Sciopero dell’avvocato e rinvio dell’udienza. Riflessi sul calcolo della prescrizione

In tema di calcolo della prescrizione a seguito delle richieste di rinvio dell’udienza da parte della difesa, il limite di 60 giorni di cui all’art. 159, comma 1, n. 3, c.p. non trova applicazione nell’ipotesi in cui il differimento dell’udienza sia stato determinato dall’adesione del difensore alle manifestazioni indette dalle Camere penali e dalle associazioni di categoria.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8853/18, depositata il 23 febbraio. Il fatto. La Corte d’Appello di Cagliari confermava la pronuncia di prime cure che aveva ritenuto l’imputato responsabile per aver realizzato, su un terreno di sua proprietà sottoposto a vincolo paesaggistico, tre piste di varia lunghezza e dimensione in assenza del permesso di costruire e delle altre necessarie autorizzazioni. La sentenza viene impugnata dall’imputato con ricorso in Cassazione deducendo l’erroneo calcolo del termine di prescrizione, determinato dal Giudice in violazione dell’art. 159, comma 1, n. 3, c.p. Sospensione del corso della prescrizione . Il ricorrente afferma che al momento della pronuncia della sentenza il reato era già estinto per prescrizione avendo difatti il giudice errato nel conteggiare i periodi di sospensione del corso della prescrizione a causa della sospensione del procedimento per le richieste di rinvio dell’udienza avanzate dal difensore. Sospensione della prescrizione. Il Collegio, dichiarando infondata la doglianza, coglie l’occasione per ribadire che in tema di calcolo della prescrizione a seguito delle richieste di rinvio dell’udienza da parte della difesa, il limite di 60 giorni di cui alla norma invocata non trova applicazione nell’ipotesi in cui il differimento dell’udienza sia stato determinato dall’adesione del difensore alle manifestazioni indette dalle Camere penali e dalle associazioni di categoria, con la conseguenza che in questi casi il corso della prescrizione può essere sospeso per tutto il tempo necessario in relazione alle esigenze organizzative dell’ufficio procedente, anche ben oltre i 60 giorni. Considerando che nel caso di specie il difensore aveva richiesto il rinvio di quattro udienze, solo per il rinvio relativo all’istanza per concomitante impegno professionale doveva computarsi una sospensione di 60 giorni, anziché i 3 mesi effettivamente trascorsi. La motivazione addotta dalla Corte territoriale sul calcolo della prescrizione si sottrae in conclusione ad ogni censura. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 gennaio – 23 febbraio 2018, numero 8853 Presidente Di Nicola – Relatore Galterio Ritenuto in fatto 1.Con sentenza in data 24.5.2017 la Corte di Appello di Cagliari ha integralmente confermato la pronuncia con cui il Tribunale di Oristano aveva ritenuto Fr. Ro. responsabile dei reati di cui agli artt. 44 lett.c D.P.R. 380/2001 e 181 D.Lgs. 42/2004 per aver, nella qualità di proprietario di un terreno soggetto a vincolo paesaggistico e committente, realizzato, in assenza del permesso di costruire e delle prescritte autorizzazioni, tre piste di varia lunghezza e dimensioni eliminando la vegetazione esistente formata da piante della macchia mediterranea e livellando il terreno. Avverso il suddetto provvedimento l'imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando due motivi. Con il primo motivo deduce, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all'articolo 159 c.p., l'erroneo calcolo del termine prescrizionale indicato dalla Corte di Appello all'1.11.2017 per essere stato determinato in 3 anni e 18 giorni il periodo di sospensione senza tener conto della disposizione di cui all'articolo 159, 1 comma numero 3 c.p. che prevede che, in caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l'udienza non possa essere differita oltre al sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell'impedimento. Sostiene pertanto che i due rinvii disposti a seguito di adesione del difensore di astensioni proclamate dalla categoria così come il rinvio concesso per impegno del difensore in altra udienza consentissero di calcolare la sospensione ai fini della prescrizione computando soltanto 60 giorni per ognuno di essi, indipendentemente dal maggior tempo intercorso fino alla successiva udienza e che perciò rispetto al calcolo effettuato nella sentenza impugnata vi è un periodo di circa 11 mesi che non doveva essere computato come sospeso ma come decorrente. Aggiunge inoltre che il dies a quo del termine prescrizionale doveva essere fissato in data antecedente a quello dell'accertamento, risalente al 13.10.2009 posto che le opere risultavano al momento dell'accesso dei verbalizzanti essere state già ultimate. Conclusivamente deduce che al momento della pronuncia della sentenza impugnata il reato era già estinto per prescrizione. 2. Con il secondo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito agli artt. 34, 35 e 36 D.P.R. 380/2001 e al vizio motivazionale, l'irrilevanza del nulla osta tardivamente conseguito dall'imputato atteso che l'assenso della P.A. in relazione al vincolo paesaggistico, sia pure ottenuto ad opere già ultimate, dimostra che le stesse non erano incompatibili con l'ambiente, attestandone al contrario la conformità ed agli strumenti urbanistici operativi al momento della loro realizzazione, ed avendo perciò in tal caso il nulla osta efficacia sanante. Deduce altresì la mancanza di qualsivoglia motivazione. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è manifestamente infondato. Quanto alla decorrenza del termine di prescrizione, la censura risulta all'evidenza generica, non curandosi il ricorrente neppure di indicare la diversa data di ultimazione dei lavori che assume soltanto essere terminati in epoca di gran lunga antecedente al sopralluogo dei verbalizzanti, senza ulteriori specificazioni. Correttamente per contro i giudici distrettuali, attesa la natura permanente del reato, hanno fatto riferimento quale dies a quo alla data dell'accertamento del reato risalente al 13.10.2009, in conformità al principio più volte ribadito da questa Corte secondo il quale la permanenza del reato di edificazione abusiva termina, con conseguente consumazione della fattispecie, o nel momento in cui, per qualsiasi causa volontaria o imposta, cessano o vengono sospesi i lavori abusivi, ovvero, se i lavori sono proseguiti anche dopo l'accertamento e fino alla data del giudizio , in quello della emissione della sentenza di primo grado Sez. 3, numero 29974 del 06/05/2014 - dep. 09/07/2014, P.M. in proc. Sullo, Rv. 260498 . Quanto al calcolo della prescrizione, è infondata l'eccezione relativa al calcolo della sospensione derivante da rinvii richiesti dalla difesa in adesione all'astensione proclamata dalle associazioni di categoria, dovendo in tal caso essere computato l'intero periodo e non i 60 giorni previsti nell'ipotesi di impedimento delle parti e dei difensori. Va invero ribadito che, secondo quanto affermato da questa Corte in tema di sospensione della prescrizione, il limite di sessanta giorni previsto dall'articolo 159, comma primo, numero 3, cod. penumero , non si applica nel caso in cui il differimento dell'udienza sia determinato dalla scelta del difensore di aderire alla manifestazione di protesta indetta dalle Camere penali, così come dalle associazioni di categoria, con la conseguenza che, in tal caso, il corso della prescrizione può essere sospeso per il tempo, anche maggiore di sessanta giorni, ritenuto adeguato in relazione alle esigenze organizzative dell'Ufficio procedente Sez. U, numero 40187 del 27/03/2014 Ud. dep. 29/09/2014, Lattanzio, Rv. 259927 Sez. 3, numero 11671 del 24/02/2015 - dep. 20/03/2015, Spignoli, Rv. 263052 che ha precisato che la adesione alla astensione dalle udienze non costituisce un impedimento a comparire in senso tecnico . Pertanto in relazione ai rinvii disposti alle quattro udienze contestate dal ricorrente ai fini del calcolo dei periodi di sospensione, è con riferimento alla sola udienza del 21.10.2011, che le censure svolte possono reputarsi corrette atteso che essendo stato in tal caso il rinvio disposto per impedimento del difensore, avrebbero dovuto considerarsi 60 giorni in luogo dell'intero periodo di 3 mesi ed 1 giorno. Ciò nondimeno non sarebbe comunque questo l'elemento decisivo perché, anche detraendo dal termine finale della prescrizione dell'1.11.2017 indicato dalla Corte territoriale, che ha al contempo quantificato in 3 anni e 18 gg. il periodo complessivo della sospensione, il periodo di 1 mese ed 1 giorno che non poteva essere ivi computato, si perviene comunque alla data finale, quale compimento del termine di prescrizione, dell'1.10.2017, di gran lunga successiva alla sentenza impugnata, perciò immune da censure. 2. La stessa sorte segue anche il secondo motivo. La Corte territoriale ha ritenuto che la tipologia delle opere realizzate richiedesse ab initio l'autorizzazione paesaggistica, non valendo per esse il nulla osta rilasciato successivamente all'esecuzione dei lavori in mancanza delle condizioni espressamente previste dall'articolo 181 comma 1-quater D.Lgs. 42/2004. Va al riguardo rilevato che l'autorizzazione paesaggistica costituisce, secondo quanto previsto dall'articolo 146, comma 4 D.Lgs. 42/2004, atto autonomo e presupposto rispetto agli altri titoli edilizi legittimanti l'intervento edilizio e, all'infuori dei casi tassativamente previsti dall'articolo 167, commi 4 e 5, D.Lgs. numero 42 del 2004, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi. Pertanto l'autorizzazione postuma da parte dell'autorità amministrativa preposta alla tutela del vincolo, che prevede, ai sensi del citato articolo 167, la possibilità di una valutazione della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori già realizzati, non determina di per sé una neutralizzazione del reato contravvenzionale disciplinato dall'articolo 181 primo comma del medesimo decreto legislativo, non essendo il nulla osta intervenuto dopo l'inizio dell'attività soggetta al necessario controllo paesaggistico preventivo sufficiente per rimuovere l'antigiuridicità penalmente rilevante dell'attività già compiuta in assenza di titolo abilitativo Sez. 3, numero 17535 del 24/03/2010 - dep. 07/05/2010, Medina, Rv. 247166 Sez. 3, numero 37318 del 03/07/2007, Carusotto, Rv. 237562 Corte Cost., ord. numero 158 del 1998 . E' tuttavia prevista, in deroga alla regola generale, una speciale ipotesi di estinzione del reato in presenza di autorizzazione postuma allorquando questa venga rilasciata alle condizioni ed all'esito della speciale procedura di cui all'articolo 181, comma 1-quater dello stesso decreto. Trattasi invero di un procedimento applicabile ai soli interventi ivi tassativamente indicati, caratterizzati da un impatto sensibilmente più modesto sull'assetto del territorio vincolato rispetto agli altri considerati nella medesima disposizione di legge, che postula, in ogni caso, l'osservanza di una rigida sequenza temporale che, come ritenuto dalla giurisprudenza, non può prescindere dal necessario parere della sovrintendenza che la norma espressamente prevede e qualifica come vincolante Sez. 3, numero 24410 del 09/02/2016 - dep. 13/06/2016, Pezzuto e altro, Rv. 267191 Sez. 3, numero 12951 del 07/03/2008, Scalia, Rv. 239355 , né ammette equipollenti Sez. 3, numero 889 del 29/11/2011, Falconi, Rv. 251639 . All'infuori di tali puntuali condizioni il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica postuma, comportando la qualificata ricognizione dell'assenza di conseguenze dannose o pericolose per l'ambiente, inibisce solo la demolizione e/o la riduzione in pristino dello stato dei luoghi che ha funzione direttamente ripristinatoria del bene offeso Sez. 3, numero 37318 del 03/07/2007, Sez. 3, numero 40269 del 26/11/2002, Nucci, Rv. 222703 Sez. 3, numero 37318 del 03/07/2007, cit . Pertanto il semplice fatto di essere in possesso di un non meglio specificato nulla osta conseguito in data 19.10.2012, così come dedotto dal ricorrente, che neppure è dato sapere a quali interventi sia riferito, non e stato correttamente ritenuto dalla sentenza impugnata condizione sufficiente a determinare l'invocata estinzione del reato. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Segue a tale esito ricorso la condanna del ricorrente, a norma dell'articolo 616 cod. proc. penumero , al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.