Notifica PEC al difensore: se c’è pregresso rifiuto di accettazione degli atti dell’assistito, la citazione è nulla

La notifica del decreto di citazione in appello, effettuata a mezzo PEC, verso il difensore fiduciario che abbia già dichiarato di non voler accettare atti per conto del suo assistito è nulla ed insanabile ove l’imputato sia rimasto contumace in giudizio.

Lo ha stabilito la III sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 57105/17, depositata in cancelleria il 21 dicembre. Omesso versamento IVA. Nel caso di specie, il rappresentante legale di un consorzio è stato sottoposto a procedimento penale per il reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto art. 10- ter , del d.lgs. n. 74/2000 . In particolare, secondo l’accusa l’imputato avrebbe omesso di versare l’IVA per un valore di oltre 450mila euro. In esito al giudizio di primo grado, il Tribunale ha accertato la responsabilità dell’imputato per l’effetto condannandolo alla pena di giustizia mesi 4 di reclusione oltre pene accessorie . E tanto ha confermato la Corte d’appello, in sede di gravame, nella contumacia dell’imputato. La decisione della Corte territoriale è stata impugnata dinanzi ai Giudici di legittimità. Il ricorso si è appuntato su questioni di natura squisitamente processuale, e segnatamente sulla regolarità della notificazione del decreto di citazione in appello dell’imputato. Nell’opinione della difesa, la notificazione del decreto sarebbe risultata nulla poiché effettuata - tramite posta elettronica certificata PEC - presso il domicilio del legale di fiducia dell’imputato nonostante quest’ultimo avesse espressamente dichiarato, in occasione dell’atto di nomina, di non voler accettare notificazioni per conto del proprio assistito a termini dell’art. 157, comma 8- bis , c.p.p L’eccezione in questione – ha spiegato il ricorrente – era già stata sollevata nel corso del giudizio d’appello. Nondimeno la Corte territoriale ha rigettato la doglianza, ritenendo sanato il vizio della notificazione. Nullità di ordine generale, a regime intermedio. Con la sentenza in epigrafe la Suprema Corte offre un importante arresto in merito alla notifica, operata a mezzo PEC, del decreto di citazione presso il legale di fiducia che abbia, già in precedenza, espresso il suo rifiuto a ricevere gli atti del suo assistito, con particolare riguardo alla natura del vizio che ne deriva e alle relative forme di sanatoria. In merito, gli Ermellini danno per assodato che la notifica eseguita presso il difensore di fiducia integra - ove l’imputato abbia dichiarato ovvero eletto altrove domicilio per le notificazioni - un’ipotesi di nullità di ordine generale, a regime intermedio. Si tratta, cioè, di una nullità sanabile solo quando risulti provato che il vizio non abbia impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare convenientemente il proprio diritto di difesa. Nullità, in ogni caso, priva di effetti ove non dedotta. Tuttavia, la notifica di che trattasi è astrattamente praticabile nei limiti in cui il difensore non abbia dichiarato immediatamente, o, come avvenuto nel caso concreto, in occasione della presentazione dell’opposizione al decreto di condanna alla autorità procedente, di non voler accettare notificazioni per conto del suo assistito. Revoca tacita del pregresso rifiuto. La dichiarazione con la quale il difensore di fiducia dell’imputato abbia esercitato la facoltà di ricusare la ricezione delle comunicazioni e delle notificazioni a lui inviate, sebbene destinate al suo assistito, deve intendersi revocata per facta concludentia laddove il professionista abbia accettato l’atto destinato al proprio assistito. Tale ipotesi di revoca tacita - spiega la Corte - non opera nel caso in cui il destinatario formale i.e. il legale di fiducia non abbia potuto scegliere se accettare o meno l’atto notificato. È il caso della notificazione effettuata tramite PEC in tal caso, infatti, il destinatario non può scegliere alcunché, motivo per cui non può nemmeno esservi revoca tacita. In definitiva, in caso di utilizzo della PEC, l’avvenuta ricezione da parte del difensore fiduciario del destinatario dell’atto - in quanto atto non espressivo di alcuna volontà contraria a precedenti forme di manifestazione di essa - non può valere quale revoca tacita della pregressa dichiarazione di non voler accettare gli atti in questione. Notificazione nulla, giudizio d’appello da rifare. Sulla base delle considerazioni sopra sintetizzate - e tenuto conto della contumacia maturata dall’imputato nel corso del giudizio di appello - la Corte ha dunque dichiarato la nullità della notificazione e, in via derivata, dell’intero giudizio di gravame, contestualmente disponendo la trasmissione degli atti alla Corte territoriale per la rinnovazione del giudizio d’appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 aprile – 21 dicembre 2017, n. 57105 Presidente Savani – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Con sentenza del 19 maggio 2016 la Corte di appello di Bologna ha confermato la precedente decisione, assunta in data 30 settembre 2013, con la quale il Tribunale di Bologna, in composizione monocratica, aveva dichiarato la penale responsabilità di C.S. in ordine al reato di cui all’art. 10-ter del dlgs n. 74 del 2000 per avere, nella sua qualità di legale rappresentante del Consorzio SATAB, omesso di versare, entro il termine di legge, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione da lui stesso presentata, quanto all’anno di imposta 2009, per un ammontare pari ad Euro 467.057,00, e lo aveva, pertanto, condannato, con la concessione dei doppi benefici, alla pena di mesi 4 di reclusione, oltre alle pene accessorie. Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il C. , assistito dal proprio legale di fiducia, affidando le proprie doglianze a due motivi di ricorso. Col primo di essi il C. ha lamentato, sotto il profilo della violazione di legge, la inosservanza dell’art. 161 cod. proc. pen., da cui sarebbe derivata la nullità della notificazione del decreto di citazione dell’imputato di fronte alla Corte di appello, essendo stata questa eseguita ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen., tramite invio, a mezzo posta elettronica certificata, del relativo atto al difensore di fiducia dell’imputato, sebbene questi avesse, con l’atto di nomina, espressamente dichiarato di non accettare notificazioni eseguite nei confronti del proprio assistito sulla base della predetta disposizione codicistica. Ha precisato il ricorrente che siffatto vizio era stato fatto valere durante il giudizio di appello, in particolare nel corso della udienza del 19 maggio 2016, ma la relativa eccezione era stata disattesa dalla Corte territoriale con ordinanza dibattimentale oggetto anch’essa di impugnazione. Col secondo motivo di ricorso il C. ha lamentato, sia sotto il profilo della violazione di legge che sotto quello del vizio di motivazione e travisamento del fatto, la affermazione contenuta nella sentenza impugnata avente ad oggetto la sussistenza in capo al ricorrente nell’elemento soggettivo necessario per la sussistenza del reato contestato. Con atto datato 24 marzo 2017 la difesa dell’imputato ha articolato un ulteriore motivo di impugnazione con il quale ha censurato la sentenza della Corte felsinea nella parte in cui in essa non è stato data applicazione alla speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 13 del dlgs n. 74 del 2000, come modificato a seguito della entrata in vigore del dlgs n. 158 del 2015. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e, pertanto, esso è meritevole di accoglimento. Osserva, infatti, il Collegio, procedendo a partire dall’esame del primo motivo di ricorso in quanto si tratta di censura relativa ad un profilo del tutto preliminare del giudizio, che effettivamente la notificazione al prevenuto, il quale è rimasto contumace nel giudizio di gravame, del decreto di citazione a giudizio in grado di appello è risultata viziata e, pertanto, viziata è la ordinanza dibattimentale con la quale la Corte territoriale emiliana non ha rilevato la predetta nullità. Si rileva, infatti, al riguardo che è pacifico che nel caso che interessa la notificazione del decreto di citazione a giudizio in grado di appello sia stata eseguita nei confronti del C. presso lo studio del suo difensore di fiducia studio, giova precisare, presso il quale il C. non aveva eletto domicilio, avendo, invece, egli indicato quale sede per ricevere le notificazioni degli atti relativi al presente procedimento la propria residenza anagrafica. Altrettanto pacifico è che la difesa dell’imputato abbia tempestivamente eccepito il vizio della notificazione dell’atto in questione e che, a fronte di tale eccezione la Corte bolognese abbia replicato, disattendendo l’eccezione, con una articolata ordinanza dibattimentale nella quale, in sostanza, si è rilevato che l’eventuale vizio derivante dalla avvenuta notificazione di un atto del processo presso il difensore di fiducia dell’imputato e non presso il domicilio da questo eletto o dichiarato è comunque suscettibile di essere sanato allorché risulti provato che, sebbene ne sia stata eseguita in tal modo la notificazione, l’atto è stato comunque conosciuto dal suo destinatario e non gli è stato per tale motivo impedito di esercitare adeguatamente il diritto di difesa in ogni caso, soggiunge la Corte territoriale, la possibilità di far rilevare la relativa nullità è soggetta alle sanatorie ed alle decadenze di cui agli artt. 184, comma 1, 183, 182 e 181 cod. proc. pen. Le illustrate argomentazioni svolte dalla Corte felsinea, pur astrattamente congruenti, appaiono, tuttavia, non pertinenti nel presente giudizio. Ha, infatti, omesso di considerare la Corte che nel caso in questione, per come ampiamente documentato dalla difesa dell’imputato ricorrente, il suo difensore fiduciario, all’atto dell’accettazione dell’incarico defensionale in favore del C. , in data 29 febbraio 2012, ebbe espressamente a dichiarare di non accettare le notifiche ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen Come, infatti, questa Corte ha chiarito - sebbene sia assodato che la notificazione eseguita a norma dell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen. presso il difensore di fiducia integri, nel caso in cui l’imputato abbia dichiarato od eletto altrove domicilio per le notificazioni, un’ipotesi di nullità di ordine generale a regime intermedio che deve ritenersi sanata quando risulti provato che essa non abbia impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare convenientemente il diritto di difesa e che, comunque, essa rimane priva di effetti se non tempestivamente dedotta Corte di cassazione, Sezione III penale, 14 novembre 2016, n. 47953 - la forma di notificazione in questione è astrattamente praticabile solo nel caso in cui il difensore fiduciario non abbia dichiarato immediatamente alla autorità procedente di non accettare notificazioni per conto del suo assistito Corte di cassazione, Sezione VI penale, 21 luglio 2016, n. 31569 . A tal proposito va rimarcato, quanto al caso di specie, che il difensore dell’imputato ha formulato la espressa riserva alla accettazione delle notificazioni per conto del C. già in occasione della presentazione della dichiarazione di opposizione al decreto di condanna ad essa, infatti, era allegato l’atto di nomina del difensore di fiducia in cui era precisato il rifiuto di accettare la notificazione di atti per conto del suo assistito. Va, peraltro, fatta, quanto al caso di specie un’ulteriore precisazione come questa Corte ha, infatti, puntualizzato la dichiarazione con la quale il difensore di fiducia dell’imputato abbia esercitato la facoltà di ricusare la ricezione delle comunicazioni e delle notificazioni a lui inviate sebbene destinate al suo assistito deve intendersi revocata per facta concludentia laddove il professionista in questione abbia, comunque, accettato l’atto destinato al suo assistito Corte di cassazione, Sezione III penale, 11 settembre 2013, n. 37264 . Tale principio può, tuttavia, valere solo nel caso in cui il destinatario formale dell’atto, cioè il difensore, sia stato nella materiale possibilità di optare fra il ricevere l’atto ed il rifiutarlo formalmente. Ciò, e qui si rientra nella specificità del caso ora in esame, non è, in particolare, possibile in ipotesi di trasmissione dell’atto tramite posta elettronica certificata, come avvenuto nella fattispecie reale sottoposta all’esame di questa Corte. Laddove, infatti, si provveda alla notificazione degli atti attraverso siffatto strumento di comunicazione - nel quale le concrete modalità di trasmissione dell’atto precludono al destinatario di esso di esercitare una scelta fra il riceverlo ed il rifiutarlo, posto che lo stesso viene automaticamente recapitato presso l’indirizzo di posta elettronica del destinatario il quale può decidere se aprire o meno il messaggio ma non se riceverlo o meno essendo la fase della ricezione gestita in termini di automatismi informatici - deve escludersi la possibilità di desumere la tacita rinunzia alla facoltà precedentemente esercitata sol perché l’atto è stato materialmente ricevuto. Invero, deve a questo punto rilevarsi che - sebbene la forma di notificazione tramite posta elettronica certificata, se eseguita presso il difensore, può essere utilizzata anche in relazione agli atti indirizzati alla parte personalmente, posto che la disposizione di cui all’art. 16, comma 4, del decreto legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni con legge n. 221 del 2012, che esclude la possibilità di utilizzare la posta elettronica certificata per le notificazioni all’imputato va riferita esclusivamente alle notificazioni eseguite direttamente nei confronti della persona fisica dello stesso e non a quelle eseguite mediante consegna dell’atto al suoi difensore sebbene ciò avvenga nell’interesse dell’imputato Corte di cassazione, Sezione IV penale, 30 settembre 2016, n. 40907 - tale disposizione non può essere tuttavia considerata alla stregua di un comodo escamotage per aggirare l’avvenuto legittimo esercizio della facoltà prevista in favore del difensore fiduciario del prevenuto ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen. di non accettare la notificazione di atti destinati al proprio cliente. Nel caso, pertanto, dell’utilizzo della posta elettronica certificata, l’avvenuta ricezione da parte del difensore fiduciario del destinatario dell’atto, in quanto si tratta di atto non espressivo di alcuna volontà contraria a precedenti forme di manifestazione di essa, non può certamente valere quale tacita revoca della dichiarazione di non volere accettare gli atti in questione. Poiché nel caso in esame, per come dianzi rilevato, l’atto con il quale è stata esercitata la vocatio in ius dell’imputato di fronte alla Corte di appello è stato a questo notificato in una forma radicalmente viziata in quanto rimesso ad un soggetto non legittimato a ricevere tale atto, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte di Bologna, il vizio che ha colpito tale atto sarebbe stato suscettibile di essere sanato, secondo la previsione generale di cui all’art. 184, comma 1, cod. proc. pen., solamente nella ipotesi in cui la parte si fosse spontaneamente costituita in giudizio ovvero avesse espressamente rinunziato a comparire , in tal modo dimostrando l’avvenuto raggiungimento dello scopo cui l’atto era preordinato. Poiché, invece, nel caso di specie l’imputato è rimasto contumace, non vi sono elementi per potere desumere l’avvenuto raggiungimento dello scopo dell’atto, che, pertanto, deve essere dichiarato nullo. Alla nullità della notificazione del decreto di citazione a giudizio del C. fa, visto l’art. 185, comma 1, cod. proc. pen., seguito la nullità derivata dell’intero giudizio di gravame. Dall’accoglimento del ricorso del prevenuto ed all’annullamento della sentenza impugnata, deriva la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna che, previa rinnovazione dell’atto nullo, provvederà, in diversa composizione personale, a celebrare nuovamente il giudizio di gravame introdotto con la impugnazione della sentenza emessa dal Tribunale di Bologna in data 30 settembre 2013 a carico del C. . L’accoglimento della questione di carattere preliminare preclude l’esame del secondo motivo di ricorso nonché di quello formulato in sede di motivi aggiunti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna per nuovo giudizio.