Non sempre è valida la notifica consegnata a mani al “collega di studio”

La Cassazione accoglie in toto le richieste del ricorrente. Infatti, nella fattispecie, è indubbio sia l’errore di fatto nella precedente pronuncia della Corte di legittimità sia la nullità della notifica dell’atto di citazione in giudizio di merito perché consegnato ad un destinatario diverso collega di studio rispetto al difensore di fiducia.

Sul tema la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 1509/18, depositata il 15 gennaio. La vicenda. La fattispecie oggetto di giudizio di Cassazione trae origine da un ricorso, proposto ai sensi dell’art. 625- bis c.p.p., per la correzione dell’errore di fatto contenuto in una precedente sentenza della Corte di legittimità, la quale aveva dichiarano inammissibile il ricorso avverso la sentenza di condanna del ricorrente per il reato di cui all’art. 590 c.p. Lesioni personali colpose . Secondo i Giudici di legittimità il ricorso era inammissibile perché proposto dal difensore non iscritto all’albo dei cassazionisti ai sensi dell’art. 613 c.p.p. Difensori . Errore di fatto. Secondo il ricorrente il ricorso era sottoscritto anche da lui personalmente, tale affermazione è confermata dalla Suprema Corte che, quindi, rileva nella decisione impugnata un dato di fatto errato. La Corte ribadisce che il ricorso straordinario costituisce un mezzo di correzione delle sentenze della Corte di Cassazione quando viziate da errore materiale o perché assunte a seguito di errata rappresentazione percettiva . In caso contrario non è configurabile una errore di fatto ma un errore di giudizio non censurabile con ricorso straordinario. Nel caso di specie, secondo la S.C., la decisione impugnata si fonda su di una chiara percezione fuorviante della sottoscrizione del ricorso tale da determinare la revoca della sentenza. Collega di studio e notifica. Inoltre gli Ermellini hanno osservato che il reato oggetto di giudizio di merito sia estinto per prescrizione. In ogni caso, la Corte ha ritenuto fondato il primo motivo di ricorso, contenuto nella sentenza impugnata dichiarata poi erroneamente inammissibile, con il quale era stata eccepita la nullità della notificazione dell’atto di citazione a giudizio effettuata a mani del difensore diverso da quello nominato di fiducia. Infatti, secondo il Supremo Collegio, non rileva il fatto che il difensore fosse un collega di studio di quello nominato di fiducia poiché quest’ultimo non era indicato come destinatario dell’atto che era, invece, erroneamente destinato al collega di studio stesso nella qualità di precedente difensore poi revocato. Per questo motivo non può ritersi applicabile alla fattispecie il principio, utilizzato dai Giudici di merito per respingere l’eccezione di nullità, secondo il quale è valida la notificazione al difensore effettuata con consegna dell’atto a persona indicata come collega di studio”. Ciò in quanto, nel caso di specie, non si tratta di consegna nella mani di un soggetto identificato come temporaneo convivente con il destinatario, ossia il collega di studio, ma si tratta di un errore nell’identificazione del destinatario dell’atto. In conclusione la Corte ha revocato la sentenza impugnata in via straordinaria e annullato, senza rinvio, quella del Giudice di merito originariamente impugnata perché il reato è ormai estinto per prescrizione.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 luglio 2017 – 15 gennaio 2018, n. 1509 Presidente Savani – Relatore Rosi Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il sig. M.D. propone, ai sensi dell’art. 625-bis, cod. proc. pen., ricorso per la correzione dell’errore di fatto contenuto nella sentenza di questa Corte di cassazione, Sez. 4 penale, n. 32546 del 12/07/2016 R.G.N. n. 11996/2016 , che ha dichiarato inammissibile, perché proposto da difensore non iscritto nell’albo speciale della corte di cassazione di cui all’art. 613, cod. proc. pen., il ricorso avverso la sentenza del 22/02/2008 del Giudice di Pace di Rimini che lo aveva condannato alla pena di 800,00 Euro di multa per il reato di cui all’art. 590, cod. pen., commesso il omissis . 1.1. Con unico motivo deduce che il ricorso era sottoscritto anche da lui personalmente ed eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato. 2. Il ricorso è fondato. 3. Effettivamente il ricorso è stato sottoscritto anche dall’imputato sicché la decisione impugnata dà per presupposto un dato di fatto errato. 3.1. È noto che il ricorso straordinario di cui all’art. 625-bis, cod. proc. pen., costituisce mezzo di correzione delle sentenze della Corte di cassazione quando viziate da errore materiale o perché assunte a seguito di errata rappresentazione percettiva. 3.2. Questa Suprema Corte ha più volte spiegato che qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. così Sez. U., n. 37505 del 14/07/2011, Corsini, Rv. 250527 ma già prima, Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280, secondo cui l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso . 3.3. Nel caso di specie la decisione impugnata si fonda esclusivamente su una fuorviata rappresentazione percettiva della sottoscrizione del ricorso. 3.4. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere revocata. 3.5. Nel merito, la sentenza del Giudice di pace deve essere annullata senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione. 3.6. Non è manifestamente infondato il primo motivo con il quale era stata eccepita la nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio effettuata a mani di difensore diverso da quello nominato di fiducia. 3.7. Non rileva il fatto che il difensore fosse collega di studio di quello nominato di fiducia poiché quest’ultimo non era il destinatario, né era indicato come tale, del decreto erroneamente indirizzato proprio al collega di studio, precedente difensore dell’imputato poi revocato. 3.8. Non trova dunque sostrato fattuale l’applicazione del principio, utilizzato dal Giudice di pace per respingere l’eccezione di nullità tempestivamente sollevata, secondo il quale è valida la notificazione al difensore effettuata con consegna dell’atto a persona indicata come collega di studio Sez. 2, n. 24540 del 24/02/2009, Foraci, Rv. 244237 Sez. 2, n. 5303 del 14/07/1998, Pallini, Rv. 211309, secondo cui il termine collega di studio , usato nella prassi notificatoria, è idoneo a indicare l’esistenza di un rapporto di temporanea convivenza tra il consegnatario ed il destinatario, perché rientra nella più ampia espressione di persona che conviva anche temporaneamente con il destinatario dell’atto da notificare esso, pertanto, assume valore non nella parte in cui documenta l’identità dell’attività di lavoro svolta da consegnatario e destinatario, bensì per l’attestazione del rapporto funzionale tra essi esistente, che solo interessa il codice di rito al fine di assicurare la ricezione finale dell’atto da parte del soggetto interessato. Ne deriva che in una struttura formata da professionisti anche di discipline diverse, i cui studi siano ubicati nello stesso stabile, l’attestazione, da parte dell’ufficiale giudiziario, di aver consegnato l’atto a collega di studio sta comunque a significare l’esistenza di un collegamento diretto di convivenza temporanea tra consegnatario e destinatario, che realizza le finalità perseguite dal legislatore . 3.9. La sentenza impugnata in via straordinaria deve essere pertanto revocata e deve essere annullata, senza rinvio, quella del Giudice di pace originariamente impugnata perché il reato è ormai estinto per prescrizione. P.Q.M. Revoca la sentenza n. 32546 pronunciata nei confronti di M.D. in data 12/07/2016 dalla Quarta Sezione Penale di questa Corte e annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione.