Nella valutazione dell’assoluta indigenza per richiedere di lavorare non rilevano le fonti di sostentamento dei familiari non obbligati legalmente al mantenimento

In tema di arresti domiciliari, nella valutazione di assoluta indigenza, necessaria per la richiesta di svolgere attività lavorativa, deve farsi luogo alle condizioni personali dell’indagato, senza tener conto di quelle del nucleo familiare che dimorino nello stesso luogo, sia perché la situazione economica dei familiari non è presa in considerazione della legge, sia perché non sussiste un obbligo di costoro di sostenere gli oneri di mantenimento del congiunto sottoposto a misura restrittiva.

Questo il principio di diritto affermato dalla Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8276/18, che accoglie il ricorso presentato dall’indagato, sottoposto agli arresti domiciliari, annullando con rinvio l’ordinanza del Tribunale del riesame di Cagliari che rigettavo il suo appello avverso il diniego di svolgere attività lavorativa. Il bilanciamento di interessi. La Suprema Corte coglie l’occasione per fare il punto della situazione sulla giurisprudenza in subiecta materia. Per la valutazione della richiesta di svolgere attività lavorativa gli Ermellini ricordano che occorre effettuare un bilanciamento di interessi da un lato, quello di non vanificare le esigenze cautelari sottese alla misura coercitiva, dall’altro quelle legate all’indispensabilità dell’attività lavorativa. In tale contesto, sono di fondamentale importanza alcuni passaggi in primo luogo la concessione dell’autorizzazione a recarsi a lavoro non costituisce un diritto del detenuto agli arresti domiciliari perché lo svolgimento di determinate attività lavorative porrebbe snaturare il regime della custodia domestica. Pertanto, l’inidoneità dell'attività lavorativa ad essere sottoposta ad adeguati controlli da parte delle forze dell'ordine comporta il rigetto dell'istanza di autorizzazione Sezione II, nn. 53646/2016 e 9004/2015 . Ecco perché l’attività lavorativa deve essere indispensabile” e concretamente compatibile” con le esigenze cautelari poste alla base della misura ciò per impedire che l’attività lavorativa comporti spostamenti continui dal domicilio, con difficoltà di controllo. A monte occorre la previa indigenza. Tale apprezzamento è tuttavia successivo” alla scrutinio dell’esistenza della condizione di ammissibilità dell’istanza, ovvero l’esistenza di una situazione di assoluta indigenza” del richiedente. Questa va valutata con criteri di particolare rigore, pur senza spingersi al pretendere una prova legale di impossidenza del nucleo familiare Sez. II, n. 12618/2015 . In ogni caso, la condizione di assoluta indigenza dell'imputato, cui la legge subordina l'autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di arresto per esercitare un'attività lavorativa, non può essere automaticamente esclusa né a causa della nomina di un secondo difensore di fiducia, in quanto la limitazione della libertà personale può indurre l'interessato e la sua famiglia ad attivarsi con ricorso a prestiti ecc. in modo peculiare rispetto alle ordinarie esigenze di vita, onde garantire l’esercizio più ampio del diritto di difesa, né in ragione della astratta possibilità per il coniuge di trovare lavoro, avuto riguardo agli obblighi di assistenza materiale e di mantenimento, penalmente sanzionati, che gravano sull'imputato quale padre e marito Sez. VI, n. 4876/2015 . Onere di allegazione non basta l’ISEE. Occorre comunque che l’indagato alleghi la documentazione lo stato economico prospettato il Giudice potrà rifiutare legittimamente l’autorizzazione, né assume rilevanza l’ammissione dell'indagato al gratuito patrocinio Sez. II, n. 53646/216 . Inoltre, la produzione dell’ISEE non è sufficiente per desumere lo stato di assoluta indigenza in quanto la relativa certificazione si fonda in parte su dati autocertificati e comunque non consente la valutazione complessiva dello stato economico in valutazione che postula l’analisi delle attuali fonti di sostentamento del sottoposto al vincolo domiciliare. Le indispensabili esigenze di vita di cui parla l’art. 284, comma 3, c.p.p. tra le quale non rientra il soddisfacimento dei bisogni spirituali o religiosi dell'indagato Sez. IV, n. 32364/2012 , non possono inoltre identificarsi con fini rieducativi o morali così, Sez. III, n. 15426/2016, che ha respinto la richiesta del ricorrente che aveva chiesto di essere autorizzato ad allontanarsi dal domicilio per svolgere attività di volontariato presso una Onlus per intraprendere un serio percorso rieducativo. Apporti economici provenienti dai terzi. La Suprema Corte ricorda, come già in passato, che il requisito dell’assoluta indigenza deve essere inteso in senso strettamente pauperistico, facendo riferimento alle condizioni reddituali e patrimoniali del soggetto in vinculis . Pertanto, l'autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari, per lo svolgimento di attività lavorativa, prescinde dall'individuazione della situazione economica del nucleo familiare, in quanto non è contemplata espressamente dalla legge, né sussiste un obbligo di mantenimento a carico dei familiari del detenuto, al di fuori di quello alimentare Sez. V, n. 48026/2015 . Ciò anche con riferimento al dovere di somministrazione degli alimenti, data l’idoneità del potenziale alimentando a provvedere al proprio sostentamento con l’attività lavorativa e non ostando a quest’ultima preminenti esigenze cautelari. Pertanto, tra gli apporti provenienti dai terzi, ai fini della valutazione di indigenza, rilevano solo quelli provenienti da soggetti obbligati legalmente, tra i quali non sono compresi i familiari non gravati da un obbligo legale di mantenimento. L’error in iudicando del Giudice cautelare. Pur muovendosi all’interno di tali linee ermeneutiche – ritenendo che lo stato di assoluta indigenza non potesse essere dimostrato dalla certificazione ISEE – per i giudici di legittimità l’errore in cui incorre il provvedimento impugnato riguardava la negazione dello stato di indigenza, legata alla fonte di sostentamento dei familiari dell’indagato, senza che tale valutazione risultasse ancorata alla rilevazione di un obbligo legale di mantenimento in capo a tali soggetti. Lo stesso errore, per la verità, sembra averlo compiuto proprio in un recente arresto la stessa Seconda sezione di legittimità laddove ha confermato il diniego allo svolgimento di attività lavorativa per il prevenuto, ritenendo ostativa la possibilità di fruire del mantenimento dei genitori Sez. II, n. 116/2018 . Anche qui sembra che la Suprema Corte faccia riferimento non all’obbligo dei familiari di provvedere al mantenimento ma alla generica possibilità di fruire del mantenimento.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 30 gennaio – 21 febbraio 2018, n. 8276 Presidente Gallo – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Cagliari sezione per il riesame delle misure coercitive rigettava l’appello proposto avverso il diniego di svolgere attività lavorativa presentato nell’interesse del S. , sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva 2.1. vizio di legge e di motivazione sarebbero illogiche le ragioni poste a sostegno del provvedimento, ovvero la asserita indeterminatezza delle ore di lavoro, il fatto che lo stato di indigenza non fosse documentato e l’incompatibilità dell’autorizzazione richiesta con la finalità preventiva della misura imposta. Si deduceva, in particolare, che ad attestare lo stato di assoluta indigenza dell’indagato sarebbe sufficiente la dichiarazione ISEE. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1. Il collegio ribadisce che quando è in valutazione la richiesta di svolgere attività lavorativa è necessario effettuare, in concreto, il bilanciamento tra la efficacia cautelare della cautela domiciliare e le esigenze sottese alla richiesta di svolgere attività lavorativa. Sul punto si condivide la giurisprudenza secondo cui la concessione dell’autorizzazione a recarsi al lavoro non si configura come un diritto del detenuto agli arresti domiciliari, posto che consentire attività lavorative svolte con continui spostamenti, difficilmente controllabili, snaturerebbe il regime della custodia domestica Cass. Sez. 3, n. 3472 del 20/12/2012 - dep. 23/01/2013, Barbullushi, Rv. 254428 Cass. sez. 1, n. 103 de/ 01/12/2006 Cc. -dep. 08/01/2007 - Rv. 235341 . Si condivide pertanto l’affermazione che non solo la valutazione in ordine alla concessione del beneficio ex art. 284 cod.proc.pen., comma 3 deve essere improntata a particolare rigore, proprio come dimostrato dalla qualificazione, nella norma, dei presupposti autorizzativi in termini di indispensabilità e di assolutezza , ma va anche ribadito che il relativo apprezzamento non può prescindere dalla considerazione della compatibilità dell’attività lavorativa proposta, rispetto alle esigenze cautelari poste alla base della misura stessa Cass. Penale sez. 6, 32574, Pres. De Roberto, est. Conti, imputato Politane , la quale costituisce pur sempre una forma di custodia cautelare art. 284 cod.proc.pen., comma 5 . In buona sostanza, ai predetti requisiti di indispensabilità ed assolutezza va accoppiata la considerazione della specifica e concreta compatibilità di tale attività con le esigenze cautelari, e ciò all’effetto 1 di impedire che l’attività lavorativa, che si chiede di poter svolgere, comporti l’allontanamento dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari e spostamenti continui, con orari di lavoro difficilmente controllabili Cass., Sez. 1, 1 dicembre 2006,Cerchi 2 oppure, implicando la possibilità per il prevenuto di restare fuori di casa per considerevoli periodi della giornata, vanifichi, in fatto ogni possibilità di sottoporre la persona ai controlli necessari a fini cautelari Sez. 4, 15 marzo 2005, Haris , nella specie assolutamente necessari considerata la varietà e il numero delle condotte illecite realizzate Cass. Sez. 6, n. 12337 del 25/02/2008 - dep. 19/03/2008, Presta, Rv. 23931 . 1.2. Tale apprezzamento è successivo allo scrutinio dell’esistenza della condizione di ammissibilità della istanza, ovvero l’esistenza di una situazione di assoluta indigenza del richiedente. Al riguardo il collegio ritiene che le condizioni concrete del richiedente debbano essere valutate nel loro complesso, senza che sia possibile individuare alcun elemento di prova cui assegnare un peso esclusivo e decisivo. Sul punto si condivide la giurisprudenza secondo cui la situazione di assoluta indigenza deve essere valutata, stante l’eccezionalità della previsione, secondo criteri di particolare rigore, che non possono però spingersi sino a pretendere una sorta di prova legale della condizione di impossidenza del nucleo familiare dell’indagato, pur essendo legittimo rifiutare l’autorizzazione in assenza di qualsiasi documentazione che dimostri lo stato economico prospettato Cass. Sez. 2, n. 53646 del 22/09/2016 - dep. 16/12/2016, Condorelli, Rv. 268852 Cass. Sez. 2, n. 12618 del 12/02/2015 - dep. 25/03/2015, Bosco, Rv. 262775 . Pertanto lo stato di assoluta indigenza non è desumibile dalla produzione della certificazione ISEE, tenuto conto che la stessa si fonda in parte su dati autocertificati e, comunque non consente la valutazione complessiva dello stato economico in valutazione che postula la analisi delle attuali forme di sostentamento della persona sottoposta al vincolo domiciliare. 1.3. Nella rilevazione delle forme di sostentamento e dunque della esistenza ella condizione di assoluta indigenza del richiedente assume particolare rilievo la analisi di eventuali apporti economici provenienti da terzi. In materia la Cassazione ha chiarito che l’assoluta indigenza dell’imputato deve essere riferita ai bisogni primari dell’individuo e dei familiari a suo carico, ma non deve essere intesa in senso esclusivamente pauperistico , dovendo farsi riferimento alle condizioni reddituali e patrimoniali del soggetto, eventualmente comprensive delle utilità economiche costituenti anche esse reddito personale, che siano corrisposte dalle persone obbligate per legge o per rapporti contrattuali al suo mantenimento per motivi che prescindano dalla capacità al lavoro dell’assistito Cass. Sez. 6, n. 32574 del 03/06/2005 - dep. 26/08/2005, Politanò, Rv. 231869 . Si è tuttavia chiarito che nella valutazione dell’assoluta indigenza deve farsi riferimento alle condizioni personali dell’indagato, senza tener conto di quelle del nucleo familiare che dimorino nello stesso luogo, sia perché la situazione economica dei familiari non è presa in considerazione dalla legge, sia perché non sussiste un obbligo di costoro di sostenere gli oneri di mantenimento del congiunto sottoposto a misura restrittiva la Corte ha rilevato che ad opposta conclusione nella specie non si sarebbe potuto giungere neanche sotto il profilo del dovere di somministrazione degli alimenti, data l’idoneità del potenziale alimentando a provvedere al proprio sostentamento con l’attività lavorativa e non ostando a quest’ultima preminenti esigenze cautelari Cass. Sez. 1, n. 123 del 29/10/2002 - dep. 08/01/2003, Organista, Rv. 222941 Cass. Sez. 6, n. 32574 del 03/06/2005 - dep. 26/08/2005, Politanò, Rv. 231869 . 1.4. Può dunque essere affermato che quando sia applicata la misura degli arresti domiciliari a la richiesta di svolgimento di attività lavorativa è ammissibile solo se è provata la condizione di assoluta indigenza del richiedente b la valutazione di tale condizione richiede l’apprezzamento delle complessive fonti di sostentamento disponibili, tenuto conto che con riguardo agli apporti provenienti da terzi, possono essere considerati solo a quelli provenienti da soggetti obbligati legalmente, tra i quali non sono compresi i familiari non gravati da un obbligo legale di mantenimento che non consegue alla inabilità lavorativa derivante applicazione della cautela c tale apprezzamento globale esclude che possa assegnarsi efficacia dimostrativa esclusiva alla dichiarazione ISEE d la valutazione dell’esistenza dello stato di assoluta indigenza non implica l’automatica concessione dell’autorizzazione richiesta, dato che deve essere successivamente valutato se la attività lavorativa in concreto richiesta incida sulla efficacia cautelare del vincolo. 1.5. Nel caso di specie il Tribunale, in coerenza con tali linee ermeneutiche, da un lato escludeva che lo stato di assoluta indigenza potesse essere provato sulla base della dichiarazione ISEE, e dall’altro ribadiva la necessità di conservare la funzione cautelare degli arresti domiciliari. Il provvedimento risulta tuttavia viziato nella parte in cui effettuava la valutazione dello stato di indigenza, riconoscendo una fonte sostentamento nei familiari del S. , senza che tale valutazione risultasse ancorata alla rilevazione di un obbligo legale di mantenimento in capo a tali soggetti. Pertanto, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio per nuova valutazione sulla esistenza dello stato di assoluta indigenza del richiedente. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame, con integrale trasmissione degli atti, al Tribunale di Cagliari.