Tre giorni di corteggiamento folle: condannato per stalking

Appostamenti, pedinamenti e apprezzamenti alla donna desiderata costano caro all’uomo. Respinta la tesi che le sue condotte, concretizzatesi in tre giorni, siano catalogabili come semplice frutto di un insano amore. La vittima ha vissuto malissimo, con timore e ansia, quegli episodi, tanto da cambiare le proprie abitudini.

Amore mai sbocciato, nonostante un prolungato e pressante corteggiamento. All’uomo la vicenda vale non solo una delusione sentimentale ma anche una condanna i suoi comportamenti difatti sono stati vissuti dalla donna da lui desiderata come una vera e propria persecuzione Cassazione, sentenza n. 104/18, sez. V Penale, depositata il 3 gennaio . Ossessione. Linea dura adottata dai giudici del Tribunale e della Corte d’Appello l’uomo sul banco degli imputati viene punito con sei mesi di reclusione per stalking ai danni di una donna, da lui indicata come destinataria del suo amore. E proprio quest’ultimo elemento viene utilizzato dal suo difensore nel ricorso in Cassazione in pratica, viene spiegato ai giudici che ci si trova di fronte non a comportamenti persecutori , bensì a un corteggiamento non corrisposto . Più in dettaglio, il legale evidenzia che il suo cliente ha cercato la donna solo per tre giorni, quindi in un arco di tempo non sufficiente a provocare uno stato di ansia grave , e comunque per ragioni sentimentali. La visione difensiva non convince però i giudici del Palazzaccio, che confermano la condanna per stalking, come decisa in Appello. Per i magistrati è decisiva la ricostruzione della vicenda, ricostruzione poggiata sui racconti della donna. In sostanza, è stato appurato il crescendo dei comportamenti invasivi e sempre più ossessivi tenuti dall’uomo e concretizzatisi in appostamenti, pedinamenti, avvicinamenti anche fisici, apprezzamenti , tali da determinare uno stato di timore e di ansia nella donna e da costringerla a modificare le proprie abitudini . Esemplare, a questo proposito, il richiamo al fatto che la vittima sia stata obbligata a cambiare l’orario di gioco al parco con i propri figli . Per quanto concerne poi il breve arco temporale del comportamento tenuto dall’uomo, questo dato è ritenuto irrilevante, poiché, osservano i giudici, è configurabile il delitto di atti persecutori anche quando le singole condotte sono reiterate in un tempo molto ristretto, anche nell’arco di una sola giornata .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 1 dicembre 2017 – 3 gennaio 2018, n. 104 Presidente Palla – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12.10.2016 la Corte d'appello di Milano confermava la sentenza del 5.11.2015 del locale Tribunale di condanna di Ba. Se. alla pena di mesi sei di reclusione per reato di cui all'art. 612 bis c.p., perché, con condotte reiterate, molestava Do. Vi. Tr., così da cagionarle un perdurante e grave stato di ansia e di paura, costringendola ad alterare le proprie abitudini di vita. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso l'imputato a mezzo del suo difensore di fiducia, lamentando, con un unico motivo, l'errata applicazione della legge penale ex art. 606, primo comma, lett. b c.p.p., in relazione all'art. 612 bis c.p. invero, le azioni poste in essere dal ricorrente, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte territoriale, configuravano, piuttosto, un corteggiamento non corrisposto, ma sicuramente non tale da determinare nella parte offesa uno stato di ansia ed una modifica delle proprie abitudini di vita il ricorrente non poneva mai in essere un comportamento minaccioso, aggressivo o molesto, e le azioni venivano compiute nell'arco di tre giorni, tempo sicuramente non sufficiente a scatenare uno stato di ansia grave e perdurante, così come indicato dalla norma incriminatrice, anche in considerazione dell'assenza di offensività delle suddette azioni. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile, siccome in più punti generico nonché ripetitivo di censure già sviluppate in appello alle quali è stata data risposta non illogica. 1. Ed invero, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte territoriale -dopo aver dato conto delle condotte poste in essere dall'imputato nei confronti della p.o. ha esposto le ragioni per le quali tali condotte sono da ricondursi al reato di stalking in contestazione. In particolare, la sentenza impugnata ritenuta la ricostruzione degli avvenimenti effettuata dalla p.o. pienamente attendibile ha posto in evidenza con assoluta chiarezza il crescendo dei comportamenti invasivi della libertà personale e della sfera personale della persona offesa da parte dell'imputato, comportamenti via via sempre più ossessivi, tradottisi in appostamenti, pedinamenti, avvicinamenti anche fisici, apprezzamenti ecc. tali condotte hanno determinato nella p.o. uno stato di timore e di ansia, costringendola a modificare i proprio comportamenti. 2. In tale contesto correttamente i giudici d'appello hanno ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 612 bis c.p., avendo l'imputato posto in essere una pluralità di condotte moleste tali dovendo ritenersi gli appostamenti, gli avvicinamenti ecc. contrariamente a quanto sostenuto dall'imputato nonché reiterate, che hanno prodotto l'evento del reato in questione dello stato d'ansia con modificazione delle abitudini di vita della p.o. e segnatamente cambio dell'orario di gioco al parco con i propri figli hanno altresì ritenuto non configurabile nella fattispecie il reato 660 c.p., non avendo l'imputato recato semplice disturbo alla persona offesa, ma avendo il predetto causato intensi stati d'ansia e di timore alla donna, nonché avendo costretto la predetta a modificare le sue abitudini di vita e quelle dei suoi figli. 3. Sul punto è sufficiente richiamare i principi affermati da questa Corte, secondo cui, ai fini della integrazione del reato di atti persecutori art. 612 bis cod. pen. non si richiede l'accertamento di uno stato patologico, ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima Sez. 5, n. 18646 del 17/02/2017 . 4. Per quanto concerne, poi, il breve arco temporale nel quale le condotte sono state poste in essere, questa Corte ha più volte evidenziato come sia configurabile il delitto di atti persecutori anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto anche nell'arco di una sola giornata , a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi, pur concentrata in un brevissimo arco temporale, sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice Sez. 5, n. 38306 del 13/06/2016 . 5. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile a colpa del ricorrente al versamento, a favore della Cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 2000,00, ai sensi dell'art. 616 c.p.p. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del D.Lgs. 196/03 in quanto disposto d'ufficio. Motivazione semplificata.