cassazione traggono insegnamento. Procediamo con ordine. Le caratteristiche dell’evento dannoso. L’evento dannoso oggetto della discussione sulla responsabilità dell’agente in tema di omicidio stradale deve essere prevedibile. La valutazione circa la prevedibilità dell’evento deve essere effettuata con criterio ex ante . Ai fini di effettuare la predetta valutazione debbono essere considerate le circostanze di fatto tempo e luogo e le conoscenze richieste o supposte quali tali in capo all’agente. Dunque la valutazione circa la prevedibilità dell’evento dovrà fondarsi sulla conoscenza e valutazione delle condizioni oggettivamente presenti al momento dell’evento e sulle conoscenze che l’agente doveva o poteva avere circa la possibilità di verificazione dell’evento a seguito della condotta dal medesimo assunta. Il nesso di causalità. Analizzate le circostanze, oggettive e soggettive, sopra richiamate, diviene necessario stabilire l’esistenza del nesso causale tra condotta posta in essere, o omessa, ed evento dannoso. È noto che parlare di nesso causale significa spalancare le porte di una discussione infinita destinata a continuare in eterno e che ha caratterizzato e caratterizzerà l’intero sviluppo del sistema penale italiano. Ai nostri fini pare interessante notare come si possa individuare, secondo gli Ermellini, la presenza di nesso causale tra condotta ed evento ogni qualvolta in cui l’evento sia causato da una condotta soggettivamente riprorevole ed escluderlo invece qualora una condotta appropriata, ovvero un comportamento alternativo lecito, non avrebbe comunque evitato l’evento. Dunque? Dunque la colpa, così chiosavano le SS.UU. nella sentenza Espenhahn, si configura quando la cautela richiesta avrebbe avuto significative probabilità di successo, quando cioè l’evento avrebbe potuto essere ragionevolmente evitato, quando – insomma si configura la cosiddetta causalità della colpa” Cass. Pen. SS.UU. 38343 24.04.2014 . Il contro giudizio fattuale et voilà, ci siamo, ancora una volta torna al centro della scena nel reato colposo, ovunque e comunque commesso, il giudizio contro fattuale. Di che si tratta? Nihil sub soli novi , si tratta del giudizio richiesto dalla nota sentenza Franzese, e dalle sentenze che ad essa sono seguite prima fra tutte la sentenza Cozzini, ai fini di stabilire se vi sia o meno responsabilità a titolo di colpa. La sentenza Franzese. Intanto giovi ricordare come il giudice relatore della sentenza fosse il dottor Canzio e come, dunque essa provenga da illustre e raffinato giurista. Si tratta, come certamente è noto, di sentenza che si è espressa in tema di prova scientifica bandendo dal sistema probatorio le regole affidate e/o al market place” del perito o alla valutazione statistica circa la verificazione dell’evento a fronte di un determinato comportamento, riportando il giudizio all’analisi del fatto concretamente occorso con riferimento alle caratteristiche proprie di detto fatto, dei partecipanti al medesimo, vittima e agente, ed alle reali ed effettive caratteristiche dagli stessi possedute. Quindi, la violazione della regola cautelare, presupposto della condotta colposa, e la sussistenza del nesso di condizionamento tra la condotta e l’evento non sono, pertanto, sufficienti per fondare l’affermazione di responsabilità, giacché occorre anche chiedersi necessariamente se l’evento derivatone rappresenti o no la concretizzazione” del rischio che la regola stessa mirava a prevenire difettando l’evitabilità e quindi la colpa quando l’evento si sarebbe verificato anche qualora il soggetto avesse agito nel rispetto delle norme cautelari .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 gennaio – 7 marzo 2018, numero 10378 Presidente Blaiotta – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. La Corte d’Appello di Ancona confermava la condanna resa dal GUP del Tribunale di Pesaro nei confronti di M.G. quale responsabile del reato di omicidio colposo, commesso con violazione delle norme in tema di circolazione stradale. Il M. , mentre percorreva la strada che attraversa il centro abitato del comune di omissis , alla guida di un autocarro di proprietà della Petroli Marche s.r.l., alla velocità ricostruita di 65 km/h, superiore al limite di 50 km/h prescritto per le zone urbane, ed operando un sorpasso nonostante la line continua ed in prossimità di una intersezione, impattava contro K.H.A. che percorreva in bicicletta la medesima strada, precedendo l’autocarro, e stava svoltando a sinistra per immettersi nell’area privata di un supermercato. Incontestata la dinamica del sinistro, i giudici di merito pervenivano alla pronuncia di condanna basandosi essenzialmente sulle conclusioni del consulente del P.M. e del perito d’ufficio, i quali avevano univocamente sostenuto che una velocità rispettosa del limite avrebbe consentito una manovra di emergenza idonea ad evitare l’urto. 2. Ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore di fiducia, lamentando vizio di motivazione in ordine all’accertamento della colpa ed al diniego della sospensione condizionale della pena. Sotto il primo profilo sostiene che la Corte d’Appello non è riuscita a spiegare se, in presenza di un comportamento così incauto, improvviso ed imprevedibile come quello posto in essere dalla vittima, una condotta di guida appropriata e quindi meno veloce da parte dell’imputato avrebbe potuto condurre a scongiurare l’investimento o l’avrebbe determinato con modalità significativamente meno dirompenti, tanto da indurre ragionevolmente a ritenere che la morte non ne sarebbe conseguita. Con riferimento alla omessa concessione della sospensione della pena, si duole del fatto che i giudici di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non hanno preso in esame alcuno degli elementi indicati dall’articolo 133 c.p Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. 2. Nel caso in esame il ricorrente non solleva questioni sulla causalità materiale della condotta, essendo indiscusso che l’imputato, con la sua condotta di guida, investì il ciclista provocandone la morte. Lamenta invece un vizio di motivazione sotto il profilo della causalità della colpa, ritenuta dai giudici di merito senza la prova che un comportamento diligente avrebbe certamente evitato l’evento antigiuridico o avrebbe avutò significative probabilità di scongiurarlo. La doglianza non ha pregio. Giova in proposito rammentare il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di reati colposi l’elemento soggettivo del reato richiede non soltanto che l’evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile dall’agente con l’adozione di regole cautelari idonee a tal fine cosiddetto comportamento alternativo lecito , non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione ex ante , non avrebbe potuto comunque essere evitato Sez.4, numero 34375 del 30/5/2017, Rv.270823 Sez.4, numero 9390 del 13/12/2016, Rv.269254 . Il tema è stato di recente approfondito anche dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte che, nel delineare i tratti distintivi tra la regola di giudizio relativa all’evitabilità dell’evento per effetto di condotte appropriate e quella relativa alla dimostrazione del nesso causale, hanno precisato che è proprio la regola fissata dall’articolo 43 cod.proc.penumero , che, configurando la colpa quando l’evento sia stato causato da una condotta soggettivamente riprovevole, esclude il nesso eziologico qualora una condotta appropriata ovvero un comportamento alternativo lecito non avrebbe comunque evitato l’evento dunque, concludono le Sezioni Unite, la colpa si configura quando la cautela richiesta avrebbe avuto significative probabilità di successo, quando cioè l’evento avrebbe potuto essere ragionevolmente evitato, quando - insomma - si configura la cosiddetta causalità della colpa S.U., numero 38343 del 24/4/2014, Espenhahn . In tale ambito ricostruttivo, la violazione della regola cautelare e la sussistenza del nesso di condizionamento tra la condotta e l’evento non sono, pertanto, sufficienti per fondare l’affermazione di responsabilità, giacché occorre anche, chiedersi, necessariamente, se l’evento derivatone rappresenti o no la concretizzazione del rischio che la regola stessa mirava a prevenire Sez.4, numero 43966 del 6711/2009, Rv.245526 , difettando l’evitabilità e quindi la colpa quando l’evento si sarebbe verificato anche qualora il soggetto avesse agito nel rispetto delle norme cautelari. 3. La Corte di Ancona ha fatto buon governo dei richiamati principi di diritto. Infatti, pur non mancando di evidenziare la manovra pericolosa e vietata del ciclista, che si era portato al centro della carreggiata per svoltare a sinistra, ha rimarcato - in base alle conclusioni del consulente del P.M. e del perito d’ufficio - che il rispetto da parte dell’imputato del limite di velocità ovvero il comportamento alternativo lecito avrebbe certamente impedito l’evento. In particolare, una velocità di 50 km/h avrebbe reso possibile al ciclista di scartare ed evitare l’urto, ed al M. di porre in essere con più facilità di riuscita delle manovre di emergenza, indirizzando repentinamente a destra il proprio veicolo, anziché decidere di superare la bicicletta spostando anch’egli il proprio mezzo tutto a sinistra, effettuando un sorpasso vietato. La Corte territoriale ha anche argomentato sulla appropriata metodologia di calcolo adottata dal perito, il quale aveva tenuto conto del maggior tempo a disposizione del conducente dell’autocarro, in caso di velocità inferiore, per percepire il pericolo ed adottare le conseguenti ed adeguate contromisure, e spiegato le ragioni per le quali non era invece condivisibile quanto sostenuto dal consulente della difesa, che non aveva effettuato i propri calcoli secondo i comuni parametri, costituiti dalla distanza alla quale era avvenuto l’avvistamento e la percezione del pericolo secondo dati noti e lo spazio necessario ad una determinata velocità per fermarsi prima di giungere al punto d’urto. Contrariamente a quanto assume il ricorrente, nell’impugnata sentenza la Corte di merito ha quindi indicato esaurientemente le ragioni del proprio convincimento circa la evitabilità dell’evento in caso di rispetto del limite di velocità e di una condotta di guida adeguata alla pericolosità del luogo intersezione con altra strada con linea continua di mezzeria, presenza di un centro commerciale sulla sinistra ed alla presenza dello stesso ciclista che precedeva l’autocarro dell’imputato, costituente situazione di potenziale pericolo. 4. Neppure si configura vizio motivazionale in relazione al diniego della sospensione condizionale della pena, atteso che la Corte territoriale ha fatto riferimento alla gravità della colpa e alla circostanza che l’imputato, nonostante avesse già usufruito del beneficio, aveva dimostrato evidente noncuranza nella guida, e perciò non appariva meritevole di una seconda sospensione condizionale, pur astrattamente concedibile. 5. Per tali considerazioni il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.