Termine a comparire: non meno di venti o non meno di dieci giorni?

L'art. 601 c.p.p., che al comma 3 impone un termine a comparire non inferiore a venti giorni, ha carattere generale e, pertanto, deve ritenersi valido anche per il procedimento camerale. Tale generalitá emerge sia dalla collocazione della previsione normativa di cui sopra, sia dal suo contenuto.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7425/18, depositata il 15 febbraio. Il caso. La Corte d'Appello competente confermava la sentenza di condanna emessa dal giudice di prime cure, in sede di giudizio abbreviato, nei confronti di un imputato per l'illecito di cui agli artt. 110, 81 c.p. e 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 concorso in produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti continuato . L[interessato ricorreva per cassazione, eccependo la violazione dell'art. 601, comma 3, c.p.p L'impugnante, infatti, rilevava come la Corte territoriale non avesse accolto la doglianza relativa alla mancata concessione, nel decreto di citazione, di un termine a comparire non inferiore a 20 giorni, considerando sufficiente il termine di 10 giorni previsto dall'art. 127, comma 1, c.p.p La vexata quaestio e gli orientamenti giurisprudenziali. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso. Gli Ermellini hanno sottolineato come il fulcro della questione riguardi la definizione dell'ambito applicativo dell'art. 601, co. 3, c.p.p., che impone l'applicazione di un termine a comparire non inferiore a 20 giorni nel giudizio d'appello. In particolare, ci si chiede se tale termine sia necessario anche nell'ipotesi di decisione in camera di consiglio cfr. art. 443, comma 4, c.p.p. . Sul punto, il Collegio ha ricordato che sussistono due orientamenti distinti. Un primo filone di pensiero, maggioritario, ritiene che l'art. 601 c.p.p. che impone un termine non inferiore a 20 giorni sia una disposizione di carattere generale, valida pertanto anche per il procedimento camerale. Diversamente opina una seconda scuola di pensiero, cui ha aderito la sentenza impugnata, secondo cui, nel caso di giudizio camerale, debba trovare applicazione il termine di 10 giorni non inferiore a 10 giorni , previsto dall'art. 127 c.p.p., dal momento che tale procedura sarebbe riservata ai giudizi di appello concernenti questioni non complesse. Il termine a comparire non deve essere inferiore a 20 giorni. Gli Ermellini hanno aderito all'orientamento maggioritario, evidenziando come il carattere generale dell'art. 601 c.p.p. emerga tanto dalla sua collocazione, quanto dal contenuto della norma medesima. L'articolo in esame, a parere della Corte, é formulato in modo tale da non escludere che lo stesso disciplini anche la citazione in appello nel caso di giudizio abbreviato. I Giudici del Palazzaccio hanno sottolineato che il comma 2 della norma afferma esplicitamente che ove si proceda in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 599, debba esserne fatta menzione nel decreto di citazione. Dal momento che il termine a comparire viene indicato nel comma successivo, lo stesso deve fare riferimento ad entrambe le forme. Gli Ermellini hanno, poi, aggiunto che l'art. 127 c.p.p. definisce uno schema generale, la cui applicazione é prevista soltanto ove non derogata. Né il rinvio operato dall'art. 599 all'art. 127 sembrerebbe implicare la ricezione del modello di procedimento ivi descritta, nella sua interezza. A chiosa della pronuncia, i Giudici di Piazza Cavour hanno constatato come nel caso di specie, la notifica del decreto di citazione sia stata posta in essere in violazione del termine di cui all'art. 601, comma 3, c.p.p Per le ragioni sopra esposte, il Collegio ha annullato, senza rinvio, la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 gennaio – 15 febbraio 2018, n. 7425 Presidente Di Stefano – Relatore D'Arcangelo Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza emessa, all’esito del giudizio abbreviato di primo grado, in data 16 settembre 2016 dal Tribunale di Milano nei confronti dell’imputato appellante B.A. , condannato per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cod. pen., 73, quinto comma, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commesso in omissis . 2. L’avv. Valentina Alberta ricorre avverso tale sentenza, deducendo, con unico motivo, la inosservanza della legge processuale e, segnatamente, dell’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. La Corte di appello di Milano, infatti, aveva disatteso l’eccezione sollevata dalla difesa relativamente alla mancata concessione nel decreto di citazione di un termine a comparire non inferiore a venti giorni, illegittimamente ritenendo sufficiente, in relazione al giudizio di appello celebrato nelle forme del procedimento camerale, il minor termine di dieci giorni previsto dall’art. 127, comma 1, cod. proc. pen. Il ricorrente chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata ed, in via subordinata, la rimessione della questione alle Sezioni Unite in ragione del contrasto di giurisprudenza sussistente in materia. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere accolto in quanto si rivela fondato. 2. Con unico motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. in quanto la Corte di appello di Milano nel decreto di citazione aveva assegnato un termine a comparire inferiore a venti giorni, illegittimamente ritenendo sufficiente, in relazione al procedimento di appello celebrato in camera di consiglio, il minor termine di dieci giorni sancito dall’art. 127, comma 1, cod. proc. pen. Tuttavia, come affermato dall’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, il termine per la comparizione doveva essere non inferiore a venti giorni anche nel giudizio di appello celebrato nelle forme camerali e la violazione dello stesso determinava una nullità di ordine generale a regime intermedio. 3. La questione dedotta dal ricorrente verte sulla esatta definizione dell’ambito applicativo dell’art. 601, comma 3, cod. proc. pen., secondo il quale il termine per comparire non può essere inferiore a venti giorni , nel sistema delineato dal legislatore per il giudizio di appello e, segnatamente nello stabilire se tale termine sia applicabile o meno anche ai casi di decisione dell’appello in camera di consiglio espressamente previsto dall’art. 443, comma 4, cod. proc. pen. per la impugnazione delle sentenze emesse all’esito del giudizio abbreviato di primo grado . La giurisprudenza di legittimità risulta divisa sul punto. Secondo l’orientamento maggioritario l’art. 601 cod. proc. pen., concernente gli atti preliminari al giudizio di appello, è disposizione di carattere generale e, pertanto, il termine dilatorio di venti giorni stabilito per la comparizione in giudizio art. 601, comma 3, cod. proc. pen. si applica anche al procedimento camerale regolato dal precedente art. 599, non essendo sufficiente a rendere applicabile il più breve termine di cui all’art. 127 stesso codice dieci giorni il richiamo alle forme previste da tale disposizione operato dal predetto art. 599 ex plurimis Sez. 4, n. 9536 del 12/07/1993, Calandra, Rv. 195323 . In tema di impugnazione di sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato il termine per comparire va, dunque, individuato in quello di venti giorni stabilito dall’art. 601 comma terzo ciò in ragione dell’onnicomprensività della disciplina in ordine agli atti preliminari al giudizio dettata dalla norma e della sua specificità rispetto alla previsione di cui all’art. 127, comma 1, circa il più breve termine di dieci giorni Sez. 3, n. 5483 del 20/01/2005, Sciarrino, Rv. 231148 Sez. 2, n. 45909 del 11/03/1993, Esposito, Rv. 194153 Sez. 6 n. 4438 del 17/03/1992, Ferrigno, Rv. 190056 . Secondo l’opposto orientamento, cui esplicitamente aderisce la sentenza impugnata, invece, nel giudizio di appello in camera di consiglio si applica il più breve termine di comparizione non inferiore a dieci giorni previsto in via generale dall’art. 127 cod. proc. pen. e non quello di cui all’art. 601, comma 3, dello stesso codice, essendo la camera di consiglio riservata ai giudizi di appello che non coinvolgono complesse questioni di fatto o di diritto Sez. 6, n. 44413 del 09/09/2015, Macilongo, Rv. 265054 Sez. 6, n. 1859 del 16/10/1992, Larné, Rv. 193527 Sez. 1, 4 febbraio 1992, n. 3198, Le Rose, Rv. 189661 . 4. Ritiene il Collegio che le ragioni poste a fondamento dell’orientamento maggioritario si rivelino maggiormente persuasive e, pertanto, meritino adesione. Il carattere generale della previsione dell’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. deriva sia dalla sua collocazione tra le disposizioni concernenti la disciplina in generale dell’appello, sia dal contenuto della norma, inteso a disciplinare lo svolgimento del giudizio di impugnazione, tanto per il dibattimento che per le forme camerali. La previsione del termine di cui all’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. è, inoltre, formulata in termini assolutamente generali ed onnicomprensivi, tali da indurre a ritenere che tale disciplina operi anche per la citazione in appello nel caso di giudizio abbreviato. La valenza generale del termine a comparire fissato dall’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. risulta, inoltre, confermata dalla scansione di tale norma, che delinea, in generale, lo schema del decreto di citazione per il giudizio di appello, anche nelle ipotesi in cui lo stesso sia celebrato nelle forme camerali. Il comma secondo dell’art. 601 cod. proc. pen., infatti, prevede espressamente che quando si procede in camera di consiglio a norma dell’art. 599, ne è fatta menzione nel decreto di citazione . Pertanto, nel contesto della medesima norma, la indicazione, ad opera del comma successivo, del termine a comparire non inferiore a venti giorni deve intendersi riferita ad entrambe le forme procedimentali del giudizio di appello. L’art. 127 cod. proc. pen., inoltre, sul piano sistematico, delinea uno schema generale di procedimento in camera di consiglio, che trova applicazione solo ove non derogato da particolari disposizioni. Il rinvio operato dall’art. 599 comma 1, cod. proc. pen. all’art. 127 dello stesso codice, mediante la formula con le forme previste , riguarda, peraltro, solo la disciplina prevista per lo svolgimento dell’udienza camerale e non implica, di per sé, la ricezione completa del modello procedimentale descritto in tale norma, ivi compresa la indicazione del termine a comparire. 5. Atteso che, nella specie, la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello è stata eseguita in violazione del termine di cui all’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. e, segnatamente, si è perfezionata in data 16 marzo 2017 per l’udienza del 28 marzo 2017 deve ritenersi integrata la nullità eccepita dal ricorrente, tempestivamente dedotta alla predetta udienza e medio tempore non sanata. La violazione del termine a comparire di venti giorni stabilita dall’art. 601, comma terzo, cod. proc. pen., non risolvendosi in una omessa citazione dell’imputato, costituisce, del resto, una nullità a regime intermedio che risulta sanata nel caso in cui non sia eccepita entro i termini previsti dall’art. 180, richiamato dall’art. 182 cod. proc. pen. Sez. 5, n. 39221 del 30/06/2015, Pop, Rv. 264721 Sez. 2, n. 30019 del 27/03/2014 - dep. 09/07/2014, Braidich, Rv. 259978 . La nullità del decreto, e cioè dell’atto introduttivo del giudizio, comporta, pertanto, ai sensi dell’art. 185, comma 1, cod. proc. pen., anche l’invalidità della sentenza. 6. Alla stregua di tali rilievi la sentenza impugnata deve essere annullata e deve essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Milano per il giudizio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Milano per il giudizio.