Limiti (anzi no) all’impugnazione della sentenza del Giudice di Pace alla pena pecuniaria

Rilevando un contrasto giurisprudenziale in ordine all’ammissibilità dell’impugnazione proposta dall’imputato avverso la sentenza del Giudice di Pace di condanna alla pena pecuniaria, la Corte aderisce all’orientamento che ritiene estensibile la contestazione della responsabilità penale ai profili relativi alla condanna al risarcimento dei danni a favore della parte civile.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9897/18, depositata il 5 marzo, si pronuncia sul ricorso proposto da un imputato condannato per il delitto di cui all’art. 633 c.p. Invasione di terreni o edifici . Il ricorrente impugna la pronuncia con cui il Tribunale di Potenza, quale giudice d’appello, dichiarava inammissibile l’impugnazione della sentenza del GdP di condanna a pena pecuniaria, decisione fondata sul fatto che non era stato contestualmente impugnato il capo della decisione relativo al risarcimento del danno a favore della parte civile. Orientamenti giurisprudenziali. L’art. 37 d.lgs. n. 274/2000, che consente all’imputato di proporre appello contro le anche sentenze di condanna del giudice di pace che applichino una pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno , è oggetto di contrastanti orientamenti giurisprudenziali. Da un lato, un primo orientamento afferma che è inammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza di condanna del Giudice di Pace, ad una pena pecuniaria ed al risarcimento del danno a favore della parte civile, laddove venga contestato solo il giudizio di responsabilità e non quello relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno Cass. n. 31190/15 . Diversamente, un secondo filone giurisprudenziale, qui condiviso dal Collegio, afferma che l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del Giudice di Pace di condanna alla pena pecuniaria è ammissibile anche se non sia stato impugnato il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno a favore della parte civile in quanto l’art. 37 d.lgs. n. 274/2000 deve essere coordinato con la disposizione di cui all’art. 574, comma 4, c.p.p. per la quale l’impugnazione proposta avverso i punti della sentenza riguardanti la responsabilità dell’imputato estende i suoi effetti agli altri punti che dipendano dai primi, fra i quali sono ricompresi quelli concernenti il risarcimento del danno . Impugnazione della sentenza del Giudice di Pace. Nell’appoggiare tale interpretazione, la Corte non mette in discussione la natura del procedimento dinanzi al Giudice di Pace, pacificamente ricondotto a un modello di giustizia caratterizzato da forme particolarmente snelle, di per sé non comparabile con il procedimento per i reati di competenza del tribunale [] un modello coerente con esigenze di massima semplificazione” . Ma ciò non può mettere in ombra il profilo essenziale dell’assetto della disciplina delle impugnazioni delle sentenze pronunciate dal Giudice di Pace così come configurato dal legislatore su cui ha avuto modo di esprimersi anche la Corte Costituzionale sentenza n. 426/2008 confermando la centralità della scelta legislativa e la necessità di coordinamento tra l’art. 37 d.lgs. n. 274/2000 e l’art. 574, comma 4, c.p.p In conclusione, la Corte annulla con rinvio la sentenza con cui il Tribunale ha dichiarato inammissibile l’impugnazione dell’imputato perché non rivolta al capo relativo alla condanna al risarcimento del danno a favore della parte civile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 febbraio – 5 marzo 2018, numero 9897 Presidente Gallo – Relatore Aielli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 13/10/2016 il Tribunale di Potenza quale giudice di appello, dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta da G.D. avverso la sentenza del Giudice di pace di Potenza del 24/6/2014 3., che lo aveva condannato in ordine al delitto di cui all’art. 633 c.p., ritenendo che l’appello avverso la sentenza del giudice di pace di condanna a pena pecuniaria, avrebbe potuto essere proposto solo se contestualmente veniva impugnato il capo della decisione relativo al risarcimento del danno ciò in quanto l’art. 37 D.L.vo 274/2000, è norma speciale rispetto all’art. 574 c.p.p 2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione G.D. deducendo la violazione di legge avendo il Tribunale erroneamente interpretato l’art. 37 citato, tenuto conto dei plurimi precedenti giurisprudenziali che invece consentono che l’impugnazione avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla pena della multa possa essere proposta anche se non è specificamente contestato il capo relativo al risarcimento del danno in favore della parte civile. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1. L’art. 37 D.Lgs. 274/2000 prevede che l’imputato può proporre appello contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria può proporre appello anche contro le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno . La norma è stata oggetto di interpretazioni contrastanti in sede di legittimità e la stessa sentenza del Tribunale dà conto di tali divergenze da un lato l’orientamento sostenuto a suo tempo da Sez. 5, numero 39465 del 04/10/2005, Rv. 232379 e da Sez. 5, numero 19382 del 21/04/2005, rv. 231498, di recente riproposto da Sez. 2, numero 31190 del 17/04/2015, Rv. 264544, secondo cui i due sistemi ordinamentali del giudice di pace e del codice di procedura penale esprimono assetti strutturalmente diversi e assimilabili solo nei ristretti ambiti e limiti previsti dall’art. 2 D.Lgs. numero 274 del 2000 e della clausola limitativa imposta dal sintagma per tutto ciò che non è previsto dal presente decretò che vale ad escludere ogni contaminazione non voluta dei due sistemi , sicché tale clausola esclude che possa essere richiamata la regola di chiusura ex art. 574, comma 4, cod. proc. penumero di qui il principio di diritto in forza del quale è inammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza di condanna, emessa dal giudice di pace, ad una pena pecuniaria ed al risarcimento del danno in favore della parte civile, laddove si contesti il solo giudizio di responsabilità, senza che venga espressamente impugnato il capo relativo alla condanna, seppure generica, al risarcimento del danno. 1.2. Dall’altro, l’orientamento esplicitato da Sez. 5, sentenza numero 5017 del 14/12/2015, Rv. 266059, e da Sez. 5, numero 42779/2016, rv. 267958 Sez. 2 numero 20190/2017 rv. 269677, secondo cui È ammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla pena pecuniaria, ancorché non sia stato impugnato il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, in quanto l’art. 37 D.Lgs. numero 274 del 2000 deve essere coordinato con la disposizione di cui all’art. 574, comma quarto, c.p.p., per la quale l’impugnazione proposta avverso i punti della sentenza riguardanti la responsabilità dell’imputato estende i suoi effetti agli altri punti che dipendano dai primi, fra i quali sono ricompresi quelli concernenti il risarcimento del danno, che ha il necessario presupposto nell’affermazione della responsabilità penale. 2. Ebbene tale indirizzo appare maggiormente condivisibile. Non è in discussione il rilievo delle peculiarità del procedimento dinanzi al giudice di pace invero, la giurisprudenza costituzionale ha rimarcato la riconducibilità di tale procedimento ad un modello di giustizia caratterizzato da forme particolarmente snelle, di per sé non comparabile con il procedimento per i reati di competenza del tribunale Corte cost., ord. numero 201 del 2004 conf. ord. numero 415 del 2005 , un modello coerente con esigenze di massima semplificazione Corte cost., ord. numero 349 del 2004 . Tale rilievo, tuttavia, non può mettere in ombra il profilo essenziale dell’assetto della disciplina delle impugnazioni delle sentenze pronunciate dal giudice di pace così come configurato dal legislatore, un assetto delineato dalla giurisprudenza costituzionale con la sentenza numero 426 del 2008 richiamato l’art. 17, comma 1, della legge delega numero 468 del 1999 e, in particolare, la lett. n della disposizione che stabilisce l’ appellabilità delle sentenze emesse dal giudice di pace, ad eccezione di quelle che applicano la sola pena pecuniaria e di quelle di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria , il giudice delle leggi ha sottolineato come dall’esame del testo della norma emerga che il legislatore delegante ha inteso attribuire una portata generale alla previsione dell’appellabilità delle sentenze del giudice di pace, configurando come eccezioni, dunque di stretta interpretazione, le ipotesi di loro inappellabilità. In un simile contesto, l’espressione quelle che applicano la sola pena pecuniaria”, utilizzata dal legislatore delegante ai fini dell’individuazione di una delle tassative ipotesi sottratte alla regola della proponibilità dell’appello, è riferibile alle sentenze che rechino esclusivamente condanna alla pena pecuniaria, e non anche alle sentenze in cui a questa condanna si accompagni quella al risarcimento del danno l’art. 37, comma 1, d. lgs. numero 274 del 2000, osserva ancora la Corte costituzionale, ha tratto origine, come si evince dalla relazione ministeriale al decreto legislativo, dalla preoccupazione, espressa dalla Commissione giustizia del Senato in sede di parere allo schema di decreto e recepita dal legislatore delegato, in ordine al grado di afflittività delle pronunce sul danno, possibili per somme anche notevolmente superiori all’ordinario limite di competenza per valore del giudice di pace civile”. Fulcro dell’assetto della disciplina delle impugnazioni delineata dal Capo VI del d. lgs. N. 274 del 2000 è, dunque, la portata generale attribuita - anche in correlazione al grado di possibile afflittività delle statuizioni civili - alla previsione dell’appellabilità delle sentenze del giudice di pace rilievo, questo, la cui valenza sistematica conferma il necessario coordinamento Sez. 5, numero 2270 del 18/11/2004 - dep. 25/01/2005, Linale ed altro, Rv. 230429 dell’art. 37 d.lgs. numero 274 del 2000 con l’art. 574, comma 4, c.p.p., non riconducibile ai limiti di applicabilità della disciplina codicistica previsti dall’art. 2 d. Igs. numero 274 cit., posto che il menzionato art. 37 non prevede alcuna disciplina di quello che la Relazione al progetto preliminare del codice di rito indicava come effetto consequenziale dell’impugnazione penale . Un effetto, quello ex art. 574, comma 4, c.p.p., che, può aggiungersi, esprime il legame logico-giuridico tra il capo della sentenza di condanna relativo all’affermazione di responsabilità penale e quello concernente l’azione civile infatti, come la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di rilevare in tema di appello incidentale della parte civile, la parte della sentenza investita dell’appello incidentale della parte civile contro il capo della sentenza di condanna che riguarda l’azione civile e l’entità del danno risarcibile risulta logicamente collegata ai capi e ai punti oggetto dell’impugnazione principale dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale Sez. 3, numero 10308 del 03/08/1999, Rv. 214271 conf. Sez. 4, numero 17560/2010, Rv. 247322 . Deve pertanto ribadirsi la validità dell’orientamento maggioritario della giurisprudenza di questa Corte. Ne consegue che la pronuncia del Tribunale di Potenza che ha giudicato inammissibile l’impugnazione perché non rivolta al capo relativo alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, va annullata, con rinvio al Tribunale di Potenza per il giudizio di appello. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Potenza.