Quotidiano online pubblica la notizia del parroco che guarda i social durante un funerale: non è diffamazione

La pubblicazione di un articolo su un quotidiano online, con video allegato, riguardante un fatto rispondente al vero, non configura diffamazione e, in ogni caso, il direttore della testata online non può ritenersi responsabile ex art. 57 c.p. Reati commessi col mezzo della stampa periodica .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 7885/18, depositata il 19 febbraio. Il caso. Il GUP del Tribunale di Roma dichiarava di non doversi procedere, per insussistenza del fatto, nei confronti del direttore di un quotidiano online per diffamazione nei confronti di un parroco. Avverso la pronuncia del GUP il parroco ricorre per cassazione quale parte civile denunciando l’omesso controllo da parte del direttore del quotidiano dei contenuti dello stesso, essendo stato infatti pubblicato un video in cui il ricorrente, durante una cerimonia funebre, presumibilmente consultava dei social network attraverso il proprio smartphone, nonché un articolo non firmato avente ad oggetto tale vicenda. Il ricorrente si lamenta altresì dell’insussistenza del diritto di cronaca ed eccepisce di aver utilizzato il dispositivo per la lettura di un testo sacro. L’uso dello smartphone. Il Supremo Collegio ritiene corrette le deduzioni poste a fondamento della pronuncia del Giudice di merito, poiché emergeva chiaramente dal video allegato all’articolo che la consultazione del dispositivo informatico da parte del parroco era caratterizzata dalla gestualità del rapido scorrimento manuale dello schermo, tipica della consultazione di messaggi ed altri contenuti similari in rete ed invece incoerente con la lettura di un testo sacro . La responsabilità del direttore del giornale. La Suprema Corte sottolinea, infine, sulla base dei principi affermati dalla medesima Corte, che il direttore di un periodico online non può essere ritenuto responsabile per l’omesso controllo sul contenuto delle pubblicazioni ai sensi dell’art. 57 c.p., titolo ascritto agli imputati in questo procedimento . La Corte dunque rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 novembre 2017 – 19 febbraio 2018, n. 7885 Presidente Lapalorcia – Relatore Zaza Ritenuto in fatto 1. C.A. ricorre quale parte civile avverso la sentenza del 13 gennaio 2017 con la quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma dichiarava non doversi procedere per insussistenza del fatto nei confronti di P.A. e T.G. in ordine al reato di diffamazione contestato come commesso in Roma il omissis in danno del C. . Al P. ed al T. , nelle rispettive qualità di direttore responsabile e condirettore del quotidiano omissis , era in particolare contestato l’aver consentito per omesso controllo la pubblicazione sulla versione online del quotidiano di un articolo non firmato nel quale si attribuiva al C. , parroco in , la consultazione di social network o comunque di contenuti in rete per fini privati nel corso della celebrazione di un funerale, accompagnato da un video realizzato da fedeli che partecipavano alla funzione. Con la sentenza impugnata, la condotta era ritenuta scriminata dal diritto di cronaca in quanto intesa a rappresentare la percezione visiva, da parte dei fedeli, di un uso privato del dispositivo informatico, chiaramente evidenziata da quanto ripreso nel video, valutato di contro come incompatibile con l’affermazione del querelante di aver utilizzato il proprio smartphone per leggere un testo sacro inerente alla funzione. 2. Il ricorrente propone due motivi. 2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale sulla ritenuta evidenza probatoria in ordine all’uso privato del dispositivo informatico da parte del querelante, in quanto tratta da un’errata massima di esperienza per la quale la gestualità rappresentata nel video pubblicato sarebbe tipica di tale consultazione, laddove dal video risultava unicamente che il sacerdote guardava lo smartphone e ne scorreva lo schermo mentre pronunciava le formule di rito, circostanza compatibile con l’uso del dispositivo per la lettura di un testo sacro il ricorrente osserva come tale possibilità non sia stata verificata dall’autore dell’articolo, il che esclude la sussistenza dei presupposti della scriminante del diritto di cronaca. 2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale nell’omessa considerazione, ai fini della valutazione sulla veridicità della versione del querelante, degli articoli pubblicati sullo stesso quotidiano nelle successive date del 4 e del 5 dicembre del 2015, nei quali si riferiva delle dichiarazioni di un esponente della diocesi, che confermava come il sacerdote utilizzasse lo smartphone per la lettura di un testo sacro, e si dava conto del dibattito esistente all’interno della Chiesa sull’uso a tali fini degli strumenti informatici, di fatto tollerato anche dalla Conferenza Episcopale Italiana. Considerato in diritto I motivi dedotti, che appare opportuno trattare congiuntamente in quanto entrambi afferenti la configurabilità della ritenuta scriminante del diritto di cronaca, sono infondati. Nella sentenza impugnata si osservava che il non identificato autore dell’articolo incriminato si era limitato a riportare quanto riteneva oggettivamente percepibile dai fedeli che assistevano alla cerimonia officiata dal C. , per come riprodotta anche nel video allegato in particolare, la consultazione del dispositivo informatico da parte del parroco con la caratteristica gestualità del rapido scorrimento manuale dello schermo, tipica della consultazione di messaggi ed altri contenuti similari in rete, ed invece incoerente con la lettura di un testo sacro, non emergendo fra l’altro dal complessivo atteggiamento del C. che lo stesso riprendesse dal dispositivo le parole che pronunciava nell’espletamento della funzione religiosa. Circostanze, queste, che venivano rappresentate in quanto tali da indurre inevitabilmente gli spettatori presenti a pensare che il sacerdote fosse impegnato in un uso privato del dispositivo nel corso della cerimonia. Tali argomentazioni, con le quali era efficacemente illustrata la dimostratività del comportamento del C. per quanto rilevabile dal video in atti, non danno luogo ai vizi logici denunciati dal ricorrente che per il resto ripropone una diversa valutazione di merito sulla plausibilità della tesi dell’uso del dispositivo per la consultazione di un testo sacro, per quanto detto adeguatamente verificata e disattesa dal Giudice dell’udienza preliminare. L’ulteriore censura di omessa valutazione delle informazioni relative all’uso dello smartphone per la lettura di testi sacri da parte del C. , ed all’atteggiamento possibilista della Chiesa su tale consuetudine, è anch’essa infondata in quanto relativa ad elementi generici ed inconferenti rispetto al caso in esame, in cui l’utilizzazione del dispositivo per fini diversi da quelli propri della funzione religiosa era legata a precisi dati comportamentali per quanto detto rilevati dall’autore dell’articolo. Non va da ultimo trascurato che comunque, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, il direttore di un periodico online non può essere ritenuto responsabile per l’omesso controllo sul contenuto delle pubblicazioni ai sensi dell’art. 57 cod. pen., titolo ascritto agli imputati in questo procedimento Sez. 5, n. 10594 del 05/11/2013, dep. 2014, Montanari, Rv. 259888 Sez. 5, n. 44126 del 28/10/2011, Hamaui, Rv. 251132 Sez. 5, n. 35511 del 16/07/2010, Brambilla, Rv. 248507 . Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.