Non possono essere negati gli arresti domiciliari in ragione dell’inadeguatezza del luogo

Non si possono negare gli arresti domiciliari in ragione della irregolarità del domicilio o della sua non corrispondenza alle norme edilizie.

Questo è in sostanza il principio espresso nella breve, ma incisiva decisione n. 10425/2018 della Corte di Cassazione, depositata il 7 marzo. Il caso. Nei fatti è accaduto che l’imputato, condannato alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione, avesse inutilmente richiesto la sostituzione della custodia cautelare in carcere il Tribunale del riesame aveva respinto la richiesta in ragione del fatto che il domicilio indicato fosse non adeguato, vuoi per il titolo di occupazione vuoi per la sua conformità alla legge urbanistica. Osservazioni. La Cassazione, per fortuna in maniera chiara ed inequivocabile, ha invece affermato che stante l’eccezionalità del mantenimento della misura maggiormente afflittiva il giudizio negativo può essere ancorato soltanto alla mancanza del luogo ove scontare gli arresti domiciliari e non anche ad una valutazione di inadeguatezza dello stesso . Diversamente, non solo si discriminerebbe in ragione della situazione economica del reo il più povero, infatti, si troverebbe in una situazione più difficile rispetto al più ricco , non solo si giungerebbe ad affidare al Giudice della cautela una discrezionalità altrimenti non sindacabile quali caratteristiche dovrebbe possedere il domicilio? Basterebbero le medesime caratteristiche, per esempio, della cella umanamente tollerabile”, secondo i dettami della CEDU? , ma si applicherebbe una misura afflittiva, che, data l’entità della pena, sarebbe inutile, poiché il condannato potrebbe tranquillamente accedere a benefici premiali. In sé e per sé la decisione è pienamente condivisibile e non merita ulteriori approfondimenti, dato il tenore letterale dell’art. 275, comma 2- bis, c.p.p Ciò che rammarica è che tale principio, all’apparenza così semplice, ancora oggi non sia pienamente recepito nel diritto vivente” e che un imputato povero e straniero”, per il fatto di essere povero e straniero, abbia subito ingiustamente ed illegittimamente una custodia in carcere inutile e avvilente per lui e per i valori costituzionali su cui si fonda l’ordinamento democratico italiano. Più di tutto però dispiace, che i mesi ingiustamente trascorsi in carcere siano nei fatti da ritenersi semplicemente come definitivamente scontati”, senza possibilità alcuna di un vero ristoro o come mero incidente di percorso”. La Giustizia si qualifica non solo per la bontà” della decisione finale, ma anche sul modo col quale si tratta l’imputato colpevole”.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 febbraio – 7 marzo 2018, n. 10425 Presidente Gallo – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza in data 27 ottobre 2017 il Tribunale per il riesame di Milano respingeva l’appello proposto nell’interesse di A.H. avverso il provvedimento del Tribunale di Milano che aveva respinto la richiesta di sostituzione della custodia cautelare in carcere in atto allo stesso inflitta. 1.2 Riteneva il Tribunale del riesame, che sebbene l’appellante fosse stato condannato a pena inferiore ad anni tre, e precisamente a quella di anno 1 e mesi 4 di reclusione per i delitti di associazione a delinquere e occupazione abusiva, il ruolo da questi svolto nei fatti nonché l’assenza di adeguato domicilio imponessero il mantenimento della misura maggiormente afflittiva. 1.3 Avverso detto provvedimento proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo con distinti motivi - inosservanza di legge essendo stata mantenuta la misura maggiormente afflittiva senza considerazione dello specifico ruolo svolto dall’indagato, assolutamente marginale nello svolgimento dei fatti, trattandosi di soggetto incaricato di sostituire le porte delle abitazioni occupate - violazione di legge e difetto di motivazione del provvedimento impugnato in ordine alla ritenuta necessità di applicare la misura cautelare della custodia in carcere benché il ricorrente disponesse di stabile riferimento abitativo sito in Milano e fosse soggetto munito di permesso di soggiorno. Considerato in diritto 2.1 Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto. Occorre ribadire che con l’introduzione dell’art. 275 comma 2 bis cod.proc.pen. il legislatore ha previsto un generale divieto, non operante nei casi dei reati di particolare allarme sociale di cui al terzo comma dello stesso articolo, di applicabilità della custodia cautelare in carcere per tutte le ipotesi in cui la pena detentiva irrogata od irrogabile non sia superiore a tre anni fatta eccezione per altri reati pure indicati nello stesso comma 2 bis, il divieto di applicazione della misura della custodia in carcere che ha quindi portata generalizzata rispetto a tale limite di pena, non opera solo quando sia il giudice che procede ad accertare l’inadeguatezza di ogni altra misura ovvero gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’art. 284, comma 1, del presente codice . Orbene, tale essendo il portato della norma, deve essere escluso che nel concetto di inesistenza di uno dei luoghi ove scontare gli arresti domiciliari possa rientrare anche l’eventuale inadeguatezza della abitazione sotto il profilo della regolarità dell’occupazione della medesima ovvero della regolarità edilizia ogni valutazione sul punto non pare giustificabile alla luce del chiaro portato normativo che preclude l’applicazione ed il mantenimento della custodia carceraria nei confronti dei soggetti ai quali sia stata applicata una pena inferiore ad anni 3 di reclusione. Stante infatti l’eccezionalità del mantenimento della misura maggiormente afflittiva in tali casi, il giudizio negativo può essere ancorato soltanto alla mancanza del luogo ove scontare gli arresti domiciliari e non anche ad una valutazione di inadeguatezza dello stesso. L’eccezionalità dell’inserimento carcerario per soggetti condannati a pene modeste, per le quali peraltro risultano spesso attuabili in fase di esecuzione regimi alternativi, impone la revoca dello stesso a fronte della non sussistenza delle condizioni dettate dal citato art. 275 comma 2 bis cod.proc.pen. che prevede appunto solo il caso della mancanza di uno dei luoghi indicati dall’art. 284 . 2.2 L’applicazione dei sopra esposti principi, tutti ricavabili dal testo del comma 2 bis dell’art. 275 cod.proc.pen., deve comportare l’accoglimento del ricorso il tribunale del riesame di Milano ha compiuto una valutazione di inadeguatezza del luogo di possibile detenzione domiciliare ancorato ad una irregolarità che non pare comunque decisiva anche in considerazione dell’assai limitato residuo pena. Alla luce delle predette considerazioni l’impugnata ordinanza deve essere annullata con rinvio al competente tribunale per nuovo esame, nello svolgimento del quale il giudice dovrà attenersi ai principi in precedenza indicati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame con integrale trasmissione degli atti, al tribunale di Milano. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 co. 1-ter disp.att. c