Timide aperture all’uso della PEC da parte della difesa nel processo penale e nel procedimento di convalida del DASPO

Il procedimento di convalida del DASPO presenta profili di autonomia rispetto al processo penale e vi è la peculiare necessità di regole che assicurino comunque le esigenze della difesa nella ristrettezza dei tempi stabiliti ad horas per la convalida. Inoltre l’art. 48 del Codice dell’Amministrazione Digitale equipara la PEC alla trasmissione postale a mezzo di lettera raccomandata. Ne consegue che la PEC può ritenersi produttiva di effetti solo se pervenuta alla cancelleria del giudice competente per la convalida e non già ove la stessa sia giunta alla cancelleria centrale del tribunale.

Con la pronuncia in commento sentenza n. 4764/18, depositata il 1° febbraio la Corte evidenzia gli attuali stretti limiti normativi che precludono di regola l’uso della PEC da parte della difesa nel processo penale, riconoscendo invece un più ampio margine all’utilizzo della stessa nel peculiare procedimento di convalida del DASPO con obbliga di firma. La questione di fondo. La vicenda che ha dato origine alla pronuncia in commento nasce da una ordinanza di convalida emessa dal GIP di Vicenza in ordine al provvedimento di DASPO emesso dal Questore a carico di alcuni tifosi del Cesena Calcio, con correlato obbligo di presentazione all’ufficio di polizia durante lo svolgimento di manifestazioni sportive che vedano coinvolta la squadra del Cesena Calcio. Avverso il provvedimento di convalida propone ricorso per cassazione il difensore dei diffidati” evidenziando la carenza totale di motivazione nell’ordinanza del GIP circa il contenuto di una memoria difensiva inviata dal medesimo mezzo PEC sia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di turno che alla cancelleria del GIP del Tribunale di Vicenza di turno. L’utilizzo della PEC nel processo penale. È dunque di tutta evidenza come la questione centrale involga l’ammissibilità o meno dell’utilizzo della PEC quale strumento della difesa per depositare ritualmente memorie difensive alla A.G. procedente. Nella propria requisitoria infatti il Procuratore Generale aveva concluso per l’inammissibilità del ricorso sul punto, stante la irritualità del deposito della memoria difensiva siccome non avvenuto in cancelleria ai sensi dell’art. 121 c.p.p Precisava, altresì, il P.G. che la mancata diretta disponibilità da parte del GIP della casella di PEC impediva la possibilità di applicare al caso di specie i principi enunciati dalla giurisprudenza in caso di utilizzo del fax. Sul punto era, poi, seguita la replica del difensore che aveva sostenuto la ritualità del deposito mezzo PEC, in quanto detta soluzione sarebbe stata oggetto di precisa intesa – verbale – intercorsa con la cancelleria del GIP. La prima questione che si pone dunque la Cassazione è verificare l’ammissibilità, o meno, dell’utilizzo della PEC nel processo penale. Evidenziano gli Ermellini la scarsità di fonti normative sul punto, che si esauriscono nell’art. 16 d.l. n. 179/2012 il quale, tuttavia, attiene alle sole notificazioni da parte della cancelleria a persone diverse dall’imputato artt. 148-151 c.p.p. . Nessuna norma disciplina, dunque, l’utilizzo della PEC da parte della difesa per il deposito alla A.G. di propri atti od istanze. Sulla base di tali presupposti, ricorda la Cassazione, i Giudici di legittimità stessi hanno escluso l’ammissibilità del deposito mezzo PEC di istanze di rinvio per legittimo impedimento Cass. sez. II, 16 maggio 2017, n. 31314 , ovvero di memorie nel giudizio di Cassazione Cass. sez. II, 16 maggio 2017, n. 31336 ovvero il deposito della lista testi Cass. sez. III, 26 ottobre 2016, n. 6883 . Per contro, proseguono gli Ermellini, non mancano alcune decisioni che paiono presentare seppur timide aperture all’utilizzo della PEC, ad esempio nel caso di notifica fatta dal difensore dell’imputato a quello della persona offesa ai sensi dell’art. 299, comma 4- bis , c.p.p. Cass. sez. II, 11 gennaio 2017 n. 6320 ovvero nel caso di istanza di rinvio per legittimo impedimento inviata con PEC all’ufficio di cancelleria del giudice procedente Cass. sez. VI, 19 aprile 2017, n. 35217 . Invero, oltre a quelle menzionate dalla sentenza in commento, sono numerose le recenti pronunce che negano la ammissibilità del ricorso da parte del difensore o della parte privata alla PEC per il deposito di atti o istanze nel caso di deposito del ricorso per cassazione mezzo PEC Cass. sez. IV, 08 novembre 2017, n. 53561 , in ipotesi di deposito di opposizione a decreto penale di condanna mezzo PEC Cass. sez. III, 11 luglio 2017, n. 50932 , nella fattispecie di deposito di impugnazione di misura cautelare mezzo PEC Cass. sez. II, 15 giugno 2017, n. 32089 , nonché in linea generale per la notificazione, comunicazione o deposito di atti, memorie, istanze o impugnazioni Cass. sez. II, 16 maggio 2017, n. 31336 . Mentre invero scarni e timidi sono i precedenti non menzionati dalla Corte che paiono aprire spiragli alla ammissibilità così Cass. sez. II, 23 novembre 2017, n. 56392, ritiene non inammissibile, ma solo irregolare l’istanza di rinvio per legittimo impedimento pervenuta mezzo PEC. Consolidato pare solo l’orientamento che consente al difensore dell’imputato, nei casi previsti dalla legge, di notificare mezzo PEC, a quello della persona offesa, l’istanza volta ad ottenere la attenuazione della misura cautelare in essere. Va infine ricordato che con provvedimento della Cass. sez. IV, 27 ottobre 2016, n. 51961, la questione sulla ammissibilità dell’utilizzo della PEC per presentare impugnazione da parte della difesa è stata rimessa alle SS.UU. e sul punto non risulta ancora intervenuta decisione. Il maggior spazio nel procedimento di convalida del DASPO A conclusioni parzialmente difformi giungono gli Ermellini per quanto concerne il caso di specie, ossia l’utilizzo della PEC per il deposito di memoria difensiva al giudice che debba provvedere alla convalida del provvedimento di DASPO accompagnato dall’obbligo di presentazione alla PG. Osserva sul punto la Cassazione che, da un lato, l’art. 6, comma 2- bis , l. n. 401/1989, nel prevedere la facoltà di presentare memorie o deduzioni al giudice competente per la convalida, non impone espressamente che ciò debba avvenire con la formalità del deposito in cancelleria dall’altro lato, il procedimento de quo che incide sulla libertà personale ha natura cartolare ed informale e si caratterizza per la presenza di termini ad horas che non possono subire deroghe, neppure se cadono in giorni festivi, e rispetto ai quali deve essere garantito l’esercizio del diritto di difesa. Alla luce di tali dati e della riconosciuta equiparazione della PEC alla raccomandata da parte dell’art. 48 del Codice dell’Amministrazione digitale, la Corte pare concludere per l’ammissibilità nel procedimento de quo del deposito di memorie a mezzo PEC a condizione che ciò avvenga all’indirizzo PEC del giudice che procede e non a quello facente riferimento alla cancelleria centrale del tribunale. non garantisce tuttavia l’accoglimento del ricorso. Nonostante la ritenuta ammissibilità del deposito mezzo PEC della memoria nel procedimento in esame, ciò non appare sufficiente per pervenire all’accoglimento del ricorso. Osservano infatti gli Ermellini come il ricorrente abbia allegato al ricorso solo la prima pagina della memoria e nel ricorso abbia fatto solo generico richiamo al contenuto della stessa, non rendendo dunque possibile alla Cassazione apprezzare l’effettiva mancata valutazione da parte del GIP dei motivi dedotti nella memoria medesima, essendo plausibile che le motivazioni spese dal GIP nel proprio provvedimento investissero anche le argomentazioni difensive contenute nella memoria, pur non facendo esplicito riferimento alla stessa, ciò in base a consolidata giurisprudenza. Tanto basta alla Corte per rigettare il ricorso proposto. A prescindere dal caso in esame, si appalesa come sempre più indispensabile un intervento normativo sul punto volto a garantire alle parti private un uso legale e legittimo di uno strumento di comunicazione – qual è la PEC – di sempre più ampio utilizzo e che garantisce, senza dubbio, certezza, genuinità e provenienza della comunicazione in termini identici se non maggiori rispetto al deposito in cancelleria, con, al contempo, enormi risparmi di tempi, risorse personali e finanziarie.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 dicembre 2017 – 1 febbraio 2018, n. 4764 Presidente Fiale – Relatore Sarno Ritenuto in fatto C.C. e P.M.G. , destinatari del provvedimento di divieto di accesso nei luoghi in cu si svolgono competizione sportive emesso in data 02.02.2017 dal Questore di Vicenza contenente anche la prescrizione di presentarsi presso il posto di polizia in occasione di manifestazioni sportive che vedano coinvolta la squadra di calcio , per un periodo pari ad anni 1, propongono per il tramite del difensore, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Vicenza in data 09.02.2017 che convalidava il provvedimento questorile di cui sopra, per i seguenti motivi 1 nullità dell’ordinanza per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 6 co. 3 L. 401/89 omessa motivazione in merito alla valutazione della memoria depositata in data 8.2.2017 e delle prove ivi indicate mancanza e/o contraddittorietà della motivazione sui presupposti applicativi dell’obbligo di presentazione al commissariato. 2 difetto di motivazione sulle ragioni del doppio obbligo di presentazione al posto di polizia in occasione delle partite di calcio della squadra del 3 difetto di motivazione sulle ragioni di necessità ed urgenza che giustificano l’adozione della misura. Il PG ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. Considerato in diritto Ritiene il Collegio che i ricorsi siano infondati e vadano, pertanto, rigettati. Venendo al’esame dei motivi, si rileva quanto segue. Va anzitutto premesso che la formulazione degli stessi, incentrata su rilievi di fondo rispetto all’ordinanza di convalida senza operare distinzioni tra le singole posizioni dei ricorrenti e senza sollevare questioni autonome rispetto alle singole posizioni, consente una trattazione unitaria dei motivi stessi valevole per ciascun ricorrente. Con il primo motivo, fatta la premessa che l’imposizione della prescrizione non si accompagna automatica mente all’adozione del divieto - costituendo elemento, pur se strumentale, certamente ulteriore del provvedimento questorile - la cui legittimità deve formare oggetto di autonoma valutazione , viene dedotto che il G.I.P. all’atto della convalida, non avrebbe esercitato doveroso vaglio in ordine alle ragioni - comprese quelle di necessità ed urgenza - che hanno indotto il Questore ad adottare il provvedimento della comminazione dell’ulteriore obbligo di comparizione all’ufficio di polizia alla sussistenza della pericolosità del soggetto cui è applicata la misura alla congruità della durata della misura alla valutazione delle esigenze lavorative e di studio del prevenuto alla specifica necessità di un doppio obbligo di presentazione. Sottolinea peraltro il difensore che, con memoria depositata in data 08.02.2017 ore 10.07 per B.E. e in data 08.02.2017 ore 23.20 per S. , Be. , Sa. e V. , aveva contestato l’insufficienza e la contraddittorietà delle prove a carico del prevenuto, palesando l’insussistenza della necessità della comminazione anche dell’obbligo di firma ma che di essa il G.I.P. non aveva fatto menzione nell’ordinanza di convalida e che nemmeno si era curato di rispondere alle questioni sollevate. E proprio sulle modalità della presentazione della memoria avvenuta con p.e.c. inoltrata l’8 febbraio giorno precedente a quello della richiesta di convalida del PM risalente al 9 febbraio al giudice delle indagini preliminari del tribunale di Vicenza di turno e prima ancora alla procura della Repubblica presso il tribunale di turno si è innestato - come detto in precedenza - un’ulteriore questione, avendo concluso il PG per l’irritualità del deposito in quanto non effettuato in cancelleria ai sensi dell’art. 121 c.p.p. e, per altro verso, non essendo la casella di posta certificata nella diretta disponibilità del decidente il che esclude la possibilità di richiamare i principi enunciati proposito dell’utilizzo del fax , cui è seguita la replica del difensore che ha invece sostenuto a ritualità del deposito evidenziando che a soluzione era stata scelta d’intesa con la cancelleria del giudice. La questione dell’utilizzo della p.e.c. nel processo penale è in effetti tuttora dibattuta. Allo stato esso trova fonte normativa solo nell’art. 16 D.l. n. 179 del 2012 con riferimento alla materia delle notificazioni e riguarda gli articoli 148, comma 2 bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale che attengono alle notificazioni da parte della cancelleria a persone diverse dall’imputato. Partendo da tale presupposto alcune decisioni hanno già escluso l’ammissibilità dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata a mezzo PEC dal difensore di fiducia dell’imputato in quanto alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata Sez. 2, Sentenza n. 31314 del 16/05/2017 Rv. 270702 la possibilità di presentazione di memorie mediante l’uso della posta elettronica certificata PEC nel giudizio di cassazione Sez. 2, Sentenza n. 31336 del 16/05/2017 Rv. 270858 il deposito della lista testimoniale con tale strumento Sez. 3, Sentenza n. 6883 del 26/10/2016 Rv. 269197 . In altre decisioni si registra una apparente apertura essendosi ritenuta valida, ad esempio, la notifica tramite posta elettronica effettuata, ai sensi dell’art. 299, comma quarto bis, cod. proc. pen., dal difensore dell’imputato a quello della persona offesa. Sez. 2, Sentenza n. 6320 del 11/01/2017 Rv. 268984 . Sez. 6 n. 35217 del 19.4.2017 Rv 270912, esaminando il caso di una richiesta di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, inviata a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo di posta elettronica ordinaria dell’ufficio di cancelleria del giudice procedente, pur dando atto della difformità dello strumento della p.e.c. dal modello legale previsto dall’art. 121 c.p.p., sembra sostanzialmente ammettere tale forma di comunicazione - in linea con la tendenza ad ampliare l’utilizzo della p.e.c. pure riscontrabile in alcune decisioni. Rispetto alla questione oggetto del ricorso in esame occorre peraltro tenere conto anche di un ulteriore aspetto e, cioè, quello della peculiarietà del procedimento afferente al DASPO. Questa Sezione ha già avuto modo di chiarire, infatti, che l’art. 6, comma 2-bis, legge n. 401 del 1989 prevede la facoltà di presentare memorie o deduzioni al giudice competente per la convalida, ma non prescrive espressamente che tale facoltà debba essere esercitata mediante deposito nella cancelleria. Il che, del resto, è connaturale all’oggetto la libertà personale , alla particolare natura del procedimento cartolare ed informale e alla fisiologica ristrettezza dei tempi entro cui deve necessariamente concludersi il controllo di legalità di un atto che limita la libertà personale del soggetto, pena l’inefficacia delle relative prescrizioni Sez. 3, Sentenza n. 5621 del 08/07/2016 Rv. 269304 . Vengono con tale decisione, che il Collegio condivide, sostanzialmente evidenziati i profili di autonomia che la procedura di prevenzione assume rispetto al processo penale e la peculiare necessità di regole che assicurino comunque le esigenze della difesa nella ristrettezza dei tempi stabiliti ad horas per la convalida che, come noto, non possono subire deroghe nemmeno se cadono in giorni festivi. Va peraltro ricordato che l’art. 48 d.lgs 7 marzo 2005, n. 82 - Codice dell’amministrazione digitale - così come modificato dal d.lgs. 30 dicembre 2013, n. 235 - equipara la posta elettronica certificata P.E.C. alla trasmissione postale a mezzo di lettera raccomandata. Ed è consequenziale con la premessa che la p.e.c. può ritenersi produttiva di effetti solo se pervenuta alla cancelleria del giudice competente per le convalida e non già ove la stessa sia giunta alla cancelleria centrale del tribunale. Nella specie dalla documentazione allegata al ricorso si rileva che la p.e.c. è stata indirizzata alla posta elettronica dell’ufficio g.i.p. del tribunale ed a quello della procura della Repubblica alle ore 10.06 del giorno 8.2.2017 e la conferma della ricezione alle ore 10.07. Peraltro - secondo quanto sostenuto dal difensore nella memoria di replica - la memoria sarebbe stata, comunque stampata ed acclusa al fascicolo in termini ed il termine per l’esercizio del diritto di difesa scadeva in orario di chiusura del tribunale. Ciò posto osserva il Collegio che quand’anche si riconosca l’ammissibilità della modalità di presentazione della memoria, il ricorso presenta comunque insuperabili carenze in relazione all’asserita omessa valutazione di essa. Risulta allegata al ricorso solo la prima pagina della memoria e, nel corso dei motivi, non vengono dettagliati i profili decisivi non apprezzati dal g.i.p. limitandosi il ricorrente in maniera assai gelerica ad indicare temi asseritamente non scrutinati dal giudice. La mancata conoscenza delle ragioni a sostegno delle questioni sviluppate nella memoria non consente di apprezzare l’effettiva mancata valutazione dei profili in essa dedotti e la rilevanza delle argomentazioni per la decisione lasciando impregiudicata l’ipotesi che il decidente, nel dare conto della sussistenza dei presupposti per la misura adottata, abbia inteso superare anche le osservazioni formulate in memoria. Ed al riguardo si è già affermato che l’obbligo del giudice di motivare in ordine al contenuto delle memorie o deduzioni, tempestivamente presentate dall’interessato in vista della convalida del provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia art. 6, l. 13 dicembre 1989, n. 401 , si intende assolto anche nel caso in cui ne risulti testualmente avvenuto l’esame e sia desumibile, dal complessivo tenore del provvedimento, l’implicita esclusione della loro fondatezza. Sez. 3, Sentenza n. 46223 del 16/11/2011 Rv. 251330. Per il resto si osserva che, seppure in forma sintetica, le motivazioni dell’ordinanza del g.i.p., lette in connessione con il provvedimento del questore, consentono di risalire agevolmente alle ragioni che hanno determinato la misura all’obbligo di presentazione al commissariato, all’opportunità delle modalità di presentazione ed alle ragioni di necessità ed urgenza della adozione della misura stessa. È agevole dedurre dalle circostanze puntualmente indicate in motivazione la preordinazione nella organizzazione e la non occasionalità degli scontri avvenuti eludendo i controlli organizzati dalla questura in zona no attigua allo stadio che logicamente giustifica l’adozione della misura disposta e le modalità di esecuzione evidentemente finalizzate ad evitare possibili elusioni di essa. Per contro si appalesano essenzialmente di merito le censure dedotte con i tre motivi di ricorso. Ne discende l’infondatezza di tutti i motivi dedotti. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.