Valida la notifica del decreto di citazione a giudizio presso il difensore d’ufficio domiciliatario

Laddove l’imputato abbia eletto domicilio presso il difensore nominato d’ufficio, la notifica del decreto di citazione a giudizio a quest'ultimo effettuata comporta la presunzione di conoscenza del procedimento in capo all’assistito.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7693/18, depositata il 16 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Milano condannava un imputato per guida in stato di ebbrezza. L’imputato ricorre in Cassazione a mezzo del suo difensore di fiducia per la rescissione del giudicato, dolendosi per la mancata conoscenza del procedimento penale a suo carico in quanto il difensore d’ufficio, nominato in sede di accertamento e presso il quale aveva eletto domicilio, non gli aveva poi dato notizia dello svolgimento del processo. Conoscenza del procedimento. Il Collegio richiama l’art. 625- ter c.p. secondo il quale il condannato con sentenza passata in giudicato può chiedere la rescissione del giudicato solo se dimostra che la propria assenza era dovuta ad un’incolpevole mancata conoscenza del processo. Ai fini della valutazione di tale presupposto, assume rilevanza l’art. 420- bis c.p.p., secondo il quale il giudice procede in assenza dell’imputato solo quando egli, pur se impedito, abbia espressamente rinunciato ad assistere all’udienza, oppure quando l’imputato nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l'imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo . In tali casi l’imputato sarà rappresentato dal difensore. La norma citata introduce una presunzione di conoscenza del procedimento in capo all’imputato che abbia eletto domicilio anche nel caso in cui sia assistito dal difensore d’ufficio, non solo dunque nel caso di difesa di fiducia. In conclusione, se la notificazione del decreto che dispone il giudizio non viene eseguita a mani dell’imputato ma presso il difensore d’ufficio, viene ritenuta integrata l’effettiva conoscenza dell’atto in capo all’imputato. In conclusione la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 6 dicembre 2017 – 16 febbraio 2018, n. 7693 Presidente Izzo – Relatore Nardin Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 30 maggio 2016, divenuta irrevocabile il 15 luglio 2016, il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, ha condannato Z.S. , difeso d’ufficio, alla pena, sospesa, di mesi nove di arresto ed Euro 4.000,00 di ammenda, ritenendolo colpevole del reato di cui all’art. 186 bis comma 1 lett. d e 186 bis comma 3, disponendo altresì la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente per anni due. 2. Con ricorso per cassazione Z.S. , a mezzo del suo difensore di fiducia, chiede, previa preliminare verifica della documentazione mediante acquisizione del fascicolo processuale, la rescissione del giudicato e la trasmissione degli atti al giudice di primo grado, non avendo egli avuto conoscenza degli atti e del procedimento penale subito. Osserva che in sede di accertamento gli fu nominato avvocato d’ufficio, presso il quale, in quella circostanza, egli elesse domicilio tutte le notifiche successive furono effettuate, a mezzo PEC, anche per il ricorrente presso il difensore d’ufficio l’imputato non ebbe mai notizia del decreto penale di condanna emesso nei suoi confronti, né del decreto di citazione in giudizio a seguito di opposizione formulata autonomamente difensore d’ufficio, privo di procura speciale, né della condanna conseguita al processo con rito ordinario tenutosi avanti al Tribunale di Milano. Considerato in diritto 1. Il ricorso va dichiarato inammissibile. 2. L’art. 625-ter cod. proc. pen. stabilisce che il condannato con sentenza passata in giudicato possa richiedere la rescissione del giudicato ove provi che l’assenza è stata dovuta ad una incolpevole mancata conoscenza del processo. Ora, al fine di valutare l’incolpevolezza va fatto riferimento alla disciplina che regola l’assenza dell’imputato nel processo ed in particolare al disposto di cui all’art. 420 bis cod. proc. pen. con cui si prevede che il giudice proceda in assenza dell’imputato non solo quando quest’ultimo, pur se impedito, ha espressamente rinunciato ad assistere all’udienza, ma altresì quando l’imputato nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché nel caso in cui l’imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo . In tutte queste ipotesi l’imputato è rappresentato dal difensore, secondo il disposto del terzo comma del medesimo articolo. Mentre quando non vi sia la prova certa della conoscenza da parte dell’imputato né della data dell’udienza, né della esistenza del procedimento penale, dovrà procedersi alla sospensione del processo art. 420 quater cod. proc. pen . La disciplina, dunque, introduce una sorta di presunzione di conoscenza del processo in capo al soggetto che elegge domicilio non solo quando ciò avvenga presso il difensore di fiducia, ma anche quando l’elezione sia fatta presso il difensore nominato d’ufficio, come risulta dal fatto che la norma non introduce distinzioni. Si tratta, nondimeno, di presunzioni vincibili, come dimostra il successivo comma quarto dell’art. 420 bis, che appronta delle soluzioni restitutorie per il caso di effettiva ed incolpevole mancanza di conoscenza del procedimento. La conseguenza è che la regolare notificazione del decreto di citazione in giudizio all’imputato avvenuta presso il domicilio da questi eletto presso il difensore nominato d’ufficio, non può tout court essere considerata ai fin della rescissione come giustificata mancata conoscenza del procedimento, solo adducendo la mancata informazione da parte di questi del difensore d’ufficio. Se è certo che, in tema di rescissione del giudicato, integri colpa della non conoscenza del processo, preclusiva del rimedio di cui all’art. 625 cod. proc. pen., la mancata attivazione da parte dell’imputato o della persona sottoposta alle indagini, che abbia nominato un difensore di fiducia in un procedimento penale, allo scopo di mantenere con lo stesso i contatti necessari per essere informato dello sviluppo del procedimento a suo carico cfr. da ultimo Sez. 3, Sentenza n. 38513 del 22/06/2016 , deve ritenersi che ciò valga anche quando il difensore sia stato nominato d’ufficio cfr. Sez. 5, Sentenza n. 36855 del 07/07/2016 Cc. dep. 05/09/2016 Rv. 268322 . 3. Una diversa interpretazione, che implichi la presunzione opposta secondo cui solo in caso di nomina di difensore di fiducia possa ritenersi la conoscenza degli atti processuali rivolti all’imputato che presso il primo abbia eletto domicilio, mentre non potrebbero ritenersi parimenti conosciuti gli atti notificati presso il difensore d’ufficio, nonostante l’elezione di domicilio, si presta al facile abuso del processo, potendo in questo modo l’interessato diversamente atteggiarsi secondo l’esito del giudizio, anche avvantaggiandosi del decorrere del tempo e della sua incidenza sulla prescrizione. 4. Dunque, deve concludersi che, anche se la notificazione del decreto che dispone il giudizio non viene eseguita a mani dell’imputato ma solo presso il difensore d’ufficio, l’effettiva conoscenza da parte dell’imputato deve ritenersi integrata, tanto più laddove siffatto difensore originariamente nominato, si attivi partecipando effettivamente al giudizio e cioè svolgendo correttamente il mandato ricevuto. 5. Diversa è la questione relativa al potere del difensore d’ufficio di proporre opposizione al decreto penale senza specifico mandato, risolta in senso positivo dalla giurisprudenza prevalente in senso difforme le decisioni più risalenti Cass., Sez. 4, 7 luglio 2003, rv. 227307 Cass., Sez. 3, 27 gennaio 1994, Forest Cass., Sez. 5, 4 luglio 1994, rv. 199210 Cass., Sez. 3, 12 novembre 1993, Tramontina . 6. In particolare è stato affermato che sono legittimati a proporre opposizione al decreto penale di condanna non solo l’imputato e il difensore di fiducia, ma anche il difensore nominato d’ufficio Cass., Sez. 5, 24 gennaio 2005, rv. 230885 Cass., Sez. 4, 25 ottobre 2000, rv. 219414 . Depongono in tal senso plurimi elementi di interpretazione letterale e logico-sistematica. Innanzitutto, occorre rilevare che la genericità dell’art. 461 c.p.p., comma 1 attributiva della legittimazione a proporre impugnazione all’imputato personalmente o a mezzo del difensore eventualmente nominato - se comparata con quella contenuta nell’art. 460 c.p.p., comma 3, - che prevede la notifica di copia del decreto al condannato, al difensore d’ufficio o al difensore di fiducia eventualmente nominato - autorizza una lettura estensiva e la riferibilità del disposto normativo sia al difensore di fiducia che a quello d’ufficio. In secondo luogo, lo strumento dell’opposizione al decreto penale di condanna, volto a riaffermare il principio del contraddittorio nella formazione della prova derogabile solo con il consenso dell’imputato e funzionale all’introduzione del bilanciamento rispetto alla precedente fase di emissione del provvedimento senza preventiva instaurazione del contraddittorio, presuppone un’ampia nozione del diritto di difesa, comprensiva dell’assistenza tecnica cfr., sia pure con riferimento ad una diversa problematica, Corte Cost. sent. n. 479 del 2000 , come del resto desumibile dall’intervenuta eliminazione del conferimento al difensore della procura speciale per proporre opposizione, prevista, invece, nell’abrogato codice di rito. L’assistenza tecnica, quale massima espressione del diritto di difesa costituzionalmente sancito art. 24 Cost. , è strettamente correlata, da un lato, alla valutazione dei vantaggi derivanti dal particolare tipo di procedimento consistente riduzione della pena fino alla metà del minimo edittale, esonero dal pagamento delle spese processuali, inapplicabilità delle pene accessorie e, dall’altro, alle prospettive aperte dall’opposizione instaurazione del giudizio con conseguente, possibile irrogazione di una pena diversa e più grave, come stabilito dall’art. 464 c.p.p., comma 4, accesso ai riti speciali . In questo articolato contesto, solo l’assistenza tecnica del difensore è in grado di guidare l’imputato in una scelta informata e consapevole. Una diversa interpretazione che escludesse la legittimazione del difensore d’ufficio a proporre opposizione si porrebbe in contrasto con quanto stabilito nel titolo 7 del codice di rito, che non legittima alcuna distinzione tra i diritti e le facoltà attribuiti al difensore di fiducia e quelli riservati a difensore d’ufficio. Essa contrasterebbe anche con l’art. 24 Cost., che sancisce l’indefettibilità del diritto di difesa, quale diritto indisponibile, e con l’art. 3 della Carta fondamentale, non sussistendo obiettive ragioni di ordine logico e sistematico idonee a riservare un diverso trattamento al difensore, a seconda che si tratti di un legale investito di un mandato fiduciario o di un avvocato nominato d’ufficio cfr. Cass, Sez. 4, 15 marzo 2007, n. 18352, rv. 236629 Cass., Sez. 5, 16 maggio 2003, n. 26497, rv. 226124 . Sulla base di tali argomentazioni è possibile affermare che la ratio della modifica dell’art. 460 c.p.p., introdotta dalla L. 6 marzo 2001, n. 60, che prevede il dovere di notificazione del decreto penale di condanna con relativo precetto al difensore d’ufficio, deve essere ravvisata nella volontà legislativa di garantire nella sua pienezza ed effettività il diritto di difesa, legittimando il difensore d’ufficio a proporre opposizione nell’interesse del proprio assistito, in conformità, del resto, alla disciplina generale delle impugnazioni categoria generale cui è riconducibile anche l’opposizione dettata dall’art. 571 c.p.p., comma 3 cfr. Sez. 1, n. 15166 del 04/03/2009 - dep. 08/04/2009, Azzinnaro . 7. Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile con condanna al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di comma 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di comma 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.