Eroina di scarsa qualità, ma la quantità porta alla condanna

Respinta definitivamente l’obiezione difensiva finalizzata a sostenere l’ipotesi dello spaccio di lieve entità”. Decisivo per i Giudici il mercato di riferimento. Irrilevante la cattiva qualità della droga.

Irrilevante la scarsa qualità della droga. Significativo, invece, il quantitativo di dosi da vendere ai tossicodipendenti. Ecco perché è impossibile sostenere l’ipotesi di un spaccio minimo Cassazione, sentenza n. 8219/18, sez. VI Penale, depositata oggi . Il traffico di stupefacenti. Linea di pensiero comune per i Giudici del Tribunale e per quelli della Corte d’Appello ciò significa condanna certa per un uomo beccato in possesso di circa 182 grammi di eroina . Questa decisione è confermata dalla Cassazione, che respinge l’obiezione difensiva finalizzata a sostenere l’ipotesi dello spaccio di lieve entità . Su questo fronte il legale dell’uomo ha posto in evidenza la quantità di sostanza rinvenuta, ossia il contenuto principio attivo globale , corrispondente a 1,4 grammi , e il relativo limitato effetto drogante . Tali considerazioni non hanno però convinto i Giudici del ‘Palazzaccio’, i quali hanno ribattuto evidenziando, come fatto anche in appello, l’entità globale del traffico di stupefacenti . Su questo fronte, in particolare, è considerato rilevante il mercato di riferimento , ossia il numero rilevante di tossicodipendenti che lo spacciatore era in grado di rifornire . Di conseguenza, va valorizzato, secondo i Giudici, il numero di dosi disponibili per la vendita, pur se di cattiva qualità per la bassa capacità drogante . Tutti questi elementi sono sufficienti, concludono i magistrati della Cassazione, per escludere l’ipotesi dello spaccio di lieve entità .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 novembre 2017 – 20 febbraio 2018, n. 8219 Presidente Fidelbo – Relatore Di Stefano Motivi della decisione Ko. Il. propone ricorso avverso la sentenza della corte di appello di Brescia del 3 marzo 2017 che confermava la sua condanna per il reato di cui all'articolo 73, comma 1, D.P.R. 309/1990 per il possesso di circa 182 g di eroina, rideterminando la pena in aumento, su ricorso del procuratore generale, avendo il primo giudice ritenuto applicabile una pena minima di anni sei di reclusione e non quella di otto anni prevista dalla norma vigente al momento del fatto, a seguito della illegittimità costituzionale della legge 49/2006. Deduce due motivi 1. violazione di legge per la qualificazione del fatto. Questo integrava il reato di cui all' art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990 in base alla valutazione della quantità di sostanza essendo il principio attivo globale corrispondente a grammi 1.4, non rilevando il numero di dosi estraibili dalla quantità lorda ma piuttosto l'effetto drogante delle singole dosi. Rileva inoltre significativa la assenza del possesso di sostanza da taglio o di attrezzatura atta alla pesatura e al confezionamento delle dosi nonché il fatto che il ricorrente non sia stato arrestato nel momento in cui cedeva tale stupefacente. 2. Deduce la questione di legittimità costituzionale dell'art. 73, comma 1, D.P.R. 309/1990 in relazione agli articoli 25, comma secondo, 3 e 27 costituzione. Ciò per la previsione di una pena minima di anni otto di reclusione anziché quella di sei anni prevista con la legge 49/2006. Il ricorso è infondato. Quanto al primo motivo, la ipotesi meno grave invocata dal ricorrente non è collegata automaticamente alla quantità maggiore o minore dello stupefacente, essendo tale quantità soltanto uno dei possibili parametri, ancorché certamente molto significativo, della distinzione fra i due reati in questione. Atteso che, invece, la distinzione tra i due reati va ricollegata essenzialmente alla entità globale del traffico di stupefacenti in questione nel caso concreto, correttamente la Corte di Appello ha ricostruito tale traffico per il caso sulla scorta del mercato di riferimento, ovvero il numero rilevante di tossicodipendenti che l'imputato era in grado di rifornire essendo, quindi, adeguata la valorizzazione del numero di dosi disponibili nel singolo momento per la vendita pur se di cattiva qualità per la bassa capacità drogante poco importa se per qualità della droga in sé o per l'eccessivo taglio per ritenere che non si tratti di spaccio di piccola entità. Del tutto inconsistenti, poi, gli altri parametri ritenuti significativi dalla difesa Il non svolgimento da parte del reo della lavorazione delle dosi o, meglio, la non scoperta non è affatto una circostanza in grado di distinguere il fenomeno maggiore o minore di spaccio di stupefacenti, potendo caratterizzare entrambe le condotte in concreto. L'invocazione dell' assenza di stato di flagranza della cessione di stupefacente, è circostanza del tutto eccentrica per la finalità che qui interessa. Quanto al secondo motivo, si tratta di questione già ritenuta manifestamente infondata dalla corte costituzionale. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento le spese processuali.