L’indiscutibile certezza legale della notifica a mezzo PEC

Negata la rimessione in termini richiesta dal ricorrente, il quale lamenta la mancanza di prova circa l’avvenuta consegna telematica dell’atto di fissazione dell’udienza d’appello. Secondo la Suprema Corte non vi sono dubbi sulla certezza legale della notifica a mezzo PEC che distingue la posta certifica dalle altre poste elettroniche.

Sul punto la Cassazione con ordinanza n. 1817/18, depositata il 16 gennaio. La vicenda. L’imputato veniva condannato, in entrambi i gradi di giudizio, alla pena di giustizia per il delitto di cui all’art. 185 Manipolazione del mercato d.lgs. n. 58/98 Testo Unico della Finanza . Il condannato ricorre per cassazione chiedendo la restituzione in termini per proporre impugnazione avverso la decisione di seconde cure. Il ricorrente sostiene che non aveva mai ricevuto la comunicazione dell’avvenuta fissazione dell’udienza di discussione dell’appello. Secondo il medesimo, infatti, non vi era prova che il destinatario aveva ricevuto effettivamente l’atto a mezzo PEC in quanto la sola prova delle consegna telematica contenuta nel server della mail del difensore non era sufficiente per la certezza legale della notifica. Notifica a mezzo PEC. La Suprema Corte non può che pronunciarsi sull’inammissibilità del ricorso in quanto il ritardo nell’impugnazione non è attribuibile né a caso fortuito né a forza maggiore. Infatti gli Ermellini hanno ribadito che in tema di notificazione al difensore mediante invio dell’atto a mezzo PEC la semplice verifica dell’accettazione dal sistema e delle ricezione del messaggio di consegna, ad un determina data e ora, dell’allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessità di ulteriori verifiche in ordine alla sua effettiva visualizzazione da parte del destinatario . Certezza legale. La certezza legale della posta certificata è ciò che la distingue dalle altre poste elettroniche. In particolare la certezza legale è provata attraverso l’invio da parte del gestore della PEC del destinatario, c.d. soggetto certificatore, della ricevuta di avvenuta consegna al mittente. Inoltre i gestori inviano avvisi anche in caso di errore nelle fasi del processo, in modo da evitare dubbi sulla spedizione del messaggio, ed in caso di smarrimento delle ricevute da parte del mittente. In questa seconda situazione il gestore conserva una copia della ricevuta per 30 mesi che ne consente la riproduzione con lo stesso valore giuridico. In conclusione la certezza legale della notifica degli atti processuali di tale sistema comporta la piena negligenza del destinatario o un'inidoneità dei suoi strumenti informatici imputabile comunque allo stesso nell’ipotesi in cui non visualizzi il contenuto dell’atto spedito sul suo server. Per queste ragioni la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e condannato il ricorrente alla refusione delle spese.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 25 ottobre 2017 – 16 gennaio 2018, n. 1817 Presidente Lapalorcia – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 25 marzo 2015 e depositata in data 20 aprile 2015, la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado con cui D.A. era stato condannato alla pena di giustizia per il delitto di cui all’art. 185 dlgs n. 58/98 TUF . 2. Con atto sottoscritto dal proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione l’imputato affidandolo ad un unico articolato motivo. Il ricorrente chiede la restituzione in termini per proporre impugnazione avverso la predetta sentenza della Corte d’Appello di Roma sul rilievo che, per caso fortuito, non aveva mai ricevuto la comunicazione dell’avvenuta fissazione dell’udienza di discussione in appello. In particolare, espone che dall’esame degli atti era emerso che nel server mail omissis risultava effettivamente copia dell’avvenuta consegna di una PEC datata 27.2.2015 alle 10.5.58 promanante da notifiche omissis , della cancelleria della 3 sezione penale della Corte d’Appello. Tuttavia, nonostante la PEC in questione risultasse effettivamente consegnata al server di destinazione, la difesa del ricorrente non la aveva mai riscontrata malgrado le verifiche effettuate sull’Imap di Lextel. Il ricorrente lamenta che per dare certezza legale della notifica a mezzo PEC non è sufficiente la prova della consegna telematica , occorrendo che il destinatario abbia effettivamente visualizzato il contenuto dell’atto inviato al suo server. All’udienza di discussione del 25.10.2017 è stata disposta la riunione al procedimento NRG n. 8052/2017 del procedimento n. 8863/2017, trattandosi di ricorsi identici aventi ad oggetto la medesima richiesta di restituzione in termini. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. Va preliminarmente osservato che il ricorso non è stato depositato tempestivamente. Infatti, tenuto conto che, per assunto della stessa difesa, la stessa è venuta a conoscenza della sentenza della Corte d’Appello di Roma in data 30 gennaio 2017 e che, a norma dell’art. 175 comma 1 c.p.p., il termine a pena di decadenza per proporre istanza di restituzione in termini è di dieci giorni da quello in cui è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore, non vi è dubbio che l’intervenuta proposizione del ricorso a mezzo pec in data 14 febbraio 2017 renda lo stesso irrimediabilmente tardivo. Peraltro, il ricorso è comunque inammissibile non essendo il ritardo in cui è incorsa la parte ricorrente imputabile né a caso fortuito né a forza maggiore. In proposito, questa Corte ha già recentemente affermato che, in tema di notificazione al difensore mediante invio dell’atto tramite posta elettronica certificata c.d. pec , la semplice verifica dell’accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna, ad una determinata data e ora, dell’allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessità di ulteriori verifiche in ordine alla sua effettiva visualizzazione da parte del destinatario sez 4 n. 2431 del 15/12/2016, Rv. 268877 . Si è, in particolare, evidenziato che ciò che distingue la posta certificata dalla posta elettronica tout court è proprio la certezza legale dell’invio e della ricezione dell’atto a dei soggetti ben determinati, ovvero certificati . Tale certificazione avviene nei seguenti termini. Vi è un ente o soggetto certificatore, gestore della casella PEC del mittente, che rilascia allo stesso una ricevuta che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio ed eventuali allegati. Allo stesso modo, il gestore della casella PEC del destinatario invia al mittente la ricevuta di avvenuta consegna. I gestori certificano quindi con le proprie ricevute che il messaggio è stato spedito e non è stato alterato, essendo, peraltro, apposto anche un riferimento temporale che certifica data ed ora di ognuna delle operazioni descritte. I gestori inviano avvisi anche in caso di errore in una qualsiasi delle fasi del processo accettazione, invio, consegna in modo che non possano esserci dubbi sullo stato della spedizione di un messaggio. Nel caso in cui il mittente dovesse smarrire le ricevute, la traccia informatica delle operazioni svolte, conservata dal gestore per 30 mesi, consentirà la riproduzione, con lo stesso valore giuridico, delle ricevute stesse. Orbene, un tale sistema garantisce la certezza legale della notifica degli atti processuali e, nell’ipotesi in cui il destinatario non visualizzi il contenuto dell’atto spedito al suo server, ciò dipende esclusivamente o da una sua negligenza o ad una non idonea gestione dei propri strumenti informatici, comunque sempre allo stesso imputabile. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo stabilire nella misura di 2.000,00 Euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.