La confisca allargata in sede esecutiva: i limiti temporali

Nel caso di confisca c.d. allargata” applicata in sede esecutiva, il limite temporale a cui il Giudice dell'esecuzione deve attenersi allo scopo di valutare se l'acquisto del bene da confiscare sia da presumere di illecita acquisizione è rappresentato dalla pronuncia della sentenza di condanna.

Così ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Prima Penale, con la sentenza n. 9984 depositata il 5 marzo 2018. Una confisca tardiva. Un soggetto, condannato per reati inseriti nel catalogo di quelli che consentono la confisca allargata”, si vedeva privare di una somma di denaro della quale aveva conseguito la disponibilità in epoca successiva alla pronuncia della sentenza di condanna, poi divenuta irrevocabile. Il provvedimento ablativo, in particolare, veniva adottato dal giudice dell'esecuzione proposta opposizione, questa era rigettata e, a questo punto, il condannato si rivolgeva alla Suprema Corte. Gli Ermellini, per le ragioni che vedremo di qui a poco, gli danno ragione e annullano con rinvio la decisione di rigetto dell'opposizione. I limiti temporali della confisca allargata”. Nata con lo scopo di consentire un più efficace contrasto alla criminalità organizzata, la confisca allargata” persegue l'obiettivo di consentire l'ablazione di quei beni il cui valore economico sia sproporzionato rispetto al reddito dichiarato dal condannato, ove questi non abbia fornito prova della loro provenienza lecita. L'onere della prova, come è noto, risulta essere invertito dovrà essere il proposto” a dimostrare l'origine lecita del bene o delle risorse economiche utilizzate per acquistarlo, vincendo così la presunzione di illiceità dell'incremento patrimoniale sospetto. Chiaramente, il primo presupposto è che sia frattanto intervenuta condanna per uno dei reati espressamente elencati nel decreto del 1992 che, per la prima volta, ha introdotto l'istituto in esame nel nostro ordinamento associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura e detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti sono alcune delle ipotesi di reato contemplate. Soddisfatte le predette condizioni, la confiscabilità del bene il cui valore sia sproporzionato ai redditi del proposto è consentita anche in sede esecutiva da sottolineare che questa misura ablativa, con i limiti precisati dalla Cassazione, può adottarsi anche ai beni acquisiti dopo il momento di commissione del reato. Lo spartiacque temporale della sentenza di condanna. Proprio allo scopo di individuare un momento temporale ultimo” di riferimento ai fini della applicazione della confisca, un consolidato orientamento interpretativo – oggi ulteriormente confermato – ha stabilito che il limite cronologico per individuare, in sede esecutiva, la consistenza della capienza patrimoniale del condannato – e per raffrontarla alla sua capacità reddituale – è costituito dalla pronuncia della sentenza di condanna. Se tale limite non esistesse, invero, si consentirebbe al giudice dell'esecuzione di decidere su una situazione di fatto più estesa sotto il profilo temporale di quella già valutata dal giudice della cognizione. La confiscabilità dei beni acquistati dopo la condanna. La decisione in commento, si badi bene, non esclude in radice la possibilità che intervenga confisca allargata anche di beni acquistati dopo la sentenza di condanna occorre, a questo proposito, che detti beni siano conseguiti mediante risorse economiche sproporzionate” già facenti parte del patrimonio del condannato in epoca antecedente alla sua dichiarazione di responsabilità penale. Questo passaggio, di fondamentale importanza ai fini della confisca, è però necessario che venga rigidamente provato, e che su di esso vi sia idonea motivazione le carenze, sotto questo profilo, del provvedimento impugnato, infatti, hanno condotto la Cassazione a pronunciare una sentenza di annullamento con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 gennaio – 5 marzo 2018, n. 9984 Presidente Di Tomassi – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. Con decreto in data 28 settembre 2016 il G.i.p. del Tribunale di Torino giudice dell’esecuzione, in rapporto alla sentenza di condanna, per reati ricadenti nell’ambito dell’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992, conv. dalla legge n. 356 del 1992, emessa dal medesimo Ufficio, in data 5 settembre 2014, irrevocabile il 4 marzo 2015, nei confronti di O.T. - disponeva, ai sensi degli artt. 676, e 667 comma 4, cod. proc. pen, la confisca della somma di denaro di 6.390 Euro, sequestrata nell’abitazione del condannato il 3.5.2016, in esito ad una perquisizione eseguita nell’ambito di un procedimento penale successivamente aperto e pendente a suo carico. Il provvedimento era ribadito, con l’ordinanza 13 aprile 2017 in epigrafe, pronunciata all’esito del procedimento camerale partecipato instaurato a seguito dell’opposizione dell’interessato. Il giudice dell’esecuzione riteneva che questi non avesse offerto alcun positivo elemento capace di attestare l’origine lecita della somma, sproporzionata rispetto al reddito da lui dichiarato ed alla sua attività economica. 2. Ricorre per cassazione il condannato, tramite il difensore di fiducia, mediante unico motivo, che denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992, conv. dalla legge n. 356 del 1992, nonché il vizio di motivazione. Tale disposizione sarebbe stata violata, in quanto essa non consentirebbe la speciale confisca in oggetto in ordine a beni acquistati dal condannato dopo la pronuncia della sentenza irrevocabile a suo carico, né l’ordinanza impugnata spiegherebbe la ragione per la quale una somma di denaro, rinvenuta nel maggio 2016, possa ritenersi entrata a far parte del patrimonio del condannato già alla data del marzo 2015. 3. Nella requisitoria presentata, il Procuratore generale presso questa Corte ha concluso per la reiezione del ricorso, sostenendo - e sul punto sollecitando una rivisitazione dell’esistente orientamento giurisprudenziale di legittimità - che la corretta interpretazione della disposizione in parola dovrebbe indurre a ritenere confiscabili, in sede esecutiva, ricorrendone i presupposti legali e probatori e fatto salvo il limite del tempo ragionevole, tutti i beni del condannato, anche se pervenuti o a maggior ragione solo scoperti posteriormente alla sentenza irrevocabile di condanna. A tale interpretazione dovrebbe indurre la considerazione del ruolo ormai nel sistema riconosciuto al giudice dell’esecuzione, che non è un giudice minore rispetto a quello della cognizione e, salve le preclusioni in tale sede maturate, può esercitare tutti i poteri consoni alla sua funzione né si dovrebbe temere il rischio di sovrapposizione tra confisca atipica, regolata dalla disposizione in esame, e confisca di prevenzione, istituti che rimarrebbero ancorati a presupposti diversi, solo parzialmente coincidenti, restando l’area di parziale reciproca interferenza comunque giustificata dalla moderna complessità dei fenomeni criminologici. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto, nei termini di seguito precisati. 2. La misura patrimoniale prevista dall’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992, conv. dalla legge 356 del 1992, si colloca nell’alveo delle più moderne forme di contrasto alla criminalità, organizzata e non solo, ideate anche in prospettiva di diritto uniforme Europeo, in rapporto alla direttiva 2014/42/UE, e sovranazionale in genere v. Corte cost. n. 33 del 2018 per ovviare ai limiti di efficacia prevenzionale della confisca penale classica , che nascono dalla necessità, altrimenti esistente, di dimostrare il nesso di pertinenza, in termini di strumentalità o di derivazione, tra il bene da confiscare e il singolo reato per cui è pronunciata condanna. La misura - nella sua funzione di contrasto del possibile reimpiego di risorse illecite per il finanziamento di attività ulteriori di analoga matrice, o anche del loro investimento nel sistema economico legale, con effetti distorsivi della concorrenza e del mercato - si caratterizza dunque per un allentamento del rapporto tra l’oggetto dell’ablazione e il reato, nel quadro del parallelo affievolimento degli oneri probatori da assolvere per disporla. In coerenza con tale ratio , secondo la consolidata interpretazione del quadro normativo di riferimento, offerta dalla Corte di legittimità v. Sez. U, n. 920 del 17.12.2003, dep. 2004, Montella, Rv 226490 , la condanna per uno dei reati elencati nell’art. 12-sexies, citato, comporta la confisca dei beni nella disponibilità del condannato quando - indipendentemente da una diretta connessione tra questi e il reato cui la condanna stessa si riferisce o tra i beni e l’attività criminosa in genere del condannato - per un verso sia provata l’evenienza di una sproporzione tra il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica e il valore economico di detti beni e, per altro verso, non risulti una giustificazione credibile, fornita dall’interessato circa la loro provenienza. Riscontrati tali elementi - la condanna, la presenza dei beni di valore sproporzionato, la mancata giustificazione della loro lecita origine, tutti indici di pericolosità attuale - la confiscabilità dei beni medesimi non è esclusa per il fatto che il loro valore superi il provento del delitto per cui la condanna è intervenuta, o che essi siano stati acquisiti in data anteriore o successiva al reato per cui si è proceduto Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269657 Sez. 5, n. 19358 del 21/02/2013, Rao, Rv. 255381 Sez. 6, n. 22020 del 22/11/2011, Notarangelo, Rv. 252849 Sez. 1, n. 11269 del 18/02/2009, Pelle, Rv. 243493 Sez. 3, n. 38429 del 09/07/2008, Sforza, Rv. 241273 . 3. La giurisprudenza di legittimità non ha neppure tardato a riccnoscere, in armonia con la generale competenza che il codice di rito intesta al giudice dell’esecuzione in materia di confisca pertinenziale, che anche la confisca dei beni patrimoniali di valore sproporzionato, dei quali il condannato per determinati reati non sia in grado di giustificare la provenienza, prevista dall’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992, conv. dalla legge n. 356 del 1992, possa essere disposta in sede esecutiva, tanto de plano a norma degli artt. 676, e 667 comma 4, cod. proc. pen. che all’esito della procedura in contraddittorio a norma dell’art. 666 dello stesso codice, salvo che sulla questione non abbia già provveduto il giudice della cognizione con conseguente preclusione processuale Sez. U, n. 29022 del 30/05/2001, Derouach, Rv. 219221 Sez. 6, n. 27343 del 20/05/2008, Ciancimino, Rv. 240585 Sez. 1, Sentenza n. 22752 del 09/03/2007, Billeci, Rv. 236876 Sez. 5, n. 45709 del 25/06/2003, Bossi, Rv. 226738 . Anzi è stato acutamente osservato Sez. U, n. 29022 del 2001, cit. che proprio la fase dell’esecuzione sarebbe la sede elettiva per affrontare la questione della confisca, e deciderla nel contraddittorio potenziale delle parti, in un momento successivo al realizzarsi del requisito soggettivo di condannato per uno dei delitti indicati dalla norma, apparendo tale soluzione la più aderente ai principi costituzionali ciò in virtù del superamento della presunzione di non colpevolezza e per la più completa garanzia del concreto esercizio del diritto di difesa, in quanto nella fase di cognizione l’imputato avrebbe tutto l’interesse a dimostrare la propria estraneità ai reati dei quali è chiamato a rispondere e a concentrare su questo profilo i suoi argomenti. 4. Se l’acquisto del bene, in relazione a cui la confisca allargata è disposta, può essersi realizzato prima od anche dopo la commissione del reato fermo restando che la presunzione di illegittima accumulazione deve essere circoscritta in un ambito di ragionevolezza temporale, con esclusione dei beni ictu oculi estranei all’agire criminoso, ad esempio perché acquistati in un periodo di tempo enormemente anteriore Sez. 1, n. 41100 del 16/04/2014, Persichella, Rv. 260529 Sez. 4, n. 35707 del 07/05/2013, D’Ettorre, Rv. 256882 , dovendosi in tal caso avere riguardo non tanto al momento formale dell’acquisto, quanto al momento in cui il bene viene pagato o, se esso è significativamente incrementato nel suo valore grazie a successivi conferimenti di denaro, al momento in cui detti incrementi di valore sono realizzati Sez. 1, n. 34136 del 13/06/2014, Balsebre, Rv. 261202 - la confisca medesima, ordinata in cognizione, verterà evidentemente sul patrimonio del soggetto, quale esistente al tempo della condanna o dell’applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen. per uno dei reati indicati dall’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992, citato. Come già perspicuamente rilevato da questa Corte Sez. 1, n. 36592 del 28/03/2017, Barresi , la circostanza che il provvedimento di confisca sia alternativamente emesso da parte del giudice dell’esecuzione, dopo la condanna irrevocabile, non può modificare la prospettiva temporale, che è anche prospettiva ontologica e funzionale, connessa a tale misura. Il limite, a cui il giudice dell’esecuzione deve attenersi per valutare se l’acquisto sia da presumere di illecita accumulazione da parte dell’imputato, ora condannato, è pur sempre, appunto, la sentenza di condanna e la confisca in esame non potrà essere disposta per beni entrati solo successivamente nel patrimonio di lui, giacché, diversamente opinando, si annetterebbero al giudice dell’esecuzione compiti di accertamento su un ambito temporale estraneo al vaglio compiuto dal giudice della cognizione, travalicanti quelli che sarebbero stati a quest’ultimo possibili e gli sarebbero in definitiva spettati. 5. Occorre quindi ribadire che la pronuncia della sentenza di condanna costituisce il termine finale di riferimento per operare la confisca lei beni, a norma dell’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992, conv. dalla legge n. 356 del 1992. E, proprio perché il giudice dell’esecuzione è abilitato a compiere esclusivamente l’attività che avrebbe potuto svolgere il giudice della cognizione, rispetto a cui egli interviene in via surrogatoria, per stabilire l’anteriorità o posteriorità dell’acquisto deve aversi riguardo alla data della sentenza del grado del giudizio di merito nel quale si è perfezionato l’accertamento della responsabilità penale, presupposto dalla confisca Sez. 1, n. 36592 del 2017, citata Sez. 1, n. 17539 del 21/10/2016, dep. 2017, Consiglio, Rv. 269866 . Residua giusto l’ipotesi, come pure è stato evidenziato Sez. 1, n. 51 del 19/12/2016, dep. 02/01/2017, Cecere, Rv. 269293 , in cui il bene sia stato acquistato successivamente alla sentenza, ma con risorse finanziarie che risultino essere state in possesso del condannato prima di essa, e che si sarebbero dunque esse stesse potute e dovute confiscare in cognizione, cui può logicamente equipararsi l’ipotesi del bene, che si identifichi con il denaro o che abbia diretta natura finanziaria, preesistente alla sentenza e solo successivamente scoperto o rinvenuto ipotesi che tuttavia esigono specifica allegazione e adeguato sostegno probatorio. 6. Proprio in relazione a ciò l’ordinanza impugnata, che non si è attenuta a tali principi, appare viziata. Essa, incurante del limite dei poteri di accertamento esercitabili dal giudice dell’esecuzione, ha ordinato la confisca del denaro rinvenuto dopo la condanna, senza avere adeguatamente riscontrato l’indispensabile presupposto del suo eventuale anteriore ingresso nel patrimonio del soggetto ablato. Se ne impone pertanto l’annullamento, con rinvio al giudice che l’ha pronunciata per rinnovato esame sul punto. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Gip del Tribunale di Torino.