Quid iuris nel caso in cui l’isolamento diurno è stato interamente espiato prima che l’ergastolo venga sostituito con la reclusione a 30 anni?

La Corte di Cassazione si è trovata ad affrontare un caso piuttosto complesso e singolare. Il ricorrente lamenta la mancata applicazione dell’indulto ex l. n. 241/2006 in relazione all’isolamento diurno ed alla pena di anni 30 inflittagli e tuttora in espiazione in conseguenza della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 341/2000 disciplinante l’applicazione dell’ergastolo nel caso di giudizio abbreviato .

La vicenda. Al di là di sfumature più o meno accentuate, nella sostanza la difesa del detenuto ha sostanzialmente argomentato sull’estinzione dei reati assorbiti dall’isolamento diurno scontato ovvero sull’applicabilità al caso di specie dell’art. 184 c.p. sostenendo che la situazione in questione sarebbe del tutta analoga ai casi di estinzione dell’ergastolo previste dal predetto articolo, sicché, avendo lo stesso già espiato l’isolamento diurno originariamente applicato, dovrebbe usufruire dei benefici ivi previsti. La Suprema Corte ordinanza n. 991/18 depositata il 12 gennaio , con ampia argomentazione, dopo aver ricostruito lo stato della materia ed evidenziato le specificità del caso in questione, ha accolto la tesi della difesa secondo la quale avendo già scontato l’isolamento notturno non può ritenersi che per i fatti assorbiti da tale sanzione, a seguito della sostituzione dell’ergastolo con la pena di trent’anni di reclusione, potessero rivivere sic et simpliciter le sanzioni precedentemente applicate per i reati assorbiti”, pena la duplicazione delle sanzioni per lo stesso fatto. Applicazione analogica in malam partem? Se non che, si è dubitato, nonostante i precedenti sul punto, sull’applicabilità dell’art. 184 c.p. Estinzione della pena, dell'ergastolo o di pena temporanea nel caso di concorso di reati al caso di specie e ciò per due ragioni fondamentali. Da un lato, le situazioni sarebbero diverse, posto che l’estinzione dell’ergastolo non è avvenuta per amnistia, indulto o grazia. In secondo luogo, l’applicazione analogica di tale articolo, nonostante le apparenze, in realtà sarebbe in malam partem . Infatti in tutte le situazioni di cumulo giuridico delle pene, il trattamento sanzionatorio mitigato, effetto del cumulo, costituisce la sola pena congrua e legale per tutti i reati oggetto del cumulo stesso , mentre la soluzione analogica escogitata verrebbe a disconoscere un tale effetto, consentendo il recupero sia pure in parte di pene prive ormai di fondamento ontologico e legale . Stando così le cose e il palese contrasto con la precedente giurisprudenza di legittimità, la Suprema corte ha deciso di rimettere alle Sezioni Unite la seguente questione Se, quando la pena dell’ergastolo è revocata in sede esecutiva e sostituita con la pena di anni trenta di reclusione, ai fini dell’eventuale scissione del cumulo giuridico delle pene la pena detentiva temporanea inflitta per reati concorrenti, in relazione ai quali è stato applicato l’isolamento diurno già interamente subito, debba considerarsi espiata per intero o – in applicazione analogica dell’art. 184 c.p. – nella misura della metà . Non resta che attendere la decisione del più alto consesso della giurisdizione ordinaria penale, in questa intricata e complessa materia.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 11 dicembre 2017 – 12 gennaio 2018, n. 991 Presidente Di Tomassi – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe, adottata in funzione di giudice dell’esecuzione, la Corte di assise di appello di Reggio Calabria confermava, in sede di opposizione, ex artt. 666, e 667 comma 4, cod. proc. pen., la reiezione della richiesta di A.G. , tesa all’applicazione dell’indulto, concesso con legge 31 luglio 2006, n. 241, in relazione all’isolamento diurno di due mesi già espiato ed alla pena di trent’anni di reclusione tuttora in espiazione . L’esecuzione penale a carico di A. era regolata sulla base dei seguenti provvedimenti a sentenza 4 giugno 1996 della Corte di appello di Reggio Calabria, irrevocabile il 15 novembre 1996, di condanna alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione b sentenza 28 aprile 1997 della Corte di assise di appello di Reggio Calabria, irrevocabile il 12 gennaio 1998, di condanna alla pena di quindici anni di reclusione c sentenza 5 marzo 2002 della Corte di assise di appello di Reggio Calabria, irrevocabile il 26 febbraio 2004, di condanna alla pena dell’ergastolo d ordinanza 15 giugno 2004 della Corte di assise di appello di Reggio Calabria, che aveva unificato le pene di cui sopra - ex artt. 72, secondo comma, e 80, cod. pen. - nell’ergastolo con isolamento diurno per due mesi e ordinanza 20 novembre 2013 della Corte di assise di appello di Reggio Calabria, che - a seguito della declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, decreto legge n. 341 del 2000, convertito dalla legge n. 4 del 2001 - aveva sostituito l’ergastolo sub c con la pena di trent’anni di reclusione f provvedimento di esecuzione di pene concorrenti 21 gennaio 2014 della Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Reggio Calabria, che - in applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78, primo comma, cod. pen. - aveva rideterminato la pena complessiva da espiare in relazione alle condanne sub a , b e c in trent’anni di reclusione. Secondo l’interessato, l’indulto si sarebbe dovuto applicare, nella misura di due mesi, sulla sanzione dell’isolamento diurno sub d - ormai espiata, e che aveva irreversibilmente assorbito le pene sub a e b - e, nella misura residua due anni e dieci mesi , sulla pena di trent’anni di reclusione di cui al provvedimento in espiazione sub f . 2. Di diverso avviso si dichiarava, con l’ordinanza di cui sopra, il giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo riteneva che l’indulto potesse sì riguardare anche la sanzione penale dell’isolamento diurno, alla condizione che, scisso il cumulo giuridico sub d , le pene concorrenti ex art. 72, secondo comma, cod. pen. - ossia le pene sub a e sub b , complessivamente superiori a cinque anni, che avevano determinato l’applicazione della speciale sanzione - scendessero, detratta la quantità condonabile, al di sotto del medesimo limite dei cinque anni circostanza che non ricorreva nella specie. Quanto alla pena detentiva sub f , l’indulto era invece inapplicabile, secondo il giudice dell’esecuzione, perché, anche nella massima latitudine, inidoneo a ricondurre le intere pene concorrenti in esame sotto il limite dei trent’anni e quindi ad impedire alla pena finale di attestarsi comunque su tale soglia, ai sensi dell’art. 78, primo comma, cod. pen. . 3. Ha proposto ricorso per cassazione, nell’interesse del condannato, il difensore di fiducia, sulla base di unico motivo - che deduce violazione di legge, in relazione agli artt. 72 e 174 cod. pen., 125, comma 3, e 672, cod. proc. pen., nonché assenza di motivazione art. 606, comma 1, lett. b ed e cod. proc. pen. - articolato su due prospettazioni. 3.1 Sotto un primo aspetto, il ricorrente sostiene che l’unica condizione, cui poteva dirsi subordinata la condonabilità dell’isolamento diurno, era che le pene concorrenti ex art. 72, secondo comma, cod. pen. - che ne avevano determinato l’applicazione - non fossero state inflitte per reati ostativi, come era da escludere. 3.2. Sotto il secondo aspetto, il ricorrente assume che l’isolamento diurno, ormai espiato, avesse definitivamente consumato le pene sub a e b , che in esso erano state convertite. Ritenere il contrario equivarrebbe, per il ricorrente, a duplicare il trattamento sanzionatorio, facendo sì che il condannato risulti punito, per gli stessi fatti, due volte con pena detentiva temporanea e con l’ inasprimento , che era stato già scontato, della pena detentiva perpetua poi caducata , in violazione dell’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 4, protocollo n. 7, CEDU. 4. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, in sostanziale adesione all’impostazione dell’ordinanza impugnata, ha chiesto la reiezione del ricorso. Il ricorrente, in successiva memoria depositata ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., ha prospettato, in via subordinata, la possibilità di applicare analogicamente l’art. 184 cod. pen Considerato in diritto 1. La disamina del ricorso deve essere preceduta dal riepilogo della peculiare vicenda esecutiva del condannato odierno ricorrente. 1.1. Questi era stato originariamente attinto da più titoli di condanna, importanti distintamente la pena dell’ergastolo e pene detentive temporanee. Poiché il tempo complessivo di queste ultime eccedeva i cinque anni, in sede esecutiva la pena cumulata era stata rideterminata - ai sensi degli artt. 72, secondo comma, e 80 cod. pen. - in quella dell’ergastolo con isolamento diurno pari a due mesi. Successivamente, tuttavia, era intervenuta la declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, decreto legge n. 341 del 2000, convertito dalla legge n. 4 del 2001 sentenza Corte cost. n. 210 del 2013 , in forza della quale l’ergastolo già inflitto al condannato era stato revocato dal giudice dell’esecuzione, con effetto ex tunc , e sostituito, con pari originaria decorrenza, dalla pena di trent’anni di reclusione. 1.2. Ciò ha comportato la necessità di regolare diversamente, ai sensi del citato art. 80 cod. pen., il concorso delle pene inflitte con i tre titoli di condanna. Non sussisteva più un ergastolo, in concorso con pene detentive temporanee di durata superiore a cinque anni, che potesse e dovesse essere trasformato, a norma di legge, in ergastolo con isolamento diurno. Venivano ormai in considerazione soltanto pene detentive temporanee della stessa specie, da unificare in una pena unica art. 73, comma 1, cod. pen. , non eccedente tuttavia - trattandosi di reclusione - i trent’anni art. 78, comma 1, cod. pen. e in tal senso è stato disposto. 1.3. In relazione alla pena così risultante il condannato invoca ora l’applicazione dell’indulto, ai sensi della legge n. 241 del 2006. Egli evidenzia di avere interamente scontato l’isolamento diurno, anteriormente alla revoca della pena perpetua ed alla sua sostituzione con la massima pena detentiva temporanea, e sostiene che tale circostanza impedirebbe - pena l’inaccettabile duplicazione del trattamento sanzionatorio la reviviscenza delle pene detentive con l’ergastolo originariamente concorrenti, già irreversibilmente convertite nella misura ormai espiata ed estinte per effetto di tale espiazione. Sicché sarebbe errato il diniego di applicazione dell’indulto, da riferire in via esclusiva alla pena di trent’anni in rapporto al titolo che originariamente comportava l’ergastolo, così di seguito trasformato , pena unica ormai in espiazione, pacificamente inflitta per reati non ostativi. 2. La costante giurisprudenza di legittimità ex pluribus, Sez. 1, n. 4893 del 04/05/2016, dep. 2017, Gianfreda, Rv. 269410 Sez. 1, n. 32017 del 17/05/2013, Giuliano, Rv. 256296 Sez. 1, n. 8552 del 23/01/2013, Piccolo, Rv. 254929 Sez. F, n. 32955 del 29/07/2008, Marra, Rv. 240610 Sez. 1, n. 12709 del 06/03/2008, Di Giovanni, Rv. 239377 , qui interamente condivisa, insegna che, in caso d’incidenza dell’indulto su pene detentive concorrenti, assoggettate a cumulo giuridico, quest’ultimo debba essere sciolto sul cumulo materiale per l’effetto ripristinato, previa individuazione delle pene condonabili, debba essere scorporata la quota/parte estinta per effetto dell’indulto e quindi non più concretamente eseguibile e sulla pena residuata debbano essere nuovamente applicati, se del caso, i criteri moderatori previsti dalla legge penale, ponendosi il cumulo giuridico come temperamento legale del coacervo delle sole pene da eseguirsi effettivamente, senza possibilità di inclusione in esso delle pene già coperte dal condono le quali, altrimenti, verrebbero a godere di un duplice abbattimento, dapprima fruendo dell’applicazione del criterio moderatore e poi del loro scorporo integrale dal cumulo giuridico . Tale è in effetti il procedimento seguito dall’ordinanza impugnata, con riferimento al cumulo giuridico in attuale esecuzione. Senonché, nel caso di specie, quest’ultimo ricomprende pene giuridicamente cumulate, parte delle quali antecedentemente già tradottesi - per il fatto di essersi trovate a concorrere con la pena perpetua, poi caducata - nella sanzione dell’isolamento diurno e tale sanzione risultava già interamente espiata anteriormente a tale caducazione. 3. Questa Corte ha ripetutamente affermato Sez. 1, n. 21309 del 21/10/2016, dep. 2017, Raucci, Rv. 270578 Sez. 1, n. 9300 del 05/02/2014, Focoso, Rv. 259470 Sez. 1, n. 1044 del 02/12/2008, dep. 2009, Rotolo, Rv. 242514 Sez. 1, n. 16400 del 27/02/2007, Stilo, Rv. 236158 che l’isolamento diurno ha natura giuridica di vera e propria sanzione penale, non costituendo esso mera modalità in termini di maggiore afflittività di esecuzione della pena dell’ergastolo. Il cumulo giuridico ha lo scopo e la funzione di mitigare, nei casi previsti, gli effetti della concorrenza materiale delle pene, con la naturale conseguenza che il nuovo trattamento sanzionatorio diviene la sola pena congrua e legale per i tutti i reati nel cumulo confluiti. Il principio è applicabile anche alla sanzione penale dell’isolamento diurno, che di quel trattamento sia parte integrante. Da tale dato, legale ed ontologico, non si può prescindere. Scisso il cumulo, nei casi previsti, i singoli reati riacquistano la loro autonomia sotto il profilo del titolo e dell’epoca degli stessi, ma l’avvenuta espiazione dell’isolamento - sanzione nella quale le pene originariamente eccedenti erano state ormai trasformate, perdendo la loro specifica individualità - non può essere obliterata di significato nella vicenda esecutiva. La contraria opzione - che consentisse il pieno ed incondizionato recupero delle pene già assorbite nella sanzione ormai scontata - realizzerebbe effettivamente un’inaccettabile duplicazione del trattamento sanzionatorio, in violazione del diritto di non essere giudicato o punito due volte, sancito dall’art. 4 del Protocollo 7 della Convenzione EDU, in armonia con la quale il nostro ordinamento giuridico deve essere sistematicamente interpretato. Del resto, la giurisprudenza di legittimità già conosce il principio per cui, in sede di scioglimento del cumulo giuridico delle pene inflitte ai sensi dell’art. 81 cpv. cod. pen. - ai fini della concessione di benefici penitenziari Sez. 1, Sentenza n. 32419 del 31/03/2016, Baiamonte, Rv. 268219 Sez. 1, n. 37848 del 04/03/2016, Trani, Rv. 267605 Sez. 1, Sentenza n. 17143 del 14/03/2016, Baiamonte, Rv. 267215 , o della revoca dell’indulto Sez. U, n. 21501 del 23/4/2009, Astone, Rv. 243380 , o del riscontro della perdita di efficacia delle misure cautelari Sez. U, n. 25956 del 26/3/2009, Vitale, Rv. 243588 - allorché occorra determinare la pena relativa ad un reato satellite, si debba fare riferimento a quella concretamente inflitta a titolo di continuazione, che ha definitivamente assorbito quella astrattamente determinata dal giudice per il reato in sé considerato. Nella continuazione infatti - ma il principio è estensibile alle ipotesi ulteriori di cumulo giuridico delle pene - l’esigenza meritevole di tutela è quella di addivenire ad un trattamento di minore rigore, e a tale ratio , ispirata al favor rei, deve conformarsi l’interpretazione delle norme in materia, in modo da precludere l’incondizionata reviviscenza delle pene singolarmente assorbite, ormai prive di autonoma funzione. 4. Conscia della intrinseca irragionevolezza del non tenere conto in alcun modo dell’isolamento diurno patito, in luogo delle pene temporanee cumulate, nel primo tradottesi per la concorrenza con la pena perpetua, si è già mostrata questa Corte, lì ove essa è stata chiamata - in sede di concessione dei benefici penitenziari, ai fini della verifica dell’eventuale intervenuta espiazione delle pene medesime, a tali benefici ostative - a procedere allo scioglimento del cumulo. 4.1. La relativa pronuncia di legittimità Sez. 1, n. 18119 del 02/03/2010, Cuccuru, Rv. 247068 - rifiutando, perché sostanzialmente ingiusta, la tesi dell’addizione dell’intera durata della pena inflitta per il reato ostativo, prima della commutazione in isolamento diurno - ebbe in realtà ad escludere anche che il calcolo della pena espiata per il reato ostativo potesse essere effettuato in base alla sola durata dell’isolamento diurno, determinato a norma degli artt. 72, secondo comma, e 80, cod. pen. essa giudicò invero asistematico considerare allo stesso modo reclusione e isolamento diurno, per la loro diversa afflittività in termini fattuali, e per le caratteristiche qualitative del sistema legale di commutazione delle pene detentive temporanee di lunga durata, tradotte dall’ordinamento in periodi estremamente più brevi di isolamento stesso. La pronuncia scelse per la riconversione, a seguito di scioglimento del cumulo, dell’isolamento diurno in pena detentiva ordinaria una terza soluzione, per così dire intermedia, e la enucleò dal parametro di calcolo che il legislatore ha posto a base di un’ipotesi di frazionamento del cumulo espressamente considerata, quella ex art. 184 cod. pen Secondo tale disposizione, quando la pena dell’ergastolo è estinta in forza di provvedimenti clemenziali, la pena detentiva temporanea inflitta per il reato concorrente è eseguita per intero, salvo che il condannato abbia già subito l’isolamento diurno applicato a norma del secondo comma dell’art. 72 c.p. in tale ultimo caso, la pena per il reato concorrente dovendo invece considerarsi ridotta alla metà ovvero definitivamente estinta dopo trent’anni di detenzione . Pur consapevole che l’art. 184 cod. pen. si riferisse ad uno scioglimento del cumulo imputabile a situazioni diverse, il citato precedente di legittimità riscontrò tra le fattispecie un’identità di ratio , tale da suggerire l’esportazione del criterio all’ipotesi allora in esame quella di realizzare l’equo contemperamento tra la necessità, da un lato, di evitare trattamenti di favore per chi fosse stato condannato all’ergastolo e a pene temporanee, rispetto a chi fosse stato condannato soltanto a queste ultime e quella, dall’altro, di considerare adeguatamente il peso afflittivo di una sanzione tanto dura e considerevolmente più gravosa della normale detenzione, da essere prevista con un massimo assoluto di soli tre anni, la decima parte del massimo previsto per la reclusione. Il fatto che non esistessero nel codice altri criteri espliciti di ragguaglio o conversione riferibili all’isolamento diurno, e che il caso in esame non fosse in alcun modo legislativamente disciplinato, unitamente alla considerazione dell’importanza dell’elaborazione ermeneutica giurisprudenziale in materia, confortarono l’opinione dei decidenti, avvalorando il ricorso all’integrazione analogica, considerata in bonam partem . 4.2. La soluzione esposta è stata poi avallata, sulla base di coincidenti argomentazioni, da Sez. 1, n. 38462 del 19/09/2012, Mele, Rv. 253453, nonché - sia pure all’effetto di escluderne l’incidenza nel caso concreto - da Sez. 1, n. 22090 del 07/05/2013, Pischedda, Rv. 256541. 5. Se la logica delle citate decisioni fosse ulteriormente trasposta nel caso che ci occupa, ove si pone la stessa questione la sorte, a cumulo scisso, delle pene detentive temporanee, già trasformate in isolamento diurno ai sensi dell’art. 72, secondo comma, cod. pen., una volta che questo sia stato espiato , il ricorso del condannato dovrebbe essere respinto. Ove infatti la conclusione fosse sempre quella di dover considerare espiate nella sola misura della metà le pene detentive temporanee, già tramutate in isolamento diurno a seguito del cumulo giuridico ex art. 72 secondo comma cod. pen., allorché il condannato all’ergastolo abbia interamente subito l’isolamento stesso, nel caso di specie residuerebbe a tale titolo la pena di otto anni ed otto mesi di reclusione, e la sua eventuale riduzione - per effetto dell’indulto ex I. n. 241 del 2006, quand’anche concesso nella misura massima - lascerebbe in vita una pena detentiva temporanea complessiva eccedente i trent’anni, da riportare comunque a tale misura senza dunque alcun effetto pratico favorevole per il condannato in applicazione del criterio mitigatore di cui agli artt. 73, primo comma, 78, primo comma, e 80, cod. pen 6. Il Collegio, tuttavia, dubita della bontà dell’interpretazione offerta dalle pronunce di legittimità sopra richiamate. 6.1. Anzitutto l’estensione analogica di una norma presuppone, in base all’art. 12 disp. prel. cod. civ., la c.d. eadem ratio tra il caso regolato dalla disposizione puntuale, e quello non regolato ed a cui la si voglia ulteriormente riferire. Ratio che deve essere misurata non tanto sulla funzione o sugli effetti della disposizione già individuati, in termini peraltro alquanto generali, nell’esigenza di contemperamento degli interessi in gioco quanto sulla somiglianza dei casi di origine. Questa somiglianza deve essere nella specie negata. Nell’ipotesi di cui all’art. 184 cod. pen., la scissione del cumulo, in cui erano confluite le pene concorrenti a norma del precedente art. 72, secondo comma, è dovuta ad un atto di clemenza amnistia, indulto, grazia , che abbia determinato l’estinzione del solo ergastolo sostituito, o meno, da pena detentiva temporanea , lasciando in vita le pene detentive con esso originariamente concorrenti situazione connotata da una peculiare singolarità, che già in sé rende problematico un ampliamento del raggio di azione della disposizione al di fuori della specificità del contesto genetico. La scissione del cumulo, corrispondentemente operata, al fine di valutare la permanenza delle ostatività alla fruizione dei permessi premio e delle misure alternative in senso lato, di cui all’art. 4-bis Ord. pen., non ha viceversa alcun connotato clemenziale , nascendo - come non mancava di ricordare, in parte finale, proprio la sentenza pronunciata da Sez. 1, n. 18119 del 2010, citata dalla necessità di una interpretazione adeguata a principi fondamentali, giacché non può essere dimenticato che è soltanto la prospettiva della possibilità di fruire de iure e de facto Corte EDU, sent. Garagin c. Italia 2^ sez. del 29.4.2008 , e ovviamente in termini ragionevoli, della liberazione condizionale e delle misure alternative, che rende la pena perpetua costituzionalmente accettabile tra molte, cfr. C. cost. n. 161 del 1997 e ivi richiamate , non contraria ai principi Europei tra molte Corte EDU, sentenza Kafkaris c. Cipro G.C. del 12 febbraio 2008 sent. Garagin citata , di fatto compatibile con le regole convenzionali in materia di estradizione e trasferimento delle persone condannate . Men che meno ha sfondo clemenziale la scissione del cumulo giuridico nel caso che ci occupa, in cui la caducazione dell’ergastolo si deve all’illegalità originaria della medesima pena, stigmatizzata dalla nota sentenza della Corte EDU, GC, 17/09/2009, Scoppola c. Italia illegalità solo tardivamente riparata dalla successiva sostituzione alla pena perpetua della massima pena temporanea. Ed è il caso di notare che la medesima illegalità verrebbe portata a conseguenze ulteriori da interpretazioni che sortissero l’effetto di escludere, o anche soltanto di limitare, il valore espiativo della pena caducata, considerata nella sua massima dimensione afflittiva e quindi comprensiva dell’isolamento diurno effetto che - lungi dall’assicurare la giusta composizione dei valori in campo - ridonderebbe in ulteriore violazione degli artt. 6 e 7 della Convenzione di Roma, già accertata in sede sovranazionale. 6.2. Quand’anche tuttavia si volessero ritenere omogenee, in funzione analogica, le situazioni passate in rassegna, occorrerebbe comunque rilevare che l’analogia verrebbe qui ad operare - contrariamente a quanto ritenuto dai precedenti da cui si dissente - in malam partem , come non consentito dagli artt. 25, secondo comma, Cost., 1 cod. pen. e 14 disp. prel. cod. civ Basti in proposito richiamare quanto osservato sul fatto che, in tutte le situazioni di cumulo giuridico delle pene, il trattamento sanzionatorio mitigato, effetto del cumulo, costituisce la sola pena congrua e legale per i tutti i reati oggetto del cumulo stesso. La situazione di sistema che si determinerebbe dunque, in difetto del ricorso alla analogia legis , sarebbe quella dell’estinzione totale, a seguito dell’intervenuta espiazione dell’isolamento diurno, delle pene riferite ai reati concorrenti di cui all’art. 72, secondo comma, cod. pen., in tale isolamento su tale base già tradottesi, con effetto reso da quell’espiazione irreversibile. La soluzione analogica invece escogitata verrebbe a disconoscere un tale effetto, consentendo il recupero sia pure in parte di pene prive ormai di fondamento ontologico e legale. Ecco che il ricorso all’istituto avrebbe il significato di aggravare inammissibilmente il trattamento sanzionatorio del reo. 7. È evidente che i principi affermati nelle già pronunciate sentenze di legittimità indicate nel precedente paragrafo 4, parte in diritto sono incompatibili con l’interpretazione sostenuta da questo Collegio, dalla quale viceversa discenderebbe l’accoglimento, per quanto di ragione, del proposto ricorso l’indulto verrebbe infatti, in tale caso, ad incidere utilmente sulla sola pena di trent’anni di reclusione, inflitta per titoli di reato non ostativi con la sentenza 5 marzo 2002 della Corte di assise di appello di Reggio Calabria. Si configura, pertanto, un potenziale contrasto interpretativo sul punto, che rende opportuno, ad avviso dello stesso Collegio, in applicazione dell’art. 618, comma 1, cod. proc. pen., rimettere la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite in ordine alla questione di diritto rilevante ai fini della decisione. La questione rimessa può essere sinteticamente enunciata nei seguenti termini Se, quando la pena dell’ergastolo è revocata in sede esecutiva e sostituita con la pena di anni trenta di reclusione, ai fini dell’eventuale scissione del cumulo giuridico delle pene la pena detentiva temporanea inflitta per reati concorrenti, in relazione alla quale è stato applicato l’isolamento diurno già interamente subito, debba considerarsi espiata per intero ovvero - in applicazione analogica dell’art. 184 cod. pen. - nella misura della metà . P.Q.M. Visto l’art. 618 cod. proc. pen., rimette il ricorso alle Sezioni Unite.