Diversi reati in Italia: espulsione confermata nonostante la faida familiare in patria

L’uomo, di origini tunisine, è stato condannato in Italia per diversi reati. Egli sostiene che il ritorno in Tunisia comporterebbe per lui seri pericoli. Questa visione è considerata fragile dai Giudici.

Condannato e destinato alle carceri italiane. Prima di finire dietro le sbarre, però, l’uomo – di origini tunisine – si vede recapitare un provvedimento di espulsione. Inevitabile, quindi, il ritorno in patria, anche perché non viene considerato sufficiente il richiamo ai presunti potenziali pericoli connessi a una faida familiare nel Paese d’origine Cassazione, sentenza n. 8272/2018, Sezione Prima Penale, depositata il 21 febbraio . Pericolo. Il decreto firmato dal Magistrato di sorveglianza è stato già condiviso dal Tribunale di sorveglianza legittima, in sostanza, l’espulsione dall’Italia del cittadino tunisino – condannato per diversi reati –, espulsione adottata come misura sostitutiva alla detenzione . Questa visione è ora confermata anche dai Giudici della Cassazione, che respingono le obiezioni proposte dal legale dello straniero. Irrilevante, poiché troppo generico, il richiamo fatto dall’uomo ai pericoli connessi a un suo ritorno in Tunisia. Su questo fronte, difatti, egli si è limitato a parlare di faide familiari , aggiungendo che in patria il contesto familiare, sociale e politico gli è ostile e che lo Stato non è in grado di garantire la sicurezza a lui e alla sua famiglia . E per chiudere il cerchio l’uomo ha anche sostenuto che i singoli privati cittadini che esercitano atti persecutori nei suoi confronti sono parte integrante di pezzi di Stato, appartenenti ad apparati strettamente connessi allo Stato e alla politica . Tutti questi elementi però sono fragili, secondo i Giudici della Cassazione, e quindi insufficienti per ritenere non attuabile l’espulsione dello straniero.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 gennaio – 21 febbraio 2018, n. 8272 Presidente Novik – Relatore Vannucci Osservato in fatto e considerato in diritto Che con ordinanza emessa il 29 giugno 2016 il Tribunale di sorveglianza di Genova ha rigettato l'opposizione di Tu. Sl. Be. Mo., di nazionalità tunisina, al decreto con il quale il Magistrato di sorveglianza di Genova aveva disposto, ex art. 16, comma 6, del D.Lgs. n. 286 del 1998 di seguito indicato come t.u. immigrazione , l'espulsione di tale persona di nazionalità tunisina dal territorio dello Stato quale misura sostitutiva della detenzione in riferimento al decreto per l'esecuzione di pene concorrenti emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova il 18 settembre 2015 che, a fondamento di tale decisione è stato, per quanto qui interessa, evidenziato che l'opponente non era titolare di permesso di soggiorno in Italia, dal momento che quello, temporaneo, conseguente a richiesta di asilo non era stato rinnovato dopo la relativa scadenza, verificatasi il 16 aprile 2005 il 17 giugno 2015 lo Stato Svizzero aveva rigettato domanda di Tu. per la concessione di asilo politico l'opponente aveva commesso in Italia gravi reati specificamente indicati , era privo di apparenti fonti di reddito e non aveva rapporti di famiglia compresi fra quelli indicati dall'art. 19, comma 2, lett. c , del t.u. immigrazione non sussistevano peraltro i motivi ostativi all'espulsione menzionati nell'art. 19, comma 1, dello stesso t.u., dal momento il concreto rischio di persecuzione, per i motivi indicati da tale disposizione di legge ritenuta dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo compatibile con l'art. 3 della CEDU , attiene a comportamenti riferibili allo Stato e non anche a gruppi di suoi cittadini invero, l'opponente aveva, in maniera affatto generica, di temere per la propria incolumità personale in ragione di faide familiari che per la cassazione di tale ordinanza Tu. ha proposto ricorso atto dallo stesso sottoscritto deducendo che la motivazione fondante la decisione sarebbe carente e illogica, dal momento che l'esistenza delle faide familiari risponderebbe al veri?, essendo morti i genitori e altri numerosi parenti in patria il contesto familiare, sociale e politico è ostile all'interessato e ai propri consanguinei , in quanto lo Stato non è in grado di garantire la sicurezza al sottoscritto e alla propria famiglia inoltre i singoli privati cittadini che esercitano atti persecutori nei suoi confronti sono parte integrante di pezzi di Stato, appartenenti ad apparati strettamente connessi allo Stato e alla politica che in ragione dei testé riportati contenuti il ricorso è all'evidenza inammissibile in quanto, da un lato la sussistenza dei presupposti previsti dall'art. 19, comma 1, del t.u. immigrazione per il divieto di espulsione dello straniero è solo assertivamente indicata, in maniera peraltro affatto generica e, dall'altro, il ricorrente sollecita sostanzialmente accertamenti di fatti non consentiti nel giudizio di legittimità che dall'inammissibilità del ricorso deriva la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria che si stima equo determinare in Euro duemila, da versare alla Cassa delle ammende art. 616 cod. proc. pen. . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.