Solo poche scarpe in vendita con marchio evidentemente falso: ambulante assolto

Cadono definitivamente le accuse nei confronti di un senegalese. Riconosciuta dai giudici la particolare tenuità del fatto.

Merce contraffatta in vendita. A salvare l’ambulante sono il numero esiguo dei prodotti – appena sei paia di scarpe – e la grossolanità del marchio ‘tarocco’. Per i Giudici si deve parlare di condotta non grave Cassazione, sentenza n. 57149, sez. II Penale, depositata il 21 dicembre . Pericolo. Sotto accusa uno straniero, un cittadino senegalese, fermato in strada in possesso di sei paia di scarpe recanti marchi contraffatti . A sorpresa, però, i giudici optano per l’assoluzione. Tuttavia, mentre in Tribunale si è affermato che il fatto non sussiste”, in Corte d’appello si opta per la particolare tenuità del fatto. Quest’ultima valutazione è condivisa e confermata ora dai giudici della Cassazione, che respingono le obiezioni mosse dal difensore dello straniero, obiezioni finalizzate all’ottenimento della assoluzione come decisa in Tribunale e poggiate sulla considerazione che la particolare tenuità del fatto suppone non soltanto la sua materialità e la sua riconducibilità soggettiva all’imputato ma anche la sua rilevanza penale con una pronuncia che va iscritta nel casellario giudiziale con conseguenze in sede amministrativa . Per i Magistrati del Palazzaccio, però, si deve parlare legittimamente di tenuità del fatto”, proprio tenendo presente la detenzione di sole sei paia di scarpe, peraltro contraffatte in maniera alquanto grossolana e l’avvertimento ai potenziali compratori della falsità del prodotto . Evidente, quindi, l’esiguità del pericolo .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 – 21 dicembre 2017, n. 57149 Presidente Gallo – Relatore Cianfrocca Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. La Corte di Appello di Catania, in riforma della sentenza del Tribunale, che aveva assolto Mb. Ma. dai delitti di cui agli artt. 648 cod. pen. e 474 cod. pen. a lui ascritti per aver acquistato o ricevuto, consapevole della loro illecita provenienza, sei paia di scarpe recanti marchi contraffatti o alterati ed averli detenuti per la vendita perché il fatto non sussiste, aveva dal canto suo assolto l'imputato ritenendo la particolare tenuità del fatto a tal fine aveva valorizzato non soltanto l'esiguità del numero di capi contraffatti detenuti dal Mb. ma, per altro verso, il carattere grossolano della contraffazione e, di conseguenza, l'esiguità della offesa arrecata all'interesse giuridico tutelato dalle norme incriminatrici in esame. 2. ricorre per Cassazione, tramite il suo difensore, M’Ba. Ma. denunziando l'erronea applicazione della legge penale e la illogicità della motivazione della Corte di Appello che, partendo dalla sostanziale condivisione dell'assunto del Tribunale, era tuttavia pervenuta all'assoluzione sul rilievo della particolare tenuità del fatto che suppone non soltanto la sua materialità e la sua riconducibilità soggettiva all'imputato, ma anche la sua rilevanza penale e segnalando che da siffatta pronuncia, sia pure assolutoria, che va però iscritta nel casellario giudiziale, possono derivare conseguenze diverse in sede amministrativa. 3. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato. 3.1 II Tribunale di Catania, di fronte al quale Mb. Ma. era stato tratto a giudizio, lo aveva assolto perché il fatto non sussiste per pervenire a questa formula assolutoria, in realtà, il Tribunale aveva ritenuto che il fatto costituito dal rinvenimento, nella disponibilità dell'imputato, di alcuni capi contraffatti fosse stato accertato nella sua materialità cfr., pag. 2 della sentenza salvo ritenerne la irrilevanza penale in considerazione della mancata lesione dell'interesse tutelato dalle norme incriminatrici evocate dalla pubblica accusa attesa la immediata e palmare riconoscibilità dei capi in questione come capi contraffatti. La sentenza era stata impugnata in appello dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania che, richiamando la pacifica e consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione in punto di sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di cui all'art. 474 cod. pen., aveva sollecitato la riforma della decisione e la affermazione della responsabilità dell'imputato per entrambi i reati a lui ascritti, con condanna alla pena che sarebbe stata richiesta dal PM di udienza. L'imputato aveva proposto appello incidentale insistendo, a sua volta, per la conferma della sentenza di primo grado. La Corte di Appello di Catania, con la sentenza qui impugnata, confermava la decisione assolutoria sostenendo che, pur volendo aderire al più rigoroso orientamento della giurisprudenza di legittimità richiamato dal Procuratore Generale, la detenzione di soli sei paia di scarpe peraltro contraffatte in maniera alquanto grossolana, come accertato dal Tribunale attraverso l'esibizione del corpo del reato l'offesa causata dall'imputato, per l'esiguità del pericolo, risulta di particolare tenuità mentre, per altro verso, il comportamento risulta certamente non abituale cfr., pag. 3 della sentenza impugnata . 3.2 La Corte di Appello ha fatto corretta applicazione del consolidato orientamento di legittimità secondo cui l'interesse giuridico tutelato dagli artt. 473 e 474 cod. pen. è la pubblica fede in senso oggettivo, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi che individuano le opere dell'ingegno o i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione, e non l'affidamento del singolo, sicché, ai fini dell'integrazione dei reati non è necessaria la realizzazione di una situazione tale da indurre il cliente in errore sulla genuinità del prodotto al contrario, in presenza di una contraffazione, i reati sono configurabili anche se il compratore sia stato messo a conoscenza dallo stesso venditore della non autenticità del marchio cfr., Cass. Pen., 2, 27.4.2012 n. 28.423, Fa., che ha ritenuto configurabile il reato di cui all'art. 474 cod. pen. anche laddove, come nel caso esaminato, erano state apposte delle locandine che avvertivano della falsità del prodotto offerto in vendita, sulla cui confezione - che riproduceva i marchi originali - figurava la scrittura falso d'autore conf., Cass. Pen., 5, 11.1.2013 n. 5.260, Fa. Cass. Pen., 2, 4.5.2012 n. 20.944, PG in proc. Di. . Altrettanto pacifico, poi, è il concorso del delitto di cui all'art. 474 cod. pen. con quello di ricettazione poiché le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore cfr., così, già Cass. SS.UU., 9.5.2001 n. 23.427, Nd. conf., Cass. Pen., 2, 4.3.2008 n. 12.452, PG in proc. Al. Cass. Pen., 2, 3.10.2012 n. 42.934, Ch. . 4. L'inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi ragioni d'esonero. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.