Imputato assolto: quali sorti per la querelante incolpevole?

E’ indubbio che l’obbligo di pagamento delle spese processali è imputabile soltanto a titolo di colpa. Per questo il querelante, nel caso di proscioglimento dell’imputato, non può essere condannato, a priori, alla rifusione delle spese. Ciò nel rispetto dei principi della giurisprudenza costituzionale.

Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza n. 56929/17, depositata il 20 dicembre. La vicenda. Il Tribunale di Verona, riformando parzialmente la decisione di prime cure, con cui era stata assolta l’imputata dal reato di cui all’art. 633 c.p. Invasione di terreni o edifici per non aver commesso il fatto, aveva condannato il querelante alla rifusione delle spese sostenute dall’imputata. Avverso la decisione di merito la querelante ha proposto ricorso per cassazione deducendo vizio di motivazione. Condanna del querelante. Lamenta la ricorrente che i Giudici di merito non abbiano adempiuto al motivato giudizio sull’esistenza dell’elemento della colpa nell’esercizio del diritto di querela, necessario ai fini della condanna del querelante al pagamento delle spese processuali, in caso di assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto. La Cassazione ha ripreso quanto più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale in merito alla disciplina della responsabilità del querelante. In particolare la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittime alcune norme che imponevano, in ogni caso di proscioglimento dell’imputato, la condanna del querelante. L’illegittimità si fonda sul principio secondo cui non può attribuirsi responsabilità del querelante solo sul mero dato della causalità materiale per cui le spese ricadono sulla parte che ad esse ha dato causa anche in assenza di qualsiasi colpa, leggerezza o temerarietà rimproverabile a chi abbia esercitato il diritto di querela . Assenza di colpa. In relazione ai principi costituzionali, la Cassazione ha osservato che soltanto all’esito di un motivato giudizio positivo sull’esistenza di colpa nell’esercizio del diritto di querela si può procedere alla condanna delle spese di giudizio. Nella sentenza impugnata manca il riferimento alla valutazione della colpevolezza da parte dei Giudici ed, al contrario, vi è esplicita prova della buona fede della querelante nell’attribuzione del reato. Per queste ragioni la Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio relativamente alla condanna del querelante alla rifusione delle spese legali sostenute dall’imputata.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 3 ottobre – 20 dicembre 2017, n. 56929 Presidente Cammino – Relatore Verga Ritenuto in fatto Ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, V.R. avverso la sentenza del Tribunale di Verona del 13.9.2016 che ha aveva riformato la sentenza del Giudice di Pace di Verona in data 19 dicembre 2014 con la quale l’imputata S.M.A. era stata assolta dal reato di cui all’art. 633 c.p. per non aver commesso il fatto, limitatamente alla sua condanna, in qualità di querelante, al pagamento delle spese del procedimento, confermandole invece quanto alla condanna del querelante alla rifusione delle spese sostenute dall’imputata. Deduce il ricorrente 1. vizio della motivazione. Sostiene che la condanna del querelante al pagamento delle spese processuali in caso di assoluzione dell’imputato per insussistenza del fatto, o per non averlo commesso, deve essere preceduta dall’accertamento e quindi da un motivato giudizio sull’esistenza dell’elemento della colpa nell’esercizio del diritto di querela. Rileva che correttamente il Tribunale ha escluso qualsiasi profilo di colpa, atto a giustificare la condanna alle spese del procedimento, essendo l’errata attribuzione del fatto all’imputata, poi assolta, da ascriversi alla Procura, a fronte di esposizione degli accadimenti in sede di querela e in dibattimento priva di qualsiasi forma di malafede. Lamenta che in maniera non corretta ha però ritenuto di confermare la condanna al pagamento delle spese legali sul presupposto che il querelante non solo non aveva rimesso la querela ma aveva coltivato la pretesa risarcitoria nei confronti della S. pur consapevole della sua estraneità al fatto. Sostiene che la sanzione prevista dall’articolo 427 co 2 codice di procedura penale richiede, secondo l’interpretazione dei giudici delle leggi, un giudizio di colpa da collocarsi al momento della proposizione della querela e non una sanzione per l’omessa adozione da parte del querelante di opzione abdicativa. Rileva che la circostanza che l’attività di invasione fosse da ascrivere solo al figlio e al marito della S. per effetto dell’esistenza di procura speciale e relativo contratto di appalto è dato documentale esibito solo all’ultima udienza dell’istruttoria rinnovata dalla difesa della imputata 2. motivazione carente e contraddittoria in relazione al mancato riconoscimento di giustificati motivi per la compensazione delle spese. Rileva che la lungaggine del processo non è da imputarsi alla parte civile ma a scelte della difesa dell’imputata. S.M.A. ha presentato memoria con la quale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso sottolineando la coerenza delle argomentazioni dei giudici d’appello. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. La Corte costituzionale ha più volte esaminato sia in riferimento al codice previgente che a quello attuale la disciplina sulla responsabilità del querelante in ordine alle spese del procedimento anticipate dallo Stato in caso di proscioglimento dell’imputato, escludendo chiaramente ogni ipotesi di responsabilità obiettiva del querelante fondata sul mero dato della causalità materiale per cui le spese ricadono sulla parte che ad esse ha dato causa , anche in assenza di qualsiasi colpa, leggerezza o temerarietà rimproverabile a chi abbia esercitato il diritto di querela. Sulla base di tale principio è stata dichiarata l’illegittimità delle norme che imponevano in ogni caso la condanna del querelante nell’ipotesi di proscioglimento dell’imputato conseguente a querela contro ignoti per un reato realmente verificatosi sent. n. 165 del 1974 , o di proscioglimento per incapacità d’intendere e di volere sent. n. 52 del 1975 , o perché il fatto non costituisce reato sent. n. 29 del 1992 , o di proscioglimento per non aver commesso il fatto quando risulti che l’attribuzione del reato all’imputato non sia in alcun modo ascrivibile a colpa del querelante sent. n. 180 del 1993 ed infine, anche nel caso di proscioglimento perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto sent. n. 423 del 1993 . È indubbio che anche l’ipotesi della rifusione delle spese sostenute dall’imputato e eventualmente dal responsabile civile sono imputabili soltanto a titolo di colpa. Oltre ad una lettura in chiave estensiva delle menzionate pronunce di illegittimità milita verso tale prospettiva il richiamo dell’art. 427, 2 co., ai casi previsti dal primo comma , interpolati, appunto, dalla Corte Costituzionale. Soltanto all’esito di un motivato giudizio positivo sull’esistenza di colpa si può procedere alla condanna alle spese. Nella sentenza impugnata non solo manca qualsiasi cenno a detta valutazione con riguardo alla condanna alla rifusione delle spese sostenute dall’imputata, ma vi è l’esplicito riferimento all’assenza di colpa da parte del querelante nell’attribuzione del reato alla S. perché, come specificamente indicato in sentenza, il V. ha esposto in querela i fatti come poi ricostruiti in istruttoria e ritenuti dal giudice integrare l’addebito in contestazione riconducendoli alla società proprietaria del terreno confinante e per essa, per quanto all’epoca a sua conoscenza, ai fratelli A.C. ed A. nonché a A.S. rispettivamente figli e coniuge dell’imputata , circostanze ribadite anche in sede dibattimentale e che hanno trovato riscontro nel processo ove è stata prodotta la procura speciale conferita dall’imputata sin dall’anno 2005 a favore dei predetti A. . È stata la pubblica accusa ad individuare nella S. la responsabile verosimilmente per la sua qualità di amministratore unico della società committente. E il Tribunale proprio sulla scorta di tali considerazioni ha escluso la condanna del querelante alla spese processuali anticipate dallo Stato, mantenendola per quelle sostenute dalla S. sul presupposto che il querelante non solo non aveva rimesso la querela ma aveva coltivato la pretesa risarcitoria nei confronti della donna pur consapevole della sua estraneità al fatto. Sul punto non può però che rilevarsi che la condanna del querelante alle spese deve essere preceduta da un motivato giudizio sull’esistenza dell’elemento della colpa nell’esercizio del diritto di querela e che, come indicato dalla Corte Costituzionale nelle ricordate pronunce, la condanna del querelante alle spese processuali è esclusa allorché, come nel caso in esame, risulti che l’attribuzione del reato non sia in alcun modo ascrivibile a colpa del querelante stesso. Non deve trattarsi di un rimprovero ex post, ciò che viene censurato è la colpa, leggerezza o temerarietà rimproverabile in chi abbia esercitato il diritto di querela con riguardo al silenzio o alla sottovalutazione - quali condotte tenute al momento del racconto esposto in querela - di aspetti noti e rilevanti sul piano dei fatti. Può pertanto affermarsi che nello stesso discorso giustificativo svolto dal giudice d’appello a fondamento della decisione vi è la prova dell’assenza di colpa del ricorrente nell’esercizio del diritto di querela. Alla luce delle considerazioni espresse la sentenza deve essere annullata senza rinvio relativamente alla condanna del querelante alla rifusione delle spese legali sostenute dalla querelata. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente alla condanna del querelante alla rifusione delle spese legali sostenute dall’imputata.