Il compenso dell’amministratore giudiziario si calcola come quello dell’avvocato

Nella determinazione dei compensi dell’amministratore giudiziario di beni sottoposti a sequestro di prevenzione, il Giudice deve fare riferimento alle tariffe professionali applicabili alla professione svolta dall’amministratore e vigenti al momento in cui la prestazione si è conclusa.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 56441/17, depositata il 19 dicembre. Il caso. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, decidendo in sede di rinvio, annullava una precedente ordinanza con cui la medesima Corte aveva rigettato il reclamo proposto dall’amministratore giudiziario di un compendio di beni sequestrati nell’ambito di un procedimento di prevenzione e relativo alla liquidazione del relativo compenso. I Giudici territoriali hanno accolto solo parzialmente il reclamo applicando le tabelle previste dal d.P.R. n. 100/1997, vigenti nel momento dell’esecuzione dell’attività, e non quelle disciplinate dal d.l. n. 169/2010, invocate dall’opponente. Quest’ultimo torna dunque ad impugnare la pronuncia in Cassazione lamentando la mancata applicazione delle tabelle professionali relative al momento in cui l’incarico era cessato. Applicazione delle tariffe. La Corte di Cassazione, ancora una volta, accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata. Richiamando la precedente pronuncia rescindente, il Collegio ribadisce che il parametro delle tariffe locali e degli usi nella liquidazione del compenso dell’amministratore giudiziario opera solo in assenza di tariffe professionali oggetto di specifica disciplina . Nel caso di specie, deve dunque trovare applicazione l’art. 2- octies , comma 4, l. n. 575/1965 con cui il legislatore ha determinato i parametri oggettivi cui il giudice deve attenersi nel procedere alla liquidazione finale dei compensi in favore dei custodi e degli amministratori dei beni sottoposti a sequestro di prevenzione. Ciò posto, prosegue la S.C., il richiamo alle tariffe professionali assume una valenza univoca solo con riguardo alle categorie i cui compensi siano oggetto di specifica disciplina e la determinazione del compenso del ricorrente, in quanto iscritto all’albo professionale dei ragionieri, doveva essere determinata sulla base delle relative tariffe professionali. Unitarietà della prestazione. Nonostante il giudice del rinvio abbia correttamente proceduto alla rideterminazione del compenso applicando le tariffe relative alla professione del ricorrente, la pronuncia impugnata risulta comunque viziata per l’erronea individuazione delle tariffe applicabili. Come già affermato dalla giurisprudenza in merito agli onorari degli avvocati, in caso di successione di tariffe professionali, la liquidazione degli onorati va effettuata sulla base della tariffa vigente al momento in cui le attività sono state concluse. Il carattere indubbiamente unitario della prestazione deve essere rapportato ai singoli gradi di giudizio e alle singole causa con la conseguenza che, in caso di successione di tariffe, l’onorario, deve essere liquidato in base alla tariffa vigente al momento della pronuncia che conclude ciascun grado del giudizio, perché è in quel momento che si esaurisce la corrispondente prestazione difensiva e il diritto al compenso diventa esigibile . In conclusione la Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per un nuovo esame alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 marzo – 19 dicembre 2017, n. 56441 Presidente Cavallo – Relatore Gentili Ritenuto in fatto La Corte di appello di Reggio Calabria, decidendo in sede di rinvio dopo che questa Corte di cassazione, con sentenza, n. 21550 del 20 15, aveva annullato la precedente ordinanza del Ndr testo originale non comprensibile con la quale era stato rigettato da parte della medesima Corte territoriale il reclamo presentato da L.C.F. nella qualità di amministratore giudiziario di un compendio di beni sequestrati nell’ambito del procedimento di prevenzione n. 15/08 RGMP, avverso il provvedimento con il quale era stato liquidato il compenso per le prestazioni da lui svolte nella predetta veste, ha, con ordinanza del 23 ottobre 2015, solo parzialmente accolto il reclamo presentato dal L.C. , elevando, pertanto, il valore del compenso a lui spettante, portandolo da Euro 1.080,00, ad Euro 3.620,00, rigettando, tuttavia, il reclamo nel resto. Nel provvedere nel senso dianzi riassunto la Corte reggina, dopo una amplissima ricostruzione delle vicende presupposte e delle loro precedenti fasi processuali, ha rilevato che - pur dovendosi applicare ai fini della determinazione dei compensi spettanti al L.C. , in ottemperanza alla ricordata sentenza n. 21550 del 2015, non le informali tabelle in uso presso l’ufficio giudiziario liquidatore ma, essendo l’interessato soggetto che svolge un’attività inquadrata nell’esercizio di una professione in relazione alla quale sono previste delle tariffe professionali fissate con atto di carattere normativo, gli importi dei compensi indicati da dette tariffe - per la concreta quantificazione di siffatti importi si sarebbe dovuto, tuttavia, fare riferimento alle tabelle previste dal dPR n. 100 del 1997 e non a quelle disciplinate dal dm n. 169 del 2010, come indicato dal ricorrente, in quanto il parametro di riferimento deve intendersi commisurato agli importi elencati nelle tabelle vigenti al momento della esecuzione delle operazioni connesse allo svolgimento delle mansioni di amministratore giudiziario e non a quelle vigenti al momento della cessazione dell’incarico. Avverso detta ordinanza ha interposto nuovamente ricorso per cassazione il L.C. , affidandolo ad un solo articolato motivo nel quale ha lamentato, in sintesi, i fatto che la Corte di appello abbia ritenuto di dovere liquidare i compensi a lui spettanti applicando le tabelle professionali relative al momento in cui l’incarico è stato conferito e non quelle riferite al momento in cui esso è cessato. Con memoria depositata in data 9 marzo 2017 si è costituito di fronte a questa Corte di cassazione il Ministero della Economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura generale dello Stato, opponendosi all’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e, pertanto, la ordinanza impugnata deve essere annullata. Onde rendere più chiaro il contenuto della presente decisione è opportuno prendere le mosse da quanto stabilito con la precedente sentenza di questa Corte e con la quale era stato disposto l’annullamento della ordinanza con cui la Corte territoriale reggina aveva rigettato la impugnazione avverso il decreto del Giudice delegato alla procedura di prevenzione a carico di tale I. del 17 dicembre 2012 avente ad oggetto la liquidazione dei compensi in favore dell’attuale ricorrente, amministratore giudiziario di una parte dei beni dello I. sottoposti a sequestro. Con tale sentenza, infatti, questa Corte aveva rilevato che la Corte territoriale non aveva adeguatamente apprezzato, incorrendo cioè in un errore di diritto, la circostanza che la quantificazione dei predetti compensi era stata operata sulla base della tabella in uso presso l’ufficio giudiziario reggino e non anche avvalendosi delle tariffe professionali . Aveva infatti ribadito la Corte in tale occasione,come il parametro delle tariffe locali o degli usi nella liquidazione del compenso all’amministratore giudiziario opera solo in assenza di tariffe professionali oggetto di specifica disciplina . Ha proseguito la motivazione della sentenza di annullamento pronunziata da questa. Corte attraverso la osservazione che la norma di riferimento, ai fini che qui interessano, è quella di cui all’art. 2-octies, comma quarto, della legge n 575 del 1965 , laddove il legislatore ha fissato una serie di parametri oggettivi e predeterminati cui il giudice deve attenersi nel procedere alla liquidazione finale dei compensi in favore dei custodi e degli amministratori dei beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento di prevenzione . Elencati i parametri in questione, la Corte ha proseguito osservando che il richiamo alle tariffe professionali assume una valenza univoca solo con riguardo alle categorie i cui compensi siano oggetto di specifica disciplina considerato, pertanto, che il L.C. , originario ed attuale ricorrente, svolge la professione li ragioniere ed è inquadrato nell’albo professionale di riferimento, la determinazione dei compensi a lui spettanti deve essere compiuta prendendo a base di riferimento le relative tariffe professionali . In ossequio a tale dictum la Corte di appello di Reggio Calabria ha, pertanto, proceduto alla rideterminazione di tali compensi applicando le tariffe relative, appunto, alla professione svolta dall’attuale ricorrente ha, tuttavia, precisato la Corte territoriale che le tariffe professionali di riferimento sono quelle contenute nel dPR n. 100 del 1997 e non quelle contenute del dm n. 169 del 2010, dovendosi, ad avviso di tale organo giudiziario, applicare, in caso di successione dacronica di tariffe, quelle vigenti al momento in cui l’incarico è stato assurto e non quella relativa al momento in cui l’incarico è cessato. È in tale affermazione che si annida il vizio che colpisce anche la ordinanza impugnata e che è stato puntualmente eccepito da parte del ricorrente. Come, invero, questa Corte ha avuto più volte occasione di precisare, sia pure in sede civile e con riferimento alle tariffe relative alle prestazioni professionali rese dagli avvocati, in caso di successione di tariffe professionali, la liquidazione degli onorari va effettuata in base alla tariffa vigente al momento in cui le attività professionali sono state condotte a termine, identificandosi tale momento con quello dell’esaurimento dell’intera fase rilevante o, per il caso in cui le prestazioni siano cessate prima, con il momento di tale cessazione Corte di cassazione, Sezione II civile, 12 maggio 2010 n. 11482 idem Sezione III civile, 11 marzo 2005, n. 5426 . Si è, infatti, rilevato che, la prestazione professionale ha carattere unitario e deve, ai fini della liquidazione degli onorari, essere unitariamente considerata, ma il carattere unitario deve essere rapportato ai singoli gradi attraverso i quali si è svolto il giudizio ed alle singole cause, con la conseguenza che, in caso di successione di tariffe, l’onorario, deve essere liquidato in base alla tariffa vigente al momento della pronuncia che conclude ciascun grado del giudizio, perche è in quel momento che si esaurisce la corrispondente prestazione difensiva ed il diritto al compenso diventa esigibile Corte di cassazione, S3zioni unite civili, 3 ottobre 1964, n. 2493 . Infatti, come è stato, d’altra parte, ancora di recente ulteriormente ribadito, il compenso evoca la nozione di un corrispettivo unitario, che ha riguardo all’opera professionale complessivamente prestata, di ciò non si è mai in passato dubitato, quando si è trattato di liquidare onorari maturati all’esito di cause durante le quali si erano succedute nel tempo tariffe professionali diverse, giacché sempre in siffatti casi si è sempre fatto riferimento alla tariffa vigente al momento in cui la prestazione professionale si è esaurita Corte di cassazione, Sezioni Unite civili, 12 ottobre 2012, n. 17406, oltre agli ulteriori richiami giurisprudenziali ivi evocati . Ritenuto che tali principi, in ragione della evidente analogia di materia, possano essere tranquillamente applicati anche al caso in esame, atteso che anche nella ipotesi di gestione di un bene da parte dell’amministratore giudiziario è corretto fare riferimento ad una attività di carattere professionale che deve essere considerata non atomisticamente ma in senso complessivo, non diversamente da quella svolta in sede di difesa in giudizio da parte dell’avvocato categoria professionale i cui appartenenti, non a caso, ben possono essere investiti della qualifica di amministratore giudiziario e dei relativi compiti , osserva la Corte che anche in questo caso, premessa la già acquisita necessità di riferirsi per la determinazione dei compensi alle tariffe vigenti per la categoria professionale interessata, deve concludersi nel senso che la individuazione della tabella pertinente vada eseguita, ove l’incarico si sia svolto diacronicamente sotto la vigenza di tabelle diverse succedutesi nel tempo, attraverso la utilizzazione della tabella applicabile al momento in cui l’incarico si è esaurito o si è, comunque, concluso. È, peraltro evidente che nella determinazione dei compensi il giudice liquidatore avrà la possibilità di esercitare la propria discrezionalità, nei limiti delle forcelle di valore previste dalla tabella professionale di riferimento, valutando - onde meglio calibrare, fra un minimo ed un massimo astrattamente previsti, l’importo del compenso in questione, e giusta la previsione del ricordato art. 2-octies della legge n. 575 del 1965 ove, come nel presente caso, non sia applicabile alle fattispecie, ratione temporis, quanto previsto dal dm 7 ottobre 2015, n. 177, recante Regolamento recante disposizioni in materia di modalità di calcolo e liquidazione dei compensi degli amministratori giudiziari iscritti nell’Albo di cui al decreto legislativo 4 febbraio 2010, n. 14 , emanato in attuazione, appunto, della previsione contenuta nell’art. 8 del citato dlgs n. 14 del 2010, a sua volta istitutivo dell’Albo degli amministratori giudiziari - oltre al valore commerciale dei beni patrimoniali amministrati, anche la qualità e la complessità dell’opera prestata dall’amministratore, la sollecitudine dimostrata dal medesimo ed i risultati da lui ottenuti nella gestione dei beni oggetto del suo incarico, potendo in tal modo modulare l’importo dell’effettivo compenso alla reale materialità della opera di volta in volta prestata dal professionista. Alla luce delle argomentazioni che precedono, la ordinanza impugnata deve essere annullata e gli atti debbono essere nuovamente trasmessi alla Corte di appello di Reggio Calabria, che, in diversa composizione personale, provvederà nuovamente, in attuazione dei principi dianzi esposti, alla liquidazione dei compensi spettanti al ricorrente per la attività da lui svolta in qualità di amministratore giudiziario nell’ambito del procedimento di prevenzione n. 15/08 RGMP aperto di fronte al Tribunale di Reggio Calabria. P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria.