Le 24 ore decorrono dalla materiale esecuzione del fermo

In tema di misure precautelari, il termine di 24 ore entro il quale la polizia giudiziaria deve mettere l'arrestato o il fermato a disposizione del PM, decorre dalla materiale esecuzione del fermo, con la conseguenza che nel computo di tale termine è compreso anche il trattenimento in commissariato, che, in quanto idoneo ad integrare una misura restrittiva della libertà personale, è equiparato alla figura del fermo.

Lo ha ribadito la Prima Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5157/18, depositata il 2 febbraio. Le misure precautelari l’arresto Le misure dell’arresto in flagranza e del fermo di indiziato di delitto sono definite misure precautelari. Le regole sottese ai due istituti sono condivise e sono, inoltre, consentite soltanto in relazione a determinate fattispecie di reato. Nell’individuazione di quest’ultime, la legge fa riferimento ai minimi e massimi edittali, talvolta procede alla loro elencazione nominale. L’arresto è obbligatorio quando si tratti di delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a vent’anni art. 380, comma 1 , nonché nei casi in cui si tratti di delitto espressamente elencato al comma 2 dell’art. 380, il quale ricomprende i delitti lesivi di beni giuridici di primaria importanza. Altre ipotesi di arresto obbligatorio sono previste in leggi speciali. L’arresto è invece facoltativo nei casi di delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a 3 anni, ovvero di un delitto non colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni art. 381, comma 1 . Anche l’art. 381 al comma 2 prevede un elencazione ad hoc di delitti cui comunque si applica l’arresto facoltativo. e il fermo di indiziato di delitto. Il Pubblico Ministero ha il potere di disporre il fermo. Gli ufficiali ed agenti di P.g. fermano in autonomia un soggetto solo prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini, o nelle particolari situazioni di urgenza previste dalla legge. L’istituto del fermo di indiziato di delitto è direttamente legato alla sussistenza del requisito del pericolo di fuga, per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni, ovvero di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico. La locuzione persona gravemente indiziata va intesa nel senso che a carico del fermato devono sussistere gli stessi gravi indizi di colpevolezza che legittimerebbero – ai sensi dell’art. 273 c.p.p. – l’adozione di una misura cautelare. I limiti delle misure precautelari. Nel caso di specie, la Prima Sezione della Suprema Corte ha ribadito che, in tema di arresto o fermo, il termine di 48 ore entro il quale la polizia giudiziaria deve mettere l'arrestato o il fermato a disposizione del p.m. decorre dal momento della materiale apprensione della persona e non da quello della redazione del verbale, che rappresenta soltanto la forma di documentazione dell'attività compiuta. Più in generale, ai fini della tempestività della richiesta di convalida di arresto o di fermo, deve farsi riferimento al momento in cui detta richiesta perviene all'ufficio destinatario, anche se in orario di chiusura al pubblico o in giorno festivo. Peraltro, in tema di convalida dell'arresto o del fermo, qualora, non essendo stato notificato al difensore di fiducia l'avviso della data fissata per la relativa udienza, in sede di interrogatorio nè il difensore presente anche se designato di ufficio nè l'indagato eccepiscano la nullità, che è di ordine generale, ma a regime intermedio, l'invalidità rimane sanata, con la conseguenza che l'interrogatorio è valido e la misura cautelare successivamente disposta efficace. In altre parole, l'omessa notifica al difensore di fiducia dell'avviso di fissazione dell'udienza di convalida dell'arresto integra una nullità d'ordine generale a regime intermedio, che è sanata qualora né l'indagato né il difensore nominato d'ufficio la eccepiscano tempestivamente. A livello procedurale, qualora, prima della conclusione della fase di convalida incardinata presso il giudice del luogo del fermo, il PM presso il giudice competente a conoscere del procedimento chieda ed ottenga dal proprio GIP una ordinanza custodiale per gli stessi fatti, tale ultimo provvedimento prevale” sul provvedimento cautelare di seguito emesso dal giudice della convalida.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 novembre 2017 – 2 febbraio 2018, n. 5157 Presidente Mazzei – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Foggia convalidava il fermo di indiziato di delitto e applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di K.V. , N.S. e Y.V. per il delitto di concorso in immigrazione clandestina di trentotto soggetti di etnia curda, a norma degli articoli 110 cod. pen., 12, comma 3, lett. a e d , d.lgs. n. 286 del 1998, accertato in omissis . 2. Ricorrono con unico atto K.V., N.S. e Y.V., personalmente. Essi chiedono l’annullamento dell’ordinanza di convalida del fermo, denunciando la violazione di legge in relazione ai termini per la convalida, essendo stati materialmente fermati fin dalle ore 9,00 del 8 giugno 2017, e dell’ordinanza cautelare, denunciando la violazione dell’articolo 1240 cod. nav. con riguardo alla competenza territoriale, avendo l’imbarcazione attraccato nel porto di Bari. 2.1. Con i motivi aggiunti del 6 novembre 2017 il difensore denuncia la violazione di legge, in relazione all’art. 6 cod. pen., 110 della Convenzione di Montego Bay, per il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana, essendo l’imbarcazione, battente bandiera statunitense, stata illegittimamente abbordata in acque internazionali. Considerato in diritto 1. Osserva il Collegio che i ricorsi, che hanno per oggetto l’ordinanza di convalida del fermo - impugnabile unicamente con tale mezzo a norma dell’art. 391, comma 4, secondo periodo, cod. proc. pen. -, e l’ordinanza cautelare -impugnata per saltum a mente dell’art. 311, comma 2, cod. proc. pen. -, sono infondati. 1.1. È opportuno premettere che trentotto migranti di origine curda, privi dei necessari documenti di viaggio, venivano ritrovati alle ore 4 15 del giorno omissis in località omissis , essendo sbarcati da un’imbarcazione a vela che si era immediatamente diretta verso il largo. Alle successive 6 00 del giorno omissis , l’imbarcazione dalla quale erano verosimilmente sbarcati i migranti veniva avvistata al largo delle coste del . Alle 7 20 del giorno omissis i militari della Guardia di Finanza effettuavano un primo accesso sull’imbarcazione che stava cercando di allontanarsi dalle coste italiane nell’occasione era possibile identificare nei tre prevenuti i soggetti che si trovavano a bordo dell’imbarcazione. A seguito dell’ordine impartito dal Pubblico ministero, alle successive 9 00 del giorno omissis i militari effettuavano un nuovo abbordaggio dell’imbarcazione alle successive ore 16 15 venivano redatti, a bordo del pattugliatore della Guardia di Finanza, i verbali di perquisizione dei prevenuti. Alle ore 9 17 del omissis il Pubblico ministero di Foggia disponeva il fermo di indiziato di delitto dei tre prevenuti. Il decreto di fermo veniva eseguito alle ore 14 00 del omissis . L’imbarcazione veniva rimorchiata verso il porto di omissis , ma alle ore 16 45, a causa della perdita del timone, i militari decidevano di trasferire l’imbarcazione al più vicino porto di , dove giungeva alle ore 19 00 del omissis . Alle ore 12 45 del omissis veniva depositata la richiesta del Pubblico ministero di convalida del fermo e di applicazione di misure cautelari. Alle ore 9 30 del omissis veniva tenuta l’udienza di convalida del fermo, all’esito della quale il Giudice per le indagini preliminari convalidava il provvedimento restrittivo ed emetteva l’ordinanza cautelare. 2. Prima di analizzare le questioni di giurisdizione e di competenza è opportuno definire i concetti di mare territoriale, di zona contigua e di inseguimento . 2.1. Fa parte del territorio dello Stato, a norma dell’art. 4 cod. pen., il mare territoriale che si estende, secondo l’art. 2 cod. nav., fino a dodici miglia marine dalla costa e che comprende i golfi, i seni e le baie quando la distanza tra i punti estremi di essi non superi le ventiquattro miglia marine e, negli altri casi, la porzione del golfo compresa tra i due punti foranei distanti ventiquattro miglia tra loro. L’art. 2 cod. nav. fa salve - ai fini della determinazione del mare territoriale - le disposizioni delle convenzioni internazionali a tale proposito va precisato che, fino alla firma della Convenzione della Nazioni Unite sul Diritto del Mare firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 il cui testo - in lingua italiana con traduzione non ufficiale - si trova all’annesso G della l. 2 dicembre 1994, n. 689 , in campo internazionale era molto controversa l’estensione del mare territoriale, pur trovandosi un sostanziale accordo sulla estensione per dodici miglia dalla costa si veda la Convenzione di Ginevra 29 aprile 1958 sull’alto mare, resa esecutiva con l. 8 dicembre 1961, n. 1658 . Dopo la firma della citata Convenzione di Montego Bay e dell’Accordo di applicazione fatto a New York il 29 luglio 1994, gli Stati sono autorizzati a fissare la larghezza del proprio mare territoriale fino a un limite massimo di dodici miglia marine, misurate a partire dalle linee di base determinate conformemente alla Convenzione stessa art. 3 . 2.2. Nella zona contigua al mare territoriale, dell’estensione massima di ulteriori dodici miglia marine, ovvero di ventiquattro miglia dalla linea di base da cui si misura la larghezza del mare territoriale, lo Stato può esercitare l’attività di repressione e prevenzione dei reati. Non vi è, infatti, un obbligo internazionale di limitare l’efficacia della legge penale al mare territoriale, potendosi estenderla alla zona contigua Sez. 3, Sentenza n. 12069 del 10/05/1978, Pasqualino, Rv. 140087 . In materia doganale vige, in effetti, il principio - dettato dall’art. 29, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 - secondo cui è sottoposta a vigilanza doganale la zona costituita dalla fascia di mare che si estende dalla linea doganale fino al limite esterno del mare territoriale nel senso che il reato è stato commesso nel territorio dello Stato quando ivi sia stata avvistata l’imbarcazione poi fermata oltre la linea di sorveglianza doganale, si veda Sez. 3 n. 7817 del 19/01/1978, Guglielmi, CED 139410 . 2.3. È, ora, necessario definire il concetto di inseguimento . La Convenzione di Montego Bay art. 111 attribuisce allo Stato il diritto d’inseguimento della nave straniera anche in alto mare e, quindi, oltre la zona contigua e il mare territoriale, purché detto inseguimento sia iniziato in tali zone e sempre che non sia stato interrotto, quando abbia fondati motivi di ritenere che la stessa abbia violato le sue leggi Sez. 1, n. 32960 del 05/05/2010, Kircaoglu, Rv. 248268, secondo la quale in tema di reati consumati in acque internazionali, per i quali vi sia un rapporto di connessione con reati commessi nel mare territoriale, il diritto di inseguimento e il principio della cosiddetta presenza costruttiva consentono - in virtù dell’art. 23 della Convenzione di Ginevra sull’alto mare del 29 aprile 1958, ratificata con legge 8 dicembre 1961, n. 1658 - di inseguire una nave straniera che abbia violato le leggi dello Stato rivierasco, purché l’inseguimento stesso sia iniziato nel mare territoriale, o nella zona contigua, e sia proseguito ininterrottamente nelle acque internazionali, fino all’intercettamento dell’imbarcazione inseguita . 3. Ciò premesso, la questione di giurisdizione è del tutto infondata. Il reato, infatti, è stato commesso in , perché in - parte del territorio italiano, a norma dell’art. 4 cod. pen. - sono stati sbarcati i cittadini clandestini, così giungendo a perfezionamento - a mente dell’art. 6 cod. pen. - il delitto contestato, a nulla rilevando che, poi, gli autori del fatto si siano allontanati dalle coste del nostro Paese. Per altro verso, è pure infondata la questione, posta con riguardo all’art. 110 della Convenzione di Montego Bay, che riguarderebbe, semmai l’abbordaggio effettuato in alto mare e non certo la giurisdizione per i fatti commessi in Italia. Come si è visto, infatti, soccorre la previsione dell’art. 111 della citata Convenzione relativa al diritto di inseguimento , essendo la nave straniera stata avvistata all’interno del mare territoriale, ovvero della zona contigua, e costantemente inseguita dalle navi militari italiane che hanno, infine, provveduto all’abbordaggio in acque cd internazionali . 4. Anche la questione di competenza, che è ammissibile in sede di legittimità, è però infondata. 4.1. Con riguardo all’ammissibilità della questione si è condivisibilmente affermato che in materia cautelare, l’eccezione sull’incompetenza territoriale dell’autorità giudiziaria procedente può essere sollevata per la prima volta anche con il ricorso per cassazione, purché il ricorrente adempia all’obbligo di specificità nella deduzione dei motivi e non fondi le sue lamentele su elementi di fatto mai introdotti dinanzi al giudice del merito, ovvero sui quali sia necessario procedere a valutazioni o ad accertamenti comunque inammissibili nel giudizio di legittimità Sez. 6, n. 2336 del 07/01/2015, Pretner Calore, Rv. 262081 . 4.2. La questione di competenza è, però, infondata. L’invocata disposizione dell’art. 1240 cod. nav., che regola la competenza territoriale per i reati commessi all’estero ovvero fuori del mare o dello spazio aereo territoriale , non è applicabile nel caso di specie. L’imbarcazione è stata avvistata e seguita senza soluzione di continuità mentre si trovava nel mare territoriale, con ciò determinandosi sia la giurisdizione italiana Sez. 1, n. 29182 del 18/03/2011, Kaplin, Rv. 250800, ha stabilito che nel caso di violazione delle leggi sull’immigrazione, l’art. 33 della parte II, sezione IV della Convenzione delle Nazioni unite di Montego Bay sul diritto del mare del 10 dicembre 1982, ratificata con legge 2 dicembre 1994, n. 689, consente allo Stato costiero di esercitare il controllo sulla zona contigua fino ad un massimo di 24 miglia dalla linea di base da cui si misura la larghezza del mare territoriale, con la conseguenza che deve ritenersi legittimo, ai sensi dell’art. 111, parte VII, della medesima Convenzione, l’inseguimento di un natante che effettui trasporto clandestino di extracomunitari, iniziato entro le 24 miglia e proseguito in acque internazionali sia la competenza del luogo di avvistamento in Vieste, circondario di Foggia Sez. 3, n. 1059 del 16/05/1969, Serbo, Rv. 112630, ha stabilito che il mare territoriale, quanto alla determinazione della competenza per territorio, si fraziona in tante zone quante sono, lungo il litorale, le circoscrizioni giudiziarie con le quali si trova in rapporto di contiguità e le zone stesse si delimitano, tracciando le perpendicolari dai punti estremi delle singole circoscrizioni verso l’alto mare, sino a giungere alla linea orizzontale di demarcazione, oltre la quale c’è il mare libero . Conclusivamente, l’invocata disposizione dell’art. 1240 cod. nav. non può trovare applicazione nel caso di specie perché la regola di competenza ivi descritta si applica unicamente ai reati previsti dal presente codice e non anche al delitto di cui all’art. 12 d.lgs. n. 286/1998. 5. Tanto premesso, non sussiste alcuna violazione del termine per l’emissione dell’ordinanza di convalida del fermo. La giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata ad affermare che in tema di misure precautelari, il termine di 24 ore entro il quale la polizia giudiziaria deve mettere l’arrestato o il fermato a disposizione del P. M. decorre dalla materiale esecuzione del fermo, con la conseguenza che nel computo di tale termine è compreso anche il trattenimento in commissariato, che, in quanto idoneo ad integrare una misura restrittiva della libertà personale, è equiparato alla figura del fermo Sez. 3, Sentenza n. 42829 del 10/10/2003, Boschet, Rv. 227301 . Infatti, per costante giurisprudenza di legittimità in tema di arresto o fermo, il termine di quarantotto ore entro il quale la polizia giudiziaria deve mettere l’arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero decorre dal momento della materiale apprensione della persona e non da quello della redazione del verbale, che rappresenta soltanto la forma di documentazione dell’attività compiuta Sez. 4, Sentenza n. 4227 del 24/11/1999 dep. Jovanovic, Rv. 216467 . Nel caso di specie, in effetti, i prevenuti, che si trovavano a bordo dell’imbarcazione abbordata dalla Guardia di Finanza per ragioni di controllo delle frontiere marine, sono rimasti liberi nella persona fino all’esecuzione del provvedimento di fermo disposto dal Pubblico ministero, non potendo di fatto allontanarsi a causa delle attività di polizia di frontiera che erano in corso in alto mare. Ad avviso del Collegio, pertanto non rileva, ai fini della decorrenza del termine di cui all’art. 386 cod. proc. pen., la parziale limitazione della libertà di movimento subita dai prevenuti mentre si trovavano a bordo della propria imbarcazione abbordata in alto mare dai militari della Guardia di Finanza, poiché si è trattato di una limitazione relativa, avente per oggetto il mezzo nautico e le connesse attività di controllo di esso, senza che gli occupanti dello stesso siano stati fisicamente limitati nella libertà personale, costretti o segregati in altro modo, a nulla rilevando la circostanza che, a causa del controllo di polizia e della localizzazione dell’imbarcazione, gli stessi non potessero allontanarsi o darsi alla fuga, essendo stata legittimamente abbordata l’imbarcazione a norma degli artt. 110 e 111 della Convenzione di Montego Bay. 6. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen