Ammissibile il ricorso in Cassazione se il reato si è prescritto prima della sentenza impugnata

Nel ricorso per cassazione è possibile dedurre l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non rilevata dal giudice di merito.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 594/18, depositata il 10 gennaio. Il caso. La Corte d’Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Vicenza, dichiarava di non doversi procedere nei confronti di un imputato per intervenuta prescrizione del reato di peculato e, nel contempo, confermava la condanna di un altro imputato ritenuto responsabile del reato di peculato continuato. Avverso la sentenza della Corte distrettuale ricorre il condannato denunciando l’omessa dichiarazione di prescrizione dei reati di peculato intervenuta già prima della data in cui la sentenza della Corte d’Appello veniva emessa. Il principio sull’ammissibilità del ricorso per intervenuta prescrizione. Il Supremo Collegio, ribadendo la differenza tra la prescrizione verificatasi prima con quella realizzatasi dopo la decisione d’appello, riconosce che nessuna rilevanza preclusiva all’ammissibilità dell’impugnazione può attribuirsi, in caso di prescrizione verificatasi addirittura prima della proposizione dell’appello, alla mancata deduzione di parte con i relativi motivi e che l’art. 129 c.p.p. impone al giudice, come recita la rubrica, la immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità e a tale obbligo” il giudice di merito non può sottrarsi . Pertanto la Suprema Corte, nell’annullare senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione, fissa il seguente principio di diritto. È ammissibile il ricorso per cassazione col quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b , c.p.p. .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 novembre 2017 – 10 gennaio 2018, n. 594 Presidente Rotundo – Relatore Costantini Ritenuto in fatto 1. La Corte d’Appello di Venezia con sentenza del 27/10/2016, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vicenza del 11/07/2014 che aveva condannato con pena sospesa il M. ad anni 1 e mesi 10 di reclusione oltre all’interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena inflitta, C.G.G. alla pena di mesi 3 e giorni 10 di reclusione ed Euro 300,00 di multa, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del C. per intervenuta prescrizione, confermando la condanna nei confronti del M. per il delitto di cui agli artt. 81, comma secondo, 110 e 314, comma primo, cod. pen. di peculato continuato capo al della rubrica poiché, quale collaboratore dell’operatore principale, concessionario dell’impianto di cattura c.d. roccolo , si appropriava, cedendola e vendendola a terzi, di avifauna catturata, beni del patrimonio pubblico indisponibile che avrebbe dovuto consegnare all’amministrazione provinciale. Fatti commessi in OMISSIS . La Corte territoriale ha confermato la liquidazione del danno non patrimoniale patito dalle costituite parti civili LIPU e LAC, stabilito nella misura di Euro 2.500,00 ciascuna. 2. Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia ricorre il M. chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata per i motivi di seguito indicati. 2.1. Inosservanza dell’art. 266 e seguenti cod. proc. pen. e mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione contenuta nella sentenza d’appello in ordine alla contestata inutilizzabilità dei decreti di intercettazione e delle relative proroghe. Il ricorrente eccepisce che i decreti di autorizzazione alla intercettazioni e le successive proroghe, che hanno consentito di acquisire elementi posti dai giudici di merito a sostegno della condanna, sono privi di motivazione poiché il giudice delle indagini preliminari aveva fatto riferimento a quanto richiesto dalla legge senza una reale motivazione sulla necessità di effettuare le intercettazioni, realizzando, di fatto, una mera ratifica della richiesta del pubblico ministero, senza una sommaria motivazione, sia pure per rinvio, non dando atto di aver valutato gli specifici aspetti richiamati, con la indicazione del percorso cognitivo e valutativo seguito per giungere alla decisione. La Corte d’Appello, nonostante la specifica censura formulata nei relativi motivi, erra ritenendo che la motivazione del Giudice delle indagini preliminari fosse corretta e, come sostenuto dal giudice di primo grado, si rifacesse ai principi giurisprudenziali ormai consolidati sul punto. Anche i decreti di proroga, che a loro volta richiamavano il provvedimento genetico, dovevano considerarsi egualmente nulli e, quindi, l’attività di intercettazione inutilizzabile. 2.2. Inosservanza di norme processuali e mancanza di motivazione in ordine alle operazioni di intercettazione compiute al di fuori degli impianti della Procura. Egualmente immotivati risultano i decreti del pubblico ministero circa la autorizzazione alla utilizzazione di impianti installati al di fuori della Procura della Repubblica che in motivazione riportano delle clausole di stile. 2.3. Inosservanza dell’art. 603 cod. proc. pen., per mancata emissione della ordinanza da parte della Corte d’Appello, mancata assunzione di prova decisiva e per assenza, carenza e mancanza di motivazione sulla richiesta di rinnovazione in appello del mezzo istruttorio ex art. 606, comma 1, lett. c , d ed e cod. proc. pen La Corte di Appello, nonostante specifica richiesta di rinnovazione contenuta nei relativi motivi, non ha argomentato sulla richiesta di acquisizione di informazioni presso le forze dell’ordine con l’ascolto di personale della Polizia Forestale e di quella Provinciale che avevano competenza sulla zona di ubicazione dell’impianto di cattura denominato sulla praticata o meno dell’uccellagione, onde provare che gli uccelli potessero essere catturati anche in altri luoghi rispetto a quelli in cui si sarebbe svolto il reato da parte del M. . 2.4. Inosservanza dell’art. 468 cod. proc. pen. e seguenti, per mancata assunzione di prove decisive e mancanza, erroneità ed illogicità della motivazione della ordinanza e della sentenza, à sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c , d , ed e . Premette il ricorrente che il Tribunale di Vicenza aveva dichiarato decaduta la prova per mancanza di citazione dei testi alla prima udienza dibattimentale in cui la aveva ammessa, senza che fosse stata chiesta la autorizzazione alla citazione dei testi. Da tanto ne è disceso che, sia il giudice di primo grado, sia la Corte di Appello hanno errato nella interpretazione dell’art. 468, comma 2, cod. proc. pen., affermando che il deposito della lista implicasse la richiesta di autorizzazione alla citazione, senza istanza in tal senso, con conseguente impossibilità di revocare una prova già ammessa a causa della omessa citazione dei testi. Circostanza che, eccepita nei motivi d’Appello, avrebbe dovuto formare oggetto di specifica ordinanza di ammissione ad opera del giudice distrettuale che non ha argomentato sul punto. 2.5. Violazione dell’art. 493 cod. proc. pen. poiché il Tribunale che aveva illegittimamente revocato, in assenza di contraddittorio sul punto, la perizia sulla compatibilità delle reti di caccia, non aveva fatto altrettanto con riferimento ad altra prova ammessa ma mai revocata in ordine alle caratteristiche degli anelli sequestrati al M. . 2.6. Violazione degli artt. 178, comma 1, lett. c , 429, 521, 522 e 604 cod. proc. pen. e mancanza assoluta di motivazione in riferimento alla eccepita nullità del decreto che dispone il giudizio per imprecisione della imputazione con riferimento ai periodi dell’anno in cui si sarebbero realizzati i fatti di peculato. La circostanza ha impedito di approntare una efficace difesa, poiché la specie di fauna e direttamente dipendente dal periodo dell’anno in cui la stessa attraversa il territorio. 2.7. Violazione degli artt. 511, 526, 494 e conseguente nullità ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c cod. proc. pen. poiché il Tribunale non aveva provveduto alla lettura degli atti, dichiarando chiusa la istruttoria dibattimentale, non aveva consentito al difensore di ottenere il rilascio di copie dei verbali del dibattimento, con conseguente violazione del diritto al contraddittorio, non aveva sentito l’imputato né gli aveva dato avviso della facoltà di rendere dichiarazioni spontanee. 2.8. Mancanza, insufficienza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza oltre a violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. in relazione all’agenda del 2003, alle testimonianze B. , P. e S. , nonché in relazione all’esame dell’imputato del giudizio di primo grado, alle sue dichiarazioni spontanee, come emergente dal provvedimento impugnato e dagli atti allegati. 2.9. Violazione di norma penale e di altra norma extrapenale di cui occorre tenere conto, carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sulla qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio riconosciuta al M. in quanto mero esecutore materiali di compiti del concessionario. 2.10. Violazione per dell’art. 157 cod. pen. poiché non è stata dichiarata la prescrizione dei reati di peculato commessi negli anni 2001 e 2002, avvenuta anteriormente alla data della sentenza della Corte d’Appello, contestualmente rilevando la prescrizione intervenuta dopo la sentenza d’appello di quelli commessi sino al omissis . 2.11. Violazione di norma processuale circa la ammissione delle parti civili in quanto già risarcite. Considerato in diritto La sentenza deve essere annullata per quanto di seguito specificato. 1. I motivi di ricorso enunciati sub 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 2.5, 2.6, 2.7, 2.8 e 2.11 sono inammissibili perché contestano il merito del provvedimento, riproponendo pedissequamente i motivi posti a fondamento dell’appello si contesta la logicità della motivazione, tra l’altro in maniera generica e senza indicare quali siano le argomentazioni poste alla base della sentenza che si intendono contrastare, proponendo ulteriori sotto-motivi anch’essi generici e non rapportati alla motivazione resa sul punto dalla Corte d’Appello e dal Tribunale. 1.1. Con riferimento alla eccezione di nullità delle intercettazioni e delle relative proroghe, eccezione formulata in primo e secondo grado, si reitera la contestazione di quanto già argomentato dai giudici di merito in ordine alla sufficienza della motivazione, contestandosene l’interpretazione che è conforme ai precedenti in materia di questa Corte in ultimo Sez. 5, n. 24661 del 11/12/2013, Adelfio e altri, Rv. 25986701 per le relative proroghe, si contesta egualmente la assenza di motivazioni sul punto anche alla luce delle argomentazioni fornite dal Tribunale e dalla Corte d’Appello e la costante giurisprudenza in ordine alla sufficienza di motivazione che rinvii alla richiesta del P.M. tra le altre Sez. 4, Sentenza n. 16430 del 19/03/2015, Rv. 263401 . 1.2. Analogamente è a dirsi in ordine alla omessa motivazione sul mancato utilizzo dell’impianto presso la Procura della Repubblica in cui già dai motivi del ricorso emerge la sufficiente motivazione fornita dai giudici di merito. In ogni caso deve segnalarsi come la Corte distrettuale ed il Tribunale, a cui rinvia, hanno sul punto risposto alla censura precisando come il P.M. avesse posto in risalto la necessità di effettuare le operazioni presso il Comando del Corpo Forestale dello Stato, sia per la assenza di idoneità degli impianti della Procura, sia per la necessità ed urgenza di poter operare i controlli investigativi nella immediatezza ed in orario notturno rispetto all’ascolto pag. 7 sentenza del Tribunale . Nessuna lacuna, quindi, sussiste in ordine alla motivazione ed alle eccezioni poste dalla parte che riproduce pedissequamente le deduzioni formulate in primo e secondo grado senza confrontarsi con le risposte fornite. 1.3. Quanto alla omessa motivazione sulla mancata assunzione di prova ritenuta rilevante, le risposte sono state fornite con motivazione immune da vizi logici sia dal giudice di primo grado che dalla Corte d’Appello, che hanno dato conto della mancata richiesta del mezzo istruttorio e, comunque, della sua inutilità sulla base delle risultanze istruttorie già acquisite ai fini della decisione, con conseguente motivata precisazione delle ragioni che non hanno indotto i giudici di merito ad attivarsi d’ufficio. 1.4. In ordine alla ritenuta inosservanza dell’art. 468 cod. proc. pen. e seguenti circa la mancata assunzione di prove decisive e alla mancanza, erroneità ed illogicità della motivazione sul punto, quanto sostenuto dal ricorrente non corrisponde alla sequenza procedimentale descritta analiticamente sia dalla Corte di merito che dal tribunale che con ordinanza aveva statuito sul punto che hanno motivato specificatamente sulla decadenza della prova il Tribunale per ben due volte aveva onerato la parte alla citazione dei testi, citazione già autorizzata, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, immediatamente dopo il deposito della relativa lista a fronte di tali richiesta il difensore dell’imputato non vi aveva provveduto, richiedendo un ulteriore rinvio dell’udienza per la successiva citazione dei testi senza addurre alcuna giustificazione in ordine alla omessa citazione se non quella connessa alla organizzazione effettiva del diritto di difesa. Sul punto i giudici di merito fanno espresso richiamo alla decisione di questa Corte secondo cui il termine stabilito dal giudice del dibattimento per la citazione dei testimoni è inserito in una sequenza procedimentale che ha natura perentoria e non ammette ritardi o rinvii dovuti alla mera negligenza delle parti se non, in via del tutto eccezionale, per caso fortuito o forza maggiore ove la parte non effettui la citazione dei testimoni entro il predetto termine, decade dal diritto di assumerne la testimonianza Sez. 2, n. 14439 del 27/02/2013, Lombardo, Rv. 25554801 , giurisprudenza che si condivide, anche alla luce di quanto osservato dal Tribunale, cui la Corte territoriale rinvia, in ordine alla reiterata omessa citazione dei testi, nonostante fosse stata segnalata la urgenza della trattazione del processo a rischio di imminente prescrizione. Né può condividersi quanto affermato dal ricorrente secondo cui il Tribunale non avrebbe disposto la citazione con conseguente impossibilità di far decadere una prova prima della sua ammissione , atteso che la citazione dei testi era stata autorizzata immediatamente dopo il deposito della lista pag. 9 secondo capoverso della sentenza del Tribunale . 1.5. In ordine alla dedotta violazione dell’art. 493 cod. proc. pen. circa la illegittima revoca della perizia sulla compatibilità delle reti di caccia ed alle caratteristiche degli anelli sequestrati al M. , logica ed immune da censure risulta la motivazione fornita dalla Corte, che rinvia anche alla sentenza dei giudici di primo grado, secondo cui il Tribunale aveva ammesso solo le prove testimoniali e documentali, nulla disponendo in ordine alle perizie, la cui richiesta non era stata formulata ex art. 493 cod. proc. pen Nessuna revoca di ammissione, quindi, vi è stata, ma esclusivamente una valutazione negativa in ordine alla loro utilità ai fini della decisione. Il non liquet del tribunale ha assunto la valenza di una riserva, sciolta al termine dell’ascolto dei testi, attraverso una ordinanza che, ritenendo inutile il mezzo di prova richiesto, non lo ha disposto come, tra l’altro giurisprudenza di questa Corte ammette in materia, per es. di perizia grafica Sez. 5, n. 42679 del 14/10/2010, Geremia, Rv. 24914301 . 1.6. Il motivo del ricorso che censura la violazione di legge e la mancanza di motivazione in ordine alla contestazione di imputazione imprecisa circa la esatta data in cui si sarebbero realizzati i fatti di peculato, con conseguente nullità del decreto che dispone il giudizio, appare inconsistente se solo si osserva che la imputazione è realizzata sulla base del rinvenimento dell’agenda, risultando le relative date estrapolate dalla stessa. La circostanza prospettata dal ricorrente circa la necessità di indicare nella imputazione a pena di nullità dell’azione penale le esatte date in cui sarebbero avvenute le sottrazioni di volatili al fine di consentire all’imputato di potersi adeguatamente difendere, appare priva di pregio la indicazione della specie è all’evidenza meramente esemplificativa e non determinante ai fini della consumazione del reato consistito nell’appropriazione di avifauna di proprietà dell’amministrazione provinciale ad opera del M. . Non sussiste, invero, alcuna incertezza sull’imputazione, quando questa contenga con sufficiente specificità i tratti essenziali del fatto di reato contestato in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa. È, inoltre, principio affermato da questa Corte quello secondo cui la contestazione non è costituita dal solo capo di imputazione in senso stretto, ma è intesa quale integrata da tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, consentono all’imputato di conoscere in modo ampio l’addebito Sez. 2, n. 2741 del 11/12/2015 - dep. 2016, Ferrante, Rv. 26582501 . 1.7. Assolutamente generico risulta il motivo, tra l’altro inserito nel ricorso all’interno di altro motivo e facendo riferimento al provvedimento del tribunale e non della Corte, la cui sentenza in questa sede si impugna, circa la violazione degli artt. 511, 526, 494 cod. proc. pen. e conseguente nullità ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c cod. proc. pen. punto 2.7. del ritenuto in fatto , non essendo stati, tra l’altro, indicati specificatamente su quali atti si fonda la deduzione. Sono inammissibili, infatti, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione che, pur richiamando gli atti, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 27007101 . 1.8. Circa la mancanza, insufficienza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza in relazione all’agenda del 2003, rispetto alle testimonianze, alle altre risultanze probatorie esame dell’imputato del primo giudizio di merito, dichiarazioni spontanee in sede di appello, sequestri ed intercettazioni , unificandosi in tal senso i due distinti motivi formulati, si osserva come solo apparentemente si contestano violazioni di norme processuali e difetti di motivazione, essendo i profili attinenti alle valutazioni di merito operate dal giudice di primo e secondo grado, che argomentano in forma lineare, logica e coerente. 2. Con riferimento alle contestazioni sulla qualifica soggettiva, il ricorso deve essere rigettato. Il ricorrente contesta quanto sostenuto dal Tribunale e dalla Corte d’Appello in ordine alla qualità di incaricato di pubblico servizio. In particolare osserva come quelli del M. fossero ruoli meramente materiali ed esecutivi di catturatore, che tutti gli atti dell’ufficio dovevano avere la firma del solo operatore principale concessionario dell’impianto e che, se anche gli atti fossero stati firmati dal M. , nessuna rilevanza esterna essi avrebbero avuto, ponendo l’accento sul rapporto intercorso tra il M. e la provincia alla luce della attività a titolo gratuito, senza alcun rapporto di dipendenza con l’amministrazione, al contrario di quanto dalla giurisprudenza richiesto a tali fini. La motivazione del Tribunale e della Corte di merito ha fornito sufficiente e logica motivazione in ordine alle deduzioni formulate, rilevando che le attribuzioni del M. trovavano la loro fonte direttamente nella legge regionale che attribuisce la qualifica, chiaramente definibile quale di incaricato di pubblico servizio, in capo all’operatore principale, individuando, inoltre, la possibilità che nei contratti, in ausilio dei catturatori principali , possano essere indicati i catturatori coadiutori per la gestione del centro di cattura il M. aveva assunto l’incarico che lo impegnava a collaborare con il T. , operatore principale, essendo previste identiche mansioni, comprensive della necessità di effettuare la assicurazione contro gli infortuni, la necessità di avere la abilitazioni da parte dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica la cui natura e regolamentazione trova la sua fonte nell’art. 7, della legge del 11 febbraio 1992, n. 157 , oltre a prevedere la possibilità di comminare sanzioni disciplinari come per l’operatore principale. L’attività posta in essere all’interno del c.d. roccolo era tesa alla cattura e consegna alla provincia dei volatili, attività che, all’esterno dell’impianto ed in assenza della qualifica, è vietata dalla legge art. 4 legge Regione Veneto n. 50 , che evidenzia la stretta dipendenza funzionale dei catturatori alla provincia e che operano sotto il controllo dell’I.N.F.S In particolare l’art. 4, comma 3, legge regionale cit. statuisce che il Presidente della Giunta regionale può, inoltre, sentito l’INFS, autorizzare persone che abbiano partecipato a specifico corso di istruzione, organizzato dal predetto Istituto e che abbiano superato il relativo esame finale, a svolgere attività di cattura temporanea per l’inanellamento degli uccelli per scopi di ricerca scientifica. Tale attività è organizzata e coordinata sul territorio regionale dall’INFS . La attività del M. era, quindi, riconducibile, a prescindere dal carattere volontario dell’incarico prestato a titolo gratuito, a quella dell’incaricato di pubblico servizio, con attività direttamente regolamentata dalla legge statale e regionale, dal rapporto instaurato con la provincia, non essendo determinante in proposito quanto specificato dal ricorrente sulla necessità di un rapporto di dipendenza l’art. 358 cod. pen. come sostituito dall’art. 18 della legge 26 aprile 1990 n. 86 ricollega esplicitamente la qualifica, non al rapporto di dipendenza tra il soggetto e l’ente pubblico, ma ai caratteri oggettivi propri dell’attività concretamente esercitata dall’agente, con conseguente sufficienza in ordine alla verifica dei singoli momenti in cui essa si attua, in ciascuno dei quali può ravvisarsi la connotazione corrispondente al potere in concreto esercitato, essendo irrilevanti eventuali ulteriori connotazioni della attività effettuata con finalità e caratteristiche affatto simili quanto all’art. 358 cod. pen. si segnala Sez. 6, Sentenza n. 470 del 07/11/1991 Ud., Rv. 188936 . Deve, perciò, ritenersi il carattere alternativo, e non cumulativo, dei criteri di identificazione contenuti nel secondo comma dell’art. 358 cod. pen. che rinvia all’attività prestata con le forme della pubblica funzione per come definita dall’art. 357, comma secondo, cod. pen L’attività risulta, per quanto sopra detto, disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, con conseguente pacifica sussistenza della qualifica di persona incaricata di un pubblico servizio che, a mente dell’art. 314 cod. pen., costituisce requisito soggettivo che deve sussistere ai fini della integrazione della fattispecie di peculato. 3. Deve, inoltre, rilevarsi come i fatti contestati al M. siano stati addebitati a titolo di concorso con il T. , operatore principale, con conseguente indifferenza, sotto questo aspetto, che il reato sia stato commesso a titolo personale in quanto coadiutore, ovvero in quanto extraneus in concorso con l’intraneus T. , non sussistendo violazione del principio di necessaria correlazione tra accusa e sentenza, allorché, contestato a taluno un reato a titolo di concorso personale, se ne affermi la responsabilità uti singulus o viceversa Sez. 5, Sentenza n. 16548 del 03/04/2006, Rv. 234447 . Quel che in questa sede di legittimità rileva è che le sentenze di merito fanno esplicito riferimento agli atti e documenti sequestrati in casa del M. contenenti la contabilità regolare e quella irregolare da cui si evinceva la illegale vendita degli uccelli patrimonio indisponibile a mente dell’art. 1 legge 11 febbraio 1992, n. 157 i riferimenti effettuati alla cattura di uccelli all’interno di un impianto soggetto a controllo da parte di organi pubblici che, in assenza di altri impianti analoghi nella zona, era compatibile con quello denominato in cui il M. svolgeva la attività di catturatore in ausilio di T.R. , concessionario che nelle intercettazioni telefoniche delle conversazioni tra i due si parlava del sistema che consentiva loro di occultare la condotta di reato di vendita degli uccelli catturati per come contestata in concorso. Ne consegue che, sotto questo limitato profilo, la contestazione a carico del M. della fattispecie di reato in concorso con il T. per il quale si è proceduto separatamente , alla luce della sua certa, e non sindacata, qualifica di incaricato di pubblico servizio posseduta in quanto concessionario, fa sì che anche quanto sopra affermato in ordine alla stessa qualifica posseduta dal M. , perda di importanza, avendo comunque l’imputato operato concorrendo con l’intraneus nella commissione materiale del reato. 4. In ordine alla dedotta prescrizione dei fatti di peculato posti in essere sino al 29 agosto 2003, il ricorso deve essere accolto. Occorre preliminarmente evidenziare che, solo in caso di ritenuta inammissibilità del ricorso viene preclusa la possibilità della instaurazione di un valido rapporto processuale che consenta di poter incidere sul capo della sentenza. Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164 . Nel caso che ci occupa, la parte ha eccepito la prescrizione, seppure in via subordinata, in tal modo facendo valere, relativamente alla imputazione avvinta da continuazione, la prescrizione per i fatti di peculato posti in essere fino al 29 agosto del 2003 si contesta una violazione di legge posta in essere dalla Corte d’Appello poiché non ha, come avrebbe dovuto, dichiarato la prescrizione ex art. 129 cod. proc. pen., contravvenendo ad una specifica disposizione di legge immediatamente applicabile e regolarmente eccepita nei motivi del ricorso. In tal senso la pronuncia della Sez. Un. n. 54296 del 2014, Ricci, cit., ha avuto modo di ribadire la non assimilazione della prescrizione verificatasi prima con quella realizzatasi dopo la decisione d’Appello, affermando come il ricorso è teso a fare valere l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale ex art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen. L’error in iudicando si concretizza proprio nella detta omissione, che si riverbera sul punto della sentenza concernente la punibilità . né alcuna rilevanza preclusiva all’ammissibilità dell’impugnazione può attribuirsi, in caso di prescrizione verificatasi addirittura prima della proposizione dell’appello, alla mancata deduzione di parte con i relativi motivi art. 606, comma 3, cod. proc. pen. . L’art. 129 cod. proc. pen. impone al giudice, come recita la rubrica, . la immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità e a tale obbligo il giudice di merito non può sottrarsi . Conseguentemente è ammissibile il ricorso per cassazione col quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen. . Da quanto sopra consegue che, anche tenuto conto della sospensione dei relativi termini, i fatti di peculato avvinti dalla continuazione contestati con un’unica imputazione sino al 29 agosto del 2003 risultano prescritti alla data della decisione d’appello. 5. I fatti di reato successivi a tale data e sino al 17 dicembre 2003, atteso il rigetto del ricorso in ordine al motivo sulla qualifica soggettiva posseduta dal M. , seppur ritenuta la inammissibilità degli altri motivi di ricorso, devono dichiararsi prescritti con conseguente annullamento senza rinvio della presente sentenza. 6. Quanto alle statuizioni civili, è infondato quanto rilevato in tema di sostenuta violazione di norme sulla ammissione delle parti civili che, secondo la prospettazione del ricorrente, avrebbero già ricevuto il risarcimento. Il motivo è stato già proposto nei motivi d’appello e la Corte di merito ha risposto affermando che quanto sostenuto non corrispondeva alla realtà, risposta con cui il ricorrente in questa sede non si confronta, con conseguente inammissibilità per la assoluta genericità del motivo. 7. Non essendo impedito a questo Giudice di legittimità di rilevare la causa di estinzione e di pronunciare in tema di statuizioni civili, alla dichiarazione di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, devono confermarsi le statuizione in ordine a quanto deciso in favore delle parti civili ad opera dei giudici di merito, ai cui motivi si fa rinvio circa la integrazione dei fatti di reato. Peraltro, la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione non comporta, come è noto, un’automatica conferma delle statuizioni civili, ma in relazione a tale aspetto il Giudice di legittimità deve prendere in esame i motivi di ricorso, con accertamento di essi in modo esaustivo e non limitato al riscontro della mancanza di prova dell’innocenza dell’imputato ex art. 129 c.p.p., comma 2 Sez. 4, n. 27727 del 18/05/2011, Lacitignola e altri, Rv. 25069601 . Sul punto va rilevato come nessuno dei motivi di ricorso hanno in alcun modo scalfito la ricostruzione fattuale e giuridica offerta con motivazione immune da censure circa la sussumibilità della condotta del M. nella fattispecie di peculato in concorso con il T. per i fatti commessi dal 2001 al dicembre 2003. Si sono sopra enunciati, seppure sinteticamente, alcuni passaggi della sentenza che hanno fatto riferimento alla qualifica del M. , al suo agire in concorso con il T. per compiere i fatti di peculato contestati, si è fatto riferimento alla disponibilità dei beni la cui vendita era vietata poiché costituenti patrimonio indisponibile dello stato Legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 1 norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio , la disponibilità dei volatili in ragione della attività svolta e la vendita a terzi. Assolutamente pacifica è risultata l’appropriazione dei beni dell’amministrazione di cui disponeva proprio a causa delle sue attribuzioni e la conseguente condotta, posta in essere reiteratamente per tutto il tempo della contestazione. I giudici di appello, pur errando nel non rilevare la prescrizione di parte dei reati contestati, hanno sintetizzato e fatto rinvio anche a quanto già contenuto nella sentenza di primo grado, motivando con sufficienza in ordine alla integrazione della fattispecie cui deve in questa sede, ai fini delle statuizioni civili, farsi specifico richiamo, confermando la quantificazione in tal modo effettuata. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.