Il tentato omicidio ricorre anche se l’offesa non provoca nella vittima un «concreto pericolo»

Il tentato omicidio si configura qualora sia individuabile nella condotta dell’agente la presenza dell’animus necandi, indipendentemente dal concreto pericolo di vita della vittima.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 5299/18, depositata il 5 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Milano confermava la condanna, emessa dal GIP della medesima città, nei confronti di un soggetto per tentato omicidio della compagna, avendola questi prima colpita a pugni e poi accoltellata ripetutamente all’addome. L’appellante ricorre per cassazione denunciando l’errato riconoscimento dell’ animus necandi nella propria condotta, nonché la mancata concessione delle circostanze attenuanti relative al particolare stato emotivo e passionale al momento della commissione del fatto. L’animus necandi e le attenuanti. Il Supremo Collegio ribadisce che per la configurabilità del tentato omicidio risulta necessaria la sussistenza di elementi tali da far emergere l’ animus necandi dell’agente, tra cui la parte del corpo – ricca di organi vitali – colpita, la direzione dei colpi, l’arma utilizzata e l’intensità dei colpi, a nulla rilevando la dedotta assenza di concreto pericolo di vita della vittima . Correttamente la Corte d’Appello non solo ha ravvisato la sussistenza dei precedenti elementi indicativi dell’ animus necandi ma ha ritenuto di non riconoscere dette attenuanti particolare stato emotivo e passionale al momento della commissione dell’atto , valorizzando in chiave negativa il comportamento processuale e la non causazione da parte della vittima dei predetti stati , poiché nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli , essendo sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione . La Corte pertanto dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 giugno 2017 – 5 febbraio 2018, n. 5299 Presidente Di Tomassi – Relatore Esposito Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 04/02/2016 la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del G.I.P. del Tribunale di Milano dell’11/05/2015 di condanna alla pena di anni sei e mesi otto nei confronti di P.A. per il reato di cui agli artt. 56 e 575 cod. pen. tentato omicidio di C.J. - in omissis . Dopo una lite per motivi di gelosia, il P. colpiva la compagna con un pugno allo zigomo sinistro, provocandone la caduta sul pavimento e, subito dopo, afferrato un coltello da cucina, la colpiva ripetutamente all’addome provocandone ferite d’arma bianca multiple, con eviscerazione e una lesione tendinea al polso sinistro, per poi rivolgere il coltello verso sé stesso e tentare di suicidarsi. 2. Il P. , a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per Cassazione avverso tale sentenza sulla base dei motivi di impugnazione di seguito riportati. 2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al requisito dell’idoneità degli atti ed alla totale pretermissione dei risultati della consulenza medico - legale presentata dalla difesa. La difesa esclude che le modalità del fatto abbiano potuto porre in concreto pericolo il bene protetto dalla disposizione incriminatrice in esame, essendosi limitata la Corte territoriale alla formulazione di un giudizio parziale ed astratto circoscritto solo ad alcuni parametri di valutazione. La Corte di merito, pur ritenendo assolutamente necessaria l’acquisizione della consulenza medica presentata dalla difesa, ha disatteso gli esiti ivi riportati, secondo cui la C. nel periodo di osservazione e durante l’intervento chirurgico, non ha mai presentato grave perturbamento dei parametri emodinamici, respiratori e neurologici sì da far prospettare, in concreto, un’evoluzione letifera della malattia . 2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 62 bis e 133 cod. pen. in relazione all’esclusione degli stati emotivi e passionali quale elemento a sostegno della concedibilità delle circostanze attenuanti generiche. La difesa, a sostegno della tesi della possibilità di riconoscere le attenuanti generiche, evidenzia l’assenza di precedenti penali e di polizia, il corretto comportamento durante la detenzione e lo stato di alterazione psichica del P. . Erroneamente in sentenza la rilevanza dei predetti stati è stata esclusa in considerazione della sua mancata diretta causazione da parte della vittima del reato, presupposto però non previsto dalla legge per escluderne la sua rilevanza. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La Corte di appello ha legittimamente disposto l’acquisizione della perizia di parte, inserita nell’ambito di documentazione o di note difensive, a prescindere dalla ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 603 cod. proc. pen L’obbligo di motivazione non impone al giudice di confutare argomentazioni difensive, quando, tenuto conto dell’intero quadro probatorio, abbia dato sufficiente giustificazione dell’iter logico e delle scelte operate sulla base della legge. La circostanza dell’acquisizione della perizia medico - legale di parte, pertanto, non comportava l’assoluta necessità di valutarne espressamente gli esiti. In ogni caso, nel rispetto dei principi elaborati da questa Corte in tema di prova del dolo nel tentato omicidio, la Corte di appello ha ravvisato la sussistenza dei seguenti elementi indicativi dell’animus necandi parte del corpo attinta addome e zona mammaria sinistra ricca di organi vitali potenzialità lesiva dell’arma coltello da cucina con lunga lama direzione dei colpi, profondità della penetrazione della lama nell’addome della vittima intensità dei colpi tali da provocare la fuoriuscita di organi interni numero dei colpi inferti tentativo di impedire alla vittima di fuggire . Non rileva, peraltro, la dedotta assenza di concreto pericolo di vita della vittima. In tema di delitto tentato, infatti, il giudizio di idoneità degli atti consiste in una prognosi compiuta ex post con riferimento alla situazione, che si presentava all’imputato al momento dell’azione, in base alle condizioni meramente prevedibili nel caso particolare, che non può essere condizionata dagli effetti realmente raggiunti Sez. 1, n. 32851 del 10/06/2013, Ciancio Cateno, Rv. 256991, in fattispecie identica Sez. 1, n. 39293 del 23/09/2008, Di Salvo, Rv. 241339 . 2. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. In linea di principio, questa Corte ha affermato che gli stati emotivi o passionali, pur non escludendo né diminuendo l’imputabilità, possono essere considerati dal giudice ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, in quanto essi influiscono sulla misura della responsabilità penale Sez. 1, n. 7272 del 05/04/2013, dep. 2014, Disha, Rv. 259160 Sez. 1, n. 2897 del 15/11/1982, dep. 1983, Antonucci, Rv. 158296 . Nella fattispecie, la Corte territoriale, ripercorrendo le argomentazioni di cui alla sentenza di primo grado, ha ritenuto di non riconoscere dette attenuanti, valorizzando in chiave negativa il comportamento processuale e la non causazione da parte della vittima dei predetti stati. Ebbene, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, Jebali, Rv. 268475 Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826 Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899 Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691 . 3. Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e - non sussistendo ragioni di esonero - al versamento della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila Euro in favore della Cassa delle ammende.