La mera ritualità della notifica dell’estratto contumaciale non giustifica il rigetto dell’istanza di restituzione nel termine

L’istanza di restituzione nel termine presentata dell’imputato contumace per l’esercizio di facoltà processuali non tempestivamente esercitate, compresa la facoltà di impugnazione, non può essere rifiutata se tempestiva e corredata da specifiche motivazioni di fatto, a prescindere dalla regolarità o meno della notificazione del titolo esecutivo.

Sul tema è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 369/18 depositata il 9 gennaio. Il caso. Il Giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta di un detenuto volta ad ottenere, per quanto qui d’interesse, la restituzione nel termine per impugnare la sentenza di condanna. Dagli atti processuali risultava infatti che la sentenza di condanna era stata correttamente notificata al domicilio eletto dell’imputato presso il suo difensore di fiducia. Il detenuto ricorre dinanzi alla Corte di legittimità chiedendo l’annullamento della pronuncia in quanto, nel rigettare dell’istanza di restituzione in termini, il giudice aveva trascurato il fatto che la notifica era stata effettuata presso il domicilio eletto benché in quel momento egli fosse detenuto, in violazione dell’art. 156 c.p.p Inoltre durante la detenzione, egli aveva eletto domicilio presso lo studio di un diverso difensore, con implicita revoca della precedente elezione, circostanza anch’essa trascurata. Regolarità della notifica. La Suprema Corte, dopo aver ripercorso la vicenda processuale, sottolinea la regolarità formale della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza di condanna presso lo studio del difensore dove l’odierno ricorrente aveva inizialmente eletto domicilio, risultando irrilevante il venir meno della qualifica di difensore di fiducia del destinatario in quanto deve considerarsi pacifico l’approdo per il quale le due qualifiche – domiciliatario e difensore – non sono necessariamente inscindibili . L’art. 162 c.p.c. prevede infatti che la dichiarazione o l’elezione di domicilio, così come ogni successivo loro mutamento, sono efficaci solo se assistite da determinate formalità, tra cui la comunicazione all’autorità procedente da parte dell’imputato. Ne consegue che, laddove vi sia un deterioramento del rapporto di fiducia intercorrente con il difensore, è l’imputato che deve provvedere a dichiarare o eleggere un nuovo domicilio e comunicarlo poi all’autorità giudiziaria. È difatti altrettanto pacifico in giurisprudenza che la rinuncia al mandato da parte del difensore non fa venir meno l’efficacia della dichiarazione di domicilio presso il suo studio effettuata dall’imputato, salvo espressa revoca da parte di quest’ultimo. Istanza di rimessione in termini. Appurata la regolarità della notifica dell’estratto contumaciale, la S.C. evidenzia però come il Tribunale abbia omesso ogni specificazione in ordine alla richiesta di restituzione nel termine per impugnare. Secondo la costante giurisprudenza, pur di fronte all’accertata ritualità della notifica della sentenza contumaciale di condanna, è illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di restituzione nel termine per impugnare la stessa laddove sia fondato sul mero rilievo della regolarità della notifica in quanto detto procedimento per non essersi compiuto, come nel caso in esame, con consegna dell’atto a mani dell’interessato, non può di per sé offrire la prova dell’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario . Il Tribunale dunque, dopo aver accertato la corretta esecuzione del procedimento notificatorio, avrebbe dovuto indagare l’effettiva possibilità di conoscenza dell’atto. Per questi motivi, la Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia la causa al Tribunale per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 15 novembre 2017 – 9 gennaio 2018, n. 369 Presidente Carcano – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Novara, decidendo quale giudice dell’esecuzione, rigettava le richieste avanzate ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen. e dell’art. 671 cod. proc. pen. dal detenuto C.V. , volte a ad ottenere la restituzione nel termine per impugnare la sentenza emessa dal Tribunale di Alessandria in data 2 luglio 2015, irr. il 9 ottobre 2015 e b la declaratoria della continuazione tra i reati giudicati con l’anzidetta sentenza ricettazione e commercio di prodotti falsi e con la sentenza emessa dal Tribunale di Novara in data 31.1.2012 insolvenza fraudolenta . 1.1 A ragione, il Tribunale rilevava quanto alla richiesta di restituzione nel termine, dall’esame del fascicolo processuale risultava che 1 nel verbale di identificazione del 22.5.2009 l’imputato aveva eletto domicilio presso lo studio del difensore di fiducia, contestualmente nominato, avvocato Amalia Spadaro del Foro di Napoli 2 la celebrazione del processo aveva avuto inizio nel marzo 2011, previa regolare instaurazione del contraddittorio 3 all’udienza del 29.5.2014, causa mutamento della persona fisica del giudice, era stata disposta la rinnovazione del dibattimento e l’accusa aveva integrato la contestazione 4 il verbale di udienza, contenente la nuova contestazione e il rinvio per la discussione, era stato ritualmente notificato al domicilio eletto 5 all’udienza successiva del 2.7.2015 era stata pronunciata la sentenza, notificata, il 22.9.2015, per estratto, al C. sempre presso il domiciliatario indicato. E dunque, il condannato aveva liberamente e volontariamente indicato come suo domiciliatario il difensore di fiducia, nominato in quello specifico procedimento conosceva le contestazioni menzionate nel verbale di identificazione era stato informato del fatto che da quel momento, salvo sue ulteriori dichiarazioni, le notifiche sarebbero state effettuate presso il domicilio eletto quanto alla richiesta di applicazione della continuazione, non era dato ravvisare alcun legame o collegamento tra i reati di ricettazione e commercio di prodotti falsi, accertati e commessi il omissis , e il reato di insolvenza fraudolenta, commesso tra il omissis . 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il C. a mezzo del difensore, avvocato Virginia De Marco, che ne chiede l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione, sostenendo anche con la successiva memoria depositata in cancelleria in data 30.3.2017 primo motivo che l’istanza di restituzione in termini era stata illegittimamente e illogicamente respinta, nonostante il ricorrente avesse chiaramente evidenziato che la mancata partecipazione all’udienza di discussione era dovuta all’omessa notifica del relativo avviso, eseguita presso il domicilio eletto benché in quella data l’imputato fosse detenuto presso la Casa circondariale di Carinola che, per le stesse ragioni, non gli era stato notificato l’estratto contumaciale della sentenza di condanna che palese era la violazione dell’art. 151 cod. proc. pen. recte art. 156 cod. proc. pen. che in data 1.5.2010, durante la sua detenzione presso la Casa circondariale di Alessandria, l’imputato aveva eletto il proprio domicilio presso lo studio dell’avvocato Virginia De Marco, così implicitamente revocando la precedente elezione, mentre si ignoravano le ragioni per le quali la nuova elezione non fosse stata comunicata all’autorità procedente che dall’esame degli atti processuali emergevano una serie di nullità incorse nel corso della celebrazione del processo, anche di carattere assoluto, che ben avrebbero potuto essere eccepite in sede di impugnazione secondo motivo che contraddittorio era il percorso logico-argomentativo del provvedimento, nella parte in cui aveva respinto la richiesta di applicazione dell’istituto della continuazione, invero configurabile anche in presenza di violazioni eterogenee il lasso temporale, pur apprezzabile, intercorrente tra i reati, non era ostativo quando fosse provata la riconducibilità degli episodi criminosi ad una matrice ideativa unitaria, nel caso in disamina certamente sussistente, avendo C. programmato, per lo stato di indigenza in cui versava, la realizzazione di delitti contro il patrimonio e contro la fede pubblica che non poteva revocarsi in dubbio la medesimezza della spinta a delinquere e anche l’unitarietà di contesto, costituita dai luoghi lontani dalla propria residenza ove realizzare le programmate imprese criminose. Considerato in diritto 1. Con l’incidente di esecuzione, risolto con l’ordinanza impugnata, il ricorrente aveva sostanzialmente proposto domanda dal duplice contenuto per avere lamentato la non esecutività della sentenza di condanna, emessa a suo carico, sul presupposto della mancata conoscenza dell’esito del giudizio, determinata dalla mancata notificazione alla sua persona dell’estratto contumaciale della sentenza, nonché per avere chiesto la restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la medesima pronuncia sul presupposto della mancata conoscenza del provvedimento conclusivo, non impugnato per fatto involontario. 1.1 Osserva la Corte che la tematica sollevata rientra nella tipica funzione del giudice dell’esecuzione, il quale è deputato a conoscere della validità del titolo esecutivo, non soltanto quanto alla sua esistenza, ma anche alla sua esecutività, accertamento che si impone sempre quale antecedente necessario rispetto a ogni altra valutazione e va effettuato anche indipendentemente dall’essere stata o meno sollevata dalla parte una questione specifica in proposito. Tale verifica, secondo la costante lezione interpretativa di questa Corte, non può attribuire rilievo ai vizi, causa di nullità degli atti processuali, verificatisi nel corso del processo di cognizione, in epoca precedente a quella del passaggio in giudicato della sentenza questi vizi, infatti, devono farsi valere soltanto nell’ambito del medesimo processo con i normali mezzi di impugnazione previsti dalla legge, altrimenti restano sanati dalla formazione del giudicato e non possono essere dedotti per paralizzare l’esecuzione. Le eventuali nullità verificatisi nel corso del processo perdono, infatti, rilevanza ai fini della formazione del titolo esecutivo, dovendosi avere riguardo soltanto alla notificazione dello stesso, che nel caso del C. è avvenuta mediante consegna dell’atto all’indicato domiciliatario, mentre eventuali nullità verificatesi nel corso del giudizio, pure evocate dal ricorrente, non sono più deducibili una volta formatosi il giudicato. 2. Senonché la difesa ha evidenziato che nel corso del giudizio il Tribunale, rilevando l’assenza e l’inattività del difensore fiduciario, aveva ritenuto opportuno disporre la notifica del verbale di udienza del 24 settembre 2013 all’imputato, al fine di sciogliere ogni riserva circa l’indicazione del difensore dal quale voleva essere assistito , salvo a notificare il ridetto verbale presso il domicilio eletto, ossia presso il difensore di fiducia domiciliatario, di cui contestualmente si rilevava l’assenza nel processo. Conseguentemente doveva ritenersi inesistente il titolo esecutivo, illegittima la sua emissione e la sua esecuzione, posto che l’estratto contumaciale era stato notificato presso il domicilio eletto, cosa che non garantiva che il ricorrente avesse avuto conoscenza della pronuncia della sentenza e inteso volontariamente rinunciare ad impugnarla. 2.1 E sul punto la censura coglie nel segno. L’ordinanza impugnata ha respinto la domanda sulla scorta di un unico rilievo, ritenuto di risolutiva valenza la regolarità formale della notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza di condanna, pronunciata a carico dell’imputato, compiuta mediante consegna dell’atto presso lo studio del difensore, avv.to Amalia Spadaro, luogo ove egli aveva eletto domicilio nel corso delle indagini preliminari e l’irrilevanza a tale fine v. p. 3 del venir meno in capo a quest’ultima della qualifica di difensore, dovendo considerarsi pacifico l’approdo per il quale le due qualifiche domiciliatario e difensore non sono necessariamente inscindibili, mentre l’art. 162 cod. proc. pen., comma 1, prevede espressamente che dichiarazione o elezione, come pure ogni dichiarazione di loro mutamento, producono effetto solo se assistite da determinate formalità e siano comunicate all’autorità procedente dall’imputato che è l’unico soggetto a decidere se, dove e fino a quando gli atti a lui destinati possano e debbano essergli notificati in luogo diverso da quello precedentemente indicato. L’imputato, pertanto, in caso del deterioramento del rapporto fiduciario, ha l’onere di dichiarare o eleggere un nuovo domicilio e di comunicarlo alla competente autorità giudiziaria. 2.2 Tale argomentare sorregge ineccepibilmente la preliminare questione della regolarità formale del titolo esecutivo. È pacifico, infatti, che anche la rinuncia al mandato da parte del difensore non fa venir meno l’efficacia dell’elezione di domicilio presso il suo studio eseguita dall’imputato, se questi non provvede formalmente a revocarla tra le tante Sez. 2, n. 31969 del 02/07/2015, Vignozzi, Rv. 264234 con la conseguente validità della notifica degli atti processuali effettuata presso il difensore domiciliatario, persino nel caso in cui questi sia stato sospeso dall’albo professionale, essendo onere della parte scegliere un professionista valido e vigilare sulla esatta osservanza dell’incarico conferito Cass. sez. 4, n. 19172 del 20/04/2016, Zheng, rv. 266848 . E, dunque, il provvedimento ha offerto corretta applicazione di tali principi e sul rigetto della richiesta di ineseguibilità del titolo esecutivo è esente dai vizi denunciati. 2.3 Epperò il Tribunale ha mostrato di non avere dedicato alcuna attenzione specifica all’ulteriore richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale. Né può ritenersi che i rilievi svolti in riferimento al tema dell’esistenza e valida pronuncia del provvedimento costituente il titolo esecutivo assorbano ogni altra questione e per implicito diano conto delle ragioni dell’infondatezza anche dell’ulteriore istanza difensiva. 2.4 Secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità, al cui orientamento va data continuità, pur in presenza di accertata ritualità della notifica della sentenza di condanna pronunciata in contumacia dell’imputato, deve ritenersi illegittimo il provvedimento di rigetto di un’istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza stessa che sia fondato sul mero rilievo della regolarità formale della notificazione dell’atto, in quanto detto procedimento per non essersi compiuto, come nel caso in esame, con consegna dell’atto a mani dell’interessato, non può di per sé offrire la prova dell’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario. 2.5 Venendo al caso in disamina il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto arrestarsi all’esame della validità della notificazione, ma avrebbe dovuto altresì esaminare la possibilità di mancanza di effettiva conoscenza del procedimento o della sentenza che lo aveva concluso, e ciò a ragione della sostanziale assenza dal processo del difensore di fiducia e del fatto che della difesa tecnica era stato officiato un difensore di ufficio, tal che era doveroso verificare se quest’ultimo avesse mantenuto rapporti con l’interessato al fine di informarlo dell’intervenuta condanna. L’art. 175 cod. proc. pen., applicabile ratione temporis, riconosce, infatti, al contumace il diritto alla restituzione nel termine per impugnare, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento ed abbia volontariamente rinunciato a comparire, ovvero a proporre impugnazione. E l’istanza di restituzione nel termine per l’esercizio di facoltà processuali, comprese quelle impugnatorie, non tempestivamente estrinsecate, va accolta se tempestiva e se corredata dalla specificazione di situazioni di fatto, ostative alla difesa o alla proposizione del gravame, sempre che non sia dimostrata la riconducibilità dell’inerzia processuale ad un atto volontario o doloso dell’interessato. Sicché compete comunque al giudice, richiesto di ammettere l’imputato o il condannato contumace alla restituzione nel termine, di condurre ogni opportuno accertamento per verificare se, a prescindere dalla regolarità della notificazione del titolo esecutivo, il suo destinatario ne abbia avuto effettiva conoscenza mediante la comunicazione di un atto formale, contenente gli estremi identificativi del provvedimento, che lo ponga nelle condizioni di avere consapevolezza dell’atto, del suo contenuto e della possibilità di attivare i rimedi processuali, restando finanche escluso che l’apprezzamento dei presupposti applicativi dell’istituto sia affidato a quanto risulta dagli atti , ma essendo richiesto al giudice il compimento di ogni necessaria verifica non grava, difatti, sull’imputato dimostrare di avere ignorato l’esistenza del procedimento o del provvedimento senza sua colpa, ma è il giudice a dover investigare se l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e se abbia volontariamente rinunciato ad esercitare le facoltà che l’ordinamento gli riconosce. E di tale verifica si deve rendere puntuale e logica motivazione, che dia conto della considerazione delle circostanze dedotte dall’interessato e delle ragioni della loro infondatezza. 2.6 Tanto precisato e ribadito, dall’esame degli atti, compulsabili per la natura della questione sollevata, emerge che all’udienza del 29.05.2014 il Tribunale, dato atto che nonostante la regolarità delle notifiche effettuate al difensore fiduciario, lo stesso continuava a non presentarsi in udienza e, che, pertanto, tale comportamento veniva interpretato quale abbandono di difesa, disponeva darsi segnalazione al Consiglio dell’Ordine competente per gli opportuni provvedimenti e alla successiva udienza del 19.2.2015 il Tribunale procedeva, ai sensi dell’art. 97 cod. proc. pen., comma 1, alla nomina del difensore di ufficio, in persona dell’avvocato Massimo Taggiasco del Foro di Alessandria. E, dunque, è di tutta evidenza che la verifica che il Tribunale avrebbe dovuto compiere, ai fini della valutazione dell’istanza ex art. 175 cod. proc. pen., non è stata condotta e che le argomentazioni esposte nella motivazione eludono il tema della restituzione in termini in ossequio ai criteri valutativi sopra esposti. 2.7 L’ordinanza impugnata, affetta da carenza di motivazione e da violazione di legge nella forma dell’inosservanza, va, pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Novara che dovrà nuovamente affrontare la domanda di restituzione nel termine nel rispetto dei principi di diritto sopra esposti, assorbita ma non preclusa l’ulteriore doglianza. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Novara per nuovo esame.