L’evidente falsità dell’arma del rapinatore esclude l’aggravante

Si rende dunque necessario un nuovo giudizio in Appello per rideterminare la pena. Secondo i Giudici di legittimità la visibilità del tappo rosso sull’arma del rapinatore ha fatto venir meno l’effetto intimidatorio legato all’utilizzo della pistola.

Visibile il tappo rosso alla canna. Evidente, quindi, che quella utilizzata per la rapina è una pistola giocattolo. Ciò permette di escludere l’aggravante dell’ uso di un’arma”, per la gioia del rapinatore che può puntare a una riduzione della pena Cassazione, sentenza n. 4712/18, sez. II Penale, depositata oggi . Tappo rosso. Nessun dubbio sulla ricostruzione della rapina. Nessun dubbio, quindi, sulla condanna per il rapinatore, su cui difatti hanno concordato sia i giudici del Tribunale che quelli della Corte d’Appello. Ora, però, è necessario un nuovo passaggio in secondo grado per la rideterminazione della pena , destinata a essere a ridotta poiché va esclusa, spiegano i magistrati della Cassazione, l’aggravante dell’uso dell’arma . Decisivo, a questo proposito, il fatto che alcuni testimoni abbiano dichiarato che i rapinatori impugnavano una pistola giocattolo e che l’arma aveva un tappo rosso alla canna . Per i Giudici del Palazzaccio l’evidenza del tappo rosso ha fatto subito venire meno l’effetto intimidatorio collegabile all’utilizzo di una pistola.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 novembre 2017 – 1 febbraio 2018, n. 4712 Presidente Gallo – Relatore Pacilli Ritenuto in fatto Con sentenza del 1.12.2016 la Corte d'appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Cosenza del 26.5.2016, con cui l'imputato è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia in relazione al reato di rapina aggravata in concorso. Avverso la sentenza di appello il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi 1 inosservanza dell'art. 125 comma 3 c.p.p., per avere la Corte d'appello omesso di motivare in merito agli specifici motivi di gravame relativi alla ritenuta gravità indiziaria a carico dell'imputato 2 inosservanza di legge e vizi di motivazione in relazione all'art. 111 comma 6 Cost, per avere l'anzidetta Corte fatto ricorso ad una motivazione definita per relationem ma in realtà apparente, non contenente un autonomo vaglio critico 3 mancata assunzione di una prova decisiva, già richiesta in primo grado, consistente in una perizia antropomorfica in grado di affermare l'eventuale compatibilità dei tratti somatici dell'imputato con quelli di uno dei due soggetti che salgono a bordo dell'autovettura, con la quale, secondo gli inquirenti, i rapinatori si sarebbero allontanati 4 inosservanza di legge e vizi di motivazione per avere la Corte territoriale a ritenuto sussistente l'aggravante dell'uso dell'arma, ignorando e travisando le dichiarazioni delle due testi escusse, secondo cui l'arma era dotata di tappo rosso, ben visibile b omesso di motivare in merito a quale delle due aggravanti ad effetto speciale fosse la più grave e sul perché per la seconda aggravante si operasse l'ulteriore aumento, previsto solo quale facoltativo ed operato in misura superiore al terzo, in violazione dell'art. 63 n. 4 c.p. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato solo con riguardo alla ritenuta sussistenza dell'aggravante dell'uso dell'arma mentre è inammissibile nel resto. 1.1 I primi tre motivi sono privi del necessario requisito della specificità, in quanto reiterativi di doglianze già esaminate e non accolte dalla Corte di appello, e comunque del tutto assertivi. La Corte di merito, infatti, è pervenuta ad affermare la responsabilità del ricorrente sulla base di un autonomo vaglio critico delle risultanze processuali e con argomentazioni che sfuggono a rilievi censori. Dalla lettura della sentenza impugnata emerge chiaramente che la Corte di merito non si è limitata a rinviare tout court alla motivazione della sentenza del Tribunale ma ha fatto riferimento alla ricostruzione degli eventi, come operata dal giudice di primo grado, e alle puntuali argomentazioni espresse da quest'ultimo, che ha pienamente condiviso. La sentenza impugnata cfr. f. 2 e 3 ha poi puntualmente vagliato i motivi di gravame espressi nell'atto di appello, rilevandone con esauriente e coerente percorso valutativo l'infondatezza e così pervenendo a ribadire l'univoco valore dimostrativo delle fonti di prova acquisite, in forza delle quali ha ritenuto superflua l'effettuazione della perizia richiesta dall'appellante v. f. 3 . In tale contesto devono quindi disattendersi le censure mosse alla sentenza impugnata, che ha compiuto, di contro, un'autonoma valutazione delle emergenze processuali e delle deduzioni difensive e ha affermato la responsabilità del ricorrente con argomentazioni immuni da vizi sindacabili da questa Corte, il cui compito, come più volte ricordato Cass., Sez. Un., n. 24 del 24.11.1999, Rv 214794 Sez. Un., n. 47289 del 24/09/2003, Rv. 226074 , non è quello di condividere o meno la ricostruzione dei fatti, contenuta nella decisione impugnata, ne' quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, non sia inficiato da illogicità, contraddittorietà o manifesta illogicità vizi che nel caso di specie non è dato riscontrare. 1.2 Sono fondate invece le censure relative all'aggravante dell'uso dell'arma. La Corte ha ritenuto sussistente la menzionata aggravante, essendo emerso dalle dichiarazioni rese dalla teste Ri. come i rapinatori all'atto della rapina impugnassero una pistola che, seppur giocattolo, è idonea ad integrare l'aggravante in contestazione . A fronte di tale affermazione deve, però, evidenziarsi che, al fine della sussistenza dell'aggravante de qua, ciò che conta è l'effetto intimidatorio che deriva sulla persona offesa dall'uso di un oggetto che abbia l'apparenza esteriore dell'arma, in quanto tale effetto intimidatorio è dipendente non dall'effettiva potenzialità offensiva dell'oggetto adoperato, ma dal fatto che esso abbia una fattezza del tutto corrispondente a quella dell'arma vera e propria come avviene quando l'arma-giocattolo sia sprovvista di tappo rosso o quando questo sia reso non visibile , cosicché possa incutere il medesimo timore sulla persona offesa. Seppure deve quindi escludersi che l'uso di un'arma giocattolo sia incompatibile con l'aggravante prevista per la rapina dall'art. 628 comma 3 n. 1, prima ipotesi, deve tuttavia ritenersi sussistente la circostanza aggravante dell'uso delle armi solo quando la minaccia sia realizzata utilizzando un'arma giocattolo non riconoscibile come tale v. Sez. 2, n. 18382 del 27/3/2014, Rv. 260048 in motiv. . Nel caso in esame, le testi, come dedotto dallo stesso ricorrente ed evincibile dalle relative deposizioni i cui stralci sono stati allegati al ricorso , hanno affermato che l'arma aveva un tappo rosso alla canna. Essendo pertanto l'arma riconoscibile come arma giocattolo, deve ritenersi insussistente l'aggravante in parola e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio con riguardo a tale aggravante, la cui eliminazione, idonea - attraverso un esame di merito non effettuabile in questa sede - ad influire sul giudizio in ordine al trattamento sanzionatorio - comporta la trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte d'appello di Catanzaro. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'aggravante del fatto commesso con armi, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Catanzaro per la rideterminazione della pena. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Sentenza con motivazione semplificata.