La modifica del regime cautelare deve essere notificata alla persona offesa se ne ha fatto richiesta

Viene così garantita alla vittima del reato la possibilità di fornire ulteriori elementi al giudice procedente tramite il deposito di memorie entro 2 giorni dalla notifica.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9080/18, depositata il 28 febbraio. Il fatto. Il Tribunale di Palermo accoglieva l’appello del PM ed annullava l’ordinanza pronunciata dal GIP che aveva disposto la sostituzione della custodia cautelare nei confronti di un soggetto indagato per violenza sessuale con quella degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, ripristinando dunque la detenzione carceraria. L’imputato ricorre in Cassazione invocando la diversa ricostruzione della vicenda emergente dall’interrogatorio reso, su propria richiesta, al PM successivamente all’esecuzione della misura cautelare, dal quale poteva dunque evincersi la diversa consistenza delle esigenze cautelari. La Corte rigetta la ricostruzione di tale interrogatorio come circostanza nuova rispetto a quelle già valutate al momento dell’emissione della misura cautelare e conferma sul punto l’argomentazione fornita dal Tribunale. Informazione alla vittima. Gli Ermellini colgono poi l’occasione per chiarire che l’adeguata informazione alla vittima del reato in relazione alla modifica del regime cautelare in atto, di cui è obbligatoria la notifica in caso di espressa istanza formulata dalla difesa, è adempimento volto esclusivamente allo scopo di assicurare alla persona offesa la possibilità di fornire eventuali elementi ulteriori al giudice procedente, avviando così un contraddittorio cartolare attraverso il deposito di una memoria nei due giorni successivi alla notifica. La mancata presentazione di tale memoria, una volta che sia stata correttamente eseguita la notifica, non può dunque essere invocata dall’imputato come attenuazione del pericolo di reiterazione del reato o di inconsistenza del compendio indiziario. In conclusione, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 gennaio – 28 febbraio 201, n. 9080 Presidente Di Nicola – Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 4.10.2017 il Tribunale di Palermo, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, ha annullato l’ordinanza pronunciata dal GIP del Tribunale di Termini Imerese che aveva disposto la sostituzione della misura della custodia in carcere nei confronti di B.G. , indagato per il reato di violenza sessuale, con gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, ritenendo che né la condizione di incensuratezza dell’indagato né il decorso del tempo dalla commissione del delitto costituissero circostanze nuove rispetto a quanto già valutato al momento dell’emissione della misura custodiale e che pertanto dovesse essere ripristinata la detenzione carceraria. Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico pluriarticolato motivo con il quale deduce, in relazione al vizio di violazione di legge e al vizio motivazionale, che successivamente all’esecuzione della misura cautelare l’imputato aveva reso, su propria richiesta, interrogatorio al PM al quale aveva chiarito la propria posizione, evidenziando l’incongruenza della versione resa della p.o. in relazione alla dinamica temporale e all’incoerenza della di lei reazione nell’immediatezza dei fatti e che, malgrado la rilevanza di tale atto, nessuna motivazione era stata resa sul punto dal Giudice del Riesame. Sostiene in ogni caso che il decorso del tempo dalla commissione del delitto, risalente al OMISSIS , che di per sé può essere sintomo di un affievolimento del pericolo di reiterazione, le documentate circostanze afferenti al trasferimento della p.o. in altro Comune da quello di svolgimento dei fatti, al di lei matrimonio, indice di una recuperata condizione di serenità ed alla mancata contestazione da parte di costei della modifica della misura cautelare disposta dal GIP, configurino tutte circostanze che non possono ritenersi soggette alla preclusione cautelare, con conseguente richiesta di annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto Il ricorso risulta manifestamente infondato. Per quanto concerne l’interrogatorio reso dall’imputato su sua richiesta che la difesa qualifica come circostanza nuova rispetto a quelle già valutate al momento dell’emissione della misura custodiale, occorre evidenziare che l’appello cautelare impone, in ragione della natura rigorosamente devolutiva che informa il relativo procedimento, una precisa corrispondenza tra le deduzioni del primo giudice e le ragioni contestate dalla difesa con i motivi dell’impugnazione. Pertanto avendo la decisione del Gip, sovvertita poi dal Tribunale, fondato l’accoglimento dell’istanza di sostituzione della misura della detenzione in carcere con gli arresti domiciliari sulla accresciuta distanza temporale dal commesso delitto e sulla condizione di incensuratezza dell’indagato, non può ritenersi consentito l’ampliamento del thema decidendum in sede di impugnazione con l’introduzione di un elemento, quale Ndr testo originale non comprensibile dell’interrogatorio di garanzia” mai sottoposto ad esame dal primo giudice che non lo ha perciò ritenuto fattore, seppure sopravvenuto, idoneo ai fini della rivalutazione dell’adeguatazza della misura coercitiva originariamente disposta. In relazione, invece, alle restanti doglianze, deve rilevarsene la genericità non confrontandosi le stesse con le puntuali argomentazioni spese dal Tribunale nel disattenderle, ritenendo con motivazione rigorosamente logica che tanto l’avvenuto trasferimento della p.o. presso una struttura comunitaria quanto la sua mancata contestazione a seguito della notifica dell’istanza di revoca e/o sostituzione della misura cautelare costituiscano dati del tutto neutri rispetto all’ampiezza delle esigenze di cautela apprezzate al momento di emissione della ordinanza cautelare, specie a fronte della presunzione relativa di adeguatezza della misura carceraria derivante, ex art. 275 c.p.p., dallo stesso reato contestato. Va peraltro su tale ultimo punto chiarito che l’adeguata informazione della vittima del reato circa l’evoluzione del regime cautelare in atto, cui è sottesa l’obbligatorietà della notifica in presenza di un’istanza formulata dalla difesa ex art. 299 c.p.p. è volta esclusivamente ad assicurare alla stessa la possibilità di fornire eventuali elementi ulteriori al giudice procedente, attivando un contraddittorio cartolare mediante la presentazione, nei due giorni successivi alla notifica, di una memoria ai sensi dell’art. 121 del codice di rito. Sez. 6, n. 35613 del 23/07/2015 - dep. 25/08/2015, P.O. in proc. T, Rv. 264342 , di talché il mancato esercizio di tale prerogativa, una volta che sia stata, attraverso la notifica, superata l’ammissibilità dell’istanza, non ha alcuna conseguenza sul procedimento cautelare e dunque sull’attenuazione del pericolo di reiterazione del reato, né sulla consistenza del compendio indiziario. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, seguendo a tale esito la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti esecutivi di cui all’art. 28 Reg.Esec. cod. proc. pen.