Un mal di schiena non può essere dedotto come legittimo impedimento a comparire

Nella valutazione dell’istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento dell’imputato a comparire in udienza, il giudice di merito può disattendere il certificato medico prodotto a sostegno dell’istanza.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5176/18, depositata il 2 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Salerno riformava parzialmente la sentenza di primo grado assolvendo l’imputato dall’accusa di ingiuria con la formula perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, rideterminando per il resto la pena comminata. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione il difensore dolendosi, per quanto d’interesse, per il mancato differimento dell’udienza dibattimentale di primo grado richiesto per un legittimo impedimento dell’imputato a comparire, richiesta già negata dalla Corte territoriale. Nel dettaglio, il ricorrente lamenta la mancata valutazione delle circostanze fattuali allegate con il motivo di gravame che avrebbero dovuto portare appunto al rinvio dell’udienza proprio per il fatto che l’imputato era affetto da lambosciatalgia acuta e il luogo della sua residenza distava più di 50 km dalla sede del tribunale, con l’ovvia conseguenza che non si poteva ritenere possibile un viaggio così lungo . Certificato medico. La doglianza risulta infondata in quanto, come ribadisce il Collegio, il giudice di merito può ritenere l’insussistenza dell’impedimento a comparire dell’imputato, dedotto mediante certificato medico, anche sulla base di nozioni di comune esperienza idonee a valutare la situazione e l’asserita impossibilità del soggetto portatore della prospettata patologia a comparire in udienza se non a prezzo di un grave e non evitabile rischio per la propria salute . Il giudice ha dunque la possibilità di disattendere il certificato medico e dichiarare la contumacia dell’imputato, dovendosi pur sempre attenere alla natura dell’infermità e alla valutazione del carattere impeditivo della stessa. In conclusione, la sentenza in commento ripercorre i principi fissati dalla giurisprudenza sul tema. In primo luogo, il legittimo impedimento deve essere grave e assoluto, ma anche attuale e cioè deve sussistere in relazione all’udienza per la quale l’imputato è citato. Inoltre, il giudice non può considerarsi tenuto a disporre accertamenti fiscali per l’accertamento dell’impedimento e dunque per sopperire all’insufficienza della documentazione prodotta, purchè dia ragione del suo convincimento di non assolutezza dell’impedimento con motivazione logica e corretta . Infine, è legittimo il diniego della richiesta di rinvio per impedimento dell’imputato a comparire nel caso in cui il certificato medico prodotto si limiti ad indicare l’infermità e la prognosi senza indicare la serietà e gravità dell’impedimento. Tornando al caso di specie, correttamente il giudice di prime cure aveva rigettato l’istanza ritenendo l’inidoneità del certificato medico prodotto, così come la Corte d’Appello aveva affermato che la patologia allegata non costituiva un impedimento assoluto a comparire poiché agevolmente fronteggiabile con terapia idonea a non impedire a che ne soffra di essere condotto in aula . Destituite di fondamento anche le censure di merito, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 dicembre 2017 – 2 febbraio 2018, n. 5176 Presidente Settembre – Relatore Amatore Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Salerno - in parziale riforma della sentenza di condanna per i reati di cui all’art. 594 cod. pen. e 81 cpv. e 610, medesimo codice, emessa nei confronti dell’odierno ricorrente dal Tribunale di Salerno in data 23.5.2014 - ha assolto l’imputato dal reato di cui all’art. 594 cod. pen. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e ha rideterminato per l’effetto la pena per i residui reati di cui agli artt. 610 cod. pen. in complessivi mesi tre di reclusione, confermando, nel resto, la predetta sentenza così impugnata. Avverso la predetta sentenza ricorre l’imputato, per mezzo del suo difensore, depositando due ricorsi a firma dell’Avv. Allegro e affidando la sua impugnativa, in entrambi i ricorsi, a tre motivi di doglianza coincidenti nei due predetti atti di impugnativa. 1.1 Denunzia il ricorrente, con il primo motivo, violazione di legge ed in particolare di norme processuali, in relazione agli artt. 178, lett. c, e 420 ter cod. proc. pen., per il mancato differimento della udienza dibattimentale in primo grado del 15 giugno 2012 richiesto dalla difesa dell’imputato per un legittimo ed assoluto impedimento a comparire di quest’ultimo. Osserva la difesa che la Corte distrettuale aveva negato la legittimità del richiesto rinvio in ragione della mancanza del requisito dell’assolutezza della impedimento, avendo precisato che la dichiarata e certificata lombosciatalgia fosse arginabile con la somministrazione di medicinali e non ostativa comunque al trasporto dell’imputato in udienza. Osserva sempre la difesa che, ancorché fosse corretto il principio di diritto richiamato nella sentenza impugnata in tema di legittimo impedimento, tuttavia il giudice di appello non aveva correttamente applicato lo stesso nel caso di specie, incorrendo nella denunziata violazione di legge e nel lamentato vizio argomentativo. Più in particolare, lamenta il ricorrente la mancata valutazione delle circostanze fattuali, pur allegante nel relativo motivo di gravame, che avrebbero consigliato la Corte di merito ad una diversa valutazione dell’impedimento allegato nei termini richiesti dalla difesa, giacché l’imputato era affetto da lombosciatalgia acuta e il luogo della sua residenza distava più di 50 km dalla sede del tribunale, con l’ovvia conseguenza che non si poteva ritenere possibile un viaggio così lungo a soggetto nelle descritte condizioni patologiche, se non a costo di una gravissima sofferenza e di un aggravamento delle condizioni di salute del ricorrente stesso. 1.2 Con il secondo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b, cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in riferimento agli artt. 81 e 131 bis cod. pen. e comunque vizio argomentativo sul medesimo punto di doglianza. Sostiene di aver richiesto espressamente l’applicazione dell’istituto di nuovo conio di cui all’art. 131 bis cod. pen. in un motivo di gravame. Osserva la difesa, inoltre, l’erroneità, in punto di diritto, del diniego dell’applicazione della predetta causa di non punibilità espresso dalla Corte territoriale in ragione dell’affermata mancanza del requisito della non abitualità delle condotte in relazione all’affermata applicazione della continuazione tra i due delitti di violenza privata contenuti nel capo di imputazione. Deduce sempre la difesa che, nel caso di specie, non sarebbe applicabile l’istituto della continuazione tra i due delitti di violenza privata oggetto di contestazione stante, da un lato, lo iato temporale esistente tra le due condotte contestate e la diversità soggettiva delle persone offese dai due reati e, dall’altro, la insufficienza della medesimezza del bene giuridico tutelato per la configurabilità della continuazione che invece richiede la ragionevole prevedibilità ex ante delle violazioni e non la mera occasionalità delle stesse. Si evidenzia che, al più, sarebbero rintracciabili nel caso di specie due distinti illeciti della medesima indole e non già due condotte avvinte dal vincolo della continuazione, come tali non ostative all’applicazione del richiesto beneficio. 1.3 Con il terzo motivo si denunzia il vizio argomentativo della sentenza in ordine alla configurabilità dei reati di cui all’art. 610 cod. pen Denunzia, più in particolare, l’illogicità della motivazione laddove, da un lato, aveva affermato che le condotte ostative poste in essere dall’imputato nel parcheggiare la sua autovettura innanzi al cancello del residence della persona offesa erano state temporalmente limitate a poche decine di minuti e, dall’altro, aveva evidenziato nel medesimo contesto argomentativo la pervicacia nella commissione del predetto illecito. Considerato in diritto 2. Il ricorso è inammissibile. 2.1 Già il primo motivo di doglianza si presenta come manifestamente infondato e comunque articolato in fatto, e come tale in modo inammissibile. 2.1.1 Sul punto, è utile ricordare che il giudice di merito può ritenere l’insussistenza dell’impedimento a comparire dell’imputato, dedotto mediante l’allegazione di certificato medico, anche facendo meramente ricorso a nozioni di comune esperienza idonee a valutare l’impossibilità del soggetto portatore della prospettata patologia di essere presente in giudizio, se non a prezzo di un grave e non evitabile rischio per la propria salute Sez. 5, n. 44369 del 29/04/2015 - dep. 03/11/2015, Romano, Rv. 26581901 fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che aveva escluso la sussistenza dell’impedimento a comparire dell’imputata, che aveva addotto di essere affetta da lombosciatalgia , evidenziando che tale patologia non costituisce un impedimento assoluto a comparire, in quanto fronteggiabile con medicinali e non ostativa al trasporto con mezzi adeguati, oltre che non idonea a determinare una incapacità di stare in giudizio ex art. 70 cod. proc. pen. . Peraltro, va precisato - in termini generali e sempre in riferimento ai poteri valutativi del giudice rispetto alle ragioni di salute documentate in un certificato medico prodotto a sostegno della richiesta di rinvio dell’udienza - che le stesse Sezioni Unite, già da tempo Sez. U, n. 36635 del 27/09/2005, Gagliardi, Rv. 231810 , hanno avuto modo di affermare che, in tema di impedimento a comparire dell’imputato, il giudice, nel disattendere un certificato medico ai fini della dichiarazione di contumacia, deve attenersi alla natura dell’infermità e valutarne il carattere impeditivo, potendo pervenire ad un giudizio negativo circa l’assoluta impossibilità a comparire disattendendo, con adeguata valutazione del referto, la rilevanza della patologia da cui si afferma colpito l’imputato. E, in ordine a tale necessaria valutazione, questa Corte ha fissato i seguenti principi a il legittimo impedimento a comparire dell’imputato, oltre che grave e assoluto, deve presentare il carattere dell’attualità e cioè deve sussistere in relazione all’udienza per la quale egli è stato citato, in quanto l’impossibilità a presenziare alla stessa deve risultare dagli elementi addotti, come non altrimenti superabile Sez. 5, n. 43373 del 06/10/2005, Fontana, Rv. 233079 Sez. 5, n. 3392 del 14/12/2004, Curaba, Rv. 231406 b inoltre, il giudice di merito non ha alcun obbligo di disporre accertamenti fiscali per accertare l’impedimento dell’imputato a comparire al dibattimento, al fine di completare la insufficiente documentazione prodotta, purché dia ragione del suo convincimento di non assolutezza dell’impedimento con motivazione logica e corretta Sez. 6, n. 36636 del 03/06/2014, F, Rv. 260814 Sez. 5, n. 3400 del 15/12/2004, Sabino, Rv. 231410 Sez. 2, n. 10731 del 22/09/1998, Bevilacqua, Rv. 211660 Sez. 4, n. 9530 del 09/10/1996, Pochetti, Rv. 206968 c infine, è stata ribadita la legittimità del provvedimento di diniego della richiesta di rinvio per impedimento dell’imputato a comparire, in ipotesi di produzione di un certificato medico che si limiti ad attestare l’infermità e la prognosi, senza indicare la serietà e gravità dell’impedimento Sez. 6, n. 20811 del 12/05/2010, S., Rv. 247348 . Così come è stato ritenuto necessario che vi sia nel certificato medico anche una attestazione in ordine alla impossibilità assoluta di comparire Sez. 2, n. 42595 del 27/10/2009, Errico, Rv. 255119 . 2.1.2 Ciò posto, va rilevato che nel caso in esame risulta presentato nel giudizio di primo grado un certificato medico riferito all’imputato ed attestante la circostanza che fosse affetto da una lombosciatalgia. Ed invero, il giudice di prime cure ha rigettato l’istanza di rinvio della udienza, ritenendo che il certificato prodotto non fosse idoneo a provare l’assoluto impedimento dell’imputata a comparire e la Corte d’Appello, in seguito ad analogo motivo di doglianza, ha evidenziato che la patologia allegata non costituisce impedimento assoluto a comparire, in quanto è agevolmente fronteggiabile con terapia idonea a non impedire a chi ne soffra di essere condotto in aula. Tale decisione, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte, di cui si è sopra dato conto, deve considerarsi assolutamente corretta, in quanto esente da vizi logici e di metodo e, comunque, implicante valutazioni di merito certamente non censurabili in questa sede cfr. anche Sez. 6, n. 36636 del 03/06/2014, F, Rv. 260814 . Ne consegue la inammissibilità del primo motivo di doglianza. 2.2 Ma anche il secondo motivo di doglianza è manifestamente infondato e comunque, anche in questo caso, formulato in modo inammissibile. 2.2.1 Sul punto, va precisato che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un’ipotesi di comportamento abituale , ostativa al riconoscimento del beneficio Sez. 5, n. 4852 del 14/11/2016 - dep. 01/02/2017, De Marco, Rv. 26909201 . In realtà, non si individua, nel testo della disposizione di cui all’art. 131-bis, comma 3, cod. pen. alcun indizio che consenta di ritenere che l’indicazione di abitualità presupponga un pregresso accertamento in sede giudiziaria dei reati della stessa indole Sez. 3, n. 43816 del 01/07/2015 - dep. 30/10/2015, Amodeo, Rv. 26508401 Sez. 3, n. 29897 del 28/05/2015 -dep. 13/07/2015, Gau, Rv. 26403401 . Una tale lettura si appalesa, oltretutto, in linea con il principio di non meritevolezza di pena per un fatto oggettivamente tenue che innerva l’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen., poiché risponde alla logica indicata che il soggetto che abbia violato più volte la stessa o più disposizioni penali sorrette dalla medesima ratio puniendi non possa avvantaggiarsi della menzionata causa di non punibilità, atteso che, in tale evenienza, è la stessa norma a considerare il fatto , secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola, connotato, nella sua dimensione plurima , da una gravità tale da non potere essere considerato di particolare tenuità Sez. 5, n. 26813 del 10/02/2016 Ud. dep. 28/06/2016 Rv. 267262 cfr. anche Sez. 2, n. 1 del 15/11/2016 - dep. 02/01/2017, Cattaneo, Rv. 26897001 . Ciò premesso, osserva la Corte come, nel caso di specie, il giudice impugnato abbia correttamente applicato il principio sopra ricordato e qui di nuovo riaffermato con ciò escludendosi in nuce la ipotizzata violazione di legge sostanziale , ritenendo correttamente ostativa alla concessione del reclamato beneficio la sussistenza di più reati avvinti dalla continuazione. Ebbene, avverso tale coerente e corretta argomentazione la parte ricorrente introduce cesure in fatto dirette a contestare la sussistenza della continuazione, allegando pertanto doglianze all’evidenza inammissibili in questa sede di giudizio di legittimità. 2.3 Il terzo motivo di censura è inammissibile in ragione della sua genericità. 2.3.1 Sul punto ed in termini generali, giova ricordare che tra i requisiti del ricorso per cassazione vi è anche quello, sancito a pena di inammissibilità, della specificità dei motivi il ricorrente ha non soltanto l’onere di dedurre le censure su uno o più punti determinati della decisione impugnata, ma anche quello di indicare gli elementi che sono alla base delle sue lagnanze. Nel caso di specie il ricorso è inammissibile perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata ampia e logicamente corretta in punto di sussistenza del reato di cui all’art. 610 cod. pen., non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato. 2.3.2 Peraltro la motivazione impugnata risulta conforme alla giurisprudenza granitica di questa Corte in tema di consumazione del reato di violenza privata. Ed invero, è stato affermato con voce unanime dalla giurisprudenza di legittimità che l’elemento della violenza nella fattispecie criminosa di violenza privata si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza impropria , che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione Cass., Sez. 5, n. 11907 del 22/01/2010, Cavaleri . Più precisamente è stato anche affermato che integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura dinanzi ad un fabbricato in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l’accesso alla parte lesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione Cass., Sez. 5, n. 8425 del 20/11/2013 - dep. 21/02/2014, Iovino . 4. La declaratoria di inammissibilità non consente di rilevare la intervenuta prescrizione di una parte delle condotte avvinte dal vincolo della continuazione, come tale maturata dopo la sentenza di secondo grado. 5. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 2000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.