No al sequestro preventivo se l’uso dell’immobile è compatibile col vincolo paesaggistico

In tema di reati paesaggistici di cui al d.lgs. n. 42/2004 c.d. codice dei beni culturali e del paesaggio , nel valutare la sussistenza del presupposto del periculum in mora ai fini del sequestro preventivo di un immobile abusivo sito in zona paesaggisticamente vincolata conseguente all’uso dello stesso, in quanto produttivo di conseguenze dannose sull’area oggetto di speciale protezione, il giudice del merito deve procedere ad una accurata disamina, verificando se possano escludersi ulteriori lesioni del bene protetto sulla base della assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati dal vincolo, tenendo conto della natura di quest’ultimo e della situazione preesistente alla realizzazione dell’opera.

Lo ha stabilito la Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2001/18, depositata il 18 gennaio. I reati paesaggistici Preliminarmente, giova ricordare che la vigente legislazione in materia di reati paesistici è finalizzata alla tutela di beni finali di alto rango, mediante una tutela anticipata delle funzioni amministrative di controllo e vigilanza sull’integrità del paesaggio. Tutta la disciplina penale paesistica appare infatti caratterizzata dall’indeterminatezza dei soggetti esposti alle potenziali offese, nonché dalla serialità di queste ultime dovuta alla professionalità dell’attività esercitata . Stanti tali fondamentali caratteristiche, le attività connesse ai beni sovraindividuali quale appunto è il paesaggio vanno perciò esercitate in conformità alle prescrizioni dell’autorità amministrativa per lo più attraverso il previo ottenimento di autorizzazioni dagli organi preposti alla tutela del relativo vincolo . Ciò in quanto il controllo delle attività economiche presuppone obblighi informativi, e corrispondenti poteri di acquisizione di dati e notizie, in capo agli Enti locali o alle Agenzie di controllo, istituite in seno ai Ministeri competenti. Guardando nello specifico ai reati paesaggistici, potrà notarsi che la sanzione penale colpisce sia il discostamento dalle condizioni, indicate nel provvedimento amministrativo, per l’esercizio dell’attività edilizia, sia l’elusione della preventiva autorizzazione/abilitazione amministrativa, a prescindere dal concreto verificarsi di un’offesa per i beni giuridici tutelati cfr. Cass. Pen., n. 39744/02 . Del pari, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che, in tema di protezione delle bellezze naturali, il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, dopo l’esecuzione di lavori in zona vincolata, avvenuti in difetto della predetta autorizzazione, non determina l’estinzione del reato previsto dall’art. 163 d.lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 ora art. 181 d.lgs. n. 42/2004 , ma ha il solo effetto di escludere la remissione in pristino dello stato dei luoghi ciò in quanto l’amministrazione ha valutato l’intervento e lo ha ritenuto compatibile con l’assetto paesaggistico dell'area interessata cfr. Cass. Pen., n. 37318/07 . In ogni caso, il rilascio postumo dell’autorizzazione paesistica da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo non determina l’estinzione del reato paesaggistico art. 181 d.lgs. n. 42/2004 poiché tale effetto non è espressamente previsto da alcuna disposizione legislativa avente carattere generale, mentre il nulla osta paesaggistico ha l’effetto di escludere l’emissione o l’esecuzione dell’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi cfr. sempre Cass. Pen., n. 37318/07 . ed i presupposti del sequestro preventivo. In base all’orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, il sequestro preventivo di cosa pertinente al reato è consentito anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi, purché il pericolo della libera disponibilità della cosa stessa - che va accertato dal giudice con adeguata motivazione - presenti i requisiti della concretezza e dell'attualità e le conseguenze del reato, ulteriori rispetto alla sua consumazione, abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato. Inoltre, il sequestro preventivo di tipo impeditivo previsto dal comma 1 dell'art. 321 c.p.p. è una misura di coercizione reale connessa e strumentale al procedimento penale ed all'accertamento del reato per cui si procede, avente lo scopo di evitare che il decorso del tempo pregiudichi irrimediabilmente l'effettività della giurisdizione espressa con la sentenza irrevocabile di condanna. Ne discende che la sua applicazione va disposta nelle situazioni in cui il mancato assoggettamento a vincolo della cosa pertinente al reato possa condurre, in pendenza del relativo accertamento, non solo al protrarsi del comportamento illecito od alla reiterazione della condotta criminosa, ma anche alla realizzazione di ulteriori pregiudizi quali nuovi effetti offensivi del bene protetto, sicché può essere adottato anche nel caso di ipotesi criminosa già perfezionatasi. Nel caso di specie, la Terza Sezione ha ritenuto di annullare l’ordinanza impugnata con rinvio al competente Tribunale del Riesame, in quanto non risultano approfonditi ulteriori aspetti circa la sicurezza del transito pedonale e del parcheggio di automobili nell’area interessata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 novembre 2017 – 18 gennaio 2018, n. 2001 Presidente Fiale – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Sassari, con ordinanza del 19 giugno 2017 ha accolto la richiesta di riesame presentata dalla VODAFONE OMNITEL BV tramite il procuratore LINDAM s.r.l. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso il 7/4/2017 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale ed avente ad oggetto un fabbricato inerente una stazione radio base per telefonia cellulare, impianto , sito in , perché realizzato in difformità rispetto a quanto previsto in conferenza di servizi ed autorizzato nel provvedimento SUAP del Comune di Alghero, ricadente in zona di salvaguardia ambientale. Venivano ipotizzati, nei confronti dei soci amministratori della società committente, i reati di cui agli artt. 44, lett. C d.P.R. 380/01 e 181 d.lgs. 42/2004. 2. Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sassari, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen Lamenta il Pubblico Ministero ricorrente la violazione di legge, per essere la motivazione posta a sostegno dell’impugnata ordinanza meramente apparente, ritenendo che il Tribunale abbia totalmente ignorato quanto accertato e documentato in fase di indagine e richiamato nel provvedimento del Giudice per le indagini preliminari. Deduce, altresì, la violazione di legge in relazione alla ritenuta insussistenza del periculum in mora, mentre risulterebbero ampiamente documentate in atti le esigenze cautelari giustificative della misura reale. Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati. Va premesso - ed il Pubblico Ministero ricorrente ne risulta ben consapevole -che la costante giurisprudenza di questa Corte si è ripetutamente espressa nel senso che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro probatorio o preventivo può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e non anche con riferimento ai motivi di cui all’articolo 606 lettera e cod. proc. pen., pur rientrando, nella violazione di legge, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, Bevilacqua, Rv. 226710. V. anche Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, Gabriele, Rv. 254893 Sez. 5, n. 35532 del 25/6/2010, Angelini, Rv. 248129 Sez. 6, n. 7472 del 21/1/2009, Vespoli, Rv. 242916 Sez. 5, n. 8434 del 11/1/2007, Ladiana, Rv. 236255 . La mera apparenza della motivazione, peraltro, è stata individuata nell’assenza dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato da ultimo, Sez. 2, n. 18951 del 14/3/2017, Napoli e altro, Rv. 269656 ed altre prec. conf. . 2. Ciò premesso, ritiene il Collegio che tale situazione risulta essersi concretata nella fattispecie. Il Tribunale, come emerge dal provvedimento impugnato, dopo aver dato sommariamente atto del fatto che il provvedimento di sequestro era stato adottato sulla base del fumus commissi delicti risultante dalla attività investigativa espletata dai Carabinieri, compendiata nell’informativa prodotta dal Pubblico Ministero e delle esigenze cautelari, ha semplicemente richiamato i motivi illustrati dalla difesa in udienza, senza specificarne i contenuti. Subito dopo, riproducendo testualmente alcuni stralci di una annotazione degli stessi Carabinieri effettuata nel corso dell’esecuzione del provvedimento cautelare, ha ritenuto essere venute meno le condizioni per il mantenimento della misura, risultando il manufatto, a quel momento, conforme alle progettazioni già presentate ed autorizzate . Di seguito, i giudici del riesame, richiamati testualmente alcuni arresti giurisprudenziali in tema di sequestro preventivo di opere abusive già ultimate, dando atto che quelle per cui è processo risultavano tali e, sulla base di quanto in precedenza rilevato, conformi a quanto assentito, hanno escluso la concretezza ed attualità del periculum in mora. Obietta a tale proposito il Pubblico Ministero ricorrente che l’annotazione sarebbe stata solo parzialmente riprodotta e ne trascrive il testo integrale, lamentando che il Tribunale avrebbe trascurato di considerare quanto documentato nel proprio fascicolo. 4. Alla luce dei contenuti dell’ordinanza impugnata e del ricorso, unici atti ai quali questa Corte ha accesso, deve ritenersi che la motivazione, sul punto, non consente di individuare il percorso logico argomentativo seguito dai giudici del riesame, risultando, conseguentemente, meramente apparente. Invero, dopo aver dato parzialmente atto dell’incolpazione provvisoria, riportata testualmente in ricorso e reso sommariamente conto delle ragioni che, secondo il G.I.P., giustificavano il sequestro, senza chiarire su quali specifici argomenti si fondava la richiesta di riesame, il Tribunale ha escluso la sussistenza del fumus del reato sulla base del contenuto, parzialmente riprodotto, di una annotazione dalla quale si sarebbe ricavato che le opere sarebbero state in qualche modo regolarizzate. Non spiega tuttavia il Tribunale come tale generica affermazione da parte della polizia giudiziaria abbia consentito di ritenere superate le considerazioni poste dal Giudice per le indagini preliminari alla base della misura cautelare reale e gli esiti delle indagini precedenti. Non, si comprende, ad esempio, se la affermata riduzione in conformità sia stata ritenuta compatibile con quanto risultante dal procedimento amministrativo di autorizzazione, del quale la contestazione provvisoria fa menzione se tale condizione delle opere, successivamente accertata, sia stata o meno ritenuta produttiva di effetti sananti o di altro genere e sulla base di quali disposizioni di legge come si collocano le opere per cui è processo rispetto alle altre descritte nell’annotazione se, sempre ad esempio, siano autonome rispetto alle altre descritte ovvero ne costituiscano il completamento, dovendo conseguentemente, essere unitariamente valutate, né si riesce ad individuare la tempistica delle condotte. In altre parole, il provvedimento impugnato indica chiaramente il risultato del ragionamento effettuato dai giudici per pervenire alla decisione, ma non le ragioni per le quali a tale decisione si è pervenuti. L’impugnata ordinanza, inoltre, per le ragioni sopra indicate, si pone anche in contrasto con il principio, invocato dal Pubblico Ministero ricorrente, secondo il quale, in tema di impugnazione di misure cautelari reali, l’omesso esame di punti decisivi per l’accertamento del fatto, sui quali è stata fondata l’emissione del provvedimento di sequestro, si traduce in una violazione di legge per mancanza di motivazione, censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 325, comma primo cod. proc. pen. Sez. 3, n. 28241 del 18/2/2015, P.M. in proc. Baronio e altro, Rv. 264011 . 5. Quanto al periculum in mora, il Tribunale come si è detto, dopo aver dato conto del fatto che il decreto di sequestro lo individuava nell’aggravamento del carico urbanistico e nella compromissione del contesto paesaggistico, correttamente richiama il più recente orientamento di questa Corte in tema di sequestro preventivo di opere ultimate in zona vincolata. Invero, con riferimento agli interventi eseguiti in zona sottoposta a vincoli, questa Corte ha avuto modo di evidenziare, in passato, che in tali ipotesi, ai fini della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo, rileva la sola esistenza di una struttura abusiva che integra il requisito dell’attualità del pericolo, indipendentemente all’essere l’edificazione illecita ultimata o meno, in quanto il rischio di offesa al territorio ed all’equilibrio ambientale, a prescindere dall’effettivo danno al paesaggio, perdura in stretta connessione all’utilizzazione della costruzione ultimata Sez. 3, n. 5954 del 15/1/2015, Chiacchiaro, Rv. 264370 Sez. 3, n. 42363 del 18/9/2013, Colicchio, Rv. 257526 Sez. 3, n. 24539 del 20/3/2013, Chiantone, Rv. 255560 Sez. 3, n. 30932 del 19/5/2009, Tortora, Rv. 245207 Sez. 2, n. 23681 del 14/5/2008, Cristallo, Rv. 240621 Sez. 3, n. 43880 del 30/9/2004, Macino, Rv. 230184 Sez. 3, n. 32247 del 12/6/2003, Berardi, Rv. 226158 . Successivamente tale orientamento è stato rivisto, osservando che nel sequestro preventivo di manufatti abusivi realizzati in zona soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale, il periculum in mora non può essere desunto solo dalla esistenza ed entità delle opere ultimate, essendo invece necessario dimostrare che l’effettiva disponibilità materiale o giuridica delle stesse, da parte del soggetto indagato o di terzi, possa ulteriormente pregiudicare il bene protetto dal vincolo, sulla base di un accertamento da parte del giudice circa l’incidenza degli abusi sulle diverse matrici ambientali ovvero il loro impatto sulle zone oggetto di particolare tutela Sez. 3, n. 50336 del 5/7/2016, Del Gaizo, Rv. 268331 Sez. 3, n. 40677 del 23/6/2016, La Sala e altro, Rv. 268049 Sez. 3, n. 28388 del 14/4/2016, Bondanini, Rv. 267412 Sez. 3, n. 28233 del 3/3/2016, Menti, Rv. 267410 Sez. 3, n. 48958 del 13/10/2015, Giordano, Rv. 266011.V. anche Sez. 3, n. 30999 del 27/4/2016, Cardone, non mass. Sez. 3, n. 9950 del 21/1/2016, Ministero Difesa, non mass. sul punto Sez. 3, n. 4646 del 9/12/2015, dep. 2016 , Colangelo, non mass. . Il più recente orientamento che, come ricordato Sez. 3, n. 40677 del 23/6/2016, La Sala e altro, cit. la quale richiama nel dettaglio i precedenti , si era già manifestato, seppure in maniera meno esplicita rispetto alle decisioni appena richiamate, ha dunque escluso ogni automatismo tra semplice utilizzo del manufatto abusivo in zona vincolata e compromissione degli interessi tutelati dal vincolo, pur precisando che l’accertamento del giudice deve essere finalizzato a verificare se l’uso della cosa, realizzata in violazione dei vincoli paesaggistici, sia idoneo o meno, nell’ipotesi di condotta del tutto esaurita, ad incidere sulle conseguenze dannose prodotte dall’intervento abusivo sull’ecosistema protetto dal vincolo paesaggistico, con la conseguenza che l’uso della cosa a deteriorare ulteriormente l’ecosistema protetto dal vincolo deve formare oggetto, in tale caso, di un esame particolarmente approfondito da parte del giudice di merito, il quale deve ritenere o escludere l’ulteriore lesione del bene protetto a seconda che accerti, in concreto, l’incompatibilità o la assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati dal vincolo, avuto riguardo alla natura di quest’ultimo e della situazione preesistente alla realizzazione dell’opera sent. 40677/2016, La Sala, cit. . Tale accertamento sulla compatibilità dell’uso dell’opera rispetto agli interessi tutelati dal vincolo, si è pure affermato, va effettuato in maniera più penetrante proprio in ragione del peculiare bene giuridico tutelato Sez. 3, n. 28388 del 14/4/2016, Bondanini, Rv. 267412 che a sua volta richiama Sez. 3, n. 40486 del 27/10/2010, P.M. in proc. Petrina ed altro, Rv. 248701 . 6. Il più restrittivo e precedente orientamento deve dunque ritenersi ormai superato da quello, più recente, che motivatamente ne ha preso le distanze, pur ritenendosi opportuno porre in evidenza quanto appena ricordato in merito alla necessità di una maggiore accuratezza nella verifica imposta dalla particolarità del bene tutelato dal vincolo, ribadendo, conseguentemente, che nel valutare la sussistenza del presupposto del periculum in mora ai fini del sequestro preventivo di un immobile abusivo sito in zona paesaggisticamente vincolata conseguente all’uso dello stesso in quanto produttivo di conseguenze dannose sull’area oggetto di speciale protezione, il giudice del merito deve procedere ad una accurata disamina, verificando se possano escludersi ulteriori lesioni del bene protetto sulla base della assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati dal vincolo, tenendo conto della natura di quest’ultimo e della situazione preesistente alla realizzazione dell’opera. 7. Da quanto in precedenza evidenziato consegue, quindi, che richiami effettuati dal Pubblico Ministero ricorrente al precedente orientamento non sono pertinenti. Anche in questo caso, tuttavia, la motivazione del provvedimento impugnato risulta priva di quei requisiti di coerenza e completezza tali da escludere la dedotta mera apparenza. Invero, il Tribunale riporta in premessa, testualmente, quanto indicato dal Giudice per le indagini preliminari nel provvedimento del sequestro in ordine al ritenuto periculum in mora. Scrive infatti il Tribunale che il G.I.P. quanto al periculum, ha ritenuto che la libera disponibilità delle predette porzioni immobiliari potesse aggravare le conseguenze dei reati attraverso la protrazione di una disponibilità dell’immobile e dell’area in parola, almeno nei termini di un aggravamento del carico urbanistico della zona, con compromissione del contesto paesaggistico tutelato a seguito della difformità dell’opera di cui sopra”. Successivamente, affrontando la questione della concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, citati i precedenti giurisprudenziali di cui si è detto e richiamata altra giurisprudenza sulle modalità di valutazione dell’aggravio del carico urbanistico, esclude la sussistenza del periculum limitandosi ad affermare, testualmente nulla di tutto ciò risulta concretamente ipotizzabile - né è stato prospettato - nel caso di specie . Non si chiarisce, però, per quale ragione l’affermazione del Giudice per le indagini preliminari in precedenza richiamata sia stata smentita e manca ogni riferimento alle carte processuali che, secondo quanto prospettato in ricorso, riportando testualmente parte della nota redatta dalla polizia giudiziaria operante, evidenzierebbero anche problemi di sicurezza conseguenti al libero transito di pedoni ed alla possibilità di parcheggio di automobili consentito dall’assenza di recinzioni ed altre opere di protezione. 8. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al Tribunale di Sassari per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per il riesame di Sassari.