Povero, disoccupato e con figli: nessuna giustificazione per il furto di energia elettrica

A inchiodare l’uomo sono stati i carabinieri, che hanno notato l’allaccio abusivo alla rete pubblica. Respinta l’obiezione difensiva, secondo cui l’azione illecita è stata compiuta solo per disperazione. Per i Giudici, in caso di povertà, è possibile rivolgersi agli istituti di assistenza sociale.

In precarie condizioni economiche, disoccupato e padre di numerosi figli. Nonostante la situazione assai difficile, è confermata la condanna per un uomo, beccato dai carabinieri a procurarsi energia elettrica gratis grazie a un allaccio abusivo alla rete pubblica Cassazione, sentenza n. 994/2018, Sezione Quinta Penale, depositata il 12 gennaio 2018 . Necessit à . Nessun dubbio per i Giudici di merito prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello viene pronunciata una sentenza di condanna per furto aggravato . Decisiva la ricostruzione effettuata grazie ai carabinieri è stato possibile appurare, difatti, che l’uomo sotto accusa si è allacciato abusivamente alla rete elettrica pubblica , così da garantirsi l’erogazione di energia elettrica per l’appartamento ove dimorava con la famiglia. L’episodio non viene minimamente contestato dall’uomo, che, anzi, tramite il proprio legale racconta di avere immediatamente ammesso le proprie responsabilità , non solo coi carabinieri ma anche col personale dell’Enel. Subito dopo, però, egli spiega ai Giudici della Cassazione di avere agito per necessità, essendo padre di numerosi figli, e a causa delle gravi condizioni di difficoltà economica derivanti dal suo stato di disoccupato . Questa obiezione però non scalfisce i magistrati del ‘Palazzaccio’, che confermano la condanna pronunciata in Appello per il reato di furto aggravato . Irrilevante il richiamo dell’uomo alla sua situazione di difficoltà economica . Su questo punto i Giudici ribattono che è pur sempre possibile vedersi garantiti i bisogni primari da parte degli enti preposti all’assistenza sociale , e in questa vicenda l’uomo non ha neppure allegato di essersi inutilmente rivolto ai detti istituti .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 ottobre 2017 – 12 gennaio 2018, n. 994 Presidente Bruno – Relatore Micheli Ritenuto in fatto F.G. ricorre personalmente avverso la pronuncia indicata in epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa nei suoi confronti, in data 17/10/2014, dal Tribunale di Termini Imerese. La declaratoria di penale responsabilità dell’imputato riguarda un addebito di furto aggravato, per essersi il F. allacciato abusivamente alla rete elettrica pubblica, onde garantirsi l’erogazione di energia elettrica presso l’appartamento ove dimorava. Con l’odierno ricorso, si deduce la violazione dell’art. 54 cod. pen., atteso che l’imputato aveva immediatamente addotto ai Carabinieri ed al personale dell’ENEL non negando le proprie responsabilità ed anzi collaborando fattivamente con gli inquirenti di avere agito per stato di necessità, a causa delle gravi condizioni di difficoltà economica derivanti dal suo stato di disoccupato e padre di numerosi figli. Il F. si duole altresì dell’omessa concessione in suo favore delle attenuanti generiche in regime di prevalenza sulle circostanze di segno contrario, nonché della mancata disapplicazione della recidiva contestatagli i giudici di merito, a riguardo, non risultano avere in alcun modo valutato la sua già ricordata lealtà e correttezza di comportamento processuale, nonché le condizioni di disagio personale che comunque lo determinarono alla condotta illecita. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve reputarsi inammissibile, per manifesta infondatezza e genericità delle doglianze proposte. Le censure avanzate dall’imputato, infatti, riproducono ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, e per costante giurisprudenza il difetto di specificità del motivo - rilevante ai sensi dell’art. 581, lett. c , cod. proc. pen. - va apprezzato non solo in termini di indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., all’inammissibilità dell’impugnazione Cass., Sez. II, n. 29108 del 15/07/2011, Cannavacciuolo v. anche, già nello stesso senso, Cass., Sez. VI, n. 20377 dell’11/03/2009, Arnone, Rv 243838 . Nella fattispecie, è necessario rilevare come i giudici palermitani abbiano già segnalato che - una situazione di difficoltà economica non può essere invocata ai fini del riconoscimento della causa di giustificazione ex art. 54 cod. pen., giacché per costante giurisprudenza di questa Corte, puntualmente richiamata in tal caso è pur sempre possibile vedersi garantiti i bisogni primari da parte degli enti preposti all’assistenza sociale, e nella fattispecie concreta l’imputato non aveva neppure allegato di essersi inutilmente rivolto ai detti istituti - il fatto denotava una più accentuata colpevolezza ed una maggiore pericolosità del ricorrente, essendo stato commesso a breve distanza di tempo da ulteriori e numerosi delitti contro il patrimonio, ed il F. risultava financo aver commesso un nuovo furto in data successiva, elementi di certo ostativi ad una rivisitazione in melius del trattamento sanzionatorio. 2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla sua volontà v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000 - a versare in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 2.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.