False dichiarazioni per ottenere l’immatricolazione di veicoli importati: è falso ideologico in atto pubblico

Il reato di falso ideologico in atto pubblico, previsto dall’art. 479 c.p., è integrato anche laddove dall’atto pubblico emesso all’esito del procedimento amministrativo non risulti la falsità che ha attinto i presupposti di fatto o di diritto necessariamente inseriti nel procedimento medesimo.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9950/18, depositata il 5 marzo. Il caso. La Corte d’Appello di Bologna dichiarava non doversi procedere nei confronti di un imputato per alcuni titoli di reato, mentre confermava la condanna per i reati di falso ideologico in atto pubblico. In particolare, all’imputato, legale rappresentante di una S.r.l. dedita al commercio di auto, veniva contestato di aver falsificato la documentazione allegata alla richiesta di immatricolazione di alcuni autoveicoli importati dalla Germania facendo apparire che l’acquisto era avvenuto da privati cittadini residenti nell’UE, inducendo così in errore la Motorizzazione civile. La sentenza di condanna viene impugnata con ricorso in Cassazione lamentando, sostanzialmente, l’insussistenza reato in quanto i dati oggetto dell’accusa non compaiono sul libretto di circolazione, quale atto pubblico rilasciato all’esito del procedimento di immatricolazione. Sussistenza del reato. Il Collegio richiama l’art. 1, comma 9, d.lgs. n. 262/2006 che impone ai soggetti che commercializzano veicoli, ai fini dell’immatricolazione degli stessi, la presentazione della certificazione doganale attestante l’assolvimento dell’IVA, adempimento non richiesto invece ai privati. Il ricorrente, con la condotta contestata, aveva coperto” l’omesso versamento dell’IVA facendo apparire l’operazione come intervenuta tra privati e inducendo in errore il pubblico ufficiale che ha rilasciato il libretto di circolazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’immatricolazione. La Corte risolve così ogni dubbio sulla sussistenza del reato in quanto la presentazione di una dichiarazione sostitutiva di notorietà falsa in ordine alla provenienza dei veicoli si riverbera sui provvedimenti di abilitazione alla circolazione degli stessi, risolvendosi in una falsità ideologica. Si rivela dunque priva di pregio la censura relativa al fatto che i dati falsificati” non compaiono sul libretto di circolazione in quanto, ricorda la Cassazione, sussiste il delitto di falso ideologico in atto pubblico per induzione allorquando la falsità investa i presupposti di fatto o condizioni giuridicamente rilevanti per il rilascio dell’atto – in difetto dei quali l’atto non avrebbe potuto essere rilasciato – apparentemente esistenti in virtù di attestazioni o atti provenienti dal privato, pur se non necessariamente risultanti dall’esame dell’atto, che si inseriscono funzionalmente nel complesso procedimento amministrativo che sfocia nel rilascio dell’atto pubblico . In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 dicembre 2017 – 5 marzo 2018, n. 9950 Presidente Bruno – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 2 dicembre 2016, la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarato il non doversi procedere nei confronti di M.M.A. per il reato contestato come consumato in data 21.5.2008, condannava l’imputato per tutti gli altri reati di falso ideologico in atto pubblico per induzione allo stesso ascritti alla pena di due anni di reclusione. In particolare, al prevenuto, legale rappresentante della HP s.r.l., avente come oggetto sociale il commercio di autovetture ed autoveicoli leggeri, è stato contestato di avere predisposto documentazione, che ha allegato alla richiesta di immatricolazione di autoveicoli che aveva importato dalla Germania, da cui falsamente risultava che gli acquirenti avevano acquistato le loro autovetture da privati cittadini residenti nell’Unione Europea, e non dalla società HP, inducendo così in errore il funzionario della Motorizzazione civile di Ferrara, determinandolo ad immatricolare le autovetture sul presupposto della falsa documentazione. 2. Con atto sottoscritto dal suo difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato affidandolo ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione all’art. 479 c.p. e di altre norme di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, quali gli artt. 2699 e 2700 cod. civ Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale aveva omesso di prendere in esame le sue doglianze contenute nell’atto di appello, secondo cui l’immatricolazione non è un atto bensì un procedimento all’esito del quale il competente Ufficio rilascia la carta di circolazione, alla quale sola può riconoscersi la qualità di atto pubblico. Orbene, quegli elementi che, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbero stati falsamente indicati nei documenti presentati dal ricorrente a corredo della domanda di immatricolazione non incidono sul contenuto tipico dell’atto carta di circolazione. Quest’ultima ha la funzione di attestare l’idoneità alla circolazione di un veicolo indicandone al suo interno una serie nutrita di dati es. cognome o ragione sociale del proprietario, marca e tipo del veicolo, numero di telaio, caratteristiche tecniche del veicolo dei soli quali l’atto è destinato a provare la verità. Ne consegue che posto che gli acquirenti indicati quali proprietari dei vari veicoli immatricolati corrispondono a quelli reali, l’identità della parte venditrice, l’unico dato indicato come falso nel capo di imputazione, non è prevista nel contenuto tipico della carta di circolazione, né in quello del procedimento di immatricolazione. Il nominativo del venditore non rientra, infatti, tra i dati riportati nella carta di circolazione, né la carta di circolazione riveste la funzione di fare pubblica fede circa l’identità del venditore dell’automobile. Ne consegue, che nel caso di specie, vi è stata un’erronea applicazione dell’art. 479 c.p. atteso che la contestata falsa attestazione dei dati del venditore riguarda fatti dei quali l’atto non è destinato a provare la verità, con conseguente avvenuta violazione del principio di tassatività di cui all’art. 25 comma 2 cost e 1 c.p . 2.2. Con il secondo motivo è stato dedotto vizio di motivazione. Lamenta il ricorrente che la doglianza contenuta nell’atto di appello, secondo cui sarebbero stati falsamente indicati nei documenti presentati dal ricorrente, a corredo della domanda di immatricolazione, elementi che non incidono sul contenuto tipico dell’atto carta di circolazione non ha trovato alcuna risposta, con conseguente vizio sotto il profilo della mancanza di motivazione. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato e va pertanto rigettato. Il prevenuto lamenta l’insussistenza del falso sul rilievo che i falsi dati del venditore dallo stesso forniti all’Ufficio della Motorizzazione civile di Ferrara non compaiono sul libretto di circolazione, ovvero l’atto pubblico che viene rilasciato all’esito del procedimento di immatricolazione di un autoveicolo. Tale censura è priva di pregio. Va premesso che, a norma dell’art. 1 comma 9 dlgs n. 262/06, per i soggetti che svolgono attività di vendita di autoveicoli, ai fini dell’immatricolazione degli automezzi oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso, è necessaria la presentazione della certificazione doganale attestante l’assolvimento dell’IVA, adempimento non richiesto per i privati. Ciò premesso, il ricorrente, nel presentare le domande di immatricolazione delle vetture vendute ai clienti della propria concessionaria, avendo evaso il pagamento dell’IVA, ha attestato falsamente anche mediante la presentazione di falsi contratti di vendita che le autovetture oggetto di immatricolazione fossero stati vendute da soggetti privati residenti nell’Unione Europea. Così facendo, il ricorrente ha indotto in errore il pubblico ufficiale che ha rilasciato il libretto di circolazione, in ordine alla esistenza dei presupposti richiesti dalla legge per l’immatricolazione degli autoveicoli, dei quali lo stesso pubblico ufficiale, attraverso il rilascio dell’atto, ne ha implicitamente attestato la sussistenza. Non vi è dubbio che la presentazione di una dichiarazione sostitutiva di notorietà falsa in ordine alla provenienza di quei veicoli cui va equiparata la presentazione di contratti di compravendita falsi , riverberandosi sui provvedimenti di abilitazione alla circolazione degli stessi veicoli, in cui è stato implicitamente attestato come esistente un presupposto privo, in realtà, di qualsiasi valore giuridico in quanto falso, si siano risolti in una falsità ideologica di quegli stessi provvedimenti che tale presupposto supponevano quale loro valido ed indispensabile antecedente logico giuridico. Né rileva - come invocato dal ricorrente - che la condizione richiesta dalla legge per il rilascio di quegli atti pubblici non fosse esplicitata nel contesto dello stesso atto. È pur vero che in alcune fattispecie in cui questa Corte ha ritenuto il provvedimento del pubblico ufficiale ideologicamente falso, in quanto adottato sulla base di un presupposto inesistente, il pubblico ufficiale aveva dato atto, nella premessa dello stesso atto pubblico, anche implicitamente, dell’esistenza delle condizioni richieste per la sua adozione, desunte da atti o attestazioni non veri prodotti dal privato sez 5 n. 35006 del 17/06/2015, Rv. 265019 . Tuttavia, non si tratta di un requisito imprescindibile affinché possa essere ritenuta la falsità ideologica di un atto pubblico. Sussiste, pertanto, il delitto di falso ideologico in atto pubblico per induzione allorquando la falsità investa i presupposti di fatto o condizioni giuridicamente rilevanti per il rilascio dell’atto - in difetto dei quali l’atto non avrebbe potuto essere rilasciato - apparentemente esistenti in virtù di attestazioni o atti provenienti dal privato, pur se non necessariamente risultanti dall’esame dell’atto, che si inseriscono funzionalmente nel complesso procedimento amministrativo che sfocia nel rilascio dell’atto pubblico. Alla luce di quanto sopra illustrato, è del tutto irrilevante, nel caso di specie, per escludere la configurabilità del falso ideologico contestato al ricorrente, che i dati falsi del venditore non rientrino nel contenuto del libretto di circolazione, avendo rappresentato la falsa indicazione dei nominativi di venditori privati - come tali esentati dall’assolvimento dell’obbligo di pagamento dell’IVA - l’antecedente logico giuridico indispensabile per il rilascio dell’atto pubblico libretto di circolazione , con conseguente riverbero della falsità del presupposto sull’atto pubblico che ne ha implicitamente attestato l’esistenza. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.