La rilevanza dell’abitualità ai fini della causa di non punibilità per tenuità del fatto

Ai fini della configurabilità della abitualità del comportamento, ostativa dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, l’identità dell’indole dei reati eventualmente commessi deve essere valutata dal giudice in relazione al caso esaminato, verificando se in concreto i reati presentino caratteri fondamentali comuni.

Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza n. 336/18, depositata il 9 gennaio. La vicenda. I Giudici di merito, in primo e in secondo grado, avevano ritenuto l’imputato colpevole del reato di evasione condannandolo alla pena di giustizia. Avverso la decisione di merito ricorre per cassazione il condannato lamentando violazione di legge in relazione all’art. 131- bis c.p. Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto . Secondo il ricorrente erroneamente la Corte d’Appello aveva ritenuto abituale la condotta in ragione del precedente specifico, ma in assenza di elementi oggettivi emersi nel corso del giudizio. Considerazioni sull’abitualità del comportamento. Secondo la Cassazione la tenuità del fatto non può essere riconosciuta in presenza di reati abituali o di reiterazione della condotta tipica del reato, non ostandovi neppure la continuazione tra i reati oggetto di accertamento, ma solo l’abitualità del comportamento . Inoltre è stato precisato dalla giurisprudenza di legittimità che per la configurabilità della abitualità del comportamento, ostativo della causa di non punibilità invocata, i reati eventualmente commessi devono essere valutati dal giudice in relazione al caso esaminato, verificando se in concreto i reati presentino caratteri fondamentali comuni . In particolare l’orientamento della Sezione Unite Cass. SS.UU. n. 13681/16 dispone che sia necessario che le precedenti condanne configurino l’abitualità del comportamento, che esclude l’applicazione del nuovo istituto qualora la condizione ostativa possa essere individuata nella reiterazione di condotte della medesima indole in senso sostanziale . Nella fattispecie, secondo la Cassazione, anche se l’imputato è gravato da altri precedenti è stato ritenuto ostativo un reato della stessa specie commesso, però, in epoca successiva al fatto giudicato e per questo erroneamente considerato precedente specifico nella determinazione della pena. In conclusione la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio non essendo rilevabili dagli atti i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità invocata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 novembre 2017 – 9 gennaio 2018, n. 336 Presidente Ippolito – Relatore Criscuolo Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. S.R. propone ricorso avverso la sentenza con la quale la Corte di appello dell’Aquila ha confermato la sentenza emessa il 26 marzo 2014 dal Tribunale di Pescara, che lo aveva ritenuto colpevole del reato di evasione e condannato alla pena ritenuta di giustizia. Ne chiede l’annullamento per violazione di legge in relazione all’articolo 131-bis cod. pen. per essere stata ritenuta abituale la condotta in ragione del precedente specifico, ma in assenza di elementi oggettivi emersi nel corso del giudizio. Deduce l’erroneità dell’argomento della Corte di appello, in quanto è stato ritenuto ostativo un precedente per evasione, in realtà commesso il 7 maggio 2012 ossia in epoca successiva al reato per cui si procede, mentre la non abitualità del comportamento va riferita al momento della commissione del reato ed alla condotta sino ad allora posta in essere censura, inoltre, la mancanza di motivazione sulla gravità della condotta. 2. Il ricorso è fondato. La valutazione della Corte di appello è errata, in quanto il giudizio negativo è ancorato ad un elemento successivo al fatto ed estraneo al processo in corso. È pacifico che la tenuità del fatto non possa essere riconosciuta in presenza di reati abituali o di reiterazione della condotta tipica del reato, non ostandovi neppure la continuazione tra i reati oggetto di accertamento, ma solo l’abitualità nel comportamento. È stato precisato che ai fini della configurabilità della abitualità del comportamento, ostativa all’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’articolo 131-bis cod. pen., l’identità dell’indole dei reati eventualmente commessi deve essere valutata dal giudice in relazione al caso esaminato, verificando se in concreto i reati presentino caratteri fondamentali comuni Sez. 4, n. 27323 del 04/05/2017, Garbocci, Rv. 270107 . L’orientamento segue il principio affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 26659101, secondo il quale occorre ritenere che le precedenti condanne configurino l’abitualità del comportamento, che esclude l’applicazione del nuovo istituto qualora la condizione ostativa possa essere individuata nella reiterazione di condotte della medesima indole in senso sostanziale per come delineata dall’articolo 101 cod. pen Nel caso in esame, pur risultando l’imputato gravato da altri precedenti, è stato ritenuto ostativo un reato della stessa specie, ma pacificamente commesso in epoca successiva al fatto giudicato, erroneamente considerato quale precedente specifico anche nella determinazione della pena. Non essendo immediatamente rilevabili dagli atti i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità invocata, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Perugia. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicabilità della causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis cod. pen. e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Perugia.