Non è reato dare in locazione un immobile ad una prostituta

Il reato di favoreggiamento della prostituzione non si configura per il semplice fatto di dare in locazione un immobile ad una prostituta, ciò anche se il locatore sia a conoscenza che la conduttrice, oltre che utilizzarlo come abitazione, vi eserciterà l'attività di prostituzione.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 4571/18, depositata il 31 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza emessa dal GUP di Belluno, riduceva la pena inflitta all’appellante per favoreggiamento della prostituzione per aver questi, in qualità di amministratore di una società immobiliare, locato degli immobili, a prezzo di mercato, a delle prostitute curando personalmente le pratiche amministrative e burocratiche relative alla locazione. Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’amministratore propone ricorso per cassazione denunciando la non configurabilità del reato di favoreggiamento alla prostituzione. Il reato di favoreggiamento alla prostituzione. Il Supremo Collegio, ripercorrendo i consolidati orientamenti della medesima Corte, chiarisce che la condotta di locazione a prezzo di mercato non configura il reato di favoreggiamento della prostituzione anche laddove il locatore sia consapevole che la conduttrice vi eserciterà la prostituzione a meno che, oltre al godimento dell’immobile, vengano fornite prestazioni accessorie che esulino dalla stipulazione del contratto e che in concreto agevolino il meretricio, come nel caso di esecuzione di inserzioni pubblicitarie, di ricezione di clienti od altro . Pertanto, nel caso di specie, l’aiuto alla prostituta in quanto persona non può configurare il reato di favoreggiamento se non a costo di conseguenze aberranti non solo sul piano dell’etica e del senso comune ma anche in rapporto alla ratio e alla intentio legis . La Suprema Corte precisa inoltre che se la locazione non è concessa allo scopo specifico di esercitare nell’immobile locato una casa di prostituzione, la condotta del locatore non configura un aiuto alla prostituzione esercitata dalla locataria, ma semplicemente la stipulazione di un contratto attraverso cui è consentito, a quest’ultima, di ottenere un’abitazione e, dunque, in altri termini, un aiuto alla persona e non alla sua attività di prostituta . La Corte dunque annulla senza rinvio l’impugnata sentenza perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 ottobre 2017 – 31 gennaio 2018, numero 4571 Presidente Savani – Relatore Andreazza Fatto e diritto 1. G.U. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che, in parziale riforma della sentenza pronunciata in data 03/06/2010 dal G.u.p. del Tribunale di Belluno, riconosciute le attenuanti generiche ritenute equivalenti all’aggravante, ha ridotto la pena inflitta ad anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 200,00 di multa per il delitto di favoreggiamento della prostituzione previsto dall’articolo 3, comma 1, della l. numero 75 del 1958 aggravato perché commesso ai danni di più persone, per avere egli, quale amministratore di società immobiliari, favorito ed agevolato la prostituzione di più donne attraverso la locazione di immobili curando direttamente le pratiche amministrative e burocratiche e ricavandone prezzi superiori a quelli di mercato. 2. Con un primo motivo lamenta la nullità della sentenza per degli artt. 125 e 417 cod. proc. penumero nonché vizio di motivazione della sentenza in ordine al rigetto dell’eccezione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio derivante da indeterminatezza e/o genericità e contraddittorietà dell’imputazione, in realtà appropriata al reato di sfruttamento, tuttavia stralciato per mancanza di elementi probatori, e non a quello di favoreggiamento, e senza che alcun riferimento concreto sia stato fatto ai prezzi praticati e al contenuto delle pratiche burocratiche svolte. 3. Con un secondo motivo lamenta la nullità della sentenza nonché violazione di legge e vizio di motivazione per difetto di correlazione tra fatto contestato e fatto accertato in sentenza avendo il giudice di primo grado condannato il ricorrente sulla base di circostanze nuove rilevate per la prima volta in giudizio, non enunciate nel generico capo d’imputazione e, quindi, per un fatto diverso da quello contestato. 4. Con un terzo motivo lamenta violazione della legge penale relativamente agli artt. 3 numero 8 e 4 numero 7 della l. numero 75 del 1958 in riferimento alla configurabilità dell’elemento oggettivo del reato di favoreggiamento per non avere la Corte considerato che l’attività lavorativa svolta dal ricorrente, amministratore della Gefin s.r.l. e Financo s.r.l., era, in realtà, un’attività del tutto lecita consistente proprio nella locazione di appartamenti mediante la conclusione di regolari contratti a prezzi di mercato posto che altrimenti egli sarebbe stato accusato di sfruttamento e nella riscossione dei relativi canoni di locazione personalmente ad ogni scadenza, non compiendo nulla di diverso od ulteriore rispetto ad una ordinaria attività di locazione ed in tal modo non varcando la soglia del penalmente lecito individuata dalla giurisprudenza e contrassegnata dalla dazione di un servizio alla persona e non alla attività di meretricio. 5. Con un quarto motivo lamenta contraddittorietà ed illogicità della motivazione della sentenza nella parte in cui la Corte d’appello da un lato ha affermato, peraltro in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, che non è diversa la condotta di chi offra un servizio alla prostituta come persona da quella di chi invece favorisca proprio l’attività di meretricio e, dall’altro, ha invece considerato le due condotte diverse sotto il profilo dell’elemento psicologico lamenta inoltre la inesatta valutazione di elementi che secondo i giudici avrebbero deposto per l’oggettiva agevolazione della prostituzione contestandone il significato sovrapposizione temporale di alcuni contratti, dimensioni degli immobili, modalità di riscossione dei canoni o la loro effettività materiale presenza di prostitute senza contratto . 6. Con un quinto motivo lamenta erronea applicazione della legge penale per avere la Corte d’Appello violato i criteri legali di valutazione della prova travisando gli elementi probatori raccolti nel corso del giudizio abbreviato ed interpretandoli erroneamente mentre gli stessi erano significativi di un’attività di controllo della gestione dell’appartamento e non della gestione della prostituzione. 7. Con un sesto ed ultimo motivo lamenta la violazione della legge penale relativamente agli artt. 3 numero 8 e 4 numero 7 della legge numero 75 del 1958 in riferimento all’elemento soggettivo del reato nonché alla mancanza del nesso di causalità tra la condotta dell’imputato e l’evento di reato per avere la Corte territoriale fondato la sussistenza del dolo esclusivamente sulla base delle intercettazioni il cui contenuto non è stato però tale da provare oltre il ragionevole dubbio la consapevolezza dell’imputato che all’interno degli immobili si svolgesse attività di meretricio. Lamenta, inoltre, che in ogni caso, anche qualora lo stesso fosse stato consapevole della attività di meretricio, non sarebbe configurabile, secondo i principi giurisprudenziali richiamati sopra, il reato di favoreggiamento della prostituzione nel fatto di chi conceda in locazione un appartamento ad una prostituta. Considerato in diritto 1. Il primo motivo, volto a denunciare la indeterminatezza del fatto come indicato in imputazione, è manifestamente infondato. Se anche si volesse ritenere ulteriormente proponibile l’accezione di genericità ed indeterminatezza del capo d’imputazione già sollevata all’udienza preliminare pur a fronte della richiesta e della conseguente ammissione dell’imputato al rito abbreviato incondizionato, di per sé necessariamente implicante l’accettazione dell’imputazione stessa tra le tante, Sez. 4, numero 18776 del 30/09/2016, dep. 18/04/2017, Boccuni ed altri, Rv. 269880 , nel merito, in ogni caso, come già correttamente ritenuto dai giudici di prima e seconda istanza, la condotta in tesi accusatoria integrante il reato appare enunciata in forma chiara e precisa segnatamente la dazione in locazione di plurimi appartamenti a più donne specificamente indicate curandone in prima persona le relative pratiche amministrative e burocratiche da ciò, dunque, consegue l’assoluta idoneità, pur nella necessaria sintesi caratterizzante la redazione dell’imputazione, della formulazione del fatto a porre l’imputato in grado di comprendere gli addebiti e di difendersi da essi. 2. Anche il secondo motivo, con cui ci si duole della diversità tra fatto contestato e fatto ritenuto un sentenza, è manifestamente infondato l’assunto difensivo appare erroneamente volto ad enfatizzare, quasi facendole assurgere a componente del fatto contestato, le argomentazioni che la sentenza utilizzi per ritenere, come nella specie, fondato l’addebito nella specie, il rapido succedersi dei contratti, la medesima provenienza geografica delle conduttrici e le dimensioni e condizioni degli immobili a contrario, onde verificarsi se sussista o meno la violazione dell’articolo 521, comma 2, cod. proc. penumero , deve assumere rilievo l’individuazione, da parte della sentenza, di una condotta materiale diversa da quella indicata nell’imputazione e, nella specie, non può esservi dubbio che le circostanze indicate dal ricorrente, lungi dal condurre alla condanna per un fatto materialmente diverso, sono invece state tutte utilizzate dai giudici di merito, esattamente in senso opposto a quello preteso in ricorso, per rafforzare il convincimento di colpevolezza riguardante proprio la sussistenza di una condotta di favoreggiamento del tutto conforme a quella contestata. 3. Il terzo, quarto e, in parte, sesto motivo, tutti riguardanti la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove la stessa ha ritenuto configurabile il reato di favoreggiamento della prostituzione, sono invece fondati. Quanto alla integrazione o meno del predetto reato in caso di cessione in locazione di immobile, questa Corte ha da ultimo, in più occasioni, chiarito, dopo iniziali oscillazioni in senso contrario, che una tale condotta di locazione a prezzo di mercato ove ciò non fosse potrebbe prospettarsi, peraltro, il diverso reato di sfruttamento non configura il reato di favoreggiamento della prostituzione anche laddove il locatore sia consapevole che la conduttrice vi eserciterà la prostituzione a meno che, oltre al godimento dell’immobile, vengano fornite prestazioni accessorie che esulino dalla stipulazione del contratto e che in concreto agevolino il meretricio, come nel caso di esecuzione di inserzioni pubblicitarie, di fornitura di profilattici, di ricezione di clienti od altro Sez. 3, numero 7795 del 27/01/2015, dep. 20/02/2015, S.C.M., non massimata Sez. 3, numero 33160 del 19/02/2013, dep. 31/07/2013, Bertini, Rv. 255893 Sez. 3, numero 28754 del 20/03/2013, dep. 04/07/2013, Paltracca, Rv. 255593 Sez. 3, numero 3088 del 11/12/2012, dep. 21/01/2013, Nannetti, non massimata Sez. 3, numero 36595 del 22/05/2012, dep. 21/09/2012, T. e altro, Rv. 253390 Sez. 3, numero 7076 del 19/01/2012, dep. 23/02/2012, Moscolani ed altro, Rv. 252099 . Si è, in particolare, spiegato che, se è vero che il legislatore incrimina chiunque favorisca in qualsiasi modo la prostituzione altrui e che la giurisprudenza corrente ritiene irrilevante per l’integrazione del reato il movente che determina la condotta, è pur sempre necessario che la condotta materiale concretizzi oggettivamente un aiuto all’esercizio del meretricio in quanto tale giacché l’aiuto prestato solo alla prostituta in quanto persona non può configurare il reato di favoreggiamento se non a costo di conseguenze aberranti non solo sul piano dell’etica e del senso comune ma anche in rapporto alla ratio e alla intentio legis se infatti la locazione non è concessa allo scopo specifico di esercitare nell’immobile locato una casa di prostituzione, nel qual caso ricorrerebbe però, nella sussistenza delle ulteriori condizioni richieste, la diversa ipotesi di cui all’articolo 2 numero 3 della l. numero 75 del 1958, la condotta del locatore non configura un aiuto alla prostituzione esercitata dalla locataria, ma semplicemente la stipulazione di un contratto attraverso cui è consentito, a quest’ultima, di ottenere un’abitazione e, dunque, in altri termini, un aiuto alla persona e non alla sua attività di prostituta. Né l’indiretta agevolazione anche di quest’ultima può essere inclusa nel nesso causale penalmente rilevante tra condotta dell’agente ed evento di favoreggiamento della prostituzione poiché l’evento del reato non è la prostituzione ma l’aiuto alla prostituzione, esula il reato ove la condotta dell’agente non abbia cagionato un effettivo ausilio per il meretricio, nel senso che questo sarebbe stato esercitato ugualmente in condizioni sostanzialmente equivalenti. Ciò posto, la sentenza impugnata, dopo avere espresso perplessità in ordine all’indirizzo da ultimo richiamato sostenendo che il servizio reso alla prostituta è reso in realtà anche alla prostituzione pag. 9 , con ciò non tenendo conto di quanto appena ricordato circa l’irrilevanza dell’indiretto ausilio alla attività di prostituzione stante la mancanza del nesso causale penalmente rilevante richiesto, e dopo avere indicato a pagg. 12 e ss. una serie di circostanze indicative del fatto che l’imputato fosse a conoscenza dell’attività svolta negli immobili ciò che, tuttavia, anche in tal caso, come appena detto, non appare assumere alcun rilievo a fini penali , appare avere ritenuto comunque di assumere, quale criterio discriminante tra comportamento lecito ed illecito, la peculiare disponibilità ed elasticità verso le prostitute pag. 15 tale da andare nella direzione di indirizzare la volontà delle inquiline a continuare nella proficua attività del meretricio ciò emergerebbe dal fatto che il canone, al cui puntuale pagamento l’imputato aveva un pressante interesse , venisse riscosso in contanti, che alcuni contratti di locazione siano risultati sovrapposti temporalmente tra loro in modo tale da consentire una breve permanenza di ciascuna donna all’interno dell’immobile , che in un caso si sia trattato di stipulazione di comodato di uso gratuito e che, infine, sia anche risultato come l’imputato desse consigli circa le modalità di svolgimento della prostituzione, in particolare esprimendo apprezzamenti sulle qualità estetiche di alcune inquiline. Sennonché, una volta qui ribadita la necessaria distinzione tra aiuto alla persona ed aiuto all’attività di prostituzione, tutti tali elementi appaiono icti oculi estranei rispetto al quid pluris, evidentemente accessorio ed esterno alla mera stipulazione del contratto, che consente, sempre secondo l’indirizzo di questa Corte appena sopra richiamato, di andare oltre l’aiuto alla persona e di consentire così di individuare una concreta agevolazione del meretricio non le modalità di riscossione del canone e la sovrapposizione di alcuni contratti, circostanze sempre chiaramente inerenti al mero fatto della stipulazione e non accessorie ad esso e non i pareri dati in ordine alle caratteristiche estetiche delle inquiline, attesa la loro evidente inidoneità a tradursi concretamente in un favoreggiamento della attività di prostituzione. Né dalle sentenze di merito emerge in alcun modo, da un lato, che il canone degli immobili fosse fuori mercato circostanza, questa, che, in ogni caso, sarebbe stata rilevante in ordine alla condotta di sfruttamento e non già di favoreggiamento e, dall’altro, che possano sussistere, in relazione alla sovrapposizione temporale dei canoni, i requisiti del reato di cui all’articolo 2 numero 3 della l. numero 75 del 1958 atteso che non integra il reato di locazione di immobile al fine dell’esercizio di una casa di prostituzione il fatto di concedere in locazione un appartamento all’interno del quale, sebbene con frequente turnazione, venga esercitata la prostituzione di volta in volta da una sola donna, in quanto, per integrare il concetto di casa di prostituzione, è necessario il contestuale esercizio del meretricio da parte di più persone negli stessi locali e, all’interno dello stesso locale, l’esistenza di una sia pur minima forma di organizzazione Sez. 3, numero 23657 del 16/04/2004, dep. 20/05/2004, P.M. in proc. Rinciari, Rv. 228971 . E tutti tali requisiti appaiono nella specie chiaramente difettare. 4. Sicché, in definitiva, attesa la mancanza dei requisiti in presenza dei quali soli la dazione di immobile in locazione può configurare il reato contestato e atteso che nessun altro elemento, oltre a quelli non correttamente valorizzati dalla Corte sul piano della sola consentita lettura della norma nei termini di cui sopra, appare emergere dalle sentenze di merito, deve disporsi, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto , a norma dell’articolo 620, comma 1, lett. l , cod. proc. penumero nel testo modificato dalla l. 23/06/2017 numero 103, immediatamente applicabile in virtù del principio tempus regit actum, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.