Reddito zero? L'istanza di ammissione non è automaticamente inammissibile

Non è legittimo il provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio fondato esclusivamente sul rilievo che il reddito indicato è pari a zero e, di conseguenza, deve intendersi potenzialmente ingannevole.

Così ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 10406/18, depositata il 7 marzo. Reddito zero non si accede al patrocinio gratuito. Una donna chiede di essere ammessa al patrocinio per i non abbienti e, nella propria istanza, indica di non produrre alcun reddito. Il Tribunale gliela dichiara inammissibile. Propone opposizione e questa viene rigettata sul solo rilievo secondo cui l'indicazione reddito zero” sarebbe potenzialmente ingannevole per vivere, l'istante si sarà pur fatto aiutare da qualcuno. Non resta che proporre ricorso per cassazione. La valutazione delle istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. La normativa in tema di gratuito patrocinio, contenuta nel Testo Unico in materia di spese di giustizia del 2002, si impernia sull'istanza di ammissione che deve essere presentata a cura del richiedente il beneficio. Quest'ultimo dovrà corredare la propria richiesta con l'indicazione del reddito prodotto e, nel farlo, potrà allegare tutta la documentazione che ritiene opportuna dichiarazione dei redditi, prospetto ISEE, eccetera. Potrà anche autocertificare l'ammontare del reddito sotto certe soglie, infatti, la dichiarazione dei redditi può non essere stata prodotta perchè non necessaria. Nulla vieta all'istante di indicare, come fonte del proprio sostentamento, l'aiuto economico ricevuto da un congiunto, specificandone l'ammontare. Come è ovvio, si tratta sempre di autocertificazioni che espongono – come da prassi – chi le rende alle consuete responsabilità nel caso in cui siano mendaci. Gli Ermellini, prima di accogliere il ricorso sollevato dall'istante esclusa dal gratuito patrocinio, ci ricordano che la ratio dell'istituto in esame è quella – solidaristica – di offrire assistenza legale a chi non può permettersi di retribuire un avvocato. Questa funzione sociale verrebbe meno se si escludesse in radice che un soggetto privo di reddito e non percettore di un reddito modesto non possa accedere al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. I poteri di verifica del giudice. Ogni giudice al quale sia presentata una istanza di ammissione al patrocinio gratuito ha il potere di condurre tutti gli accertamenti che ritiene più opportuni per saggiare la veridicità delle autocertificazioni che gli vengono prospettate dall'istante. Non potrà certamente entrare nel merito dell'autocertificazione, ma potrà perfettamente inviarla ai competenti uffici finanziari per svolgere tutti i controlli del caso. Ancora, il giudice – prima di decidere se ammettere o meno al beneficio – potrà chiedere all'istante di integrare la documentazione presentata qui le prassi spesso variano da una sede giudiziaria ad un'altra. Alla fine, il magistrato potrà decidere di dichiarare inammissibile l'istanza se alla richiesta di chiarimenti l'interessato non avrà dato seguito. Ovvero potrà rigettarla se il tenore di vita e le condizioni personali dell'istante lasciano pensare che non possieda i requisiti per accedere al patrocinio gratuito si pensi a chi, pur dichiarando redditi esigui o inesistenti, risulti intestatario di veicoli, magari di alta cilindrata. Identici poteri di controllo e di impulso spettano anche al giudice dell'opposizione all'eventuale provvedimento di rigetto. Una decisione che valorizza la funzione sociale del patrocinio per i non abbienti. Davvero apprezzabile appare il nucleo essenziale della sentenza che oggi commentiamo l'autocertificazione di assenza di reddito non può automaticamente essere intesa come ingannevole” semmai merita di essere approfondita con opportuna richiesta di chiarimenti. Della serie se non hai reddito, come vivi? La sorte dell'istanza, a questo punto non segnata in partenza, dipenderà dalla risposta del diretto interessato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 dicembre 2017 – 7 marzo 2018, n. 10406 Presidente Blaiotta – Relatore Nardin Ritenuto in fatto 1. Con provvedimento in data 20 gennaio 2016 il Presidente di Sezione del Tribunale di Pescara ha rigettato l’opposizione al decreto di rigetto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato proposta da F.A. , già ritenuta inammissibile dal Tribunale in funzione monocratica, osservando come la dichiarazione di reddito pari a zero, presentata dall’istante dovesse ritenersi di potenziale inganno, in assenza di indicazioni relative agli inevitabili aiuti ricevuti da terzi per far fronte alle esigenze di vita, anche avuto riguardo agli orientamenti di legittimità, secondo cui la totale assenza di reddito deve considerarsi assolutamente inverosimile. 2. Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione F.A. , a mezzo del suo difensore, affidandolo ad un unico motivo con il quale lamenta ex art. 606, comma 1, lett.re b ed e l’erronea applicazione degli artt. 76 e 79 D.p.r. 115/2002 e l’illogicità della motivazione. Osserva che la legge non esclude l’ammissione al beneficio per coloro che siano del tutto privi di redditi, ciò implicando il venir meno delle ragioni giustificanti l’istituto. Sottolinea l’esistenza di meccanismi di accertamento, previsti dall’art. 96 comma 1^ e 2^, che consente al giudice di trasmettere l’istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia di finanza per le necessarie verifiche”, laddove nutra dubbi sulla veridicità dell’autodichiarazione. Conclude affermando che l‘esistenza di un solo precedente penale per reati contro il patrimonio, per un fatto peraltro risalente a cinque anni prima, non può giustificare l’assunto secondo cui la ricorrente vivrebbe del provento di attività illecite. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore della Repubblica presso la Suprema Corte di Cassazione chiede l’annullamento con rinvio per nuovo esame del provvedimento impugnato essendo il medesimo stato pronunciato - in violazione dell’art. 99 del d.p.r. 115/2000 - dal Presidente di Sezione, in assenza della prova della delega del Presidente del Tribunale. Trattandosi di vizio funzionale esso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo. Considerato in diritto 1. Va preliminarmente respinta l’eccezione di incompetenza funzionale sollevata dal Procuratore Generale. Le pronunce di legittimità richiamate nella requisitoria scritta Sez. 4, n. 44189 del 28/09/2012 - dep. 14/11/2012, e Sez. 4, Sentenza n. 37519 del 03/05/2017 Cc. dep. 27/07/2017 , invero, riguardano esclusivamente l’incompetenza funzionale del Collegio. Si rammenti, infatti, che il terzo comma dell’art. 99 del Testo unico per le Spese di giustizia, espressamente stabilisce che nelle ipotesi di ricorso avverso le decisioni di rigetto dell’istanza di ammissione di cui al primo comma Il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e l’ufficio giudiziario procede in composizione monocratica . Si tratta, dunque, di una questione ben diversa da quella posta in questa sede, relativa alla mera distribuzione degli affari all’interno dell’Ufficio, rispetto alla quale la delega, anche tabellare, da parte del Presidente del Tribunale ad altro Presidente di Sezione del medesimo ufficio, non trova alcun un limite nel testo dell’art. 99 T.U. cit. purché la decisione sia assunta da giudice monocratico, con il procedimento previsto dal terzo comma della disposizione. 2. Nel merito, il ricorso è fondato. 3. La doglianza mette in risalto due fondamentali principi sottesi alla legislazione sul diritto di accesso alla giustizia ed alla difesa, regolato dalla normativa sul gratuito patrocinio. Il primo, di carattere sostanziale, inerisce la stessa ratio dell’istituto e riguarda il criterio solidaristico posto alla base dell’istituto, la cui effettività verrebbe meno laddove si negasse il diritto a coloro i quali dichiarino di non possedere alcun reddito reddito pari a zero , sulla base della presunzione dell’inverosimiglianza della dichiarazione medesima. Il secondo relativo ai poteri processuali di accertamento del redditi dell’istante e della loro provenienza, conferiti al giudice dall’art. 96 del Testo Unico. 4. Per dare soluzione alla questione posta dal ricorso circa la concedibilità del beneficio a soggetti che dichiarino la totale assenza di redditi, occorre innanzitutto osservare che la semplice affermazione dell’assenza totale di reddito non è affatto di per sé un potenziale inganno - come ritenuto dal provvedimento impugnato - trattandosi invece di una situazione, seppure non comune, certamente possibile. Ed anzi, della più grave delle situazioni tutelate dalla normativa che assicura la difesa dei non abbienti. 5. Definendo i presupposti per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato il legislatore ha precisato con il primo comma dell’art. 76 del d.p.r. 115/2002, non solo i parametri reddituali, ma anche la fonte dichiarazione dei redditi dalla quale trarre l’importo del reddito da indicare al momento della presentazione della domanda. Nondimeno, avuto riguardo al fatto che al di sotto di determinati limiti non sussiste obbligo alcuno di dichiarare i redditi deve ritenersi assolto l’obbligo dichiarativo di cui alla lettera c dell’art. 79 T.U. Spese di giustizia con la semplice autodichiarazione del richiedente. 6. Ai fini dell’ammissibilità al gratuito patrocinio l’autocertificazione dell’istante ha valenza probatoria e il giudice non può entrare nel merito della medesima per valutarne l’attendibilità, dovendosi limitare alla verifica dei redditi esposti e concedere in base ad essi il beneficio, il quale potrà essere revocato solo a seguito dell’analisi negativa effettuata dall’ufficio finanziario, cui il giudice deve trasmettere copia dell’istanza con l’autocertificazione e la documentazione allegata. Sez. 4, n. 53356 del 27/09/2016 - dep. 15/12/2016, Tilenni Scaglione, Rv. 2686201 . 7. Va, infine, precisato che la dimostrazione di non avere alcun reddito non può essere assolta che attraverso la presentazione dell’autodichiarazione, risolvendosi altrimenti in una prova negativa il cui onere non può, di per sé, essere imposto al richiedente, perché ciò renderebbe troppo difficile il riconoscimento del diritto, implicando la sostanziale disapplicazione della normativa proprio nell’ipotesi di maggior fondatezza dell’istanza. 8. Proprio per evitare una simile situazione il legislatore, lungi dall’introdurre norme che sacrifichino il diritto del non abbiente all’effettiva tutela difensiva nel processo, per la sua impossibilità di dimostrare la concreta assenza di reddito, appronta degli strumenti che, a fronte dell’autodichiarazione dell’istante formulata in termini assolutamente negativi, consentono un approfondimento della situazione, laddove ritenuto necessario. 9. Ed infatti, la disciplina del procedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato prevede da un lato, all’art. 79, comma 3 il potere del giudice, cui è presentata l’istanza, di chiedere alla parte di integrare, ove lo ritenga, ulteriore documentazione - disponendo la declaratoria di inammissibilità solo in caso di mancata collaborazione - dall’altro, all’art. 96 comma 2 stabilisce il potere del magistrato, in sede di decisione di respingere l’istanza se vi sono fondati motivi per ritenere che l’interessato non versa nelle condizioni di cui agli articoli 76 e 92, tenuto conto del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte . Tuttavia A tale fine, prima di provvedere, il magistrato può trasmettere l’istanza, unitamente alla relativa dichiarazione sostitutiva, alla Guardia di finanza per le necessarie verifiche . Il potere dell’ufficio per un verso di sollecitazione alla parte art. 79 e per l’altro di accertamento art. 96, comma 2 è corollario della natura flessibile del procedimento e della sua funzione rivolta all’assolvimento dell’onere solidaristico dello Stato per assicurare la difesa dei non abbienti ed ha lo scopo di assicurare l’accertamento anche in ipotesi di documentazione mancante o insufficiente. Siffatta facoltà della parte si estende anche al giudizio di opposizione al rigetto, il cui scopo è ancora una volta la verifica delle condizioni dell’ammissione al beneficio, stante l’effetto integralmente devolutivo del medesimo e l’inutilità di un processo che decidendo allo stato degli atti frusti inutilmente lo scopo dell’istituto a fronte della sussistenza, comprovabile con produzioni documentali in questa fase, dei presupposti per l’ammissione, così ponendosi in piena contraddizione con la natura solidaristica e con il riconoscimento dei diritti fondamentali e costituzionalmente garantiti della valida difesa nel processo. 10. Deve, dunque, conclusivamente affermarsi che il rigetto dell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio fondata sulla mera affermazione secondo la quale l’autodichiarazione dell’assenza di reddito è di per sé potenziale inganno, viola le disposizioni di cui alla lettera c dell’art. 79 T.U. Spese di giustizia, anche avuto riguardo all’esercizio dei poteri di accertamento assicurati al giudice dell’ammissione ed a quello di opposizione al rigetto, che implicano una presunzione di impossidenza dell’istante che presenti autocertificazione del reddito, vincibile con l’esercizio dei poteri di accertamento assicurati al giudice dall’art. 79 e dall’art. 96, comma 2^ T.U. spese di giustizia, il cui esercizio è nondimeno, imposto al medesimo ai fini della giustificazione del rigetto. 11. Ne consegue l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Presidente del Tribunale di Pescara. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame al Presidente del Tribunale di Pescara.