Chiuso il campo nomadi: l’imputata non può essere accusata di violare l’obbligo di soggiorno

I Giudici di merito condannavano l’imputata per violazione degli obbligo di soggiorno in un determinato Comune. La condannata e il PM entrambi contro la decisione di merito. Secondo i ricorrenti le prove dimostrano lo stato di necessità e il diritto di abitazione che giustificano il trasferimento in un altro Comune.

Sulla questione la Suprema Corte con sentenza numero 585/18, depositata il 10 gennaio. Il fatto. La Corte di Appello di Cagliari confermava la decisione di prime cure con la quale l’imputata straniera era stata ritenuta responsabile del reato di cui all’art. 75, comma 2, Violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale d.lgs. numero 159/20011 Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione , per non aver rispettato l’obbligo di soggiorno, imposto dal Tribunale, nel Comune di Alghero. La Corte territoriale aveva ritenuto di escludere la ricorrenza dell’esimente dello stato di necessità prospettato dalla difesa. Avverso la decisione di merito propongono ricorso per cassazione sia la condannata che il Procuratore Generale. Stato di necessità e lesione del diritto di abitazione. Secondo i ricorrenti i Giudici di merito hanno erroneamente negato lo stato di necessità dell’imputata in quanto vi erano prove documentali che confermavano l’impossibilità per la stessa di vivere nel Comune indicato dal Tribunale con l’obbligo di soggiorno. Nel merito l’imputata aveva provato che il suo trasferimento in un Comune diverso avveniva dopo lo smaltimento del campo nomadi di Alghero ed era dovuto all’indigenza della stessa che non le permetteva di trovare abitazione nel luogo assegnato dai Giudici. Inoltre, aggiunte il Procuratore Generale, che la Corte territoriale aveva valutato il comportamento nell’ambito del procedimento di prevenzione ignorando il rischio di lesione del diritto di salute e di abitazione dell’imputata. La Cassazione è chiara nell’affermare che la sentenza impugna va annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato. Infatti secondo la ricostruzione dei fatti l’imputata riceveva il decreto di applicazione della misura di prevenzione due giorni prima del controllo dei Carabinieri ed, inoltre, risulta che la ricorrente aveva richiesto la modifica del luogo di esecuzione dell’obbligo di soggiorno. Le rilevazioni della Corte e le prove documentali della parti incidono sull’elemento soggettivo del reato e legittimano il dubbio che in capo all’imputata sussistesse la cosciente volontà di inadempimento dell’obbligo impostole con la misura di prevenzione .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 21 settembre 2017 – 10 gennaio 2018, n. 585 Presidente Mazzei – Relatore Talerico Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 27 febbraio 2017, la Corte di appello di Cagliari confermava la pronuncia resa dal Tribunale in sede datata 11.3.2016, con la quale A.L. era stata ritenuta responsabile del reato di cui all’art. 75, comma 2, dl D.Lgs n. 159 del 2011 per non avere ottemperato all’obbligo di soggiorno nel Comune di impostole con decreto del Tribunale di Sassari di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., essendo stata sorpresa il omissis nel Comune di e, conseguentemente, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, operata la riduzione per la scelta del rito, era stata condannata alla pena di mesi dieci di reclusione. Descritto il fatto peraltro, incontestato da parte dell’imputata nella sua materialità come accertato dai Carabinieri che avevano controllato la A. il omissis nel comune di - la Corte territoriale ha ritenuto di escludere la ricorrenza dell’esimente dello stato di necessità, invocato dalla difesa, evidenziando che non risultava dal provvedimento del Tribunale di Sassari che, nell’ambito del procedimento di prevenzione, fosse stato addotto alcunché in ordine alla impossibilità o anche soltanto alla difficoltà da parte dell’imputata a soggiornare nel territorio di dove era stato disposto per la predetta l’obbligo di soggiorno e che non risultava, altresì, che una volta notificato all’interessata il decreto applicativo della misura di prevenzione, costei si fosse attivata per ottenere una modifica della suddetta prescrizione, cosa che, invece, aveva fatto soltanto nell’agosto del 2016. La Corte di appello di Sassari ha, inoltre, escluso la ricorrenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131 -bis cod. pen. in quanto, per un verso, l’offesa non poteva essere ritenuta di particolare tenuità perché la scelta di non spostarsi ad , malgrado la recente notifica del decreto di prevenzione, appariva indicativa di una forte riottosità al rispetto delle prescrizioni imposte e, per altro verso, risultava che l’imputata per ben due volte, prima dell’applicazione della misura di prevenzione, era stata destinataria di avviso orale da parte del Questore senza che, tuttavia, la sua condotta fosse diventata rispettosa delle regole della convivenza civile. 2. Avverso detta sentenza l’imputata ha proposto personalmente ricorso per cassazione per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 54 cod. pen., 192, comma 1, 546, comma 1 lett. e , 598 cod. proc. pen., 131 bis, 132 e 133 cod. pen, nonché per inosservanza dell’art. 125 cod. proc. pen. e per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Ha, in proposito, osservato che la decisione impugnata deve essere censurata per avere escluso la ricorrenza, nel caso di specie, dell’esimente dello stato di necessità, con argomentare inadeguato e senza esaminare e valutare la documentazione prodotta con l’atto appello, dalla quale risultava che l’imputata si era trasferita, dopo lo smantellamento del campo nomadi di , nel Comune di ove si era stabilita da circa due anni presso i suoceri, che la stessa, all’epoca del controllo, era in stato avanzato di gravidanza e si trovava, altresì, in condizioni di estrema indigenza, che le impedivano di trovare altro alloggio in che, anche con riguardo all’esclusione della ricorrenza della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen., il giudizio è viziato non avendo la Corte di appello adeguatamente valutato che il decreto di applicazione della misura di prevenzione era stato notificato alla interessata solo due giorni prima il controllo effettuato dai Carabinieri e che, perciò, appare decisamente contraddittorio e illogico apostrofare come riottoso un soggetto che non ha la possibilità temporale e materiale per ottemperare alle prescrizioni impostegli che anche nella parte in cui è stata rigettata l’ulteriore richiesta di riduzione della pena, l’operato della Corte di appello si espone a dubbi di legittimità perché assolutamente non motivato al riguardo. 3. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione anche il Procuratore Generale della Repubblica di Cagliari. 3.1. Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato vizio di inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e sostanziale artt. 45, 54 cod. pen. 32 Cost., 530, comma 3, 533 comma 1 cod. proc. pen. come novellato dall’art. 5 della legge 20 febbraio 2005 n. 46, 606, comma 1, lett. b cod. proc. pen. e ha evidenziato che la Corte territoriale ha erroneamente valorizzato, al fine di escludere la ricorrenza dell’esimente di cui all’art. 54 cod. pen., il comportamento dell’imputata nell’ambito del procedimento di prevenzione non valutando le circostanze addotte dalla difesa e puntualmente documentate l’imputata si era trasferita dopo lo smantellamento del campo nomadi di nel Comune di ove si era stabilita da circa due anni presso i suoceri l’imputata era in attesa della nascita di un figlio venuto alla luce nel mese di giugno del 2015 la predetta si trovava in condizioni di estrema indigenza, che le impedivano di trovare altro alloggio in che rientrano nel concetto di danno grave alla persona non solo la lesione della vita o dell’integrità fisica ma anche quelle situazioni che attentano alla sfera dei diritti fondamentali della persona e quindi quelle situazioni che minacciano solo indirettamente l’integrità fisica del soggetto tra cui anche il diritto all’abitazione che le documentate circostanze addotte dalla difesa ben potevano legittimare la ricorrenza dello stato di necessità che, in ogni caso, le circostanze suddette configurano un non irragionevole dubbio in ordine alla ricorrenza dello stato di necessità anche putativo. 3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha denunciato vizio di inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e sostanziale artt. 45, 51 cod. pen. 32 Cost., 530, comma 3, 533 comma 1 cod. proc. pen. come novellato dall’art. 5 della legge 20 febbraio 2005 n. 46, 606, comma 1, lett. b cod. proc. pen. e ha osservato che la condotta dell’imputata - per le considerazioni già svolte nel primo motivo di ricorso - ben poteva essere ritenuta scriminata dall’avere ella agito nell’esercizio di diritto anche putativo e, in particolare, per garantire a sé stessa e ai suoi due figli ancora infanti il diritto di abitazione quale presupposto indifettibile per assicurare agli stessi il diritto alla salute. 3.3. Con il terzo motivo, il ricorrente ha denunciato vizio di inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e sostanziale art. 42, comma 2, cod. pen., 75, comma 2 D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 530, comma 1, 533, comma 1, cod. proc. pen. come novellato dall’art. 5 L. 20 febbraio 2006, n. 46, 606, comma 1, lett. b cod. proc. pen. e ha sostenuto che la Corte di appello ha completamente omesso di considerare l’incidenza e la rilevanza sull’elemento soggettivo del reato delle circostanze addotte e documentate dalla difesa in precedenza citate che, peraltro, proprio la successiva modifica del luogo di esecuzione dell’obbligo di soggiorno dal comune di a quello di rendeva evidente l’assenza di dolo in capo all’imputata. 3.4. Con il quarto motivo, il ricorrente ha denunciato vizio di inosservanza ed erronea applicazione della legge penale art. 131 -bis cod. pen., 606, comma 1, lett. b cod. proc. pen. in quanto la Corte di appello di Cagliari, non valutando le circostanze addotte dalla difesa la condizione sociale, economica e familiare dell’imputata le ragioni che l’avevano determinata a trasferirsi permanentemente dal territorio di a la circostanza che la violazione dell’obbligo di soggiorno era stata accertata dopo solo due giorni dalla data in cui era stato notificato il decreto di applicazione della misura di prevenzione il fatto che nel successivo mese di agosto il Tribunale di Sassari aveva modificato la localizzazione della dimora dell’imputata nel comune di ove di fatto la predetta viveva stabilmente ha violato i parametri individuati dall’art. 131 bis cod. pen 3.5. Con il quinto motivo, il ricorrente ha denunciato vizio di carenza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione art. 606, comma 1, lett. e cod. proc. pen. e ha sostenuto che per le considerazioni svolte negli altri motivi, la sentenza impugnata risulta, altresì, affetta da manifesta incongruità motivazionale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato, restando assorbite tutte le altre articolate censure proposte nei ricorsi dell’imputata e del Procuratore generale della Repubblica di Cagliari. E in vero, secondo la ricostruzione dei fatti effettuata dai giudici di merito, l’imputata era stata controllata dai Carabinieri nel Comune di in data 24.5.2015, due giorni dopo dalla data in cui le era stato notificato il decreto del Tribunale di Sassari con il quale le era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel Comune di . Risulta, inoltre, dalla decisione impugnata che l’imputata nell’agosto del 2015 chiese e ottenne dal Tribunale di Sassari la modifica del luogo di esecuzione dell’obbligo di soggiorno. Ancora, le parti concordano nel riferire che la documentazione prodotta dalla difesa dell’imputata ai giudici di merito era idonea a dimostrare che l’A. si era permanente trasferita a a seguito dello smantellamento del campo nomadi di , dove soggiornava, andando ad abitare presso i suoceri a , nonché che la stessa, quando le era stato notificato il decreto applicativo della misura di prevenzione, si trovava in stato avanzato di gravidanza e versava in condizioni economiche disagiate che le impedivano di trovare altra dimora in e hanno, conseguentemente, evidenziato che tali obiettive circostanze rendevano quanto meno difficoltoso il rientro dell’imputata nel luogo in cui le era stato imposto di soggiornare. Orbene, ritiene il Collegio che gli evidenziati dati fattuali, incontroversi e obiettivi, incidono sull’elemento soggettivo del reato e legittimano, quanto meno, il dubbio che in capo alla A. sussistesse la cosciente volontà di inadempimento dell’obbligo impostole con la misura di prevenzione. Ai sensi dell’art. 620 lett. l cod. proc. pen., si reputa superfluo disporre il rinvio al giudice di merito. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.